la settimana scolastica
25 novembre 2019, n. 161
In questo numero parliamo di:
Una prima “lettura” del nuovo Contratto sulla formazione in servizio (R. Rovetta)
Sistemi di educazione e cura per la prima infanzia (ECEC): cooperazione a livello europeo (D. Marrocchi)
“La Qualità dell’inclusione scolastica” (R. Stornaiuolo)
Un rinvio del tutto eccezionale per il Programma Annuale 2020 (G. Rosato)
Settimanale di informazione scolastica.
© Tecnodid Editrice - Piazza Carlo III, 42 - 80137 Napoli
Il 19 novembre scorso è stata raggiunta un’importante intesa tra MIUR e Organizzazioni Sindacali della scuola sul tema della formazione in servizio del personale scolastico. La sottoscrizione dell’Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente i “criteri generali di ripartizione delle risorse per la formazione del personale docente, educativo ed ATA per gli anni scolastici 2019/20, 2020/21, 2021/22” costituisce la prima rilevante applicazione delle novità introdotte dal CCNL 2018 che, con l’art.22 commi 4 e 8, ha sostanzialmente riportato la materia della formazione in servizio del personale tra quelle oggetto di contrattazione nazionale integrativa (per quanto riguarda i “criteri generali di ripartizione delle risorse”) e di confronto (per quanto attiene agli “obiettivi e le finalità della formazione”)[1]. In tale contesto i contenuti dell’accordo, per la loro rilevanza e incidenza trasformativa, sembrano andare anche oltre l’ambito apparentemente neutro e solo amministrativamente rilevante definito dai “criteri generali di ripartizione delle risorse”.
L’accordo sottoscritto, infatti, modifica in modo sostanziale il modello di governance del Sistema della formazione in servizio dei docenti promosso con il Piano Triennale della Formazione 2016/19 e messo in atto nell’ultimo triennio, modello, come è noto, centrato sulle Reti territoriali di ambito e relative “scuole polo”.
Il CCNI sulla formazione torna ad attribuire la centralità del sistema - la “programmazione e la concreta gestione delle attività di formazione in servizio” - alla singola istituzione scolastica, oltre che alle “reti di scuole”; tali reti non sono più, però, le “reti territoriali di ambito” specificamente promosse e finanziate dall’Amministrazione al fine di rilevare i bisogni su base territoriale e progettare e realizzare azioni formative sulla base di un più o meno variamente articolato repertorio di opportunità formative, ma “reti di scopo”, eventualmente e liberamente promosse in forma di aggregazione autonomamente determinata dalle scuole con specifico, e non causale, riferimento all’art.7 c. 2 del DPR 275/99.
Diversamente dal recente passato, nel quale i finanziamenti venivano integralmente attribuiti alle scuole polo d’ambito per progettare e realizzare attività formative per conto delle scuole della rete, il nuovo Contratto Integrativo prevede che, di tutte le risorse finanziarie disponibili annualmente, una quota del 60% sia distribuita direttamente alle istituzioni scolastiche, parametrata sulla base del numero del personale docente e ATA, e il restante 40% venga assegnato ancora alle “scuole polo d’ambito” ma per la “gestione coordinata delle iniziative di formazione previste dall’Amministrazione centrale” rappresentando, quindi, solo una sorta di terminale operativo e gestionale dell’Amministrazione stessa.
Si tratta, con tutta evidenza, di un ritorno al passato, probabilmente inevitabile e forse anche auspicabile a fronte del quadro di luci ed ombre dell’esperienza triennale delle reti di ambito; un’esperienza che, non fosse altro che per l’assoluta novità che ha rappresentato in termini di mobilitazione di energie collaborative e risorse progettuali, vale comunque la pena sia approfondita, analizzata a fondo e finalmente raccontata, magari proprio a partire dal monitoraggio realizzato dall’INDIRE i cui esiti dovrebbero essere presto disponibili e, auspicabilmente, già noti e utilizzati dai sottoscrittori del nuovo Contratto per fondare e motivare le scelte condivise.
Insieme alla valorizzazione della centralità di ciascuna singola Istituzione scolastica nella programmazione e gestione delle attività di formazione in servizio, il nuovo Contratto Integrativo attribuisce un importante rilievo, funzionale e strategico, al ruolo dell’Amministrazione centrale. Oltre, infatti, alla gestione sostanzialmente diretta, per tramite delle scuole polo di ambito, di una quota rilevante di risorse e di iniziative formative – definite “a carattere nazionale, azioni di sistema, formazione in ingresso del personale” – l’accordo attribuisce all’Amministrazione centrale compiti anche molto innovativi, di promozione e supporto all’innovazione metodologica, così descritti:
Con particolare riferimento, inoltre, all’azione di monitoraggio l’Accordo attribuisce all’Amministrazione il compito di valorizzare le migliori pratiche, di incoraggiare la diffusione di modelli innovativi, di predisporre azioni di semplificazione “al fine di realizzare un sistema di formazione in servizio in grado di determinare la crescita professionale continua del personale, la qualificazione del sistema istruzione e un reale innalzamento dei livelli dell’offerta formativa”. Si tratta, come è evidente, di un importante riconoscimento della centralità della leva formativa per la qualificazione complessiva del sistema e, insieme, di una sfida rilevante per l’Amministrazione che dovrà dotarsi, sia a livello centrale che periferico, degli strumenti organizzativi e operativi necessari ad evitare che resti una vuota declaratoria di principi.
La restituzione alle scuole della centralità del sistema di formazione in servizio comporta la valorizzazione del Piano di formazione di Istituto quale strumento di sintesi, culturale ed operativa, tra gli obiettivi del PTOF, i traguardi del RAV, le priorità strategiche di ciascuna istituzione scolastica e le azioni formative necessarie a supportare i processi di miglioramento. La difficile sintesi tra priorità e bisogni formativi di ciascuna scuola e quelli definiti a livello di ambito territoriale ha rappresentato uno dei nodi di maggiore problematicità operativa nel triennio scorso. Ora le scuole potranno progettare iniziative formative direttamente funzionali a corrispondere ai propri obiettivi di miglioramento decidendo, eventualmente, di aggregarsi in reti di scopo con scuole che condividono tali obiettivi e strategie, nella prospettiva non solo di un’economia di scala ma anche di quell’arricchimento che deriva da confronto e dalla collaborazione tra diverse comunità professionali, arricchimento che costituisce indubbiamente una delle eredità positive della recente esperienza delle reti di ambito.
L’accordo sottolinea ed enfatizza la rinnovata centralità del Collegio dei docenti nella definizione del Piano di formazione di Istituto ma suggerisce anche prospettive operative innovative che, superando la tradizionale e riduttiva impostazione dell’elenco dei corsi di aggiornamento da realizzare, valorizzino “iniziative di autoformazione, di formazione tra pari, di ricerca e innovazione didattica, di ricerca-azione, di attività laboratoriali, di gruppi di approfondimento e miglioramento” oltre che ogni forma di aggiornamento individuale, del quale, assai opportunamente, si sottolinea la necessaria coerenza con il Piano di Formazione di Istituto.
Nell’ambito del Piano di formazione di Istituto viene ricordata la necessità di programmare azioni formative anche rivolte al personale ATA per la cui realizzazione si potrà attingere a risorse specifiche, prioritariamente ex L.448/1997.
Il tema delle risorse assume, nel nuovo scenario disegnato dal CCNI, una particolare rilevanza: la Legge 107/2017 aveva investito consistenti risorse a finanziare il Piano Nazionale di formazione, 40 milioni annui per il triennio 2016-19, che il sistema centrato sulle reti di ambito e le scuole polo sembra aver addirittura faticato a investire in modo completo ed efficace (ma anche su questo aspetto attendiamo l’esiti del monitoraggio INDIRE). Ora: quali risorse complessive e, soprattutto, su quali risorse potrà effettivamente contare ogni singola scuola per programmare e realizzare il proprio Piano di formazione? Un rapido e sommario calcolo sulla base delle tabelle allegate all’accordo, relative al solo esercizio finanziario 2019 e ulteriormente integrabili, prefigura una quota media di 2.500 euro per ciascuna Istituzione scolastica.
Restano non affrontati e irrisolti dall’accordo sottoscritto alcuni nodi di fondo, dal cui dipanamento dipende in gran parte, a parere di chi scrive, il successo della nuova stagione che si va aprendo sulla formazione in servizio del personale scolastico:
[1] L’Accordo sottoscritto il 19/11 è accompagnato da un Verbale, datato 18/11, che restituisce la sintesi dei lavori e delle posizioni emerse dal Confronto tra le parti, come previsto dall’art.6 comma 2 del CCNL 2018. L’esito del confronto appare un documento ancora interlocutorio e generale, limitandosi ad indicare alcuni ambiti tematici sui quali le parti concordano di finalizzare prioritariamente le attività formative, sia per il personale docente che ATA. In considerazione di ciò, l’allegato all’Ipotesi di CCNI non è oggetto di analisi delle presenti note.
Come migliorare la professionalità del personale che opera nel settore dell’educazione ed istruzione dalla nascita fino a sei anni)? Quali sono le competenze professionali ritenute irrinunciabili? Quali misure adottare per attrarre e mantenere personale motivato e altamente qualificato?
Queste sono solo alcune delle domande sulle quali si è interrogato “ET2020 Working Group on Early Childood Education and Care- ECEC” della Commissione europea riunitosi a Milano dal 21 al 24 ottobre scorso per un Peer learning activity (PLA), cioè per un’attività di apprendimento tra pari che periodicamente viene ospitata in uno Stato membro dell’Unione europea per approfondire uno specifico aspetto dell’educazione e cura nella prima infanzia. Il PLA di Milano, dal titolo “ECEC staff: raising the attractiveness of the profession; supporting further professionalisation”, ha permesso ai diversi rappresentanti degli Stati europei e delle maggiori organizzazioni europee (come Eurochild, ETUCE, EPSU, ISSA ecc.) di confrontarsi e approfondire molti aspetti legati alla professionalità del personale che opera con i bambini più piccoli: educatori, docenti, coordinatori pedagogici, dirigenti e leader.
Questioni non di poco conto se si considera che la ricerca internazionale ha evidenziato una correlazione positiva tra personale maggiormente qualificato, servizi di qualità e migliori risultati nello sviluppo globale dei bambini. A tutto il personale sono quindi richiesti alti livelli di conoscenze, abilità e competenze metodologiche, relazionali e comunicative, nonché approfondite conoscenze pedagogiche sullo sviluppo infantile. Tutto questo comporta una particolare attenzione nella formazione iniziale, in ingresso e nello sviluppo professionale continuo di tutti coloro che operano nel settore ECEC.
L’ET2020 Working Group on Early Childood Education and Care è uno dei sette gruppi di lavoro costituiti dalla Commissione Europea per sostenere gli Stati membri, attraverso il metodo di coordinamento aperto, nell’affrontare, secondo le priorità comuni concordate a livello europeo, le principali sfide riguardanti i rispettivi sistemi nazionali di istruzione e formazione. Nello specifico, il Gruppo di lavoro sull'ECEC svolge un ruolo chiave nello sviluppo delle politiche europee sulla prima infanzia e nel sostegno agli Stati membri nell'attuazione della Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia , approvata il 22 maggio 2019.
Il Gruppo di lavoro, costituito nel 2018, sta lavorando su due tematiche nell’ambito del settore della prima infanzia: l'inclusione di tutti i bambini dei sistemi educativi e la professionalizzazione del personale. Nell’ambito di tale tematiche il Gruppo lavora all’individuazione di buone pratiche, alla condivisione di idee e proposte per rafforzare la cooperazione europea e per supportare lo sviluppo delle politiche nazionali. A conclusione del suo lavoro nel giugno del 2020, il Working group on ECEC produrrà degli strumenti che potranno offrire utili orientamenti ai decisori politici nazionali, regionali, locali nonché ai diversi stakeholder coinvolti.
L’attuale Gruppo di lavoro sull’ECEC basa le proprie riflessioni sui risultati raggiunti dal precedente Gruppo di lavoro (2012-2014) che ha sviluppato il Quadro europeo di qualità per i sistemi di educazione e cura per la prima infanzia: The European quality framework on ECEC, adottato con la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2019. Esso descrive un sistema in grado di fornire servizi alla prima infanzia di qualità per tutti i bambini e costituisce per gli Stati membri uno strumento di governance basato su un approccio europeo all’avanguardia. Il Quality framework comprende dieci dichiarazioni di qualità che sono strutturate in cinque aree: accesso, personale, curriculum, monitoraggio e valutazione, governance e finanziamenti. L’area riguardante la professionalizzazione del personale è considerata strategica per creare una professione attraente, sostenibile e competente.
Secondo il Quality framework il supporto alla professionalità del personale passa attraverso:
Il PLA sul tema della professionalizzazione del personale nel settore ECEC è stato ospitato dal Comune di Milano che ha presentato la propria lunga esperienza nella gestione integrata dei servizi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia, basata su Linee guida pedagogiche per i servizi 0-6 anni e sullo sviluppo professionale continuo del personale. L’approccio milanese è stato inquadrato all’interno della recente avvio del Sistema integrato dalla nascita sino a 6 anni, introdotto dal Dlgs 65/2017 e ispirato al Quality framework on ECEC. La peculiarità del sistema italiano, con le sue particolarità nella gestione dei servizi (comunali, privati e statali) e con una governance multilivello alquanto complessa, ha fornito l'occasione per discutere dell'importanza della formazione iniziale, in ingresso e dello sviluppo professionale continuo del personale.
Sono stati presi in considerazione, comunque, tutte le tre figure professionali che in ambito europeo sono considerate all’interno del settore ECEC: educatori/docenti (secondo le diverse denominazioni date da ciascun sistema nazionale), leaders, assistenti. Interessante il dibattito sviluppato intorno a quest’ultima figura professionale in cui contorni non sono sempre ben delineati poiché non è prevista in tutti i sistemi educativi nazionali o è prevista con competenze sensibilmente diverse.
Partendo dalla prima domanda “quali sono le competenze chiave che un professionista ECEC dovrebbe possedere?” sono state delineate una serie di competenze chiave, per ciascuna delle tre figure professionali, che riguardano sei aree:
La “mappatura” delle competenze chiave sarà oggetto di ulteriori discussioni da parte del gruppo e verrà pubblicata nella sua versione definitiva nella primavera del 2020 affinché venga successivamente disseminata a livello degli Stati membri.
Il PLA ha confermato la necessità di definire delle core competences per coloro che lavorano nel settore ECEC, cioè un set minimo di competenze imprescindibili e coerenti con un approccio educativo che pone al centro il bambino. Pertanto un’adeguata formazione iniziale e continua dovrebbe essere considerata una priorità politica anche da declinare a diversi livelli di governance (nazionale, regionale e locale) coinvolgendo gli stakeholders, il territorio e le famiglie. In particolare è stata sottolineata l’importanza di garantire una forte connessione tra i programmi di formazione in ingresso e in servizio e le pratiche pedagogiche quotidiane, anche favorendo attività di ricerca e di riflessione. La formazione in servizio, intesa come sviluppo professionale continuo, richiede forti investimenti ma soprattutto deve essere collocata all'interno di una strategia nazionale e monitorata in relazione alle ricadute prodotte in termini di qualità del sistema.
Interessante è stato il dibattito scaturito in merito all’obbligatorietà della formazione che ha diviso i diversi partecipanti. Infatti, se da un lato, è necessario che un sistema di qualità richieda personale altamente qualificato, dall’altro l’obbligatorietà potrebbe essere controproducente. Lo sviluppo professionale continuo dovrebbe essere un diritto per il personale e un obbligo per i soggetti tenuto ad erogare la formazione.
Infine, la presentazione della sperimentazione del RAV infanzia ha suscitato una serie di domande e approfondimenti sul sistema di valutazione delle scuole in Italia, accolto dai partecipanti come uno modalità per monitorare la qualità del servizio educativo e per individuare le politiche per il miglioramento del sistema. Un ruolo fondamentale è riconosciuto, inoltre, al dirigente/leader della singola struttura che deve essere pienamente coinvolto nel processo di valutazione e miglioramento del servizio.
In generale, il Gruppo ha concordato sul fatto che il focus sulla qualità dei servizi deve rimanere centrale nelle agende politiche riguardanti lo sviluppo professionale del personale. Ciò richiede che i processi siano trasparenti, compresi e applicati in modo coerente e regolare. In questo senso risulta importante un sistema di monitoraggio e valutazione della qualità dei servizi, le cui risultanze dovrebbero essere disponibili alle famiglie.
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Repertorio 2019 - Dizionario normativo della scuola
Uno strumento fondamentale per lo studio dell'ordinamento scolastico, l'aggiornamento professionale, la preparazione a pubblici concorsi. Si compone di saggi, curati da esperti di settore, che illustrano in modo aggiornato ed approfondito i principali istituti giuridico-amministrativi, contrattuali e contabili del comparto scuola e del pubblico impiego. Ciascuna voce sintetizza un argomento, ne mette in risalto gli aspetti salienti, enuncia le fonti normative, informa sul loro evolversi nel tempo, presenta considerazioni tecnico-giuridiche, notazioni, commenti. |
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Richiamo all’Europa
a cura di L. Maloni, R. Seccia Questa pubblicazione ha un duplice “richiamo”. Uno ideale ed ambizioso e uno pratico ed operativo, volendo facilitare il mondo della scuola nella progettazione europea e gli studenti nella ricerca di nuove opportunità per il proprio futuro. È soprattutto rivolto agli insegnanti che si occupano di progettazione, ai dirigenti che devono acquisire risorse per la scuola, ai responsabili amministrativi che hanno il compito di realizzare operativamente i processi decisionali, alle giovani generazioni che vedono ancora nell'Europa una chance di lavoro e di vita. Le scelte accurate degli argomenti e le riflessioni argute sulle tematiche proposte permettono di farsi un'idea ben chiara e fondata. |
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L'autonomia delle scuole in Europa e Altrove
di M.G. Dutto Il libro offre al lettore una panoramica sulle esperienze in Europa e altrove anche per contribuire alla riflessione su una scelta importante compiuta nel nostro Paese, affinché l'autonomia non si riduca solo a ricordo nostalgico di una stagione appassionata. Oggi, però, l'interrogativo centrale è se la maggiore responsabilità assegnata alle scuole migliora la preparazione degli studenti. Sulla base delle evidenze disponibili l'autore esplora, con realismo e lontano dalla retorica, l'autonomia delle scuole: non è una soluzione a qualsivoglia problema, ma è uno strumento di grande impatto da usare strategicamente a determinate condizioni. |
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Il dirigente scolastico e la leadership della scuola di M.G. Dutto Con questo il volume, l'aspirante alla dirigenza, come il dirigente già sul campo, può riflettere sull'idea di leadership, interrogarsi sul suo significato nella scuola, esaminare schemi di intervento proposti da esperti nazionali e internazionali. Con una metafora nautica, l'autore indica ai dirigenti scolastici, e a coloro che aspirano a diventarlo, la via della transizione verso la guida di scuole autonome che mollano gli ormeggi e prendono il largo. Valorizzare le risorse e gli strumenti a disposizione e rimanere sempre connessi attraverso un'interazione critica e intelligente con l'amministrazione ministeriale e le politiche del tempo per assicurare continuità di azione senza rincorrere i cambiamenti del giorno. |
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Competenze chiave per la cittadinanza
a cura di G. Cerini, S. Loiero, M. Spinosi Attraverso una pluralità di contributi pedagogici, disciplinari e didattici, il testo analizza i temi di fondo dei nuovi scenari della cittadinanza, il quadro di nuovi saperi e discipline di frontiera (digitale, coding, statistica, geografia), percorsi operativi ispirati alla didattica per competenze, suggerimenti per la progettazione didattica, la valutazione, la certificazione e la formazione in servizio. L'intento è quello di fornire a insegnanti, formatori, dirigenti scolastici, alcune chiavi di lettura per promuovere una piena educazione alla cittadinanza attraverso la costruzione di nuovi ambienti di apprendimento, per migliorare la qualità dell'insegnamento ed i risultati degli studenti. |
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Una guida per il PTOF di M.T. Stancarone Questo volume nasce con l'intento di sostenere il lavoro delle scuole nella predisposizione del Piano triennale dell'offerta formativa e fornire i contenuti utili a quanti vogliano intraprendere la carriera dirigenziale o quella di docente. La predisposizione dell'offerta formativa è un momento fondamentale della vita di una scuola. Il libro offre un panorama sintetico, ma completo, dell'evoluzione storico-normativa che ha portato all'introduzione del PTOF e delle principali teorie sui modelli organizzativi utili a governare la complessità della scuola e realizzare l'apprendimento organizzativo. |
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La Rendicontazione sociale
di M. Logozzo, D. Previtali, M.T. Stancarone In questo volume viene analizzato ed approfondito l'iter storico e normativo che ha portato alla definizione della Rendicontazione sociale. L'intento è quello di accompagnare il lettore nel processo della rendicontazione, fornendo anche una guida operativa semplice e chiara per utilizzare la piattaforma predisposta dal MIUR. Nel testo, inoltre, è possibile ripercorrere i passaggi fondamentali che dall'autovalutazione vanno alla rendicontazione sociale, divenendo un riferimento utile sia per chi desidera approfondire i temi della politica scolastica sia per il personale docente e dirigente sia per chi è interessato ad entrare nel mondo della scuola. |
Si è conclusa, da qualche giorno, al Palacongressi di Rimini, la dodicesima edizione del convegno internazionale Erickson “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale”; evento a cui hanno partecipato più di centocinquanta relatori ed esperti di fama nazionale e internazionale, provenienti da ambiti diversi e che hanno offerto spunti di riflessione a una platea di oltre quattromila persone impegnate nell’educazione inclusiva, intesa come scelta di civiltà e di valore.
I lavori si sono articolati in tre giorni che hanno visto tre sessioni plenarie incentrate sui temi dell'inclusione, della disabilità e dell'interculturalità; dodici Q TALK su idee particolarmente stimolanti e innovative ed, infine, quarantatre workshop basati su pratiche didattiche efficaci.
Un confronto a tutto tondo con i maggiori esperti su focus da presidiare strategicamente da chi, quotidianamente, lavora per promuovere un processo d'inclusione scolastica e sociale sempre più efficace. Tanto è vero che lo slogan del Convegno è stato “La Q siamo noi”, nel senso che la qualità del processo inclusivo va costruita sul campo quotidianamente da tutti gli operatori della comunità educante e professionale.
Ragionevolmente quando parliamo di processo d’ inclusione scolastica e sociale possiamo intendere un insieme di azioni implementate al fine di mettere l’altro in condizioni di “funzionare” al meglio, in relazione alle sue capacità nel campo degli apprendimenti e della partecipazione. In altre parole accogliere e integrare tra loro le molteplici eterogeneità umane offrendo opportunità di piena autorealizzazione attraverso una didattica il più possibile universale, accessibile e personalizzabile per tutti gli alunni.
È una questione di vera e propria giustizia sociale e di diritti umani di tutti e di ciascuno.
Tuttavia come ha precisato il Prof. Dario Ianes in apertura del Convegno, l’inclusione è una realtà complessa e, sempre più spesso, in diversi paesi europei si aggirano i cosiddetti “inclusio-scettici”[1], cioè coloro che non credono che una scuola inclusiva sia possibile. L’Italia vanta una tradizione relativa all’inclusione di circa quarant’anni, sia pure con le diverse problematiche e fragilità note a tutti. Rifuggendo da pratiche autoreferenziali, appare doveroso riflettere sulle debolezze del nostro sistema ma nell’ottica di “inclusio-costruttori”, cercando di trovare risposte concrete alle difficoltà e trasformando l’impegno ideale in operatività.
Lungo questa traiettoria, tracciata dal Prof. Dario Ianes, si sono svolti i lavori del Convegno attraverso intensi momenti di confronto e ricerca per costruire una comunità sempre più inclusiva ed approdando alla conclusione, desumibile tra l’altro dalla mozione finale prodotta, che l’abbattere muri deve essere il filo conduttore dell’impegno da profondere quotidianamente per scongiurare il pericolo di rendere fragile la nostra esperienza inclusiva, con il rischio di un ritorno al passato di pratiche educative, selettive e separative.
Si rende necessaria una formazione in servizio, obbligatoria e costante nel tempo; in particolare una formazione iniziale per tutti i docenti sulla didattica inclusiva come pratica normale. Atteso, inoltre, che il processo inclusivo richiede un gioco di squadra appare imprescindibile da una formazione di tutti gli attori della comunità educante e professionale, ivi compresi i Dirigenti Scolastici come loro competenza strutturale non accessoria.
Fondamentale risulta anche un reale sviluppo dell’autonomia didattica e della flessibilità dei curricoli ottimizzando i tempi e gli spazi della progettazione didattico-educativa e prevedendoli anche per Scuola Secondaria.
Occorre, pertanto, una filosofia contrattuale della scuola che valorizzi gli insegnanti nella misura in cui tutela i diritti degli studenti; ogni alunno, riconosciuto in rapporto alla propria condizione, ha diritto ad una relazione che sviluppi e solleciti i potenziali con didattiche individualizzate idonee, anche speciali, ma mai segreganti.
Strategica risulta la figura del docente specializzato per le attività di sostegno, inteso come partner strutturale dello sviluppo di una classe inclusiva, in cui regna la corresponsabilità dell’intervento didattico a favore di tutti gli alunni.
Come sostengono Andrea Canevaro e Dario Ianes[2], le due voci più autorevoli nel campo dell’inclusione, un altro sostegno è possibile ed un docente specializzato per le attività di sostegno inclusivo è un insegnante che:
Azioni ineludibili per la realizzazione di una comunità educante e professionale sempre più inclusiva e che richiedono ricerca costante, puntuale documentazione dei percorsi implementati e diffusione di buone prassi.
Solo attraverso la formazione continua e scrupolosa è possibile individuare risposte pedagogiche speciali di qualità ai diversi bisogni educativi speciali.
Fondamentale è l’azione di ricerca in situazione, costante e mirata sul singolo caso bisognoso di attenzione pedagogica: “E’ con la ricerca e nella ricerca che il lavoro dell’insegnante smette di essere un mestiere e diventa una professione” come del resto, sosteneva già Piaget.
Rigore scientifico e concretezza, dunque, per favorire una cultura dell’inclusione.
Ma risulta parimenti importante lasciare traccia dei percorsi implementati documentandoli in maniera puntuale.
Attraverso la documentazione di quanto realizzato si apre la possibilità di rivedere e riflettere sui percorsi svolti in modo da individuare i punti di forza e quelli di criticità; incrementare i primi e superare e/o almeno ridurre i secondi. In tal modo il docente riflette sulle prassi didattiche implementate nell’ottica del docente riflessivo ed al fine di un miglioramento continuo.
La documentazione di un percorso svolto può costituire una buona base di partenza per ulteriori percorsi da attivare ed una prassi da condividere con altri docenti della propria comunità o di altre. Fondamentale risulta quindi la formalizzazione delle buone prassi didattiche e la loro disseminazione; le buone prassi costituiscono la voce e la testimonianza della scuola autentica che quotidianamente si interroga per trovare risposte ai diversi bisogni educativi.
Sarebbe un vero spreco se restassero gelosamente chiuse nei cassetti …è necessario dar loro voce nell’ottica di una scuola quale comunità educante che crea comunità.
Infine i tempi sono maturi per riprendersi coraggiosamente la PEDAGOGIA, ovvero la sensibilità pedagogica che ci spinge a considerare la PERSONA prima del suo funzionamento; sensibilità pedagogica quale vera linfa di ogni azione educativa e didattica finalizzata a creare una comunità educante sempre più inclusiva.
Pedagogia che operi in un approccio multidisciplinare ed in un dialogo multiprofessionale al fine di realizzare una governance locale inclusiva: premessa perché il processo d’inclusione scolastica e sociale funzioni efficacemente.
[1] D. Ianes, G. Augello, Gli inclusio-scettici, Erickson, 2019.
[2] A. Canevaro e D. Ianes (a cura di), Un altro sostegno è possibile. Pratiche di evoluzione sostenibile ed efficace, Erickson, 2019.
In via del tutto eccezionale e solo per quest’anno, il MIUR, con la nota 26158 del 18 novembre 2019, concede alle scuole un massimo di 30 giorni in più per gli adempimenti previsti dal Regolamento di Contabilità per la predisposizione e l’approvazione del Programma Annuale (PA) 2020 (DI 129/2018).
Nelle scorse settimane, “gli uffici del MIUR di Viale Trastevere” sono stati letteralmente sommersi dalle numerosissime e preoccupatissime richieste di rinvio delle scadenze previste dall’art. 5 del D.I. 129/2018 sull’argomento.
Molte sono le scuole che in questo anno scolastico sono in difficoltà e diverse sono le motivazioni che le hanno generate: alla cronica carenza di personale amministrativo, in troppe realtà si registra la grave assenza del Direttore S.G.A.. Quest’anno, alle tante scuole sottodimensionate guidate da DS e da DSGA reggenti spesso neanche in continuità con gli anni passati, si aggiungono le numerosissime istituzioni scolastiche normodimensionate e prive del DSGA titolare per mancanza di aspiranti in grado di poter occuparne il posto.
In tante altre scuole, invece, si registrano problematiche di non poco conto attribuibili alle continue disfunzioni della piattaforma SIDI-BIS attivata, dal MIUR, solo da poche settimane.
Il Ministero, nella nota 26158 del 18 novembre 2019, ribadisce l’importanza di rispettare le tempistiche previste dal D.I. 129/2018 e di pianificare tempestivamente le risorse finanziare necessarie per le realizzazione delle attività ordinarie e progettuali inerenti all’esercizio finanziario di riferimento del programma annuale, ferma restando la possibilità di apportare delle modifiche in corso d’anno per consentire la realizzazione del programma in relazione all’effettivo andamento del funzionamento amministrativo e didattico generale ed al concreto stato di attuazione dei singoli progetti.
Tuttavia, il MIUR con la nota pre-citata, ha rilevato la sussistenza, in alcuni specifici casi, di elementi oggettivi di criticità legati alla prima applicazione delle disposizioni previste nel D.I. n. 129/2018, nonché ad alcuni ritardi nell’immissione in ruolo del personale scolastico, soprattutto con riferimento alle segreterie amministrative.
Gli ulteriori 30 giorni concessi dal MIUR consentiranno dunque alle scuole di disporre di tempi più distesi, sia per superare le criticità dovute al ritardo nella disponibilità del personale di ruolo nelle segreterie che per familiarizzare con le novità presenti nella piattaforma SIDI-BIS.
La proroga dei termini previsti dal Regolamento di contabilità D.I. 129/2018 concessa dal MIUR con la nota di cui sopra, è “in via del tutto eccezionale per specifici casi per i quali vi siano motivazioni oggettive e documentabili” da inserire nella relazione illustrativa di accompagnamento al documento contabile (PA 2020).
L’originaria scadenza del 30 novembre 2019, entro la quale il Programma Annuale 2020, predisposto dal Dirigente scolastico con la collaborazione del DSGA e corredato da una relazione illustrativa deve essere sottoposto ai revisori dei conti per il parere di regolarità contabile, viene dunque spostata, solo per quest’anno, al 30 dicembre 2019.
Conseguentemente anche la data entro la quale il Programma Annuale 2020 deve essere approvato dal Consiglio di Istituto slitta dal 31 dicembre 2019 al 30 gennaio 2020.
Le indicazioni della nota ministeriale rappresentano, ovviamente, disposizioni di carattere transitorio e pertanto riferite esclusivamente al Programma Annuale 2020.
E’ tuttavia singolare rilevare che il MIUR mentre riconosce la difficoltà straordinaria delle scuole in questo specifico anno scolastico 2019/20, concedendo la “proroga” dei termini di cui all’art. 5 D.I. 129/2018, esclusivamente con una motivata giustificazione (motivazione oggettiva e documenta), confonde i Dirigenti e Direttori SGA forse con gli alunni.
Come dire, puoi arrivare in ritardo ma porta la giustifica dei genitori!
Infatti, le motivazioni di utilizzo di tale proroga dovranno essere indicate dalle Istituzioni scolastiche all’interno della relazione illustrativa di cui all’art. 5, comma 7, del DI n. 129/2018.
Sarà cura dei revisori dei conti, nell’ambito delle ordinarie attività di verifica di regolarità amministrativo contabile, riscontrare la presenza delle motivazioni che hanno indotto l’Istituzione scolastica ad utilizzare la proroga in parola.
Dal tenore letterale e semantico dei “motivi oggettivi e documentabili” il MIUR lascia spazio alla più ampia creativa immaginazione su cui si aprirà un fluido magma complesso di valutazione postuma con l’organo di controllo, limitandosi semplicemente, che in caso di quesiti è possibile richiedere assistenza scrivendo all’Help Desk Amministrativo Contabile.
L’auspicio in realtà era altro: il MIUR avrebbe dovuto avere il coraggio di fissare autorevolmente dei precipui binari risolutivi al radicale grave motivo ostativo per una futura “migliore” gestione della Scuola.
a cura di M. Spinosi, con G. Cerini e S. Loiero
(settembre 2019, pagine 512, euro 48,00)
Il libro, articolato in quattro capitoli e un'appendice, costituisce uno strumento indispensabile per il futuro insegnante, lo aiuta a padroneggiare tutte le competenze necessarie per diventare un professionista di qualità. Serve anche ai docenti in servizio per la ricchezza dei suggerimenti e per gli esempi di percorsi didattici ivi contenuti.
Il primo capitolo contiene i fondamenti pedagogici, sociali e psicologici con riflessioni sulle principali questioni e con riferimenti alle teorie e alle scuole di pensiero su cui si sono fondate le nostre scelte istituzionali.
Il secondo capitolo affronta i temi basilari per diventare docenti, cioè tutti i presupposti per l'insegnamento apprendimento: curricolo, competenze, ambiente di apprendimento, documentazione, gestione della classe, valutazione, certificazione ed altro.
Il terzo capitolo è dedicato alla “didattica in azione”: ci sono nove percorsi disciplinari, alcuni esempi di prove di verifica e di compiti in situazione.
Il quarto capitolo riguarda gli aspetti di natura organizzativa e istituzionale con attente analisi delle Indicazioni per il curricolo, autonomia scolastica, offerta formativa, valutazione e rendicontazione e con una ricostruzione essenziale della storia della scuola primaria.
Infine il neo docente, per potersi muoversi nel mondo delle norme, può avvalersi di un'appendice in cui sono riassunte, in maniera semplice ed efficace, tutte le principali disposizioni che regolano la vita della scuola.
Una tabella di corrispondenza tra l'insieme dei temi richiesti nel programma di concorso e di quelli trattati nel manuale permette di non tralasciare nulla. Potrà essere un utile dispositivo di orientamento sia nella fase di prima lettura, sia in quella di consolidamento della preparazione
Coordinamento redazionale a cura di Giancarlo Cerini
Direttore responsabile Gabriella Crusco
Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 65 del 20/12/2016
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