Femminicidio: una battaglia culturale non più rinviabile

Oltre l’educazione affettiva

Ancora una volta l’attenzione di tutti noi è stata riportata brutalmente, a seguito della tragica scomparsa della giovanissima Martina Carbonaro ad Afragola, su un fenomeno che non possiamo più ignorare: il femminicidio. Martina è solo l’ultima vittima di una violenza di genere che si radica in profonde dinamiche culturali e sociali, e che ci impone di agire in maniera impellente e determinata. La sua storia, come quella delle altre donne a cui è stato riservata la stessa sorte, non deve essere un mero dato statistico, ma un incentivo potente per una riflessione collettiva e un’azione concreta. Il femminicidio non è un crimine isolato, ma il culmine di una spirale di violenza che prospera nel silenzio, nell’indifferenza e in una cultura che ancora incontra difficoltà a riconoscere la piena parità di genere.

Le radici profonde della violenza di genere

L’esplorazione delle cause del femminicidio induce a confrontarsi con una variegata rosa di fattori. Frequentemente il cuore pulsante di questa forma di violenza è l’idea distorta di possesso e controllo, dove la donna viene privata della sua identità autonoma per essere percepita come un’estensione della volontà maschile. Deleteri stereotipi di genere alimentano tale percezione e plasmano le aspettative sociali e le dinamiche relazionali sin dall’infanzia. La cultura patriarcale, ancora molto diffusa, tende a sminuire la violenza sulle donne, a colpevolizzare le vittime e a motivare i comportamenti disfunzionali. L’inadeguata educazione sentimentale ed emotiva, combinata a modelli maschili che spesso si nutrono di una virilità tossica, contribuisce a creare un terreno propizio per la violenza. Non si può ignorare il ruolo di una certa pornografia e di un uso distorto dei social media che, in alcuni casi, possono veicolare messaggi che oggettivano il corpo femminile e normalizzano comportamenti aggressivi e denigranti. Le vittime restano intrappolate in circoli viziosi di violenza anche a causa della dipendenza economica o psicologica, della mancanza di reti di supporto adeguate nonché della difficoltà di denunciare, per paura o vergogna.

Famiglia, territorio e scuola per un cambiamento culturale

Il femminicidio è, senza dubbio, una ferita aperta e dolorosa nella nostra società. Ogni vittima rappresenta un fallimento collettivo, un’esortazione che ci rammenta quanta strada ci sia ancora da percorrere per frantumare la spirale della violenza e tessere il tessuto di una società in cui l’equità e il rispetto siano la norma per tutti. Non basta indignarsi di fronte all’ennesima notizia di cronaca; è fondamentale e, ormai improcrastinabile, agire. Non possiamo più delegare la responsabilità a singoli attori; è inevitabile una mobilitazione da parte dell’intera società. La battaglia contro il femminicidio è di natura culturale e richiede un efficace lavoro di squadra, un impegno sinergico della famiglia, del territorio e, in particolar modo, della scuola.

La famiglia è il luogo primario e naturale in cui si apprendono i valori e si costruisce l’identità. È qui che si deve iniziare a promuovere il rispetto reciproco, la parità e la non violenza, sfidando gli stereotipi di genere fin dalla più tenera età.

Il territorio, con le sue associazioni, i centri antiviolenza, le forze dell’ordine e le istituzioni locali, deve costruire una rete di supporto efficace, capace di accogliere, proteggere e guidare le vittime nel percorso di uscita dalla violenza.

Ma è la scuola che assume un ruolo strategico in questa battaglia: ha il potere e il dovere di essere protagonista di questo cambiamento. È un presidio basilare per la crescita civica e culturale delle nuove generazioni, un laboratorio dove si possono decostruire stereotipi, promuovere il pensiero critico e insegnare il valore del rispetto. L’educazione episodica o superficiale non è più sufficiente, è una necessità etica, invece, implementare in maniera seria e strutturata percorsi di educazione al rispetto, di sé stessi, dell’altro e dell’ambiente. Nella scuola c’è uno strumento da cui è possibile partire: le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica.

Le nuove Linee guida di educazione civica

Le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione Civica si traducono in una preziosa opportunità per integrare in maniera organica questi temi all’interno dei curricoli scolastici. L’educazione al rispetto non può essere, infatti, confinata a un’ora settimanale o a progetti estemporanei. Deve diventare un filo conduttore trasversale a tutte le discipline, dalla letteratura alla storia, dalle scienze all’educazione fisica.

Questo significa:

  • promuovere l’educazione affettiva e sessuale in modo consapevole e inclusivo, accompagnando i ragazzi e le ragazze a riconoscere, a dare un nome ed a gestire le proprie emozioni, a costruire relazioni sane e a comprendere il valore vero del consenso;
  • decostruire gli stereotipi di genere presenti nel linguaggio quotidiano e a volte, purtroppo, anche nei materiali didattici, riconoscendo e valorizzando le differenze e promuovendo modelli positivi di maschilità e femminilità;
  • insegnare a riconoscere i segnali della violenza, sia fisica che psicologica, e a chiedere aiuto, fornendo gli strumenti per intercettare dinamiche relazionali dannose;
  • sviluppare il pensiero critico rispetto ai messaggi veicolati dai media e dal web, affinando un uso attivo, consapevole e responsabile delle tecnologie digitali;
  • coinvolgere attivamente i genitori e l’intera comunità educante e professionale in percorsi di sensibilizzazione e formazione, alimentando un dialogo costante e proficuo tra scuola e famiglia.

Cosa possiamo fare, quindi, concretamente per far sì che la scuola diventi un luogo ancora più efficace nella prevenzione del femminicidio? Il nostro ruolo nella prevenzione del femminicidio è decisivo e può essere potenziato mediante una serie di azioni concrete e sistematiche. Non si tratta solo di “parlare di rispetto”, ma di costruire un percorso educativo organico che permei l’intera esperienza scolastica.

Formazione obbligatoria e continua per il personale scolastico

Il primo e più importante passo è garantire che tutti i docenti, il personale ATA e i dirigenti scolastici siano adeguatamente formati sui temi della violenza di genere, degli stereotipi e dell’educazione alle differenze.

Corsi di formazione specifici e accreditati

Non sono sufficienti e tantomeno funzionali interventi spot ed incontri occasionali. Necessitano percorsi strutturati e obbligatori che forniscano strumenti pedagogici e didattici concreti per affrontare questi temi in classe, riconoscere i campanelli d’allarme e sapere a chi rivolgersi. I contenuti dovrebbero includere:

  • le tipologie della violenza di genere (fisica, psicologica, economica, stalking, revenge porn);
  • le radici culturali e sociali degli stereotipi di genere e gli strumenti per decostruirli;
  • l’educazione affettiva e sessuale inclusiva, basata sul consenso e sul rispetto;
  • la gestione delle emozioni e risoluzione non violenta dei conflitti;
  • il riconoscimento dei segnali di violenza e dei campanelli d’allarme nelle relazioni tra pari e familiari;
  • i protocolli di intervento e rete di supporto (centri antiviolenza, servizi sociali, forze dell’ordine).

Formazione sulla didattica inclusiva e non stereotipata

Insegnare a utilizzare un linguaggio e materiali didattici che siano inclusivi e che evitino la riproduzione di stereotipi di genere, sia nei contenuti che nelle immagini.

Coinvolgimento di esperti esterni

Collaborare con psicologi, sociologi, operatori di centri antiviolenza e associazioni che lavorano sul campo per arricchire la formazione e portare testimonianze dirette.

Educazione al rispetto e all’affettività

Come già accennato, l’educazione al rispetto e all’affettività deve essere un pilastro trasversale del curricolo scolastico, non un’aggiunta occasionale.

  • Curricula trasversali: integrare i temi del rispetto, della parità di genere, dell’educazione affettiva e sessuale in tutte le discipline, dalla letteratura (analizzando i personaggi femminili e maschili, le relazioni di potere) alla storia (il ruolo delle donne nella società, le lotte per i diritti), dalle scienze (biologia del corpo, diversità) all’educazione civica.
  • Laboratori e attività interattive: privilegiare metodologie didattiche attive, partecipative ed inclusive, che favoriscano il dibattito, la riflessione critica, il role-playing, la produzione di elaborati artistici o multimediali, per consentire agli studenti di esplorare questi temi in modo personale e significativo.
  • Educazione al consenso: insegnare in maniera precoce ed inequivocabile il concetto di consenso in ogni tipo di relazione, sia fisica che emotiva, come elemento fondamentale per il rispetto dell’altro. La chiave sta nel saper porre confini, dicendo un ‘no’ chiaro e deciso, e nel contempo, nel saper digerire un ‘no’ altrui, riconoscendone la legittimità.
  • Prevenzione del cyberbullismo e del revenge porn: affrontare in modo specifico i rischi legati all’uso distorto dei social media e delle tecnologie, educando alla privacy, alla responsabilità digitale e alla prevenzione della diffusione non consensuale di immagini e video.
  • Programmi di peer education: favorire la formazione di studenti “peer educator” che possano, con il supporto degli insegnanti e di esperti, essere portavoce e facilitatori di discussioni tra i propri coetanei, utilizzando linguaggi e approcci più vicini al loro mondo.

Creazione di un ambiente scolastico sicuro e inclusivo

La scuola deve essere un luogo dove ogni studente si deve sentire sicuro, ascoltato e valorizzato, indipendentemente dal genere.

  • Sportelli d’ascolto e consulenza psicologica: rafforzare la presenza di figure professionali (psicologi, pedagogisti) in grado di offrire supporto agli studenti che vivono situazioni di disagio o violenza, garantendo riservatezza e professionalità.
  • Politiche chiare contro il bullismo e le molestie: adottare regolamenti scolastici che prevedano sanzioni chiare per comportamenti discriminatori o violenti, e procedure definite per la gestione delle segnalazioni.
  • Promozione della genitorialità consapevole: coinvolgere i genitori attraverso incontri, seminari e laboratori per sensibilizzarli sul tema della violenza di genere, fornire strumenti per l’educazione dei figli al rispetto e creare una rete di collaborazione tra scuola e famiglia.
  • Monitoraggio e valutazione: implementare sistemi di monitoraggio e valutazione dell’efficacia degli interventi messi in atto, raccogliendo dati e feedback per migliorare costantemente le strategie di prevenzione.

Collaborazione con il territorio e le reti antiviolenza

La scuola non può operare in isolamento, ma deve integrarsi in una rete territoriale più ampia.

  • Partnership con i centri antiviolenza: stabilire collaborazioni stabili con i centri antiviolenza e le associazioni che si occupano di violenza di genere, invitandoli a tenere incontri nelle scuole, a proporre progetti educativi e a offrire supporto alle vittime.
  • Coinvolgimento delle istituzioni locali: lavorare in sinergia con i Comuni, le ASL, le forze dell’ordine e gli enti del terzo settore per creare percorsi di prevenzione e intervento coordinati.
  • Sensibilizzazione della comunità: promuovere eventi, campagne di sensibilizzazione e progetti che coinvolgano l’intera comunità, per diffondere una cultura del rispetto e contrastare l’indifferenza.

In sintesi, per far sì che la scuola si traduca in un baluardo efficace contro il femminicidio, è necessario un impegno sistemico ed ampio raggio che vada oltre l’emergenza, puntando sulla formazione costante, una didattica innovativa e trasversale, la creazione di un ambiente scolastico accogliente e sicuro e una stretta collaborazione con il territorio. Queste sono le uniche chiavi per spezzare le catene della violenza e forgiare un futuro in cui ogni persona sia trattata con pari dignità e rispetto.