Il nuovo ministro tra le urgenze di oggi e le soluzioni per il domani

Ripensare il sistema scolastico per cambiare il Paese

È tempo di investire in educazione, non solo per superare l’emergenza Covid, ma per guardare oltre, per ritrovare quel cammino di sviluppo che sembra essersi perduto nei lunghi anni in cui hanno prevalso individualismo e populismo e che deve fondarsi sui valori definiti nella nostra Costituzione”. È questo in estrema sintesi il manifesto del nuovo Ministro dell’Istruzione. Lo leggiamo nella quarta di copertina del suo ultimo libro “Nello specchio della scuola” edito da il Mulino.

Un curricolo accademico

Un accademico è la persona giusta per viale Trastevere, in questo momento critico per la scuola? Sicuramente sì, specialmente se ha dimostrato di sapersi “sporcare le mani” con l’amministrazione attiva.

Patrizio Bianchi

Un curriculum, quello di Patrizio Bianchi, di indubbio spessore e di respiro europeo ed internazionale. Allievo di Romano Prodi e di Alberto Quadrio Curzio; studi alla London School of Economics; professore ordinario di economia applicata ed esperto di politiche industriali e dello sviluppo; rettore dell’Università di Ferrara; presidente della fondazione CRUI; direttore scientifico della Fondazione internazionale Big Data e intelligenza artificiale per lo sviluppo umano; premiato dall’Accademia nazionale dei Lincei per la sua attività nelle scienze sociali e politiche; ambasciatore Unesco in Education, growth and equality; autore di 40 libri e 250 pubblicazioni.

“Sporcarsi le mani” come etica professionale

Lo dice anche Papa Francesco, riferendosi ai giovani: “Per essere felici bisogna sporcarsi le mani”. È un mettersi in gioco… avere la mano tesa verso gli altri, mettersi al servizio, ma anche rischiare. Per chi ha una responsabilità di governo significa non soltanto avere buone idee ma soprattutto sapere come e cosa fare per portarle a buon fine.

Patrizio Bianchi questo lo ha sperimentato come Assessore “all’Istruzione, Università e Lavoro”, nella regione Emilia-Romagna, guidata prima da Vasco Errani e poi da Stefano Bonaccini. Lo sa bene perché si è imbattuto anche nella catastrofe del terremoto e ha dato prova di saperla affrontare. “Centinaia di scuole a pezzi, studenti da riportare tutti in aula al più presto, un sistema da far ripartire… nell’obbligo di ricostruire – dice Bianchi – abbiamo imparato ad essere pragmatici nelle scelte, non solo a rimettere in asse i muri e le porte, ma a guardare sempre avanti. Siamo partiti dai calcinacci e ora ragioniamo anche di Big Data”.

Ricostruire le scuole e riportare tutti gli alunni in classe, era questo il compito da realizzare in maniera rapida ed efficace allora. Ma ora, bisogna farlo per tutti i nostri ragazzi.

Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro

Inclusione e attenzione alle fragilità, competenze per il XXI secolo, un’autonomia responsabile e solidale, nuovi ambienti di apprendimento, personale sempre più qualificato… queste sono alcune tra le più importanti sfide per superare l’emergenza di oggi e per ridisegnare un futuro migliore. Sono temi bene elaborati nel rapporto finale “Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro” del 13 luglio 2020 del Comitato degli esperti, coordinato proprio da Patrizio Bianchi. Un documento di base su cui potranno nascere azioni politiche e amministrative sia per affrontare e risolvere problemi immediati sia per disegnare le soluzioni di domani.

Ma alcune decisioni vanno prese oggi

Nelle ultime settimane sono aumentati i casi di Coronavirus tra i bambini anche al di sotto di dieci anni. Sembrerebbero collegati alla circolazione della variante inglese del Covid-19. Fermare il contagio nelle scuole non è prerogativa esclusiva del Ministro dell’Istruzione, ma è un problema da affrontare subito per ritornare con continuità e stabilità alla didattica in presenza.  Come pure bisogna affrontare, in questo momento (e non fra un po’) il problema di come far recuperare ai nostri studenti gli apprendimenti persi. La proposta di prolungare l’anno scolastico senza entrare nel merito del “come”, può rappresentare una soluzione apparentemente facile ma, di fatto, molto complessa da attuare. Ribadire, però, che “la scuola è lo strumento fondamentale per lo sviluppo” e rimandare ad altri tempi le azioni conseguenti, non porta, allo stesso modo, ad alcun risultato. Bisognerebbe intanto provare a fare alcune ipotesi fattibili, per esempio: immaginare gruppi diversificati di recupero; prevedere alcuni incentivi, differenziare in base alle esigenze delle scuole; mettere a punto alcune modalità didattiche particolarmente attrattive. Resta il fatto che, per avere una fotografia di quanto è stato perso nel corso della pandemia, bisogna che si attivino gli strumenti giusti per rilevarlo.

Siamo in ritardo con gli Esami di Stato

Tra i fascicoli aperti che richiedono una risposta immediata, vi è sicuramente quello dell’esame di Stato finale delle scuole secondarie di secondo grado. Vittorio Delle Donne nel numero precedente di Scuola7 (221) ha messo insieme tutte le questioni da tenere sotto controllo nella scelta delle modalità di svolgimento.  Cosa fare per andare verso una giusta normalizzazione senza mettere a rischio la salute e senza rinunciare alla qualità? Prove scritte o solo colloquio? È pur vero che molto dipenderà dalla diffusione delle varianti e dal piano vaccinale, ma credo comunque che allo stato attuale vada emanata subito una ordinanza per orientare gli studenti e le scuole.

Gli evergreen: precari e supplenze

Ogni Ministro dell’Istruzione ha dovuto cimentarsi, e quasi sempre con insuccesso, con il problema dei precari e delle supplenze. Secondo stime effettuate da alcuni sindacati per il prossimo anno se ne prevedono circa 220 mila, più di un quarto dell’organico. Non possiamo contare sui futuri vincitori dei concorsi in atto. Quelli dei concorsi ordinari (infanzia, primaria e secondaria) non potranno essere disponibili, con ogni probabilità, prima del 2022, non essendo ancora ripartite le procedure. I vincitori dei concorsi straordinari potranno assicurare, nella migliore delle ipotesi, solo la copertura di 32.000 cattedre.

Le famiglie, da sempre chiedono per i loro figli la presenza degli insegnanti fin dal primo giorno di scuola e chiedono anche che tale presenza sia stabile. In un “Paese normale”, queste richieste dovrebbero costituire gli aspetti basilari di qualsiasi sistema scolastico. Ma sappiamo che non è così e che la strada per la normalizzazione è molto lontana. Si tratta quindi di prendere subito coscienza di quello che si deve fare almeno per attutire i danni. Un punto di partenza ineludibile è la condivisione delle responsabilità delle scelte con le forze sociali e poi, whatever it takes, costruire un cronoprogramma ed applicarlo rigorosamente.

Investire sui docenti subito

I docenti hanno innanzitutto la “responsabilità d’aula”, hanno cioè l’obiettivo di assicurare interventi significativi e costruttivi per formare studenti capaci, preparati, autonomi e in grado di realizzare il proprio progetto di vita. In questa fase di emergenza pandemica, sono stati messi a dura prova. Per assicurare un servizio adeguato si sono dovuti riorganizzare, far fronte alle difficoltà rinunciando alle abitudini consolidate, hanno imparato ad utilizzare gli ambienti digitali, a superare gli ostacoli con strumenti e strategie nuove. Tutto ciò non è stato indolore considerando che l’età media del docente italiano è superiore a quella di altri Paesi.

Per riconoscere quanto sia prezioso il lavoro degli insegnanti, un atto tangibile e socialmente significativo potrebbe essere, oggi, quello di un aumento stipendiale “consistente” per tutti. Potrebbe rappresentare un nuovo punto di partenza per riprendere, insieme ai sindacati e agli esperti, un lavoro di approfondimento sulla qualità della professione: dagli indicatori e standard, alla costruzione di un dossier professionale; ma anche una riflessione seria e al di fuori di ogni atteggiamento ideologico, non tanto sulle cosiddette “carriere”, quanto sui percorsi professionali da orientare e basare sulle attuali esigenze della scuola e degli studenti.

Per valorizzare l’intero personale docente, ci sono, inoltre, da rivedere anche alcuni diritti dei docenti precari, che rappresentano un quarto dell’organico: non tutti, per esempio, possono accedere al bonus.