Sibling: fratelli invisibili

La diversità dell’essere “normaliâ€

Nel panorama internazionale la scuola italiana occupa un primato per le pratiche inclusive così come i nostri docenti sono ormai diventati esperti tanto di piani educativi individualizzati quanto di piani didattici personalizzati. Infatti, è ormai matura la consapevolezza che ogni alunno è unico ed irripetibile, speciale nei suoi talenti, diverso per la propria storia personale. Quindi, qualcuno ha anche asserito che per ogni studente andrebbe stilato un PDP.

Questi temi sono costantemente affrontati, si parla tanto delle classi arcobaleno, delle classi sempre più popolate di bambini con disabilità, con disturbi specifici di apprendimento, di bambini adottati e/o con un potenziale superiore ai loro coetanei; manca, però, nella nostra scuola, un’attenzione particolare nei confronti dei bambini cosiddetti “Siblingâ€, ossia fratello o sorella di persone con disabilità o con malattia rara: sono bambini ancora “invisibiliâ€.

L’identikit degli “Invisibiliâ€

Essere Sibling costituisce uno sforzo di crescita ulteriore rispetto a quello che i coetanei generalmente devono affrontare. Un’esperienza non priva di sofferenze, sacrifici, sensi di colpa e, talvolta, di impropria vergogna. I Siblings finiscono per essere bambini “invisibili†tanto per i genitori, che inevitabilmente e inconsciamente catalizzano l’attenzione sul figlio che ha un “problemaâ€, quanto, a volte, per la scuola stessa che non è chiamata da alcuna urgenza educativa a prendersi cura di loro in maniera particolare.

A volte sono considerati i fratelli “fortunati†per lo scampato pericolo. Sono bambini, però, che si imbattono nella disabilità o nella malattia rara nella fase più delicata della crescita: diventano grandi insieme con i loro fratelli o sorelle, confrontandosi con l’evento “critico†proprio durante il percorso di formazione personale, quando, cioè, crescere è già un fatto in sé complicato e proprio in questa fase, si trovano ad assorbire e a introiettare un fenomeno di “anormalitàâ€. Se l’evento “paranormativo†arriva dopo la loro nascita, sperimentano la nostalgia del passato e la perdita del “trono†all’interno della loro famiglia, Se arriva prima della loro venuta al mondo, avvertono maggiormente il senso di colpa per essere “normali†e, quindi, capaci di conquistare più rapidamente o facilmente le abilità che il consanguineo raggiungerà tardivamente, quando non gli sono addirittura precluse.

Sia se nati prima o dopo il fratello o la sorella con disabilità o malattia, in ogni Sibling è forte la preoccupazione del futuro, il senso di solitudine scaturito anche dall’incapacità di esprimere i propri bisogni e desideri ai genitori; sono ben consapevoli, infatti, di quanto “mamma e papà†siano stressati dalla quotidianità, stanchi e preoccupati dallo stato di salute dell’altro figlio.

È facile immaginare come questi bimbi possano rifugiarsi in un angolo buio rinunciando al diritto di essere felici; è facile immaginare come possono guardare la felicità di altre famiglie che non hanno questi problemi.

Benché ogni Sibling sviluppi una personalità propria, modellata da specifiche variabili di tipo bio-psico-sociale e da differenti meccanismi di funzionamento della famiglia di appartenenza, si possono individuare stati emotivi e affettivi tipici e ricorrenti: tristezza, rabbia e senso di colpa, paura, isolamento e vergogna, bisogno di primeggiare per sopportare meglio “il peso delle due bisacce†(dover dare il doppio delle soddisfazioni), eccellere negli studi o, al contrario, manifestare problemi di apprendimento e comportamento.

Sotto la punta dell’iceberg

È facilmente immaginabile la tristezza che un bambino possa provare nello scoprire che il fratello o la sorella non corrisponde a quanto desiderato: è diverso da quello dei propri amici e non risponde in maniera socialmente adeguata ai tentativi di interazione a causa di carenze cognitive e/o fisiche. Dietro alla tristezza, inevitabilmente insorge la rabbia per non riuscire a capire perché ciò sia capitato proprio al suo nucleo familiaree, al contempo, nasce anche il senso di colpa verso il sentimento provato.

Ciò si verifica soprattutto durante l’infanzia, in cui a far da padrone è il pensiero magico: gli invisibili possono arrivare a pensare di aver compiuto qualche azione che ha causato il problema. Nell’adolescenza, invece, il senso di colpa muta e riguarda il proprio stato di salute che contrasta con quello del fratello o della sorella; inoltre, il senso di colpa può investire anche la proiezione futura, quella di non essere capaci di prendersi cura del malato dopo la morte dei propri genitori così pure il desiderio legittimo di non volere diventare il “caregiver a vita†dell’altro. Alcune domande ricorrenti potrebbero rabbuiare le loro giornate: “Avrò mai una vita tutta mia? Quando potrò essere uguale, indipendente come lo sono sempre stati gli altri? Avrò una famiglia felice con dei figli “normali†a cui dare ciò che a me è stato precluso?â€.

La malattia, ancora oggi sul piano sociale, continua a creare imbarazzo misto a vergogna, i Sibling sono particolarmente vulnerabili agli sguardi increduli di fronte ai comportamenti a volte stravaganti del “malatoâ€, come: salti improvvisi, vocalizzi, stereotipie, routine bizzarre o qualsiasi altro atteggiamento poco funzionale al contesto in cui si trovano. È proprio in questi frangenti che iniziano a costruire una corazza solitaria, si sentono incapaci di spiegare ciò che provano o, forse, non hanno nemmeno voglia di farlo perché non vogliono compassione o domande retoriche: credono che per capire bisogna “sperimentare di personaâ€.

Alla solitudine si unisce anche un’eccessiva responsabilizzazione, soprattutto in quei casi in cui i genitori mettono sulle loro spalle “il peso delle due bisacceâ€. Molti Sibling, in questi casi, sono capaci di enormi sforzi e sacrifici inenarrabili per non deludere le aspettative, per regalare un sorriso su quei visi bui, stanchi, delusi e spenti. Iniziano magari ad eccellere a scuola o in altri settori. Talvolta è proprio l’impegno nello studio che apre loro la porta della speranza in una vita che potrà essere diversa, che potrà ripagarli della tanta sofferenza provata senza un apparente giustificato motivo.

Ma non sempre è così, in altri casi è la scuola stessa che può contribuire a frustrarli. Per questo ha senso ricordare sempre che “nessun bambino è perduto finché avrà un docente disposto a credere in luiâ€.

I “tesori†dei Sibling

I Sibling sono a volte considerati i “favoriti dalla sorte†per via della buona salute. Sono persone che diventano troppo presto autonome nella gestione dei propri stati emotivi pagando lo scotto di non poter vivere appieno le tappe di sviluppo connesse alla propria età cronologica. Tuttavia, diverse ricerche realizzate sulla vita adulta dei Sibling, evidenziano come questi abbiano maturato skills specifiche, facendo tesoro della loro esperienza familiare.

Hanno la capacità spiccata di affrontare situazioni stressanti o difficili in modo efficace sia dal punto di vista cognitivo che comportamentale, sono più resilienti all’ambiente ostile che nel breve tempo mutano a loro favore. Infatti, sanno “creare squadra e senso di appartenenza†in quanto educati fin da piccoli alla sensibilità, alla tolleranza e all’empatia: sanno accettare e capire le differenze altrui proprio a causa di quei vissuti di pregiudizio che sin dalla tenera età hanno sperimentato sulla propria pelle. Sono capaci di immedesimarsi negli altri, comprendendo ciò che essi provano. Sono spesso più maturi e responsabili dei loro coetanei in quanto capaci di anteporre i propri bisogni alle esigenze reali altrui; instaurano tendenzialmente relazioni sociali positive, gratificanti, funzionali ai contesti sociali. Spesso da grandi vanno a ricoprire occupazioni professionali di cura: conservando nel profondo del cuore il rammarico doloroso per un’infanzia vissuta nell’ombra, sono spinti ad impegnarsi affinché la propria esperienza non accada ad altri.

Come può la scuola illuminare il palcoscenico degli Invisibili?

In realtà, il benessere degli alunni e degli studenti è la mission di ogni scuola; è lecito chiedersi, quindi, perché in tale settore formativo l’attenzione dedicata agli alunni “invisibili†sembra ancora sopita. Nonostante i primi passi mossi dalla normativa per supportare le famiglie e promuovere una cultura di prevenzione della salute psico-fisica dei Sibling, le uniche figure di riferimento individuate sono i pediatri e le associazioni del settore che attivano survey e gruppi esperienziali e promuovono pubblicazioni divulgative sul tema. Nel disegno di legge (Atto Senato n. 2238) presentato qualche anno fa dalla Senatrice Paola Binetti, allora presidente dell’intergruppo parlamentare per le malattie rare, è stato fatto anche riferimento all’istituzione della giornata nazionale dei Rare Sibling con ricaduta annuale al 31 maggio. Il silenzio, però, avvolge ancora la legislazione scolastica in merito al problema.

Eppure quale ruolo importante potrebbe giocare la scuola con i suoi professionisti riflessivi e, soprattutto, quanto “l’ora di lezione†potrebbe incoraggiare e supportare gli alunni invisibili!

Essere Sibling può comportare sofferenze che spesso sono sommerse e, quindi, per un minore possono diventare ancora più pesanti da gestire. I docenti, se ben formati, possono avere un ruolo fondamentale per intercettare i sintomi del disagio, per aiutare gli invisibili ad esprimere i propri bisogni attraverso un dialogo autentico e attivo che possa ridurre ansia e angoscia, nonché dare risposte incoraggianti a quelle domande spietate che affollano la loro mente.

Gli insegnanti sono maestri nel progettare percorsi teatrali, artistici, sportivi, nonché sportelli di ascolto, utili ed indispensabili per accendere i riflettori sul palcoscenico riservato anche agli alunni invisibili; cioè un palcoscenico sul quale sprigionare la necessaria funzione catartica per arrivare anticipatamente ad avere un volto, nonché nuove consapevolezze di fiducia, forza e speranza.

Se i Sibling “normali†proprio non si sentono, la scuola può aiutarli a non temere il futuro, a farli diventare straordinari, nel significato etimologico e positivo della parola: fuori dall’ordinario, fuori dalla banale normalità. Solo questo potrà restituire loro il diritto ad un’infanzia felice, il diritto irrinunciabile ad essere visibili soprattutto a stessi. Del resto se Educare significa “ex-ducÄ•reâ€, in un senso più ampio non può significare altresì “tirar fuori†dall’angolo buio?