Equità nell’istruzione secondaria e terziaria

Un concetto per nulla scontato

Cosa significa parlare di equità nell’istruzione? È un tema rilevante perché rappresenta una forma di misura del benessere dei sistemi scolastici e sottende alcune variabili significative di contesto ossia: il background socio-culturale delle famiglie di provenienza, l’investimento delle società in educazione, la professionalità degli insegnanti e dei Dirigenti delle scuole, per citare le più rilevanti.

In questo periodo di ‘glaciazione demografica’[1] e di situazione geopolitica complessa si sta studiando come investire al meglio le risorse per sostenere i sistemi educativi, per elevare le competenze dei giovani e soprattutto quali linee di azione percorrere.

Serve ripensare la struttura del sistema più che introdurre cambiamenti interni, che potrebbero veicolare approcci ideologici, come la recente bozza pubblicata lo scorso 11 marzo sulle Indicazioni per il primo ciclo del 2025[2].

Ripensare la struttura ordinamentale

Ripensare la struttura ordinamentale significa chiedersi se i segmenti attivi in Italia, dal sistema integrato zerosei ai percorsi della scuola secondaria di secondo grado, così come sono attualmente configurati, riescono a migliorare i livelli di apprendimento dei giovani e ad aumentare il numero di laureati nel nostro Paese. Quest’ultimo dato è collegato al futuro buon funzionamento della comunità nazionale e non casualmente è anche un benchmark europeo e internazionale per lo studio dei sistemi formativi, già identificato quasi quindici anni fa dal Rapporto UE sull’educazione[3].

Con questa angolatura visuale risulta interessante leggere gli esiti di una ricerca accademica, commissionata da UniCredit Foundation “Oltre l’istruzione obbligatoria in Europa”[4], che mette in luce le persistenti disuguaglianze educative in Europa. È stata condotta dall’Università di Milano e presentata dal prof. Daniele Checchi in una giornata di lavoro dedicata all’approfondimento del tema dell’equità in relazione ai percorsi universitari.

Provenienza sociale e istruzione superiore

Lo studio evidenzia come i giovani provenienti da contesti socioeconomici meno privilegiati, siano ancora significativamente sottorappresentati nell’istruzione superiore, ostacolati da vincoli finanziari, da un orientamento insufficiente e da sistemi di orientamento scolastico precoce (educational tracking). Questa ricerca si inserisce all’interno dell’impegno più ampio di UniCredit Foundation di offrire opportunità educative alle nuove generazioni, con un investimento di quasi 30 milioni di euro in Europa nel solo 2024.

Andrea Orcel, ceo di Unicredit, nel commentare questo lavoro ha dichiarato: «L’Europa ha costruitoun sistema educativo di eccellenza, ma persistono significative disparità nelle opportunità di accesso all’istruzione superiore. Troppi giovani di talento, provenienti da contesti svantaggiati continuano a incontrare ostacoli che ne limitano il potenziale, contribuendo al perpetuarsi di profonde disuguaglianze sociali. In UniCredit Foundation siamo determinati ad abbattere queste barriere. Attraverso la ricerca, collaborazioni e iniziative mirate – come il nostro programma non solo di borse di studio e mentoring in Italia – vogliamo assicurarci che le difficoltà economiche non siano un freno al successo accademico. Investire nell’istruzione significa investire in una società più equa e più forte per le generazioni future»[5].

La ricerca e le azioni di supporto

A livello europeo, i policymaker mirano a elevare al 45% il tasso di istruzione terziariatra i giovani di 25-34 anni entro il 2030, ma le disuguaglianze strutturali rimangono una sfida significativa. Secondo il rapporto:

  • in Europa, gli studenti di famiglie abbienti hanno una probabilità molto più alta di accedere all’università rispetto a quelli di contesti meno agiati. In Italia, ad esempio, più del 75% dei giovani appartenenti al quartile più alto della distribuzione del reddito prosegue gli studi universitari, mentre tra quelli del quartile più basso la percentuale scende a meno del 40%;
  • i sistemi di orientamento precoce (educational tracking) ridimensionano fortemente le possibilità di accesso all’istruzione superiore per gli studenti degli istituti professionali;
  • nei Paesi del Mediterraneo, i tassi di abbandono universitario sfiorano il 50%, con difficoltà nel completare il percorso di studi soprattutto da parte degli studenti provenienti da contesti svantaggiati;
  • persiste un divario di genere significativo nelle materie STEM: mentre il 33,6% degli uomini sceglie corsi di laurea STEM, solo l’8,5% delle donne lo fa. Al contrario, le donne optano molto più frequentemente per studi umanistici (37% contro il 17,9% degli uomini).

Sulla base di queste evidenze, a settembre 2024, UniCredit Foundation ha lanciato in Italia “Uni.ON – Accendi il tuo futuro”[6], un’iniziativa pilota da 1,5 milioni di euro. Il programma prevede l’ammissione di 200 studenti e studentesse, molti dei quali provenienti da istituti professionali e famiglie a basso reddito, a un percorso di preparazione e accompagnamento ai test di ingresso all’università. Tra gli ammessi, 70 riceveranno una borsa di studio di € 5.000 all’anno per i primi tre anni del corso di laurea scelto oltre a un supporto di mentoring.

Indicazioni e call to action emerse dalla ricerca

La ricerca di UniCredit Foundation contiene anche soluzioni concrete per migliorare l’accesso e il completamento degli studi universitari quali:

  • ampliare programmi di transizione tra istruzione professionale e accademica, per facilitare l’accesso all’università per gli studenti degli istituti tecnici e professionali;
  • riformare i curricula della scuola secondaria, rendendoli più flessibili e in grado di offrire una formazione generale più ampia;
  • introdurre strumenti di sostegno finanziario come i Child Savings Accounts (CSAs), per supportare le famiglie a pianificare i costi educativi a lungo termine;
  • rafforzare il mentoring universitario, fornendo agli studenti provenienti da contesti svantaggiati un supporto personalizzato per orientarsi nel mondo accademico e professionale, aumentando le loro aspirazioni e le probabilità di successo.

Perché è importante accedere agli studi universitari

Dai dati emerge che la quantità di giovani laureati in un paese è un segnale di vitalità e di crescita predittiva del PIL, in quanto rappresenta la dotazione di competenze elevate di una comunità tali da poter essere utilizzate nei settori produttivi e ideativi. Il raggiungimento di titoli di studio superiori permette anche la presenza di persone che possono a loro volta divenire risorsa e riducono la percentuale di soggetti con bisogni di assistenza e supporto.

Emerge un forte scarto tra i paesi del Nord Europa e quelli del Mediterraneo, di cui fa parte l’Italia, rispetto al numero di laureati[7].

Per esempio in Finlandia, Norvegia e Svezia frequentemente i giovani escono di casa molto presto dalle famiglie di origine, intorno ai 20 anni, a differenza dell’Italia in cui in genere ciò si verifica entro i 30 anni di età. L’accesso agli studi universitari è meno costoso e le competenze acquisite sono valorizzate nei contesti lavorativi e dei servizi. Tutte queste variabili incentivano al proseguimento e al completamento degli studi come pure a percorsi di autonomia delle giovani generazioni.

Nei Paesi mediterranei non sempre i laureati vengono valorizzati sia per le opportunità di impiego che per il reddito, tanto che molti giovani e famiglie ritengono che l’investimento negli studi universitari non sia così rilevante, se confrontato con i redditi medio-bassi che ne conseguono.

Queste evidenze stimolano a ripensare al sistema scolastico italiano e a rivedere le abitudini di vita che in questi ultimi decenni si sono profilate, a vantaggio di modalità protettive dei figli e dei giovani, che non stanno portando ad esiti competitivi con Paesi europei vicini.

Il concetto di uguaglianza e equità

Il concetto di uguaglianza è un concetto che ha molte possibili interpretazioni, in riferimento alla distribuzione delle risorse di cui si sta discutendo negli ambienti accademici. In letteratura si distingue per esempio tra uguaglianza nei risultati e uguaglianza nelle risorse disponibili[8]. Non si tratta solo di preoccuparsi dell’uguaglianza nella distribuzione dei redditi dove i redditi sono il risultato finale di un processo di formazione delle competenze, ma anche di differenze nell’ingresso sul mercato del lavoro, e di uguaglianza nelle risorse scolastiche distribuite nella popolazione che si presuppone possano esercitare un ruolo nella formazione delle competenze individuali.

Ciascun approccio ha vantaggi e limiti. Concentrarsi sulla distribuzione degli esiti finali permette sempre e comunque di compensare eventuali ingiustizie emergenti nel processo di formazione. Ma ha il limite di andare a riequilibrare differenze che possono essere il risultato di comportamenti intenzionali delle persone.

Rispetto ai redditi occorre pensare che, in una società in cui esistono differenze di reddito tra ricchi e poveri può essere desiderabile redistribuire il reddito dai ricchi ai poveri (per esempio usando la tassazione). Tuttavia, può anche essere che i poveri siano tali perché hanno scelto di lavorare meno dei ricchi, godendosi una quantità maggiore di tempo libero. In questo caso redistribuire dai ricchi ai poveri apparirebbe ingiusto, in quanto quella diseguaglianza apparirebbe come “intenzionalmente voluta” dalla società.

Per contrastare questi possibili limiti sono stati proposti recentemente nuovi approcci, che si concentrano sul concetto non più di uguaglianza, ma di equità. Viene definita come “equa” una situazione che assicura a ciascun individuo uguali possibilità, lasciando poi alla libertà individuale di sfruttarla o meno. Il concetto di “uguaglianza nelle opportunità di accesso” può essere fatto ricadere in questa tipologia: come formula il dettato costituzionale, la società deve assicurare a tutti la possibilità di raggiungere le posizioni più elevate, ma nessuno è obbligato a farlo (e pochi probabilmente lo conseguiranno).

Uguaglianza negli esiti, nelle risorse e nelle opportunità di accesso nella scuola

L’analisi della diseguaglianza negli esiti è sempre un buon punto di partenza per la ricognizione del funzionamento dei sistemi formativi. Il riscontrare ampi divari nelle competenze possedute, piuttosto che apparire segno di buon funzionamento meritocratico del sistema, almeno nel caso italiano può essere ricondotto facilmente ad una diseguaglianza nelle risorse godute dagli studenti. Dall’altra parte vi è però il problema di quali risorse sia possibile uniformare. Se i trasferimenti pubblici sono relativamente facili da monitorare e da riequilibrare, molto più difficile appare la possibilità di riequilibrare le differenze nell’ambiente culturale e a livello familiare.

Sulla questione dell’uguaglianza per l’equità occorre approfondire come si combinino le diverse categorie correlate al successo formativo quali: il background familiare, la tipologia di scuola e il contesto sociale, poiché sono tutti aspetti che impattano nella costruzione delle competenze individuali. La ricerca pone in luce che resta anche una dimensione incomprimibile della diseguaglianza, basata sul livello di impegno e sulle abilità individuali. La potremo chiamare “fattore individuale”.

Su queste considerazioni risulta rilevante come la scuola si preoccupi di fornire un’offerta formativa di qualità rispetto agli esiti di apprendimento e delle competenze di cittadinanza, di come sia rilevante investire nel processo di insegnamento apprendimento, mirato a comprendere le caratteristiche individuali e a stimolare impegno e motivazione.

Una proposta aperta su un nuovo assetto ordinamentale

Sul versante del sistema scolastico sarebbe opportuno ripensare all’architettura ordinamentale che in fondo resta ancorata al periodo gentiliano di un secolo fa, naturalmente con gli aggiustamenti degli anni 90 e nei primi decenni del nuovo millennio (elevazione dell’obbligo di istruzione, piani di studio del secondo ciclo, revisione dei programmi scolastici, autonomia scolastica).

Sembrerebbe maturo il tempo per rivedere i periodi e i gradi scolastici, magari, come alcuni nel dibattito degli ultimi decenni hanno timidamente proposto, si potrebbe pensare a scansioni quadriennali a partire dal sistema integrato zerosei: scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, percorsi della scuola secondaria di secondo grado. Quest’ultimo segmento potrebbe essere articolato con un biennio comune, volto anche al completamento dell’obbligo, e un biennio di indirizzo.

Questa proposta andrebbe, da un lato, a ridurre di un anno l’uscita dalla scuola secondaria con il conseguimento del diploma, ponendo l’Italia in linea con la maggioranza dei Paesi europei, dall’altro eliminerebbe la precocità di scelte di indirizzo nei percorsi di studio che non sembrano profilare una valorizzazione delle competenze degli alunni, anche dalla ricerca qui tratteggiata a cui si rinvia per eventuali approfondimenti[9]. Nel contempo i ritmi a bienni e quadrienni potrebbero più facilmente generare curricoli connessi e integrabili, finalizzati a realizzare quella equità negli esiti necessaria per investire in cultura e competenze nelle giovani generazioni.

Resta aperto il tema di un piano di fattibilità rispetto alla ridistribuzione delle risorse di personale e della tenuta di questo possibile nuovo impianto ordinamentale, magari con una sperimentazione pilota da svolgersi nelle diverse regioni con un monitoraggio attento e oculato per testare la reale praticabilità e generalizzazione.


[1] Il Fatto Quotidiano del 6 aprile 2024, Nord Italia spopolato, è iniziata la “glaciazione demografica”. Lo studio: “Nel 2040 persi 2,3 milioni di abitanti, ecco le conseguenze”.

[2] Nuove Indicazioni 2025. Scuola dell’infanzia e Primo ciclo d’istruzione. Materiali per il dibattito pubblico.

[3] Rapporto UE sull’educazione: si registrano buoni progressi ma si devono fare maggiori sforzi per raggiungere gli obiettivi.

[4] Equità nell’istruzione. Dalla scuola secondaria all’Università in Europa, 8 aprile 2025.

[5] Unicredit Foundation e ateneo scaligero contro gli ostacoli di accesso all’università.

[6] Uni.ON – Accendi il tuo futuro è un’iniziativa promossa da Unicredit Foundation in collaborazione con Fondazione Don Gino Rigoldi per favorire l’accesso all’Università di ragazzi e ragazze meritevoli e motivati, ma in difficoltà socio-economica.

[7] Abbattere le barriere: da UniCredit Foundation uno studio sulle disuguaglianze educative in Europa.

[8] D. Checchi, Uguaglianza ed equità nel sistema scolastico italiano.

[9] Educational Research Lab.