Ai bambini e alle bambine non importa che il libro abbia o meno le parole: ciò che conta è il momento in cui tutti insieme ci si immedesima nei personaggi e si crea una storia.
I silent book sono libri inclusivi per eccellenza: privi di parole, raccontano storie nelle quali tutti i bambini si possono riconoscere e identificare, a prescindere dalla cultura di appartenenza. Possono essere usati in vario modo, per riconoscere oggetti, personaggi, momenti e ambienti illustrati, fare connessioni e inferenze tra una pagina e l’altra, cogliere il filo narrativo e raccontare la storia, dando voce ai personaggi.
Leggere libri senza testo
Narrare senza testo è un’arte antica, come è accaduto per secoli attraverso gli affreschi che raccontavano storie con le immagini, allo scopo di farle conoscere a chi non sapeva leggere. Oggi docenti, bibliotecari e operatori dispongono di innovativi strumenti illustrati di alfabetizzazione, intercultura e inclusione sociale. Questi libri riescono, infatti, a superare barriere linguistiche e culturali con il racconto per immagini, oltre che a stimolare il potere dell’immaginazione dei più piccoli e ad agevolare l’uscita dalla solitudine o dai traumi.
I silent book “offrono al bambino uno spazio sicuro, quello dell’immaginazione, all’interno del quale sentirsi accolto e trovare strategie per affrontare le paure: un “altrove†dove è possibile scoprire e condividere pensieri, anche quelli più dolorosi, e avviare così il processo di elaborazione[1]â€.
Non soltanto nei contesti di emergenza o di guerra, ma anche nelle nostre scuole sempre più popolate di alunni con background migratorio è importante realizzare laboratori espressivi per mezzo dei silent book, libri capaci di dare la parola ai bambini.
I bambini sono lettori esigenti
I bambini hanno diritto ad avere storie interessanti e ambiziose e “arte che sia piena di significatoâ€. Gli scrittori e gli illustratori di libri per bambini devono conoscere molto bene il loro mondo, avere una forte connessione con i bambini che sono stati e saper entrare senza superiorità in sintonia con i loro pensieri, sentimenti e opinioni per creare con loro una “conversazioneâ€.
Per questo gli adulti devono lavorare sodo per fare arrivare nelle mani dei bambini libri belli, di sole immagini o di immagini e parole, storie che sono una porta segreta, che si apre per invitarli a immaginare un altro mondo e anche a crearlo davvero.
La letteratura per l’infanzia non è sempre rispettata. A molti adulti, infatti, sembra mediocre e ne hanno una scarsa opinione. È innegabile che circolano anche libri brutti, didascalici, sdolcinati, moralizzanti, noiosi e illustrati in modo scadente, ma molte sono le storie degne di nota, adatte anche a un pubblico adulto.
Mac Barnett[2], autore di oltre sessanta libri per bambini e ragazzi, tradotti in più di trenta lingue, interviene su questo tema nel recente saggio “La porta segreta[3]â€. I bambini sono lettori esigenti, che meritano grandi storie, perché sono equipaggiati, forse anche meglio degli adulti, a lasciarsi coinvolgere nei racconti, facilitati dalla loro flessibilità mentale e dalla mente aperta, sempre pronta a sperimentare. Come ha affermato E.B. White, autore di alcuni dei libri per bambini più amati negli USA, “i bambini sfrecciano oltrepassando con facilità il confine che separa la realtà dalla finzione. Saltano l’ostacolo come piccole antilopi. Un ostacolo che potrebbe disarcionare un bibliotecario, è niente per un bambinoâ€[4].
Il gufo Orazio: come rispondere alle paure
L’equipe dell’Unità di Ricerca sulla Resilienza (RiRes)[5] del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano[6] ha raccolto la sfida di rispondere al bisogno degli insegnanti di definire insieme strategie di risposta a paure e preoccupazioni dei bambini e di offrire loro spazi di dialogo e confronto sull’evento bellico in Ucraina.
È nata così la storia de “Il gufo Orazioâ€[7], un silent book con riquadri in bianco e nero da colorare, per raccontare la guerra ai bambini e costruire percorsi di educazione alla pace. Il libro è accompagnato da una Guida orientativa, che illustra gli strumenti operativi per realizzare un percorso laboratoriale di Resilienza a scuola. Il RiRes adempie così agli obiettivi della Terza Missione delle Università , ossia il trasferimento di conoscenze e cultura al di fuori del contesto accademico, mirando ad una crescita sociale, al benessere e alla salute pubblica collettiva.
Il percorso valorizza la fase di co-progettazione, monitoraggio e valutazione finale con gli insegnanti e anche la cura della preparazione del setting d’aula.
Procede in sequenza, introducendo via via nuove attività che consentono di soffermarsi:
- sullo sguardo e sui benefici di esplorare la realtà , integrando prospettive diverse;
- sulla saggezza del gufo;
- sulla tristezza e sull’ombra delle preoccupazioni e la luce della condivisione;
- sulla paura e sulla possibilità di superare sentimenti negativi attraverso il dialogo con gli altri e la richiesta di aiuto;
- sulla comprensione delle origini e dei meccanismi che stanno alla base dell’idea di conflitto/guerra (ma anche discriminazione e bullismo);
- sulla modalità di riconoscere la presenza di risorse dentro e fuori di sé e di attivarle o smuoverle;
- sul riconoscimento di stereotipi e pregiudizi;
- sul significato della parola Pace.
I wordcloud raccoltiraccontano parole, pensieri e contenuti che i bambini portano con sé, a partire dall’esperienza dei laboratori: a fare da capolino è la parola resilienza, una parola nuova che hanno imparato a conoscere e comprendere nella sua natura più intrinseca. Il concetto di resilienza nasce dalla possibilità , propria dell’essere umano, di attivare le proprie risorse, a fronte di difficoltà e avversità che la vita pone. Le altre parole maggiormente ricorrenti sono, infatti, sguardo, difficoltà , affrontare, paure, risorse, somiglianze, etc.
Le immagini della storia hanno dunque elicitato nei bambini il pensiero e preparato alla condivisione di punti di vista e valori alla base di una cultura della pace, diventando così uno strumento di lettura del quotidiano che ha permesso di edificare insieme percorsi di collaborazione e fratellanza[8].
Uga: la tartaruga resiliente e la giustizia riparativa
In occasione del suo intervento in apertura del Convegno “Minori in contesti di conflittoâ€, promosso nel dicembre scorso dal Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale dell’Università Cattolicadi Milanoin collaborazione con BICE, Bureau International Catholique de l’Enfance, Cristina Castelli, fondatrice dell’Unità di Ricerca sulla Psicologia della Resilienza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha illustrato l’evocativa avventura di “Uga la tartaruga resilienteâ€: una storia per bambine e bambini che parla dei valori dell’amicizia e della pace[9].
Di fronte al suo guscio frantumato in tanti pezzettini, Uga e i suoi amici del bosco – una capretta, un castoro e un ragno – non si perdono d’animo e contribuiscono alla ricostruzione del carapace distrutto. Dalla rottura alla riparazione: come i vasi in ceramica che si rompono in tanti cocci e con la tecnica giapponese del Kintsugi, vengono riparati con un collante di polvere d’oro e appaiono forse più belli di prima, ma diversi, con nervature che mostrano i segni del trauma e della cura. Lo stesso vale per la riparazione di un danno subito.
La storia di Uga è entrata con successo nelle aule del Progetto pilota biennale di sperimentazione dei silent book, ma ha varcato anche i confini ed è approdata in contesti di guerra, dove i bambini sono vittime delle separazioni familiari, testimoni oculari della distruzione e raffigurano case senza finestre, carri armati, bombe che cadono da aerei e elicotteri, cadaveri, cieli senza sole.
Claudia Mazzucato, docente di diritto penale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha definito questi disegni del piccolo mondo frantumato delle opere d’arte contro la guerra, tante piccole Guernica. E ha invitato a prendere atto dell’esperienza di John Braithwaite[10], Premio Balzan 2024 per la giustizia riparativa, che da 25 anni sta mappando di persona i conflitti nel mondo: “la guerra mondiale a pezziâ€, come Papa Francesco ha definito la situazione che coinvolge ben 52 paesi, monitorando i processi di pacificazione positiva.
Bisogna imparare a vivere con i nemici, non a pensare di eliminarli: questo è possibile esercitando una diplomazia dal basso, una diplomazia riparativa che ciascuno di noi può scegliere di fare propria, tenendo insieme i cocci ogni giorno, proprio come nell’avventura della tartaruga Uga.
[1] Unità di Ricerca sulla Resilienza, RIRES. Guida orientativa per la conduzione di percorsi di resilienza ispirati al silent book “Il gufo Orazioâ€, p. 1.
[2] Mac Barnett è uno scrittore americano di libri per bambini che vive a Oakland, in California.
[3] La porta segreta: un libro per adulti che parla di libri per bambini.
[4] R. Bramante, I libri per bambini sono una cosa serissima, in “ArcipelagoMilanoâ€, 5 novembre 2024.
[5] Università Cattolica. Dipartimento di Psicologia. Psicologia della resilienza.
[6] Vedi Matteo Leani, educatore esperto in “Relazione d’Aiuto in Cotesti di Sviluppo e Cooperazione Nazionale e Internazionaleâ€.
[7] Guida orientativa per la conduzione di percorsi di resilienza.
[8] A. Cipolla, F. Giordano, Il gufo Orazio, Valentina Edizioni, 2022.
[9] Project Directors: Cristina Castelli e Alessandra Aula. Project coordination: Associazione Francesco Realmonte ETS. Pelledoca Editore, 2024.
[10] John Braithwaite è professore emerito e fondatore della comunità di ricerca RegNet, è attivo da 50 anni nel movimento per la pace, nella politica dello sviluppo, nel movimento sociale per la giustizia riparativa, nel movimento dei lavoratori e nel movimento dei consumatori, attorno a queste e altre idee, in Australia e a livello internazionale.