Spencer Johnson, nel suo libro, ormai trentennale, “Chi ha spostato il mio formaggioâ€[1] invita, in modo leggero e spiritoso, a relazionarsi alla vita con stile innovativo, evitando di farsi eccessivamente condizionare dalle abitudini e dalla quotidianità . Oggi questa metafora è quanto mai attuale.
La metafora
Per nutrirsi ed essere felici i quattro protagonisti hanno bisogno di Formaggio, per procurarsi il quale vagano nel Labirinto fino a quando, un giorno, riescono per puro caso a trovare un enorme deposito, in cui ciascuno di loro trova il tipo di Formaggio che lo soddisfa di più. Da quel momento la vita, grazie all’abbondanza di Formaggio, scorre tranquilla, anche se lo stile con cui i topi e gli gnomi la affrontano è diverso: i topolini vanno ogni giorno al deposito del Formaggio, ma sono sempre all’erta; notano i cambiamenti e tengono sempre le loro scarpe da ginnastica attaccate al collo per poter fare fronte, se ne presentasse la necessità , all’esigenza di dover ricominciare a correre per cercare. Gli gnomi, invece, cominciano a considerare il deposito di Formaggio un posto dove sistemarsi e vivere senza problemi per il resto della loro esistenza. Arrivano con calma, sistemano le loro scarpe, cominciano a decorare il magazzino con scritte che lo rendano familiare e si considerano al riparo dagli imprevisti, ora che l’apparentemente inesauribile riserva di Formaggio è a loro disposizione. Però…
Rigidità contro flessibilitÃ
Il volume, già nel titolo, pone un interrogativo non secondario: rigidità contro flessibilità . È possibile vivere nella “società liquidaâ€, caratterizzata da precarietà e incertezza, come bene ha teorizzato già alla fine del secolo scorso Zygmunt Bauman[2], con atteggiamenti rigidi? La risposta è negativa. Eppure, nonostante questa conclusione, teoricamente da tutti condivisa, il mondo è pieno di persone rigide, che non riescono ad accettare il cambiamento e rimangono paradossalmente ferme alle loro convinzioni, a prescindere dalla lezione continua che ci viene data dalla storia e dalla cronaca. Questo dimostra anche la nostra difficoltà a leggere gli eventi e le moderne “metafore†che li descrivono. È molto difficile scalfire l’apparire e cercare sempre di rimanere autentici.
Capacità di misurarsi con gli altri
Il titolodel volume di Spencer Johnson (Chi ha spostato il mio formaggio?), oltre ad essere uno stimolo a misurarci con la nostra disponibilità al cambiamento, è anche un invito a controllare il tasso della nostra capacità a misurarci con gli altri. Infatti è chiaro che colui il quale con forza si pone l’interrogativo è una persona che stenta a relazionarsi, chiusa nella propria autosufficienza ed autoreferenzialità ; quando la vita di tutti è fondata sulla capacità di coniugarsi con gli altri, siano essi membri della comunità naturale (famiglia, amici, colleghi di lavoro, …), siano essi “extracomunitariâ€, che aggiungono valori alla nostra identità . È evidente che colui il quale si chiede chi sia stato “a spostare il suo formaggio†è persona, se non egoista, quanto meno egocentrica, centrata su sé stessa e sulle proprie convinzioni, non disponibile a quel dialogo che arricchisce e allarga gli orizzonti individuali. Tuttavia l’interrogativo che pone il testo di Johnson, è destinato troppo spesso a non trovare risposte.
Rigidità e flessibilità nella scuola
Si pensi alla scuola, agli insegnanti e ai genitori. I primi sono, a volte, ancorati alla ripetitività , quasi ossessiva, di riproporre costantemente modelli già sperimentati; i secondi, forse anche per il timore di essere giudicati dai primi, spesso sono inclini a mettere le mani avanti e a porsi in posizioni difensive. Ebbene, anche la scuola, così come l’azienda a cui si allude nel volume di Spencer Johnson, è un altro di quegli ambienti che manifesta ostilità al cambiamento. E dire che i fruitori di questo servizio sono costantemente diversi, con caratteristiche sempre nuove ad ogni ciclo. Non sarebbe possibile, come insegnante, non metterti costantemente in discussione, dovendosi porre problemi di ordine educativo. Pensiamo al fenomeno del “bullismoâ€, che non è in sé una novità assoluta, ma che nella società massmediatica è divenuta un’emergenza non più procrastinabile. Eppure, nonostante l’evidenza, di fronte ai molteplici eventi, che anche la cronaca rilancia costantemente, si è spesso restii a rimboccarsi le maniche, a cambiare strategie, ad approfondire soluzioni alternative, a ricercare sintomi e via dicendo. È solo miopia, o è anche una consapevole rinuncia di fronte alle difficoltà di trovare risposte al problema? È sfiducia in sé stessi e nelle possibili “alleanze educative†che la risoluzione del problema richiederebbe? Forse non si tratta di mancanza di sensibilità “educativa†da parte di quei docenti che sembrano ostinatamente chiusi dentro una professionalità i cui risvolti sono squisitamente “istruttiviâ€. Forse nella consapevolezza delle difficoltà di educare nella “società complessa†preferiscono imboccare la strada certa, quella della routine. C’è sicuramente la paura che la stabilità (seppure formale) verrebbe compromessa ogni volta si cerchi di entrare nel merito delle molteplici problematiche poste dalle giovani generazioni, cresciute spesso nel mondo del consumismo, in uno spontaneismo anarchico, a volte anche senza limiti.
Resta il fatto che sia per i docenti, sia per i genitori la strada del cambiamento è molto in salita: i primi per non complicare il proprio lavoro e farne una “routine†adattiva; i secondi perché l’atteggiamento prevalente di delega in tema di educazione alleggerisce l’onere pedagogico. Cimentarsi coi nuovi problemi è come muoversi in un “labirintoâ€, dove insegnanti e genitori possono correre il rischio di perdersi.
Dentro o fuori il labirinto
Nel volume di Spencer Johson, infatti, colpisce e fa riflettere un’affermazione che, all’incirca, suona così: “Quando si perde il formaggio, dove è più probabile che lo si ritrovi?â€. Cioè, dove cerchiamo il lavoro, la serenità , la salute, i soldi…? Dentro al “Deposito†(la scuola, le tradizioni acquisite…) o fuori nel “Labirinto†(il luogo di lavoro, la famiglia, la comunità sociale…)? Prevale l’aspirazione a non cambiare, o la volontà di affrontare i “rischi†del cambiamento? Alcuni preferiscono rifugiarsi nelle “istituzioni tradizionali†piuttosto che affrontare il nuovo, che è ciò che rappresenta la vita. Il messaggio che arriva dall’autore del volume è chiaro: chi non entra nel “labirinto del mondo†rischia di scomparire. D’altra parte, è anche vero, come diceva Don Abbondio, che “il coraggio (del cambiamento) uno non se lo può dareâ€. Le cause di tale reticenza sono le più varie, e non è questo il contesto per analizzarle tutte. Nella metafora del testo è il personaggio gnomo di TENTENNA quello che più indugia, preso dalla paura del cambiamento. Mentre lo gnomo RIDOLINO è la metafora di chi, nella società , capisce la necessità di modificare quando il cambiamento è reso totalmente evidente; tenta, quindi, in ogni modo di accogliere la lezione del nuovo, per affrontare il problema a viso aperto.
Come uscire dal labirinto
L’insegnamento che ne deriva è che, per cambiare, occorre non solo prendere coscienza del problema, ma avere anche la volontà di affrontarlo. E per farlo è importante “decidersiâ€, rischiare, non avere paura, perché le paure paralizzano la volontà . A volte ciò comporta una vera e propria “terapiaâ€, una capacità di esorcizzare ogni tipo di impedimento; altre volte è sufficiente avere un “progetto di vitaâ€, in grado, qualche volta, di liberare la persona dall’idea che qualsiasi cambiamento possa produrre effetti negativi e frustranti. Certo, l’essere orientati da un “progettoâ€, l’aver identificato dei valori per i quali vale la pena rischiare possono essere un buon viatico per decidersi. A ciò si aggiunge anche l’essere dotati di capacità immaginative. Chi pensa che riuscirà nell’avventura del nuovo, non solo troverà che l’impresa può essere allettante, ma che può anche costituire una reale opportunità per migliorare.
Ma occorre anche un aiuto. Chi tenta il cambiamento, pur in mezzo a tante perplessità , riuscirà nell’impresa a patto di non essere solo. È più facile se si è supportati dall’incoraggiamento di qualcuno o di qualcosa. Quando la persona si auto-convince, attraverso la forza dell’esempio (elemento che trascina) capisce che il non decidersi ad affrontare il labirinto significa rimanere fermi, vittime delle proprie angosce e paralizzati nella volontà . Se è aiutata a “pensare positivoâ€, quella persona sarà capace di fare più facilmente un salto di qualità .
Pensare positivo
Il cambiamento richiede, oltre alla capacità psicologica di rischiare, anche la capacità di riuscire ad imparare a “pensare positivoâ€. Il pensiero positivo aiuta ad abbandonare le vecchie paralizzanti convinzioni del conformismo, per accogliere la nuova cultura del “cambiamentoâ€, che è una conquista attingibile da chi si impegna a non rinunciare, a sentirsi vivo e vincolato positivamente alla comunità . Solo allora, se si “sposta il formaggioâ€, la situazione può cambiare. Solo se ci si mette nell’ottica della “cultura del cambiamentoâ€, si vince la tentazione a perseverare nell’abitudine (l’uomo vecchio che è in noi: S. Paolo); e allora si potrà pensare che la nostra vita ha una direzione di marcia, che guarda al futuro, superando gli eventuali impedimenti della “cultura della conservazioneâ€.
Dal passato al futuro
La nostra identità non pesca solo dal nostro passato; ha un carattere proiettivo verso gli altri e verso il futuro, ha un’attitudine dinamica. L’identità nasce sicuramente dal tronco dell’esperienza, è ciò che aiuta ad affrontare le sfide e a crescere nel tempo; ma si fortifica se riesce a “spostare il formaggioâ€, a misurarsi, cioè, col “labirinto†del cambiamento. Il cambiamento può essere facilitato se orientato da supporti esterni: è fondamentale l’esempio, il tutoraggio, l’incoraggiamento. Il decidersi a volerlo, che significa rischiare, implica contestualmente una vitalità personale nell’accettare la sfida e una fiducia in chi ci sta attorno.
In sostanza, il messaggio che promana dal volume non solo è un “inno†al cambiamento, ma è anche un incoraggiamento ad avere fiducia: ogni organizzazione (imprese, come la scuola o la famiglia) può cambiare, a patto però che a volerlo non sia solo uno, il manager/leader o il capofamiglia, ma la maggior parte di tutti coloro che compongono una comunità . Esiste un “effetto trascinamentoâ€, che si verifica tutte le volte che si lavora per realizzare un “progetto†chiaro e fondato su valori condivisi. Da questo dipende il successo di ogni impresa significativa della vita sociale.
[1] Spencer Johson, (1999), Chi ha spostato il mio formaggio, Sperling e Kupfer.
[2] Nel 2000 il sociologo Zygmunt Bauman ha pubblicato un saggio “Liquid Modernity†nel quale traccia una profonda analisi dei processi di trasformazione del concetto di modernità del XX secolo. Il termine liquido secondo Bauman, indica positivamente lo stato della materia che non possiede una forma propria ma quella del suo contenitore e tende a seguire un flusso temporale di trasformazioni. Tutto ciò descrive la nuova fase della storia della modernità .