Quale curricolo per le future generazioni

La storia come dimensione esistenziale

È in atto ormai da qualche mese un dibattito dai toni piuttosto accesi sulla proposta della commissione istituita dal ministro Valditara e coordinata dalla professoressa Perla, sulle nuove Indicazioni 2025, che riguarda la scuola di base. Non intendiamo entrare nel merito su ciò che viene proposto nella bozza, pur avendo la convinzione, come sostengono in molti e, in particolare, Italo Fiorin, il coordinatore delle Indicazioni 2007[1], che la logica del “punto a capo†non possa funzionare. Siamo dell’avviso che un’operazione sostenibile sarebbe stata quella di ripartire dalle Indicazioni del 2012 e proporre gli aggiornamenti necessari, coinvolgendo anche i maggiori protagonisti di allora, a prescindere dal colore del Governo. Detto ciò, ripensiamo al curricolo da una prospettiva diversa, cercando di andare oltre il dibattito contingente.

Il curricolo e la storia

Il termine “curricolo”, a volte lo dimentichiamo, deriva dal latino curriculum, legato a currere (correre) che sta per carro, carrettiera, corso e percorso. Insomma la parola curricolo dovrebbe essere intesa in un senso più ampio come la strada che l’essere umano è chiamato a percorrere nella vita per svilupparsi come persona, conoscendo sé stesso e il mondo, e contribuendo al cambiamento e allo sviluppo della civiltà umana[2]. Da questa visuale, allora, prima di tutto la formazione proposta dalla scuola implicherebbe una richiesta ai bambini e ai ragazzi di confrontarsi con il passato, e agli insegnanti di indicare la necessità di “voltarsi indietro per andare avanti”.

La storia, dunque, sarebbe il vero ubi consistam, della scuola. La storia dell’Universo, la storia della Terra, la storia della Vita sulla Terra, la storia della Civiltà Umana, con le sfide affrontate e quelle da affrontare, tentando di discriminare le luci dalle ombre. Le nuove generazioni, e noi con loro, riprendendo le parole di Bernardo di Chartres, sono come “Nani sulle spalle di giganti”. In questo senso allora la nozione di curricolo dovrebbe ampliarsi e intrecciare una dimensione verticale (la Grande Storia dalle origini dell’Universo al futuro) con una dimensione orizzontale (che riguarda quell’intreccio disciplinare che si ha con la maturazione di una vera e propria comunità professionale dei docenti).

Approccio globale al curricolo

Si tratta di alimentare quello che diversi anni fa abbiamo chiamato Approccio Globale al Curricolo[3] che stabilisce un legame inestricabile tra il piano personale (“io”) con quello collettivo (“noi”), aiutando ciascuna bambina e bambino, ciascuna ragazza e ragazzo a scoprire la propria dimensione nel “Grande Disegno” dell’umanità. Partendo da questa prospettiva la storia dovrebbe essere qualcosa di più di un sapere disciplinare da verificare e valutare. Anzi proprio la “riduzione†al solo sapere disciplinare potrebbe essere il problema che impedisce agli studenti di connettere la propria storia biografica con la storia del mondo in cui sono venuti a nascere.

Sentirsi parte di un grande racconto

Il filosofo dell’educazione Gert Biesta[4] è chiaro in questo senso: la storia è una dimensione verticale che deve andare oltre la mera acquisizione di nozioni o concetti[5]. Un oltre che offre anche sentimenti e valori e l’emozione di sentirsi parte di un Grande Racconto. Questo Grande Racconto, come proposto anche da Maria Montessori, dovrebbe essere offerto ai bambini fin dalla tenera età, per aiutarli a trovare il significato della propria vita, percorrendo la strada di una soggettivazione che li porterà a diventare adulti. Si tratta di dare una “visione del tutto”, in cui ogni cosa è collegata e ha il suo posto nell’universo, stimolando l’interesse del bambino e del ragazzo e la sua intelligenza. C’è una sorta di chiamata, come insiste Biesta[6], rivolta dall’educatore/insegnante ai nuovi nati, che diventa invito a radicarsi nella storia della propria famiglia, della scuola di appartenenza, della comunità locale nazionale e planetaria, prendendosi la responsabilità di cura verso l’intero mondo prossimo e lontano. Significa, insomma, riconoscere il proprio posto nel mondo, apportando un proprio contributo particolare. Di nuovo, voltandosi indietro e guardando avanti con coraggio.

La lezione di Dewey

John Dewey, proprio trattando di curricolo, vedeva una potenziale frattura nella scuola tra la “vita del bambino”, concreta, personale, unitaria, e il “programma scolastico”, astratto, vasto, frammentato per discipline. Dewey suggerisce che la risposta non sta né nel lasciare il bambino libero senza guida né nell’imporre una direzione esterna, ma in un dialogo fecondo tra polarità come libertà-guida, individuo-gruppo, passato-futuro, racconto personale-storia dell’uomo, che fa crescere e maturare[7]. Il mondo non può essere oggetto di interpretazione e costruzione di un soggetto perché, per dirla con un gioco di parole, il soggetto è anche “soggetto al mondoâ€. In altri termini il mondo si pone davanti a lui come limite, rigidità, mistero, con cui si deve fare i conti. È opportunità, ma anche ostacolo.

Le tre dimensioni del curricolo

Gert Biesta – sottolineando che la scuola ha il compito, ad oggi dimenticato, dell’indicare un percorso di soggettivazione – critica la focalizzazione esasperata sul tema delle competenze che porta all’attuale enfasi sul controllo e sulla misurazione degli apprendimenti o sulla produzione di risultati desiderati. Così si rischia di far perdere di vista il fatto che bambini e ragazzi sono esseri umani che affrontano la sfida di vivere la propria vita. Egli propone un’educazione incentrata sul mondo, orientata ad attrezzare e incoraggiare le nuove generazioni a esistere “nel” e “con” il mondo, e a farlo “pienamente”. Questo non significa agire a piacimento, ma riconoscere che il mondo naturale e sociale pone confini e limiti. Biesta, in accordo con Dewey, ritiene che un’educazione esclusivamente centrata sul bambino o esclusivamente centrata sul curriculum sia “davvero stupida”. Un approccio centrato solo sul bambino manca di direzione e sostanza; un approccio centrato solo sul curriculum ignora chi siano gli studenti e cosa faranno con ciò che imparano, perdendo il senso esistenziale dell’educazione[8]. Sono tre allora le dimensioni del curricolo inteso come percorso:

  • la dimensione didattica relativa agli apprendimenti che riguarda il sapere e il saper fare;
  • la dimensione relazionale che coinvolge la vita comunitaria dei soggetti (docenti e alunni);
  • la dimensione filosofico-esistenziale che afferisce al senso e al posto da prendere nel mondo[9] (Orsi, 2024).

Mai come oggi una formazione all’altezza delle sfide che l’umanità deve affrontare, deve avere la forza di abbracciare questa prospettiva ampia di curricolo: sono in gioco valori come la democrazia, la pace, la libertà e l’uguaglianza, il benessere di tutti, il rispetto del Creato.


[1] Tuttoscuola e Fondazione Agnelli hanno offerto il 28 marzo 2025 un incontro di riflessione sulla bozza delle Indicazioni 2025, mettendo attorno a un tavolo il Capo Dipartimento MIM, Carmela Palumbo, la Coordinatrice della Commissione che ha redatto il nuovo testo, Loredana Perla, il Coordinatore della Commissione incaricata della stesura delle “Indicazioni Nazionali 2007â€, Italo Fiorin. Sono intervenuti il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto e il direttore di Tuttoscuola Giovanni Vinciguerra.

[2] M. Orsi (2021), Uno Zaino Troppo Pesante, Maggioli.

[3] M. Orsi (2006), A scuola Senza Zaino, Erickson.

[4] Gert Biesta, filosofo, professore al Center for Public Education and Pedagogy dell’università di Maynooth in Irlanda, docente di Educational Theory and Pedagogy all’Università di Edimburgo, è tra i più illustri studiosi contemporanei nel campo della pedagogia.

[5] Cfr. Lectio magistralis professor Gert BiestaThe Beautiful Risk of Innovation“.

[6] Biesta (2022), Riscoprire l’insegnamento, Raffaello Cortina.

[7] Dewey J. (2016, ed. or. 1902), Il bambino e il curricolo, Università Bicocca, paper.

[8] G. Biesta (2023), Il mondo al centro dell’educazione: Una visione per il presente, Gruppo editoriale Tab.

[9] M. Orsi (2024), Leadership Leggera con il nudge, Logus Mondi interattivi.