Dalle scuole non statali all’istruzione parentale

Tante “risorse” al servizio del sistema scolastico italiano

Il presente contributo da un lato intende fornire un quadro informativo e argomentato sulle diverse filiere di “imprese educative” non statali che svolgono compiti di istruzione per gli studenti e le studentesse, dall’altro intende esplorare alcune problematiche delicate, spesso oggetto di dibattito tra gli addetti ai lavori, specialmente nella nostra classe dirigente e nei media.

Cruscotto normativo

Il sistema scolastico italiano si realizza sul territorio nazionale attraverso le scuole statali e non statali. Quelle statali sono gestite direttamente dallo Stato tramite il Ministero dell’Istruzione e offrono istruzione gratuita e obbligatoria, quelle non statali vengono attivate e gestire da privati o da Enti, sulla base dell’art. 33 della Costituzione “… Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali…”. La normativa che, dopo più di mezzo secolo, ha cercato di interpretare e dare esito al dettato Costituzionale è la legge del 10 marzo 2000 n. 62. Tale legge individua come obiettivo prioritario della Repubblica “… l’espansione dell’offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita” (art. 1), e determina il “Sistema nazionale di istruzione” costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli Enti Locali. Entro tale sistema pluralistico esercitano, quindi, una funzione “pubblica” sia le scuole statali, sia le scuole private, sia quelle degli Enti Locali. Il D.L. n. 250/2005, convertito nella legge 27/2006, riconduce successivamente le scuole non statali a due sole tipologie: scuole paritarie e scuole non paritarie[1].

Le scuole paritarie

In premessa chiariamo il concetto giuridico di parità, riproponendo quanto riportato da Francesco Macrì nel suo blog[2]: “La parità è vista come un insieme di regole che le scuole non statali si impegnano a rispettare, per veder riconosciuta la propria funzione pubblica. Ci riferiamo, per esempio, alla corrispondenza con gli ordinamenti generali dell’istruzione, alla coerenza con la domanda formativa delle famiglie, alla adozione di requisiti di “qualità ed efficacia” fissati dalla legge, alla partecipazione al sistema nazionale di valutazione, ecc.”[3]. In questa categoria di istituzioni scolastiche senza fini di lucro sono confluite, con la Legge 62/2000, le precedenti scuole “parificate”, “legalmente riconosciute” e “pareggiate”[4], già riconosciute dallo Stato e titolari di un servizio pubblico. Le procedure per il riconoscimento della parità scolastica e la verifica della permanenza dei requisiti per il mantenimento dello status di “parità” sono attivate dal MIM attraverso gli Uffici Scolastici Regionali e i Dirigenti tecnici con funzione ispettiva. Nell’istanza di riconoscimento deve essere dichiarato il possesso di molti requisiti tra cui:

  • l’adozione di un bilancio pubblico e accessibile;
  • la presenza di un Coordinatore delle attività educativo-didattiche e degli OO.CC. di partecipazione;
  • il rispetto delle norme in materia di integrazione di disabili e/o svantaggiati;
  • l’impegno ad utilizzare docenti abilitati e a stipulare contratti di lavoro conformi ai contratti collettivi di settore.

L’offerta formativa interessa tutti gli ordini e gradi, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado. Ciascuna scuola, entrando a far parte del Sistema nazionale di istruzione, al pari delle scuole statali, è tenuta ad accettare l’iscrizione di tutti gli alunni che ne condividano il progetto educativo, compresi gli studenti con disabilità, e a realizzare le finalità costituzionali di istruzione ed educazione. Le scuole paritarie sono tenute quindi:

  • a partecipare alle prove Invalsi;
  • a garantire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione;
  • ad attuare le medesime modalità di svolgimento degli Esami di Stato.

Devono assicurare l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti e il rilascio dei titoli di studio con lo stesso valore legale di quelli delle scuole statali.

Rispetto alla consistenza numerica, nell’a.s. 2023/2024 risultano attive 11.765 scuole paritarie (dall’Infanzia alla Secondaria II grado) con 790.460 alunni/e, cioè quasi il 10% degli studenti italiani[5]. La Regione con più alunni iscritti alle scuole paritarie è la Lombardia con 217.554 studenti mentre quella con meno alunni è il Molise con 1043 studenti[6].

Le scuole paritarie religiose

Le scuole paritarie religiose[7] non costituiscono una categoria a parte, rientrano nel sistema delle scuole paritarie. Hanno solo una gestione in prevalenza curata da persone giuridiche religiose, cioè: Diocesi, Parrocchie, Ordini Religiosi, Terzo Settore. Non sono scuole “confessionali”, ma istituzioni di pubblico servizio che, nella logica della sussidiarietà, promuovono un progetto educativo a partire dalla visione cristiana di educazione e, secondo la commissione episcopale, facendo sintesi tra fede e cultura e tra fede e vita[8].

Viene loro riconosciuto un buon livello nell’offerta formativa[9], nella partecipazione dei genitori, negli esiti delle prove Invalsi, nelle iniziative di formazione per il personale promosse dalle Federazioni di riferimento (FIDAE – FISM – CdO Opere Educative-FOE[10]).

Le scuole paritarie religiose, secondo il rapporto della CEI del 2024[11], hanno una rilevante funzione “pubblica” soprattutto per i servizi educativi rivolti all’Infanzia. Nell’anno 2023-2024 si contano5.481 sedi con una popolazione scolastica pari a 433.583 bambini e bambine (maggiormente diffuse nel Centro-Nord). È una cifra, però, molto distante rispetto agli iscritti negli altri segmenti scolastici (Dati MIM).

Tale funzione pubblica è la stessa che ritroviamo nel D.lgs. 65/2017 che ha istituito il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni. Si tratta di una vera sfida per l’integrazione pubblico-privato, con una governance affidata allo Stato, alle Regioni e ai Comuni.

In generale però, nonostante i numeri citati, va rilevato che il radicamento territoriale di queste scuole non è omogeneo nel territorio nazionale e che, nel tempo, ci sono state importanti flessioni.

Il citato Rapporto della CEI annota che dall’a.s. 2009/2010 si è registrata una perdita complessiva di circa 1.500 unità scolastiche in tutti gli ordini di scuola, con una leggera ripresa, negli anni successivi, nella scuola secondaria di I e II grado. Nell’a.s. 2023/2024 si contano 7.528 scuole cattoliche con 515.135 alunni (il 73,3% nell’Infanzia), di cui il 6,9% alunni con cittadinanza non italiana e il 2,1 % alunni con disabilità. I docenti in servizio sono 53.404, di cui l’85% di sesso femminile. Il personale è prevalentemente laico; quello non docente è stimato intorno alle 20.000 unità.

Le scuole non paritarie

Le scuole non paritarie sono di natura privata, che non fanno però parte del Sistema Scolastico nazionale: assumono la denominazione di “scuole non paritarie” solo se iscritte, a domanda, in appositi elenchi regionali, aggiornati ogni anno, a cura degli Uffici Scolastici Regionali[12]. La loro regolare frequenza costituisce assolvimento dell’obbligo di istruzione. Non possono però rilasciare titoli di studio aventi valore legale né attestati intermedi o finali con valore di certificazione legale. Pertanto gli studenti devono sostenere, in qualità di candidati esterni, un esame di idoneità ai fini dell’ammissione alla classe successiva o al successivo grado di istruzione e l’esame di Stato (alla fine del primo e del secondo ciclo d’istruzione) presso le scuole statali[13], oppure se gli studenti intendono trasferirsi in una scuola statale o paritaria.

Anche le scuole non paritarie sono tenute a presentare un Piano dell’offerta formativa (non il PTOF) e un progetto educativo conformi all’ordinamento scolastico italiano. I documenti devono essere elaborati in conformità agli ordinamenti vigenti, devono illustrare la struttura, l’organizzazione della scuola, le attività offerte, i progetti e i servizi, oltre alle modalità di valutazione degli studenti (legge 27/2006, D.M. 263/2007 e D.M. 82/2008).

Tra le scuole non paritarie ci sono anche alcune scuole Montessoriane e Steineriane, quelle gestite da Associazioni del Terzo Settore, da Cooperative e Fondazioni (ad es. le H-FARM International Schools). Va precisato, comunque, che alcune di queste scuole appartengono alla tipologia delle scuole paritarie. Per i dati statistici su questa tipologia di scuole, il MIM rimanda agli elenchi predisposti dagli Uffici Scolastici Regionali. Ad esempio per l’a.s. 2024/2025 l’Albo Regionale del Veneto segnala 21 scuole, in Lombardia se ne segnalano 51, nel Lazio 27, in Sicilia n. 11.

Istruzione parentale

L’istruzione parentale rappresenta un’alternativa alla frequenza in presenza degli Istituti scolastici ed è conosciuta anche come “scuola familiare” o “scuola paterna” o anche con i termini anglosassoni homeschooling o home education[14]. Sono “sigle” diverse, ma che connotano tutte la scelta delle famiglie di provvedere direttamente all’educazione dei figli. In caso di tale opzione i genitori devono rilasciare al Dirigente Scolastico della scuola più vicina una dichiarazione, da rinnovare ogni anno, sulla loro capacità tecnica ed economica di provvedere all’insegnamento parentale (D.lgs. 62/2017, art 23)[15]. La fondatezza di quanto dichiarato dai genitori non può essere tuttavia verificata con accertamenti diretti sui genitori ma, indirettamente, mediante il riscontro degli apprendimenti realizzati dal soggetto destinatario degli interventi educativi (Nota MIUR del 5 giugno 2005, n. 5693). Il bambino sostiene annualmente, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione, in qualità di candidato esterno, un esame di idoneità presso una scuola statale o paritaria, per l’ammissione alla classe successiva. La scuola che riceve la comunicazione per l’istruzione parentale è tenuta a vigilare sull’adempimento dell’obbligo scolastico dell’alunno. Tale responsabilità spetta anche al Sindaco destinatario della stessa comunicazione da parte dei genitori (D.lgs. 297/1994, art. 114 e art 5 D.lgs.76/2005)[16].

La diffusione dell’istruzione parentale si è accentuata nel periodo del Covid, con un incremento da circa 5.000 soggetti del 2019 a oltre 15.000 nel 2021[17]. Secondo EDUpar[18] tale tendenza era già cresciuta nel tempo (anche prima del Covid) per molteplici motivi:

  • l’insoddisfazione verso l’offerta formativa della scuola tradizionale;
  • la ricerca di prassi più personalizzate nell’insegnamento-apprendimento;
  • il desiderio di implementare esperienze formative socialmente attrattive (ad es. plurilinguismo, informatica, programmi internazionali, approccio STEAM…);
  • la necessità di dover gestire i tempi di lavoro familiari in modo più autonomo.

Considerando il lungo ciclo scolastico italiano, tale scelta non è sicuramente un percorso facile, comporta una adeguata formazione socio-culturale da parte dei genitori, un impegno “professionale” non comune, e anche un cospicuo investimento economico, perché spesso le famiglie si rivolgono a personale esterno e/o a strutture formative presenti sul mercato.

Scuole Montessori

Sono scuole chepongono al centro della propria attività educativa il “metodo Montessori”[19] i cui principi base possono essere così sintetizzati:

  • autonomia dei bambini nel “vivere” la loro esperienza scolastica;
  • tempi di lavoro “personalizzati” e quindi commisurati ai ritmi di apprendimento del bambino;
  • funzione tutoriale e da supervisore dell’insegnante che limita al necessario gli input “frontali” di presentazione dei contenuti;
  • ambienti di apprendimento come spazi aperti (non aule), polifunzionali, “dilatati “anche all’esterno dell’edificio scolastico e ricchi di materiali didattici specifici;
  • ruolo centrale assegnato all’educazione sensoriale nello sviluppo psico-cognitivo.

Non vengono attivate procedure valutative, ma processi di autovalutazione. Le scuole montessoriane sono associate nell’Opera Nazionale Montessori (ONM) e all’Ente del Terzo Settore (ETS) accreditato dal Ministero. L’ONM gestisce i corsi di differenziazione/specializzazione didattica per i docenti, riconosciuti nelle GPS ministeriali: 500 ore per la scuola dell’infanzia, 300 ore per Educatori prima Infanzia.

Le scuole Montessori in Italia sono circa 294, diffuse soprattutto nel Centro nord; possono essere statali, paritarie e non paritarie, coprono il ciclo scolastico: Infanzia (Casa dei Bambini 3-6 anni), Primaria (le più numerose), Secondaria di I e II grado.

Scuole Steiner-Waldorf

Le scuole Steiner-Waldorf[20] sono aggregate nella Federazione delle scuole Steiner-Waldof in Italia, fondata nel 1992[21]; adottano il pensiero di R. Steiner (1919) che si focalizza sullo sviluppo olistico del bambino, integrando aspetti cognitivi, artistici e pratici. I pilastri di tale pedagogia sono:

  • favorire la crescita sana e armoniosa di ogni bambino”;
  • sostenere la realizzazione delle potenzialità e la valorizzazione dei talenti di ognuno;
  • sviluppare curiosità, interesse e amore per il mondo;
  • imparare ad imparare dalla vita (apprendimento esperienziale).

La didattica comprende molte attività laboratoriali, lingue straniere, musica, ginnastica ed euritmia, tecnologia e artigianato, modellaggio e recitazione. La maggioranza delle scuole steineriane, diffuse soprattutto nel Centro nord, riguarda la scuola dell’infanzia; meno numerose sono quelle Primarie e Secondarie di I e II grado. In Italia quelle riconosciute come “Paritarie” e “non Paritarie” sono circa 90.

Scenari problematici

Oggi non possiamo non riconoscere che lesia le scuole paritarie sia quelle non paritarie svolgono un servizio educativo “complementare” a quello statale e sono sorrette da precise disposizioni ordinamentali (Indicazioni nazionali, organi rappresentativi di partecipazione, regole amministrative). Evidenziamo tuttavia alcuni snodi problematici connessi al funzionamento.

  1. Partiamo dalla vexata quaestio dei finanziamenti alle “Paritarie”. L’interpretazione e l’applicazione del dettato Costituzionale “senza oneri per lo Stato” ha creato fin dall’approvazione della legge 62/2000 dispute e tensioni a livello politico-sindacale e associativo, considerando che molte di queste scuole hanno una matrice “orientata al mercato” (es. il pagamento delle rette a carico delle famiglie), anche se in regime di pubblico servizio.
    Nel tempo i diversi Governi hanno sempre assicurato contributi annuali sulla base di appositi parametri, anche se ritenuti insufficienti rispetto al costo medio per studente e non adeguati a contrastare la crisi in atto da molto tempo: dal 2000, anno dell’emanazione della legge 62, la scuola paritaria ha perso il 38,11% degli alunni, mentre più di 800 istituti hanno cessato di esistere.
    Con la legge di Bilancio 2025 è stato introdotto, con la contrarietà di alcuni partiti e sigle sindacali, un bonus scuola proporzionato al reddito ISEE, con un budget fissato a 65 mln di euro annui dal 2026 (lo stanziamento iniziale era di 16,25 mln) ed è stato incrementato il fondo per gli studenti con disabilità.
  1. Il secondo problema riguarda la qualità della cooperazione tra scuole statali e scuole paritarie. Lo sviluppo integrato di un sistema scolastico pubblico, per garantire un reale pluralismo, non è ancora a livelli adeguati[22] Accordi di Rete già sollecitati dal lontano 2003 (C.M. 31/2003), formazione in servizio in comune[23], partnership per progetti sul territorio, sinergie tra le rispettive sigle sindacali, coprogettazioni almeno su tematiche socio-educativo-culturali di interesse generale hanno ancora una diffusione “a macchia di leopardo”, invece avrebbero bisogno di un efficace potenziamento.
  1. La terza questione interessa l’accoglienza degli alunni con cittadinanza non italiana (CNI) e il sostegno alla disabilità. Sono due ambiti che le scuole paritarie non trascurano, ma che vedono ancora presenze molto limitate. Per gli alunni con disabilità incide molto il fattore finanziario, in quanto i contributi statali e regionali coprono una parte del servizio e le famiglie debbono concorrere con cospicue quote integrative. Anche per gli alunni con cittadinanza non italiana sono le condizioni economiche familiari a determinare la fattibilità della scelta di una scuola non statale.

[1] Cfr. Versari S. (a cura di), Le scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione, Tecnodid, Napoli, 2009. Il volume può essere liberamente scaricato da www.istruzioneer.it , sezione “Studi e documenti”. Adattamento. Vedi anche sito del MIM “Che cos’è la scuola non statale”.

[2] Cfr. Blog di F. Macrì: “Parità scolastica in Italia. Ventiquattr’anni fa la legge istitutiva n. 62/2000;

[3] Cfr. anche M. Spinosi, “Parità scolastica” in “Repertorio 2025”. Dizionario normativo della scuola. Tecnodid, 2025, pp. 641-650.

[4] Dal 2001, dopo l’approvazione della Legge 62/2000, 788 scuole gestite da Religiosi, privati, EE.LL. furono inserite nel Sistema Nazionale di istruzione. Nel tempo tale facoltà, a domanda, venne concessa a Imprese e cooperative sociali, Associazioni riconosciute e non riconosciute e a Fondazioni.

[5] Per le Scuole statali i dati a.s. 2024/2025 rilevano i 7.600 Istituzioni sedi di direttivo, distinte in 127 CPIA e 7.473 Istituzioni scolastiche. Le cifre poi documentano 362.115 classi con 7.073.587 studenti, di cui 331.124 con disabilità.

[6] Cfr. Ufficio di Statistica, Focus “Principali dati della scuola – Avvio Anno Scolastico 2024/2025”, Settembre 2024, pp. 20-22. Anche se tutti gli altri dati riportati dall’Ufficio di Statistica sono quelli relative all’anno scolastico 2024-2025, i dati relativi alle paritarie risalgono all’anno precedente. Un panorama statistico completo è quello offerto nel PPT di A.M. Alfieri.

[7] Così denominate dall’Istat nei suoi Report informativi su Istruzione e Formazione.

[8] Cfr. nota pastorale della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della CEI “La scuola cattolica risorsa educativa della chiesa locale per la società”, pubblicata l’11 luglio 2015.

[9] Cfr. Ricerca del Centro Studi per la Scuola Cattolica, coordinato da S. Cicatelli, pubblicata sui “Quaderni” dell’Ufficio Nazionale per l’Educazione la Scuola e l’Università della CEI. Il riferimento è al quarto monitoraggio sulla “qualità”, a.s. 2021/2022.

[10] CdO Opere Educative-FOE è una associazione aderente a Compagnia delle Operee a Cdo Opere Sociali costituita da enti gestori di scuole non statali, centri di formazione professionale e istituzioni educative, che hanno come fine l’educazione, la formazione e l’istruzione dei giovani.

[11] Cfr. Il rapporto 2024 “Emergenze educative. Scuola cattolica in Italia” del Centro Studi per la Scuola Cattolica, a cura dalla CEI, ricostruisce l’andamento del settore dal 2009, quando le scuole erano 6.692. Cfr. dati e analisi nella rivista online “Tempi”, in particolare l’articolo di C. Giojelli, Che cosa c’è dietro ai numeri delle scuole paritarie in crisi, del 2 Ottobre 2024.

[12] Da queste scuole vanno tenuti distinti i Centri studio che organizzano corsi non riconducibili agli ordinamenti vigenti, ripetizioni private o si occupano della preparazione agli esami universitari.

[13] Alcune di queste scuole, in questi anni sono state interessate dal fenomeno dei diplomifici. Il D.L. n. 45/2025, convertito nella Legge 79/2025, ha introdotto misure più severe per contrastarlo.

[14] Informazioni puntuali si possono recuperare su “Repertorio ANP” “Istruzione parentale: norme, procedure e indicazioni” e su “LAIF” L’associazione Istruzione in famiglia.

[15] Sulla responsabilità/libertà decisionale dei genitori cfr. Sentenza Corte di Cassazione 23802/2023 del 4/08/2023.

[16] Altri riferimenti normativi: D.M. 5/2021; D.lgs. 62/2017; D.lgs. 76/2005; D.lgs. 297/1994, Nota 2407/2024.

[17] Dati www.laifitalia.it: “Istruzione parentale: una scelta di vita”.

[18] Cfr. Edupar, Il Network in Italia per chi sceglie l’Istruzione Parentale. Erika Di Martino, fondatrice di EDUpar e anche autrice, life coach e consulente familiare.

[19] La pedagogia montessoriana discende dagli studi di Maria Montessori (1870/1952) che ha dedicato inizialmente il suo impegno professionale ai bambini con disturbi psichici, ampliando poi i suoi interessi a tutto il mondo dell’infanzia.

Cfr. a cura di V. Schirripa e M. Tripi (2025), Maria Montessori e la pedagogia scientifica, Ledizioni. Il libro ripropone il testo di F. De Bartolomeis, La Nuova Italia, 1953. Cfr. anche il sito “Opera nazionale Montessori”.

[20] Il movimento pedagogico steineriano ha avuto inizio con la fondazione della prima scuola Waldorf a Stoccarda nel 1919 per iniziativa dell’industriale E. Molt, proprietario della fabbrica di sigarette Waldorf Astoria.

[21] Cfr. Fondazione delle scuole Steiner-Waldorf in Italia e “Pedagogia steineriana: cos’è e quali sono i principi educativi?”.

[22] Cfr. nel merito: “Paritarie e statali insieme per la qualità della scuola” in “Secondo tempo”.

[23] A volte disattesa dallo stesso Ministero, cfr. vicenda del Bando “Scuola al Centro” del 2016 (Il Bando promosso dal MIUR, mirava a favorire la partecipazione delle scuole a progetti di innovazione e miglioramento dell’offerta formativa. Tuttavia, la vicenda è stata caratterizzata da alcune criticità, tra cui la difficoltà di accesso per le scuole e problemi di gestione dei fondi).