L’avvio dell’anno scolastico, le circolari ministeriali, lo scenario culturale, le ricerche internazionali ripropongono all’attenzione il ruolo del docente e le sue dimensioni professionali. Questo contributo vuole fornire alcuni elementi di riflessione a partire dai dati di una ricerca di cui già sono stati pubblicati alcuni risultati attraverso sintetici report[1] o articoli su riviste e siti specialistici.
L’indagine
L’indagine, realizzata da un gruppo di lavoro composto da componenti dei CIDI[2] di Torino, Napoli e Palermo e da esperti universitari, ha riguardato insegnanti delle tre città attraverso un questionario compilato on line nel periodo febbraio-maggio 2024. Hanno risposto al questionario 927 insegnanti di Torino, 365 insegnanti di Palermo e 287 di Napoli. Per correttezza statistica (rappresentatività del campione) sono stati elaborati solo i dati relativi a Torino e Palermo. L’elevata omogeneità dei dati delle due realtà territoriali diverse per storia, per composizione sociale e per rilevanza economica, permettono di individuare problemi e possibili ipotesi di intervento riferibili all’intero contesto nazionale del sistema di istruzione.
Il questionario: 51 domande suddivise in 6 sezioni:
| n. | Sezione | Descrizione |
|---|---|---|
| 1 | Caratteristiche socio-anagrafiche degli intervistati | |
| 2 | Tempo di lavoro | Sono stati esplorati molteplici aspetti che strutturano l’orario di lavoro reale degli insegnanti: il numero di ore di insegnamento effettive in aula, le ore a scuola per attività complementari, le ore di lavoro a casa per preparare lezioni, materiali didattici e correggere i compiti, svolgere compiti gestionali e amministrativi, ecc. |
| 3 | Incarichi e funzione docente | Si è cercatoditracciare il profilo reale del lavoro dell’insegnante: dai normali compiti didattici in senso stretto, a quelli gestionali e amministrativi. |
| 4 | Professionalità | In questa sessione le domande hanno riguardato i vari tipi di formazione e il loro impatto sulla qualità della prestazione professionale e le attività ritenute più rilevanti ai fini della crescita professionale. |
| 5 | Organizzazione dell’istituto | Si è sondata la percezione degli insegnanti sull’adeguatezza delle strutture scolastiche e delle attrezzature per realizzare una didattica innovativa, sul funzionamento degli organi collegali, sui flussi informativi. |
| 6 | Soddisfazione e stress da lavoro | Le domande hanno riguardato il grado di soddisfazione degli insegnanti, i motivi di ansia e le cause di stress, nonché altri elementi che incidono sulla qualità del lavoro. |
Verranno qui presi in esame due aspetti, quelli relativi alla formazione e allo sviluppo professionale, interrelati dal punto di vista del singolo e dell’organizzazione.
Le variabili della professionalità del docente
In un documento del MIUR (oggi MIM) di qualche anno fa, che conserva ancora una sua attualità[3], viene ricordato che «nessun sistema scolastico può essere migliore della qualità dei suoi insegnanti», una frase di cui è ormai impossibile risalire all’origine ma su cui tutti coloro che si occupano di sistemi scolastici e di professionalità docente non possono non concordare. Inoltre, in uno scenario in cui il ruolo del docente diventa ogni giorno più complesso e delicato, le competenze professionali richieste non si limitano soltanto alla dimensione culturale e pedagogico-didattica, ma includono anche:
- la dimensione organizzativa;
- la dimensione relazionale con il contesto sociale;
- la capacità di curare la propria crescita professionale (condizione essenziale per l’esercizio del ruolo).
Per tali ragioni, diventa di fondamentale importanza ragionare sulla qualità della professione. Partendo da questi presupposti, i dati della ricerca CIDI sui comportamenti dei docenti in merito al loro sviluppo professionale appaiono un utile strumento di analisi e riflessione in quanto spia di comportamenti virtuosi ma anche di contraddizione e disagio.
Formazione nella fase di sospensione delle lezioni
Da una prima lettura dei dati relativi ai comportamenti dei docenti sulle scelte a sostegno della propria professionalità sembra emergere il prevalere di una dimensione soggettiva e individuale. Il 74% dei casi, sia nel campione di Torino che in quello di Palermo, ha dichiarato di aver svolto attività di formazione prevalentemente nei periodi di sospensione delle attività didattica per scelta personale. Rimane significativo anche il 20% che non ha svolto attività di formazione nelle stesse situazioni. Questo tipo di opzione potrebbe apparire come un dato positivo, segno di una attenzione per la propria crescita professionale fuori dall’obbligatorietà con un investimento anche del proprio tempo libero. Per altri versi, però, potrebbe essere anche la spia di una percezione individualistica del proprio lavoro.
Inoltre i docenti intervistati hanno dichiarato di non aver utilizzato permessi per partecipare ad attività di formazione durante l’orario di servizio (76% TO; 66,6% PA). Questo dato farebbe pensare ad una difficoltà nelle sostituzioni in classe, fenomeno molto diffuso nella maggior parte delle scuole, ma potrebbe essere anche l’indicatore di una scarsa attenzione dell’istituzione alla formazione come fattore di crescita dell’organizzazione. Inoltre se esploriamo i dati con riferimento all’ordine di scuola, risulta che i docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria non hanno utilizzato i permessi per la formazione in percentuale molto più elevata, rispettivamente l’82% e 78,1% del campione di Torino e il 94, 3% e 70,8% di quello di Palermo. Probabilmente in questi ordini di scuola le difficoltà di fruizione dei permessi risultano maggiori per i modelli organizzativi e per via della distribuzione dell’orario di lavoro.
Formazione autonoma e formazione proposta dalla scuola
I docenti, inoltre, considerano più efficaci le attività di formazione che scelgono autonomamente rispetto a quelle proposte o organizzate dalla scuola (o dall’ambito territoriale). Non a caso, il 38,4% del campione di Torino e il 30,2% del campione di Palermo considerano nulla o debole l’utilità della formazione proposta dall’istituzione, in maniera speculare considerano molto positivo l’impatto sulla propria attività professionale della formazione seguita per scelta individuale, rispettivamente il 40,9% per il campione di Torino e il 45,7% per il campione di Palermo.
Tale esito, però, contrasta leggermente con le risposte alla domanda sull’impatto che si sono collocate, per entrambe le fattispecie (scelta autonoma e scelta dell’istituzione), al livello 3 (su una scala da 1 a 5), con una leggera prevalenza per la formazione autonoma.
Generalmente la formazione proposta dalla scuola riguarda ambiti di carattere più generale finalizzate al miglioramento dell’organizzazione. Con tutta probabilità i docenti non ne colgono immediatamente l’utilità rispetto ai loro immediati bisogni. Il dato potrebbe essere un segnale di una debole consapevolezza del ruolo professionale del docente come membro di un’organizzazione. Questo probabile contrasto tra l’efficacia della formazione individuale (motivata dai bisogni del singolo) e la debolezza di quella istituzionale solleva serie riflessioni sulla gestione della formazione stessa.
Le responsabilità del dirigente scolastico
Dal punto di vista dell’organizzazione, tutto ciò fa pensare alla mancanza di un “piano di formazione” di ciascuna istituzione scolastica che sia coerente e funzionale e che integri tutti i tipi di esigenze che possono essere erogate attraverso piani nazionali o regionali da Associazioni, Enti, Università, ma anche l’auto-formazione, la partecipazione a gruppi di ricerca interni alla scuola o nelle reti, l’osservazione peer to peer e quant’altro. Poiché la lettura dei bisogni di formazione può essere ricondotta alla implementazione del Piano dell’offerta formativa e alle strategie per il miglioramento, viene chiamata in causa la responsabilità del dirigente scolastico nell’orientare tutte le attività in maniera coordinata in modo da costituire un effettivo volano per la qualità dell’istituzione scolastica.
La formazione aumenta tra le figure di sistema
Infine appare utile sottolineare come coloro che ricoprono incarichi, quali responsabili di progetto, coordinatori di classe o di dipartimenti disciplinari, collaboratore del dirigente scolastico ecc. partecipano in maniera più significativa alle attività formative
Ciò fa pensare che l’organizzazione del lavoro tende a favorire professionisti che hanno responsabilità che vanno a ricadere su tutta la comunità scolastica. Dall’analisi dei dati delle due realtà, Torino e Palermo, si può affermare che una organizzazione delle scuole che realizzi un diffuso processo di attribuzione di responsabilità e di obiettivi ben definiti e condivisi, evitando un artificioso moltiplicarsi di incarichi o figure professionali, può favorire la motivazione degli insegnanti ad essere coinvolti in processi di miglioramento continuo e, di conseguenza, favorire più in generale il miglioramento dell’organizzazione
I docenti preferiscono la formazione obbligatoria
La ricerca ha anche esplorato quanto i docenti considerino negativa la non obbligatorietà della formazione per la qualità della scuola: 60,2% del campione di Torino e il 57,5% del campione di Palermo (giudizio uguale o superiore a 3 in una scala nella scala da 1 a 5).
La questione dell’obbligatorietà della formazione ha rappresentato un elemento di criticità nel dibattito sulla professionalità docente come è testimoniato anche dalla contraddittorietà delle norme attualmente in vigore, tuttavia traspare da questi ultimi dati che essa sia un tabù superabile e che un maggior riconoscimento della centralità della formazione in servizio come fattore di qualità renderebbe giustizia a quella parte di docenti che, come è risultato dall’indagine, investe il tempo libero dalle attività didattiche per la cura della propria professione.
Importanza della compresenza
L’indagine ha esplorato un vasto repertorio di attività (oltre la formazione) che possono essere riconducibili allo sviluppo professionale; per esempio il dialogo professionale, l’interazione informale con i colleghi, le attività in compresenza, lo studio e la ricerca, l’interazione con il dirigente scolastico, l’attività di tutoraggio o affiancamento con altri colleghi.
Il meccanismo della crescita professionale è, infatti, una combinazione di processi di apprendimento individuale e collettivo, attraverso momenti comunitari informali e formali di lavoro basati sullo studio e la riflessione individuale.
L’interazione informale con i colleghi è stata indicata come occasione di crescita professionale dal 56,6% dei docenti di Torino e dal 54,4% da quelli di Palermo. Un esito più variegato è quello relativo alla “compresenza”. Mentre a Palermo viene indicata come pratica efficace dal 44.4% dei docenti, a Torino del 55.4%, con valori più significativi nelle scuole per l’Infanzia (64,1% Torino; 51% Palermo) e nelle sezioni Primarie (68,8% Torino; 49% Palermo).
La “compresenza” non è solo un modo di fare scuola che permette una maggiore personalizzazione dell’azione didattica ed educativa in relazione ai bisogni differenziati degli studenti, ma rappresenta anche una occasione per favorire la progettazione di attività integrate, per crescere professionalmente attraverso l’osservazione reciproca e l’interazione riflessiva sul lavoro docente. La diversità di dati fra le due realtà è probabilmente riconducibile al maggiore vissuto che hanno le scuole per l’Infanzia e Primarie soprattutto per l’orario prolungato. La differenza tra Nord e Sud può dipendere dal fatto che a Palermo la compresenza è più rara rispetto a Torino.
Studio individuale e comunità di apprendimento
Lo “studio e la ricerca individuale” occupano in generale una posizione intermedia, ma comunque significativa (52.2% a Torino e il 54,8 a Palermo), con una diffusione maggiore nella Secondaria di 2° grado (61.2% a Torino e il 64,8% a Palermo). Riconoscere la dimensione dello studio e della ricerca come fattori di sviluppo professionale restituiscono una immagine di docente colto capace di aggiornare costantemente il proprio sapere disciplinare e di integrare le innovazioni metodologiche e didattiche. Tuttavia, dai dati emerge ancora una volta una forte dimensione individuale, infatti solo il 20,7% dei docenti di Torino e il 23,8% di quelli di Palermo ha dichiarato di svolgere tali attività insieme ad altri insegnanti. L’aspetto centrale non è la quantità di ore di formazione formale svolte (che resta comunque un dato importante), ma il tempo investito per lavorare insieme creando e alimentando una comunità di apprendimento. È qui che gli insegnanti scambiano pratiche, fanno circolare competenze. Far parte di una comunità che apprende è un fattore di qualità professionale per il singolo ma anche una sfida per l’organizzazione.
Il dirigente come motore di crescita professionale
Anche l’interazione dialogica con il dirigente scolastico viene riconosciuto fra i fattori di crescita professionale dal 42,3% dei docenti di Palermo e dal 41,9% di quelli di Torino, ma in misura diversa a seconda degli ordini di scuola: in maniera crescente dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di primo e secondo grado.
Perché il dirigente scolastico sia un motore di crescita professionale per gli insegnanti – e non un semplice gestore di incertezze e problemi – è importante ridisegnarne il ruolo. Serve un leader maggiormente concentrato sui compiti pedagogici, didattici e sull’innovazione, alleggerito dalle incombenze amministrative e gestionali. Dall’indagine emerge anche la diversità di percezione in relazione alla tipologia di incarichi ricoperti. Ad esempio, la percentuale è altissima sia per i coordinatori di commissioni (74,1% a Torino e l’83,3% a Palermo) sia per funzioni strumentali (75,8% a Torino e 78,3% a Palermo). Ciò dipende, con tutta probabilità, dalla frequenza con cui tali figure interagiscono con il dirigente scolastico per necessità organizzativa o per la condivisione di decisioni. È interessante comunque che tale interazione venga riconosciuta dagli intervistati come occasione di crescita professionale.
Formazione collaborativa
Dall’analisi dei dati delle due realtà, Torino e Palermo, si può affermare che una organizzazione delle scuole che realizzi un diffuso processo di attribuzione di responsabilità e di obiettivi ben definiti e condivisi, può favorire la motivazione degli insegnanti ad essere coinvolti in processi di miglioramento continuo non solo per la propria dimensione professionale ma per tutta l’organizzazione. I dati evidenziano la necessità di potenziare la formazione collaborativa, non solo per supportare il lavoro in classe, ma anche per migliorare l’organizzazione scolastica. La percezione positiva del rapporto tra colleghi e dell’importanza della collegialità incoraggiano a proseguire in questa direzione.
Nei dati relativi alla domanda sul grado di soddisfazione riguardo al rapporto con i colleghi emerge, infatti, come questo sia un elemento dirimente che influisce fortemente sulla soddisfazione legata al proprio lavoro. La maggior parte degli insegnanti, infatti, si colloca nelle fasce di soddisfazione 3 (media) e 4 (alta) con percentuali simili tra le due città (Torino 62,3%, Palermo 59,7%). Rispetto alla fascia 5 (soddisfazione elevata) Palermo si colloca al 22,5%, seguita da Torino al 15,2%.
Al tempo stesso però, analizzando i dati relativi alla soddisfazione per la collegialità del lavoro emerge come gli organi collegiali (consigli di classe, dipartimenti, collegi docenti) stiano man mano perdendo la funzione di luoghi della gestione “democratica” della scuola (soddisfazione nulla: Torino 11,3%, Palermo 11,0%; soddisfazione elevata: Torino 9,2%, Palermo 12,9%).
La progettualità condivisa e la collegialità rappresentano l’elemento centrale del lavoro scolastico. I dati della ricerca evidenziano che una collegialità insufficiente è un fattore critico per la qualità della scuola: a Torino il 72,9% e a Palermo il 68,2% degli intervistati ha indicato l’assenza della collegialità rappresenti un problema di incidenza media, alta o elevata. Di conseguenza, il miglioramento della qualità del lavoro docente e dell’istituto passa necessariamente attraverso potenziamento della condivisione in tutti gli ambiti: dalla formazione all’organizzazione.
[1] I primi risultati sono stati pubblicati sul sito del CIDI nazionale, ma anche dei Cidi di Palermo e di Torino
[2] CIDI, Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti, è un’associazione di docenti di tutti i gradi scolastici e discipline che promuove la professionalità degli insegnanti attraverso la formazione continua, la ricerca didattica e culturale, e l’organizzazione di eventi come seminari, conferenze e corsi.
[3] Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio – Documenti di lavoro 2018.



