Evoca il mito di Fetonte l’antropologo Maurizio Bettini nel suo saggio “Arrogante umanità”, in cui affronta il tema della superbia antropocentrica nei confronti della Terra e della cecità umana di fronte all’impatto devastante del cambiamento climatico e degli eventi estremi, che non sono più un’eccezione, ma la regola a cui ci si sta abituando a livello planetario, anche dal punto di vista cronachistico[1].
Superbia antropocentrica
Fetonte, secondo il mito, era un ragazzo arrogante e ambizioso, che voleva a tutti i costi la certezza di essere figlio del Sole e per questo motivo finisce per distruggere la Terra, avvicinandosi troppo alla superficie con il fiammeggiante carro di Elio.
Le concentrazioni di CO2, responsabili di circa due terzi del riscaldamento globale di origine antropogenica[2], sono passate da 280 ppm nell’era preindustriale a circa 420 ppm oggi.
Secondo il Climate Inequality Report[3] il 10% più ricco della popolazione mondiale genera oltre il 50% delle emissioni che innalzano stabilmente le temperature globali di + 1,6°C[4]. Anche decimali dopo la virgola possono incidere e fare la differenza e gli scenari futuri dipenderanno dalle misure adottate oggi: se non si agisce rapidamente, le temperature potrebbero salire fino a 4,5°C o più, con impatti irreversibili e limitate capacità di adattamento per l’uomo.
Se, invece, le emissioni verranno ridotte rapidamente, il riscaldamento potrebbe stabilizzarsi intorno a + 1,5-2°C entro la fine del secolo, soluzione non ottimale, ma accettabile compromesso.
Il modo in cui regoliamo il nostro comportamento di fronte a fenomeni come il cambiamento climatico[5], la perdita della biodiversità (oltre 44.000 specie, anche micro e nano organismi, sono già oggi a rischio di estinzione) e l’esaurimento delle risorse è una questione cruciale per chiunque abbia a cuore la natura e soprattutto il benessere degli esseri umani.
La trappola del cervello
Sembra, purtroppo, che l’umanità sia vittima di quella che già quindici anni fa Stephen Gardiner, docente di Statistica presso l’Università di Dublino, ha definito tirannia della contemporaneità, per cui ogni generazione si concentra esclusivamente sulla propria esistenza, privilegiando i bisogni del “qui e ora” rispetto a quelli di chi verrà dopo, di chi nasce oggi, quindi dei più giovani. Il problema è etico: quale sarà l’impatto di questa irresponsabilità sulle generazioni future? Una conversione ecologica non può più attendere: per rispettare i limiti planetari e rammendare i fili degli errori già commessi è necessaria una nuova consapevolezza dei modelli di sviluppo attuali e delle loro ricadute ambientali, oltre a una rinnovata responsabilità collettiva orientata a raddrizzare il timone di una rotta suicida, che rischia di mandare all’aria l’equilibrio della vita.
Per di più viviamo una fase storica in cui molti leader non rispondono a questo appello e, anzi, negano l’origine antropica del riscaldamento globale, ne minimizzano gli effetti, tolgono risorse alla sostenibilità ambientale e annacquano il Green deal: “Al posto della cooperazione, si impongono dazi; al posto della responsabilità collettiva, prevalgono interessi nazionali; al posto della solidarietà intergenerazionale, si moltiplicano le promesse elettorali a breve termine. Risposte semplici a un problema complesso; ma del tutto inefficaci perché la CO2 non si ferma ai confini, non chiede asilo, non resta imprigionata in un hotspot”. Sono queste le parole del filosofo ed economista Matteo Motterlini[6]. Egli sostiene che il principale ostacolo alla lotta contro il cambiamento climatico è di natura cognitiva. Il problema, prima ancora che ecologico, dipende dal nostro modo di pensare: il nostro cervello privilegia, infatti, il pensiero a breve, sempre alla ricerca di gratificazioni immediate, nell’illusione di avere ancora tempo davanti. Una metafora potentissima è quella della rana bollita che resta immobile in una pentola che si scalda a poco a poco senza attivare il proprio sistema d’allarme. O ancora: È come restare seduti sui binari del treno a occhi chiusi, sperando che quel rombo in lontananza sia solo un tuono. I binari li abbiamo posati noi, il treno l’abbiamo costruito noi, ma ci illudiamo che passerà da un’altra parte. Per abbattere il cambiamento climatico Scongeliamo il cervello, non i ghiacciai, esorta Motterlini e intitola così il suo ultimo saggio[7]. Il suo grido di allarme è che stiamo diventando plastica, la concentrazione di microplastiche non è solo negli oceani, ma anche nel sangue, nel latte materno e nei tessuti del cervello umano: quasi sette grammi di polimeri sintetici, derivati del petrolio, sono stati rilevati, infatti, nei tessuti cerebrali post mortem, l’equivalente di circa cinque tappi di bottigliette.
Il libro non vuole essere soltanto l’ennesimo grido di allarme, ma anche un manuale pratico per intervenire subito, smontando pregiudizi, allenando lo sguardo critico e costruendo strategie di cambiamento.
Sostenibilità, valore in crisi
La sostenibilità è un valore che sta un po’ perdendo piede, diventando meno attraente e passando di moda. Circola una corrente antigreen, una tendenza alla negazione del pensiero scientifico difficile da scalfire. Persino di fronte a numeri solidissimi e proiezioni sull’andamento del clima ormai più che verificate, gli scettici sostengono che sono sbagliati.
La parola sostenibile ha dunque bisogno di ritrovare il significato positivo che le attribuiamo quando per esempio tifiamo per la nostra squadra del cuore, o quando pensiamo al sostentamento necessario per sopravvivere o alle relazioni che ci supportano nei momenti di maggior bisogno e disorientamento. Il complesso e delicato sistema planetario ha bisogno di grandi timonieri per recuperare il suo equilibrio, di esperti che sappiano declinare e comunicare la sostenibilità e aiutare a trovare la rotta per tenere sotto controllo le emissioni.
La sostenibilità non è un obiettivo burocratico, ma deve consistere a livello internazionale nella capacità di misurare l’impronta ecologica di ciò che facciamo. l limiti planetari e le leggi fisiche sono più forti noi, come ci avverte anno dopo anno l’Earth Overshoot Day[8]: in poco più di metà anno abbiamo già consumato più risorse naturali di quante il pianeta sia in grado di rigenerare in dodici mesi e siamo già oltre uno spazio di azione sicuro.
Quali sono le possibilità per frenare e invertire la rotta? Immaginiamo il cruscotto del pianeta Terra – come ci invita a fare il metereologo Luca Mercalli – e pensiamo che su nove spie che segnalano i limiti planetari, sei sono già in allarme rosso e tre stanno per entrare nella zona di rischio. La società e molti governanti ignorano questi segnali e anzi li negano, preferendo silenziare i numeri allarmanti forniti dalla scienza, in particolare dal Centro Studi sul rischio climatico di Stoccolma[9]. Con l’atteggiamento di un pilota che non vuole fermarsi ai segnali d’allarme che prescriverebbero uno stop immediato, deve essere chiaro che il rischio non sparisce, anzi si aggrava la possibilità di andare a sbattere. Per riportare le lancette fuori dalla zona rossa non resta che la medicina già codificata nella green economy.
Le policrisi – clima, biodiversità, guerre, epidemie, economia, rapporti tra i popoli – sono accentuate, perché le abbiamo trascurate, anche se le conosciamo dagli anni Settanta, abbiamo buttato via cinquant’anni e ora bisogna correre[10].
Mercalli entra nel merito di quali possono essere i comportamenti virtuosi di ogni cittadino: minor uso dell’auto, evitare i viaggi aerei e mangiare poca carne – in particolare quella rossa – sobrietà nei consumi, in particolare quelli di energia, non lasciarsi affascinare dalla fast fashion e dall’usa e getta, fare scelte di economia sostenibili. Fare crescere, in sintesi, la sobrietà e il senso della misura nella coscienza collettiva. Contro un consumismo privo di freni, serve un esercizio di abbandono del superfluo, che ha un costo ambientale importante.
Non solo dati, ma anche emozioni
Se è ormai assodato che la crudezza delle cifre, i dati rigorosi e i modelli climatici fatti di equazioni e di righe di codice non bastano a scuoterci, va introdotto un elemento più decisivo: le emozioni.
Se continuiamo così i nostri figli e nipoti vivranno in un pianeta ostile. Il futuro è incerto, ma il luogo dove sto mandando i miei figli è un viaggio di sola andata, così avverte la climatologa e divulgatrice scientifica americana Kate Marvel, che esplora il riscaldamento globale nel suo libro “Nove emozioni. La natura umana di fronte al pianeta che cambia”[11].
Una storia può fare meglio di un grafico, perché gli esseri umani reagiscono di più alle narrazioni, che contengono emozioni e sentimenti. Senza emozioni non c’è comprensione autentica, né possibilità di cambiamento.
I primi a dover fare un salto di qualità sono, a parere delle Marvel, proprio gli scienziati, che devono essere rigorosi nel porsi le domande, lavorare sui dati, risolvere equazioni per comprendere come reagiscono il sistema terrestre e gli esseri viventi alle crisi globali, ma al tempo stesso possono provare sensazioni al riguardo e saperle comunicare.
Come scienziata non riesce a essere fredda, impassibile e distaccata di fronte a quanto sta accadendo al Pianeta: il legame causale tra gas serra e riscaldamento climatico è noto da più di un secolo; sapere che non abbiamo fatto praticamente nulla per smettere di produrli e rilasciarli nell’atmosfera mi riempie di rabbia. Quando si pensa da dove provengono questi gas ci si sente colpevolmente complici e soprattutto, si prova una profonda tristezza quando si prende atto di tutte le cose che abbiamo già perso. La lista delle emozioni in gioco è lunga: come fare a non avere timore dei disastri che arriveranno di certo? Come non provare orgoglio, sorpresa e speranza di fronte alle bellezze del nostro mondo? “Fingere di non provare assolutamente nulla mentre studiamo il nostro mondo che cambia, ci renderebbe solo dei gran bugiardi; e i buoni scienziati non mentono mai”. Non siamo davanti a un processo misterioso, ma a cambiamenti che conosciamo a fondo. Abbiamo anche ben chiaro in quale direzione muoverci: se quindici anni fa le energie rinnovabili erano una tecnologia di nicchia, ora stanno competendo con i combustibili fossili anche sul piano economico, oltre che in ordine all’impatto ambientale. Bisogna trovare il linguaggio giusto per rendere tangibili e comprensibili a tutti le drammatiche implicazioni che l’innalzamento di tre gradi della temperatura media globale comporta per le nostre società: trasformare le statistiche in narrazioni.
Nel 2019 la Marvel è stata inserita dalla rivista “Time” tra le quindici donne che salveranno il mondo: forse può valere la pena di mettersi in ascolto del suo racconto e dei suoi avvertimenti.
Il Cantico, primo testo di ecologia integrale
In occasione degli Ottocento anni del Cantico delle creature di san Francesco, Stefano Mancuso, neurobiologo di fama internazionale, direttore del LINV[12], incluso dal New Yorker tra i promettenti world changes, ha pensato di rileggerlo come un manuale per conservare la vita e rispettarne il ciclo produttivo, visto che purtroppo siamo in grado di modificare i fattori che li governano e di mandare all’aria l’equilibrio millenario in nome di ambizioni e appetiti contingenti.
Forse ai più non è ancora chiara la gravità della situazione di cui è artefice l’uomo superpredatore, che consuma senza sosta a ritmo inarrestabile e sempre crescente risorse non rigenerabili. Se si procede con incoscienza in questa direzione, potrebbe non essere lontano il collasso vitale della nostra casa comune, l’unico ambiente in cui possiamo vivere.
Mancuso ha ristudiato ciascuna strofa del testo poetico alla luce delle competenze scientifiche odierne e ha riconosciuto nel Cantico un manifesto di ecologia profonda. Racconta nell’ordine i singoli fattori (frate sole, frate vento, sora acqua…) necessari perché la vita possa sorgere e continuare a progredire, così come l’abbiamo conosciuta.
Il Cantico è una procedura sperimentale di tutti i fattori della vita, che devono comparire in un preciso ordine e essere considerati sacri e intoccabili, fondamentali per lo sviluppo e la crescita del mondo vegetale. San Francesco aveva già compreso come ogni singola parte del Pianeta sia essenziale per proteggerne i destini. Gli equilibri di relazione tra i fattori non devono essere modificati dall’uomo: di qui l’appello a preservare gli ecosistemi con cura e rispetto, che permettono che la vita possa funzionare.
Solo l’uso povero delle risorse, che Francesco ordinava con lungimiranza, è la via da intraprendere per far sì che la vita continui a prosperare, con ragionevoli speranze di riuscirci[13].
È tempo di comprendere che stiamo andando incontro a eventi di estinzione di massa di proporzioni catastrofiche e che la deforestazione senza limiti non è compatibile con la sopravvivenza umana sulla Terra.
La terra avrà una vita più lunga del genere umano e noi dobbiamo preservarla per preservare noi stessi, come custodi, che non come padroni del Pianeta. Ricordiamoci che tutti gli animali insieme, uomini compresi, rappresentano soltanto lo 0,3% della biomassa, rispetto all’85% delle piante, che sono le vere protagoniste della vita sulla terra e della sua possibilità di durare nel tempo. Se domani, infatti, le piante dovessero scomparire dalla Terra, la vita dell’uomo durerebbe poche settimane, forse qualche mese, non di più[14].
Lettera d’amore al Pianeta Terra
Samantha Harvey, una delle maggiori autrici in lingua inglese, docente di scrittura creativa alla Bath University, ha regalato ai lettori “Orbital”[15], una specie di lettera d’amore alla bellezza dell’Universo e della Terra, premiato all’unanimità con il Booker Prize 2024.
Nei giorni lenti trascorsi a bordo di una stazione spaziale internazionale sei astronauti di diversa provenienza geografica viaggiano in orbita attorno alla Terra e hanno la possibilità di osservare da lontano il nostro Pianeta, prezioso e precario gioiello sospeso nell’infinito, un vulnerabile paradiso da proteggere e preservare, perché sottoposto a ininterrotte minacce che lo stanno trascinando verso un punto di rottura irreversibile. Dalla stazione spaziale gli astronauti osservano deserti color albicocca, Cuba rosa nella luce del mattino, l’Asia tutta ingioiellata dalle luci notturne, mare verde pallido sfocato e luccicante, sfocata terra color mandarino. E vedono il formarsi di un tifone al largo delle coste filippine, che si ingrandisce sempre di più, investe e spazza con la sua massa bianca di acqua e di vento i villaggi, portando con sé un destino di morte e miseria.
Per un’umanità abituata a guardare tutto ad altezza d’uomo questo cambio di prospettiva è necessario.
[1] M. Bettini, Arrogante umanità. Miti classici e riscaldamento globale, Einaudi, 2025.
[2] Il rimanente terzo del riscaldamento globale è imputabile principalmente a tre categorie di gas serra come metano (estrazione di combustibili fossili, allevamento di bestiame, discariche); ossido di azoto (uso di fertilizzanti in agricoltura e alcuni processi industriali); gas fluorurati (refrigerazione, condizionamento e processi industriali specifici).
[3] Climate inequality report 2025: report di ricerca che analizza il legame tra la crisi climatica e la disuguaglianza di ricchezza, evidenziando come la proprietà dei beni (e non solo il consumo) sia un fattore chiave delle emissioni globali. Il report propone politiche come una tassazione progressiva sui beni ad alta intensità di carbonio e investimenti pubblici per una transizione energetica più equa.
[4] Dati Copernicus 2024.
[5] Cfr. il documento “Cambiamenti climatici 2021: le basi della scienza fisica”.
[6] Matteo Motterlini è Professore Ordinario di Filosofia della scienza presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, dove è direttore del CRESA, Centro di Ricerca di Epistemologia Sperimentale e Applicata, e del Behavior Change Lab per l’analisi biometrica e neuroscientifica.
[7] M. Motterlini, Scongeliamo i cervelli, non i ghiacciai. Perché la nostra mente è il principale ostacolo alla lotta al cambiamento climatico, Solferino, 2025.
[8] Vedi in Economia circolare.com: “Overshoot Day Italia e Terra 2025: quando è e perché è peggiorata così tanto l’impronta ecologica”.
[9] Centro di ricerca leader focalizzato sulla comprensione dell’interazione tra cambiamento climatico e società.
[10] L. Mercalli, Breve storia del clima in Italia. Dall’ultima glaciazione al riscaldamento globale, Einaudi, 2025.
[11] K. Marvel, Nove emozioni. La natura umana di fronte al pianeta che cambia, Bollati Boringhieri, 2025.
[12] Il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV) è stato fondato nel 2005 grazie al finanziamento dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Il LINV fa parte dell’Università di Firenze e ha sede nel campus scientifico di Sesto Fiorentino. Sotto la guida di Stefano Mancuso, giovani studenti, dottorandi e post-doc studiano diversi aspetti del comportamento che coprono elettrofisiologia, fisiologia e biologia cellulare/molecolare.
[13] S. Mancuso, Il cantico della terra, Laterza, 2025.
[14] S. Mancuso, A. Viola, Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, Giunti, 2013.
[15] S. Harvey, Orbital, NNE, 2025. Romanzo vincitore del Booker Prize 2024.



