Dal congresso CISL alle prospettive per il rinnovo contrattuale

Intervista ad Ivana Barbacci, Segretaria Generale CISL Scuola

L’VIII Congresso Nazionale della CISL Scuola si è tenuto a Trieste, presso il Generali Convention Center, dal 10 al 12 giugno 2025, con lo slogan “Diamo forma al futuro”. I temi principali hanno riguardato la valorizzazione della figura docente e del personale tecnico e amministrativo, con la richiesta di maggiori risorse per il rinnovo contrattuale e una riforma della progressione di carriera. Si è discusso a lungo della lotta al precariato, della formazione continua e dell’importanza di una scuola aperta al territorio. È stata ribadita la centralità della scuola per una società inclusiva e innovativa. Al termine dei lavori, Ivana Barbacci è stata riconfermata Segretaria Generale all’unanimità ed è a lei che rivolgiamo alcune domande.

Segretaria Barbacci, che bilancio può trarre dallo svolgimento del vostro VIII Congresso. In che modo il Sindacato che dirige può dare un contributo per il futuro della nostra scuola?

Il Congresso Nazionale è stato un momento di intensa e straordinaria partecipazione: tre giorni di dibattito, facendo sintesi di un percorso durato mesi e che ha coinvolto, a partire dai luoghi di lavoro, l’intera organizzazione nelle sue articolazioni territoriali e regionali.

Tre giorni di dibattito arricchiti da interventi di personalità autorevoli in diversi campi, spaziando dai temi dell’innovazione tecnologica a quelli dell’impegno a promuovere e difendere la dignità della persona, sempre con grande attenzione alle sfide poste dalla complessità del mondo contemporaneo, per l’affermazione di valori che rafforzino la coesione del tessuto sociale e civile. È questo un obiettivo per il quale una scuola pubblica aperta al cambiamento e all’innovazione può dare un contributo decisivo.

Mi piace ricordare, anche per l’intensità delle emozioni suscitate, l’intervento di Gino Cecchettin, capace di reagire alla tragica vicenda vissuta in ambito familiare facendosi promotore di azioni volte a prevenire la violenza di genere e in termini più ampi una cultura di rispetto dei diritti umani. Un messaggio che a pieno titolo si inserisce nel tema congressuale, “Dare forma al futuroâ€, perché il pieno riconoscimento della dignità di ogni persona è una delle forme ineludibili del futuro che vogliamo.

Credo sia sufficiente dare un’occhiata al programma dei lavori per cogliere la ricchezza di spunti offerti dai relatori che si sono avvicendati sul nostro palco. Sul nostro sito è anche disponibile la registrazione integrale dei lavori.

Ma altrettanto importante è stata la riflessione che il congresso ha condotto sullo stato dell’organizzazione, sulla linea politica e sindacale seguita negli ultimi tre anni e sulle coordinate che dovranno orientare l’azione della CISL Scuola nell’immediato futuro. La conferma con voto unanime nel mio incarico di segretaria generale, e insieme a me di tutta la squadra della segreteria uscente, è naturalmente motivo di soddisfazione e di orgoglio, ma soprattutto una grande responsabilità. Guidare il sindacato che raccoglie di gran lunga, in Italia, il maggior numero di iscritti non è compito che si può affrontare con leggerezza: so quello che la gente di scuola si aspetta da noi, ha grandi attese alle quali siamo chiamati a dare risposte concrete e tangibili, non ci potremmo mai permettere di vendere fumo.

Immagino che tra le attese cui fa riferimento ci sia sicuramente anche quella di un più dignitoso livello delle retribuzioni. Se n’è parlato al Congresso?

Sugli insegnanti, ma in generale sul personale scolastico, grava una “questione retributiva†su cui da tempo il sindacato è impegnato nella ricerca di soluzioni che non possono essere né semplici, né immediate. Il rapporto OCSE del 2024 ci dice che un insegnante italiano con 15 anni di carriera guadagna circa 32 mila euro all’anno, quando la media OCSE è di oltre 44 mila euro. Basta questo dato per capire l’entità del problema, che non nasce certo oggi ma si trascina da tempo, attraversando stagioni politiche di ogni colore. Vorrà dire qualcosa se per trovare un contratto fortemente sbilanciato a favore del personale scolastico, con una percentuale di incremento mai più vista nei decenni successivi, bisogna andare indietro di quasi quarant’anni, al contratto del 1988. Aumenti talmente consistenti che la CGIL, considerandolo un cedimento a pulsioni corporative, lo firmò solo dopo un lungo travaglio interno.

In tempi più recenti abbiamo avuto il blocco dei contratti dal 2009 al 2019, seguito da due rinnovi sottoscritti, per la parte economica, da tutti i sindacati rappresentativi. Il primo firmato mentre era in carica il governo Gentiloni, il secondo già con l’attuale Governo.

Ma attualmente a che punto siamo con le trattative per il rinnovo contrattuale del personale della scuola?

La trattativa in corso riguarda il triennio 2022/2024; può contare su una massa di risorse che consente incrementi percentuali di circa il 6%, un po’ più di quanto prevedevano i due contratti precedenti. Poco? Rispetto all’obiettivo di un riallineamento europeo certamente sì, per i numeri che ho ricordato all’inizio. Rispetto ai precedenti rinnovi, direi che siamo in linea e in leggera crescita.

Ci sono margini per avere ulteriori risorse?

Spero di sì, e lavoro per questo, ma non mi illudo, né soprattutto voglio illudere nessuno, sull’entità dei possibili incrementi: chi fa sindacato in modo serio non si può consentire sparate a effetto, mentre ha la responsabilità di ottenere il miglior risultato possibile. È la logica che i maggiori sindacati hanno sempre seguito, e mi auguro che continuino a farlo, anche se purtroppo l’aria che si respira è un po’ diversa.

Come avvenuto per altri comparti pubblici, credo che anche per Istruzione e Ricerca si debba fare il possibile per giungere quanto prima a una firma del contratto, in modo da aprire immediatamente il negoziato per il triennio successivo, già in corso. Mi sento di chiedere alle altre organizzazioni di seguire una logica sindacale, non di altra natura. Non credo che si faccia un favore al Governo se si arriva al rinnovo del contratto, né che gli si faccia un danno non firmandolo: l’unico danno rischiano di averlo lavoratrici e lavoratori, oltre che la credibilità di un sindacato che sacrifica il possibile all’irrealizzabile.

Non pensa che la crisi in atto nei rapporti fra le diverse organizzazioni possa incidere negativamente sull’efficacia dell’azione sindacale? 

Le divisioni che in questa fase attraversano il mondo sindacale sono di tutta evidenza, legate a un modo diverso di intendere ruolo e funzioni del sindacato e soprattutto al rapporto con la politica. Questione antica, alla base di un pluralismo che da sempre caratterizza il panorama sindacale italiano. Faccio però notare che in gran parte delle categorie, dove le questioni affrontate sono più immediatamente vicine a interessi e attese del mondo del lavoro, di fatto proseguono azioni condotte insieme da tutte le principali forze sindacali. La divisione si accentua, e non è un caso, quando l’interlocutore è in qualche modo espressione del potere politico, come nel caso dei contratti pubblici. In questo caso prevalgono atteggiamenti che hanno poco di sindacale, e poco importa che sia l’opposizione politica a dare la linea al sindacato, o che accada esattamente il contrario: in ogni caso si realizza una confusione fra piani che devono rimanere distinti. Il sindacato non è chiamato a dare la fiducia o la sfiducia ai Governi, ha il compito di confrontarsi col Governo che c’è. Non è indifferenza, questa, è autonomia: quella di cui la CISL, fin dalla sua nascita, è sempre stata gelosa, quella stessa autonomia che l’ha vista protagonista di grandi stagioni unitarie, ma anche di decisioni non condivise da altre sigle (basti pensare allo storico accordo sulla scala mobile del 1984); quella che le consente – aggiungo – di non essere mai minimamente condizionata dalle scelte di impegno diretto in politica di tanti suoi ex dirigenti. Queste scelte sono sempre avvenute senza alcun coinvolgimento dell’organizzazione, che non a caso ha regole molto stringenti sull’incompatibilità fra ruoli sindacali e politici, regole che scattano già nella fase della semplice candidatura in politica.  Aggiungo che persino i leader Cisl più prestigiosi hanno talvolta misurato dai risultati delle urne quanto gli iscritti Cisl amino la propria indipendenza. A chi aderisce al nostro sindacato non viene mai chiesto se ha una tessera politica, né gli verrà mai chiesto di prenderne una.  Abbiamo un chiaro orizzonte di valori, nel quale agire con la concretezza che è richiesta al sindacato, che non può mai limitarsi a indicare una meta suggestiva, ma deve fare i passi necessari per raggiungerla. In questo consiste la sua specificità, su questo è chiamato ad assumersi le sue responsabilità.