La Global Education, o Educazione alla Cittadinanza Globale (ECG), è un approccio pedagogico che mira a formare individui consapevoli e attivi nel contesto globale, promuovendo la comprensione delle interconnessioni tra le diverse culture, società e questioni globali. Si concentra sullo sviluppo di competenze, conoscenze e valori che consentono alle persone di agire in modo responsabile e partecipativo per un futuro più equo, sostenibile e pacifico. Partendo dal pensiero di Milena Santerini, ordinaria di Pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, una delle voci più autorevoli in Italia sul tema dell’educazione interculturale, cerchiamo di fare una riflessione sulla cultura della convivenza.
Insegnare in un mondo plurale
“La fase storica attuale è percorsa da grandi trasformazioni di carattere socio-economico e politico determinate da diversi fattori. Tra questi un ruolo di grande rilievo è rivestito da processi di mobilità umana che conducono a un numero sempre elevato di contatti e relazioni tra persone di origine sociale e culturale diversa. È indispensabile, dunque, progettare, predisporre e realizzare percorsi educativi e formativi che siano all’altezza dei problemi del presente per comprendere i processi in atto senza subirli, senza essere travolti ed evitando che possano condurre al cosiddetto scontro di civiltà (Huntington, 2000[1])”.
Le guerre, le enormi disparità nella distribuzione delle risorse, lo squilibrio fra Paesi ricchi e poveri, le nuove forme di colonialismo in atto producono e produrranno, comunque la si pensi, sempre maggiori spostamenti di persone. Il sistema educativo è chiamato in causa direttamente e la pedagogia ha il compito non rinviabile di tracciare “i lineamenti fondanti nell’attuale stagione del pluralismo e della complessità” (M. Fiorucci, 2020[2]).
Da questo scenario si comprende bene come sia indispensabile che la scuola, in prima istanza, costruisca condizioni ottimali per una positiva convivenza tra persone che fanno riferimento a sistemi culturali e valoriali molto differenti. Il che significa predisporre percorsi di natura educativa e formativa finalizzati ad una convivenza costruttiva fra le persone che alcuni autori definiscono come “cultura della convivenza”. Si tratta di attuare processi di integrazione nell’affrontare questioni di carattere globale (ambientali, economiche, politiche e religiose) e che presuppongono due condizioni: cooperare tra soggetti di culture diverse e affrontare i problemi in una prospettiva sovranazionale, partendo proprio da un ripensamento dei modelli educativi e di istruzione, che dovrà tener conto dell’interdipendenza globale oggi esistente tra i Paesi del mondo.
Globalizzazione e localizzazione
Nell’introduzione al suo libro, “Intercultura” del 2003[3] (diventato un classico del genere), Milena Santerini così si esprime sul tema globalizzazione e localizzazione: “Il pluralismo culturale è divenuto una realtà delle società contemporanee. L’insieme dei fenomeni definiti come globalizzazione presenta un volto di mutamenti rapidissimi sotto il profilo economico, tecnologico, politico e, in particolare, pone al centro dell’attenzione la questione culturale, con l’enorme estensione della comunicazione, la mescolanza di stili di vita, l’incontro tra culture differenti a seguito di migrazioni, le ibridazioni di forme musicali, letterarie, artistiche… La globalizzazione impone la consapevolezza che le culture sono miste, caratterizzate da continuità e discontinuità, intrecciate le une nelle altre, sottoposte nella loro storia a varie influenze, dovute a scambi, commerci, guerre, migrazioni.
L’aspetto più rilevante è che la globalizzazione dei fenomeni in atto ci porta da un lato ad una nuova circolazione delle persone e della comunicazione, a nuove forme di vicinanza e di convivenza, dall’altro al riprodursi di allarmanti particolarismi e fondamentalismi e a un continuo processo di omologazione culturale e di omogeneizzazione delle diversità, con la conseguente dissoluzione delle differenze.
Identità e alterità
La dimensione globale e la dimensione locale sono due facce della stessa medaglia: un rapporto che pone al centro l’uomo e la sua umanità e la realizzazione dei suoi diritti civili, culturali, economici, politici e sociali. Lo sviluppo integrale delle singole persone e di tutti i popoli significa riconoscere le diverse istanze identitarie, favorire il dialogo interculturale e interreligioso e costruire la coesione sociale. Lo sviluppo umano si basa sulla valorizzazione delle diversità culturali: la protezione della diversità è inseparabile da quella dell’universalità garantita dai diritti dell’uomo, in particolare dai diritti culturali, che permettono di pensare e valorizzare la diversità attraverso l’universalità e viceversa.
Per questo motivo, per evitare il rischio di dissoluzione culturale, ogni identità deve essere mantenuta e difesa, senza scivolare nel “provincialismo culturale”, o peggio, quello di cadere nell’assolutizzazione culturale chiusa ad ogni alterità: identità e alterità possono coesistere attraverso il confronto e il dialogo tra le molteplici culture di soggetti disponibili, che attraverso l’incontro, la relazione interpersonale possano costruire, insieme, l’umanità nella diversità.
L’educazione interculturale
Questa tendenza ci dice che l’interculturalità, da intendere come condizione dinamica di contatto, scambio e interdipendenza tra gruppi etnici differenti, appare come il modo d’essere dell’uomo di oggi e sempre più dell’uomo di domani. A partire da questi principi, l’educazione che sa promuovere la capacità di gestire le diversità, è quella che ci rende capaci di dialogare. A livello scolastico l’educazione interculturale diventa un progetto, una messa in prospettiva della vita della scuola, perché nulla è neutro nell’organizzazione scolastica. Partendo da questa prospettiva, diventa importante rivedere metodi e contenuti. L’educazione interculturale non si riduce, infatti, ad una maggiore conoscenza dell’altro e non si pratica moltiplicando informazioni descrittive e normative, neanche solo con una migliore conoscenza delle culture dei Paesi di origine degli immigrati, ma è soprattutto un’educazione alla relazione, al rapporto e all’interazione di tutti gli attori della comunità educativa. La scuola quindi, aiutando ciascuno a rafforzare le proprie radici, educa all’appartenenza alla comunità mondiale: ogni studente impara a sentirsi non solo cittadino nazionale, ma membro della comunità intera. Da qui l’educazione ai valori, al rapporto, alla fiducia fra minoranze e maggioranza, fra i popoli d’Europa e quelli di altri continenti per un riconoscimento e un’accettazione reciproci. A queste condizioni la scuola e l’educazione diventeranno contemporaneamente più internazionali e più locali (Stefania Gandolfi, 2008)[4].
Cultura e culture
Globalizzazione e conoscenza chiamano in gioco i concetti di “cultura” e “culture”. La pedagogia interculturale si ridisegna intorno ad una visione soggettiva e personalistica, basata su una concezione dinamica di identità al plurale, che, pur posta sulle fondamenta dell’appartenenza storico-culturale, muta e si sviluppa in relazione all’altro. Il confronto in prospettiva personalistica non avviene tra culture, ma tra persone di diverse identità culturali, che si esprimono attraverso forme diverse, senza che vi siano tra esse gerarchizzazioni di sorta, dove ognuna ha una propria specificità e originalità. In un certo senso, sostiene Milena Santerini, non è più pensabile che le culture siano legate ad un certo spazio geografico; da sempre le culture si sono intrecciate le une alle altre, sono state sottoposte a varie influenze, dovute a scambi e commerci, guerre e migrazioni; anzi la globalizzazione ci ha fatto scoprire che non ci sono culture “pure” ma solo “miste”, caratterizzate da continuità e discontinuità; non esistono culture compatte ed omogenee, legate ad un territorio, ma esse sono attraversate da scambi e incroci. Le comunicazioni di massa, Internet, le rapidissime evoluzioni tecnologiche finiscono con il costituire una sorta di linguaggio trasversale che interseca culture molto differenti, mettendole in rapporto tra loro.
Una visione diversa è quella di Lanfranco Rosati che nel testo “Cultura e Culture”[5], così si esprime: “Appare oggi improprio parlare di culture al plurale, a meno che non ci si collochi sul piano puramente descrittivo, comunque socio-antropologico, e quindi di pluralità delle culture o di multiculturalità con tutte le varianti letterarie e pseudo letterarie del caso, ma sia legittimo parlare e sostenere l’universalità della cultura, che è una ed una soltanto, pur emergendo le differenziazioni nelle forme attraverso le quali essa si dà, che sono la lingua, la scienza, la storia, l’arte e la religione, cioè le forme culturali sulle quali è possibile costruire un modello didattico – quello della cultura – che sgombra il campo dagli equivoci e che può fornire il terreno comune sul quale popoli, razze, civiltà differenti si misurano e progrediscono. (…) Difatti tra le forme della cultura umana, quantunque esse siano differenziate da luogo a luogo e da connotazioni antropologiche, c’è un dato che le unifica e le consolida: è il fatto di essere, come dichiara la loro genesi, un dato esclusivamente umano”. Per questo il tratto caratteristico della cultura è la sua humanitas, che è una, dinamica, sviluppativa, capace di alimentarsi ad ogni istante e tuttavia esposta ad essere compresa, apprezzata e migliorata. Pertanto se la cultura è una, restano le differenze che sono, secondo il Nostro un elemento di valore.
Dalla educazione interculturale alla Global Education
Ci sono molteplici definizioni per spiegare i due concetti.
- L’educazione interculturale è “l’educazione di tutti alla diversità, allo scambio, all’apertura, alla reciprocità, al riconoscimento dei valori, delle culture, delle rappresentazioni simboliche, dei modi di vita ai quali si riferiscono tutti gli esseri umani nelle loro relazioni con gli altri (Antonio Perotti, 1987).
- L’Educazione globale o Global Education è un approccio educativo che mira a formare cittadini consapevoli delle sfide globali e capaci di agire responsabilmente per un futuro sostenibile e giusto, si basa principalmente sullo studio di argomenti a livello mondiale scavalcando le frontiere e i vantaggi economici dei singoli Stati, nell’interesse del genere umano.
L’educazione interculturale e la Global Education sono due approcci educativi distinti, sebbene entrambi mirino a sviluppare una comprensione più ampia del mondo. In particolare gli aspetti chiave di cui si interessa l’educazione globale sono:
- La cittadinanza globale
- La consapevolezza dei problemi globali
- L’interculturalità e il dialogo
- La sostenibilità
- La partecipazione attiva.
La Global Education e i problemi di oggi
La scelta dei contenuti comuni e globali nell’educazione, come la storia, le scienze sociali, l’economia, la politica, l’arte nelle sue varie espressioni, i linguaggi costituiscono il terreno privilegiato della ricerca progettuale della Global Education. Le metodologie privilegiate sono quelle attive e coinvolgenti: insegnamento cooperativo, scambio di esperienze tra alunni di Paesi e culture diverse, strategie di negoziazione e mediazione. L’obiettivo è quello di costruire una palestra per imparare a risolvere pacificamente i problemi e le controversie, a rispettare i diritti umani e le diversità, a vivere l’inclusione e una vita dignitosa.
L’educazione globale si caratterizza, quindi, come “laboratorio permanente” in cui dalla ricerca-azione e dalla sperimentazione possono essere individuate prospettive di soluzioni ai molteplici problemi di livello mondiale.
Molte sono le esperienze internazionali e le iniziative svolte dagli studenti dei vari Paesi in questi ultimi anni, supportati anche da organismi internazionali come l’Unesco che ha promosso sin dal 2012 l’educazione alla cittadinanza globale tra le priorità educative, delineando strategie comuni per rafforzare il ruolo dell’educazione globale nei prossimi decenni.
Il cuore della Global Education è quello di contribuire ad un nuovo umanesimo, una rinascita etica fondata sulla fratellanza e sulla solidarietà; è un valore fondamentale per una cittadinanza globale e sostenibile. Oggi, purtroppo, la situazione mondiale è dominata dai nazionalismi, da una crescente enfasi sul protezionismo economico e da guerre. Sono tendenze che pongono nuove domande sul ruolo dell’educazione e mettono in crisi le spinte alla coesione sociale, al dialogo e alla comprensione reciproca.
La Global Education in prospettiva interculturale non ha, quindi, un compito facile. Ciò non toglie che bisogna continuare a sperimentare percorsi didattici nuovi e trasversali e che i docenti devono continuare a confrontarsi e a riflettere sulle pratiche di lavoro proprio per affrontare i problemi del presente.
[1] Nel 2000, Samuel P. Huntington ha pubblicato la sua opera più nota, “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale”, tradotta in italiano da Sergio Minucci e pubblicata da Garzanti. Il libro esplora le dinamiche geopolitiche post-Guerra Fredda, ipotizzando che il conflitto principale non sarebbe più ideologico, ma culturale, basato su “civiltà” distinte.
[2] M. Fiorucci, Educazione, formazione e pedagogia in prospettiva interculturale, Franco Angeli, 2020.
[3] M. Santerini, Intercultura, EditriceLa scuola, 2003.
[4] S. Gandolfi, Volere volare. Giovani e occasioni di cittadinanza, Clueb, 2008.
[5] L. Rosati, Cultura e culture, Morlacchi editore, 2024.