Orientarsi da adulti

Un diritto, una sfida, un compito educativo – Epale Journal

Sull’apprendimento permanente e l’orientamento nella societĂ  complessa, possiamo trarre degli spunti interessanti dalla lettura dell’Epale Journal, una rivista che si occupa di istruzione e formazione degli adulti ed è curata dall’INDIRE e dalla RUIAP (Rete universitaria italiana per l’apprendimento permanente). È particolarmente interessante il numero17, giugno 2025: “I futuri dell’istruzione degli adulti”. Si tratta di un numero dedicato ad analizzare le sfide e le opportunitĂ  dell’educazione e dell’istruzione degli adulti nel contesto attuale e futuro. Gli articoli e i contributi esplorano teorie, ricerche, metodi e strumenti per lo sviluppo dell’educazione degli adulti in una prospettiva di apprendimento permanente e di inclusione formativa.

Un’educazione che orienta nella complessità

Viviamo in una società che cambia rapidamente, in cui anche l’adulto è chiamato a imparare, ripensarsi, riprogettarsi. Le disuguaglianze educative, il divario digitale, la precarietà lavorativa, le sfide migratorie impongono oggi una riflessione sul significato di “orientare” lungo tutto l’arco della vita. Questo contributo, riprendendo le suggestioni e le informazioni della rivista dell’INDIRE, vuole mettere in luce il valore strategico dell’educazione degli adulti come dispositivo di orientamento permanente, intrecciando cornici pedagogiche e pratiche trasformative. In particolare, si riflette sul ruolo dei CPIA a dieci anni dalla riforma, sull’urgenza di una visione pedagogica integrata e sul senso profondo dell’orientare come processo educativo.

Nel contesto odierno, non è più possibile pensare alla conoscenza come ad un pacchetto di saperi acquisiti e statici. Il soggetto adulto si trova spesso a dover rimettere in discussione scelte passate, riadattarsi a nuovi contesti, apprendere in condizioni non lineari. Questo rende necessario un ripensamento del rapporto tra soggetto e conoscenza, in cui l’educazione permanente diventa lo spazio privilegiato di ri-orientamento continuo.

Tre forme di apprendimento permanente

La pedagogia contemporanea propone di leggere questo processo nelle sue tre dimensioni fondamentali:

  • Lifelong: apprendere lungo tutto l’arco della vita. L’apprendimento non ha piĂš una “stagione” chiusa, ma si estende in ogni fase, richiedendo dispositivi educativi flessibili, accessibili, riattivabili.
  • Lifewide: apprendere in tutti gli spazi della vita. Non solo scuola o formazione formale, ma anche lavoro, famiglia, relazioni, cittadinanza, volontariato: ogni contesto diventa potenzialmente educativo e orientativo.
  • Lifedeep: apprendere in profonditĂ , dando senso e coerenza alla propria esperienza. Non basta acquisire abilitĂ . Occorre integrare conoscenze, emozioni, valori, identitĂ , in un processo di crescita personale.

In questa prospettiva, ogni esperienza formativa in età adulta non è mai neutra o puramente strumentale, ma diventa un’occasione orientativa, in cui il soggetto è chiamato a rileggere il proprio passato, interrogarsi sul presente, immaginare il futuro. L’orientamento, quindi, non si limita a supportare la scelta, ma educa a scegliere, sostenendo la persona nel ricostruire la propria narrazione, riconoscere le proprie risorse e ritrovare direzione nei momenti di transizione.

È in questo spazio di profondità e pluralità che l’educazione degli adulti si fa cura della soggettività, accompagnamento generativo, dispositivo politico e pedagogico insieme.

I CPIA come luoghi di orientamento integrale

La riforma del 2015 ha trasformato i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) in una rete nazionale strutturata, capace di offrire percorsi modulari e personalizzati. Ma, come si può leggere nell’Epale Journal (n. 17/ giugno 2025), i CPIA non sono semplici erogatori di corsi: sono luoghi educativi dove si intrecciano accoglienza, orientamento, costruzione identitaria e inclusione sociale.

In un mondo in cui le biografie adulte sono sempre piÚ frammentate, i CPIA si pongono come spazi di riconoscimento e ripartenza, in cui ogni persona può rielaborare il proprio percorso e tornare a sentirsi parte attiva della comunità. La costruzione del patto formativo individuale non è solo uno strumento tecnico, ma un atto simbolico: riconosce il soggetto come titolare di una storia, di bisogni specifici e di potenzialità da sviluppare.

  • L’approccio modulare consente flessibilitĂ  e rispetto dei tempi individuali;
  • l’orientamento iniziale e in itinere diventa un elemento costitutivo del processo educativo;
  • la didattica per competenze si apre al riconoscimento delle esperienze pregresse, anche informali o non certificate.

In tutto questo, emerge con forza la dimensione relazionale ed etica dell’orientamento, che non si limita a “indirizzare”, ma sostiene la persona nel dare forma e valore al proprio progetto di vita.

L’orientamento come diritto e come processo

Particolarmente significativo è il lavoro dei CPIA con adulti in condizione di vulnerabilità o discontinuità formativa: migranti, ex detenuti, disoccupati di lunga durata, persone senza titolo di studio. In questi casi, l’educazione agisce anche come pratica di emancipazione e restituzione di agency. Ritrovare il senso di poter imparare, scegliere, partecipare significa riappropriarsi di un’identità attiva, spezzando circoli di esclusione. Così intesi, i CPIA non sono soltanto luoghi di istruzione, ma laboratori di orientamento alla cittadinanza, in cui la cultura dell’apprendimento permanente si traduce in azione educativa concreta, pubblica e inclusiva.

In tal senso, l’orientamento non può essere concepito come un servizio accessorio da attivare “su richiesta” o in momenti di crisi. L’orientamento troppo spesso è stato relegato a un servizio di supporto o a una misura emergenziale nei momenti di crisi (scelte scolastiche, reinserimento lavorativo, transizioni obbligate); ora deve essere ripensato radicalmente come un processo continuo, strutturale, educativo, da garantire a tutte le persone in tutte le fasi della vita.

Per queste ragioni non si può ridurre solo all’erogazione di strumenti, informazioni o test attitudinali. L’orientamento è un’azione pedagogica profonda che mira ad accompagnare ogni soggetto nel proprio “divenire”, nella costruzione di significato, nella capacità di scegliere in modo consapevole e responsabile. Significa aiutare le persone a porsi domande, a dare senso alle esperienze, a riconoscere le proprie risorse e i propri limiti, ad abitare le incertezze con consapevolezza.

Orientare non è intervenire: è educare alla libertà

Questa prospettiva richiama il concetto di cura educativa: orientare significa prendersi cura della persona nella sua interezza, non solo rispetto ai suoi obiettivi professionali, ma rispetto al suo progetto di vita. In questo senso, l’orientamento è un diritto educativo e sociale: non un lusso per chi può permetterselo, ma una condizione di giustizia e di libertà di scelta.

Affinché l’orientamento possa avere questa funzione trasformativa, sono necessari sicuramente: tempo, ascolto, continuità, e soprattutto competenza pedagogica. Ma non bastano. Occorre sostenere il soggetto nel processo di autocomprensione e autodeterminazione. È in questa visione che l’orientamento cessa di essere un “servizio” per diventare una funzione educativa essenziale, cuore pulsante di ogni progetto formativo realmente inclusivo e generativo. L’educazione degli adulti rischia oggi, come sottolinea Gabriella Aleandri nel suo contributo[1], di essere schiacciata su logiche funzionalistiche e prestazionali: corsi finalizzati all’occupabilità immediata, alla riqualificazione tecnica, all’adeguamento alle richieste del mercato. Sebbene queste dimensioni siano importanti, non possono esaurire il senso dell’educazione. Quando l’intervento formativo si riduce a “trasferimento di competenze utili”, perde la sua capacità trasformativa e smette di rispondere ai reali bisogni delle persone.

Il ruolo della pedagogia

Per questo è urgente un rinnovato investimento nella dimensione pedagogica dell’educazione in età adulta. Serve una pedagogia che riconosca la complessità del soggetto, la ricchezza delle sue esperienze, la profondità delle sue transizioni. Una pedagogia che non cerchi solo di “collocare” la persona, ma che la accompagni a costruire il proprio progetto di vita, a riappropriarsi della propria voce, a immaginarsi nel futuro.

In questa prospettiva, l’orientamento non è un servizio accessorio, ma un dispositivo formativo in sé: attiva competenze di autonomia, riflessività, narrazione, decisione. Favorisce la consapevolezza delle proprie risorse, delle proprie aspirazioni, dei propri limiti. È capace di generare cambiamenti non solo individuali, ma anche collettivi: una persona che si orienta è una persona che partecipa, che contribuisce alla propria comunità, che prende posizione nel mondo.

Una formazione autenticamente pedagogica è quella che si fonda sull’ascolto, sul riconoscimento, sulla fiducia nel potenziale trasformativo dell’altro. Non si limita a dare strumenti, ma coltiva orizzonti. In tal senso, investire nella pedagogia non è un lusso teorico: è una condizione necessaria per rendere l’educazione degli adulti uno spazio di libertà, di riscatto e di futuro condiviso.

Orientamento come bene comune

L’orientamento permanente non può più essere considerato una funzione settoriale, delegata solo ai CPIA, alle scuole o alle agenzie per il lavoro. Serve oggi una governance multilivello e interistituzionale, capace di coinvolgere una pluralità di attori e di costruire un sistema coeso, integrato e accessibile. L’orientamento deve diventare un bene comune educativo, sostenuto da una rete stabile tra scuola, lavoro, servizi sociali e sanitari, università, terzo settore, enti locali e soggetti della cittadinanza attiva.

Questo significa superare l’approccio frammentato e episodico, ancora troppo diffuso, e promuovere azioni coordinate che rispondano ai bisogni educativi, formativi, occupazionali e relazionali delle persone in ogni fase della vita. La costruzione di reti educative territoriali non è solo un’opzione organizzativa, ma un presupposto per rendere l’orientamento una pratica ordinaria di cittadinanza e non una misura straordinaria per chi “è rimasto indietro”.

A ciò si aggiunge la necessità di formare figure professionali capaci di esercitare funzioni orientative con competenza pedagogica, culturale e relazionale. Non bastano operatori tecnici o informatori: occorrono educatori dell’orientamento, in grado di accompagnare le persone nei processi di autocomprensione e riprogettazione.

Infine, promuovere una cultura diffusa dell’apprendimento permanente significa anche investire nella comunicazione pubblica, nella consapevolezza collettiva, nella valorizzazione di buone pratiche. Solo così l’orientamento può diventare diritto effettivo e accessibile, riconosciuto e garantito a tutte e tutti, non come riparazione di un deficit, ma come condizione di cittadinanza attiva e dignitosa in una società che cambia.

In sintesi: educare a scegliere, orientare a vivere

I contributi di diversi studiosi nel n. 17 dell’Epale Journal ci restituiscono un’immagine chiara e profonda dell’orientamento come pratica educativa fondamentale.

In un mondo instabile e diseguale, orientarsi non significa solo trovare un lavoro o un corso, ma dare senso al proprio percorso di vita. L’educazione degli adulti, se accompagnata da una visione pedagogica forte e da politiche inclusive, può diventare il luogo in cui si impara a scegliere, a cambiare, a ricominciare.

È questo l’orizzonte dell’orientamento permanente: non una funzione strumentale, ma un processo di emancipazione.


[1] G. Aleandri, L’educazione degli adulti nel paradigma dell’educazione permanente dieci anni dopo l’avvio dei Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), in Epale Journal n. 17, giugno 2025.