Orientamento

Tra promozione dell’eccellenza e lotta alla dispersione

È tempo di iscrizioni. Come ogni anno, le scuole superiori aprono le porte per presentare la propria offerta formativa, mentre studenti e famiglie provano a individuare il percorso più adeguato. Eppure, nonostante l’impegno profuso negli open day e in tutte le iniziative informative, quasi un giovane su dieci – il 9,8%[1] – abbandona precocemente la scuola, prima di aver conseguito un titolo di studio di scuola secondaria superiore. È un dato in miglioramento, certo, ma sufficiente a collocarci tra i cinque Paesi europei con la maggiore dispersione scolastica. E in questa percentuale ci sono migliaia di ragazzi che rinunciano a opportunità essenziali: è noto infatti quanto elevati livelli di istruzione siano correlati a migliori possibilità lavorative, a una partecipazione più attiva alla vita civile e, non da ultimo, a una salute e a un benessere complessivo migliori[2].

Divari territoriali e sociali

A pesare sono anche i divari territoriali e sociali: nel Mezzogiorno la dispersione sfiora il 15%, mentre tra gli studenti nati all’estero supera il 20%. A ciò si aggiunge un fenomeno altrettanto preoccupante, quello della dispersione implicita: studenti che arrivano al diploma ma con competenze in italiano, matematica e inglese insufficienti per affrontare con sicurezza il futuro.

Non sorprende dunque che il Consiglio dell’Unione europea, nell’ambito del semestre europeo 2025, abbia rivolto all’Italia una raccomandazione esplicita: “migliorare i risultati nell’istruzione, con particolare attenzione agli studenti svantaggiati, anche rafforzando le competenze di baseâ€[3].

Politica e istituzioni sono dunque oggi chiamate a fronteggiare una duplice sfida: la dispersione esplicita, ossia la riduzione degli abbandoni scolastici, e la dispersione implicita, ovvero il mancato raggiungimento di competenze di base solide anche tra chi la scuola la conclude.

Le difficoltà emergono con chiarezza soprattutto alle superiori, ma gli interventi non possono che iniziare fin dai primi anni di vita scolastica. Il divario con altri Paesi europei, infatti, si amplifica proprio lungo il percorso della scuola secondaria, come se qualcosa — dopo la primaria — faticasse a funzionare come dovrebbe.

Orientamento come leva strategica

Negli ultimi anni si è molto insistito sull’orientamento come leva strategica per ridurre la dispersione. Il DM 328/2022 lo definisce come un processo che accompagna gli studenti nella conoscenza di sé, del contesto e delle opportunità, aiutandoli a maturare competenze utili a definire un progetto di vita autentico[4].

Va inoltre sottolineato che il recente decreto-legge 9 settembre 2025, n. 127, convertito con modificazioni con la Legge 30 ottobre 2025, n. 164, recante Misure urgenti per la riforma dell’esame di Stato del secondo ciclo di istruzione e per il regolare avvio dell’anno scolastico 2025/2026, ha introdotto modifiche anche in tema di orientamento. Infatti, i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO, secondo la denominazione data dall’art. 1, comma 785, della Legge 30 dicembre 2018 n. 145, legge di bilancio 2019), assumono ora la nuova denominazione di “attività di formazione scuola-lavoroâ€, molto simile alla precedente denominazione di “attività di alternanza scuola-lavoro†previgente ai PCTO; se non altro, l’ultima denominazione presenta il pregio della sinteticità. Questa modifica viene giustificata per ribadire l’importanza del ruolo della scuola nell’orientare al mondo del lavoro e delle professioni, che appare uno dei punti di maggiore attenzione dell’attuale politica scolastica del Governo.

Lavoro e formazione del cittadino

Occorre però stare attenti a non creare forme di sudditanza della scuola rispetto al mondo economico e produttivo, come se lo scopo principale della scuola dovesse essere quello di preparare i giovani al lavoro. In realtà, come sottolinea la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, in un documento del 3 giugno 2020, “il sistema scolastico deve contribuire non solo a promuovere un migliore inserimento nel mondo del lavoro, ma soprattutto a formare cittadini in grado di sviluppare pensiero critico e comprensione della realtà in cui vivono. Cittadini che si muovono in una dimensione sociale solidale all’interno del più ampio contesto naturale di cui siamo espressioneâ€[5].

Funzione orientativa dell’esame di Stato?

Il già citato DL 127/2025, assegna una funzione orientativa anche all’esame di “maturità†(come ora è stato ridenominato l’esame di Stato[6]), finalizzato a sostenere scelte consapevoli riguardo al proseguimento degli studi o all’inserimento nel mondo del lavoro e delle professioni. In verità, come abbiamo prima sostenuto, la funzione orientativa viene esplicata dall’intero corso di studi seguito dallo studente più che dall’esame di maturità in sé. Infatti, il percorso dello studente prevede l’introduzione di insegnamenti opzionali, di cui all’art. 1, c. 28 della Legge 107/2015, utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità, anche a questo scopo. Tali insegnamenti vengono inseriti nel curriculum dello studente unitamente a tutti i dati utili anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro (percorso degli studi, competenze acquisite, eventuali scelte di insegnamenti opzionali, esperienze formative di scuola-lavoro, attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico). In altre parole, poiché l’esame di maturità costituisce l’atto finale del percorso di studi secondari dello studente, rispetto all’orientamento i giochi sono già fatti o comunque appare difficile pensare che possano essere radicalmente ribaltati.

Orientamento precoce e strutturato?

In altre parole, l’orientamento non va considerato come un evento, ma un percorso lungo, che coinvolge tutti gli ordini di scuola. Il talento, presente in ogni ragazzo e ragazza – se non riconosciuto e “allenato†– rischia di spegnersi. Ecco perché la scuola secondaria di primo grado deve offrire agli alunni esperienze diversificate, anche extra-scolastiche, che permettano di esplorare attitudini e interessi reali. Ridurre, però, tutto ai due anni che precedono l’iscrizione alle superiori significa sottovalutare la complessità del problema e, in definitiva, arrivare tardi.

C’è chi propone un orientamento precoce e strutturato, con scelte rigide già nella fascia equivalente alla nostra scuola “mediaâ€. La Germania[7], ad esempio, incanala gli studenti in percorsi differenziati molto prima di noi. Tuttavia i dati mostrano come questa scelta non si traduca automaticamente in una minore dispersione. Anzi, il sistema tedesco presenta tassi di abbandono addirittura superiori a quelli italiani, segno che anticipare le scelte non garantisce migliori esiti.

Dunque, la domanda che attraversa le scuole superiori è sempre la stessa: come aumentare le competenze di base e, allo stesso tempo, prevenire gli abbandoni? L’eccellenza può convivere con l’inclusione?

Il biennio comune nelle scuole secondarie di secondo grado dovrebbe consentire scelte più consapevoli e favorire la possibilità di cambiare indirizzo in caso di necessità. Ma la realtà è spesso più complessa: classi sature, difficoltà ad accogliere nuove iscrizioni, soprattutto nei tecnici e nei professionali, e un recupero di competenze specifiche lasciato quasi interamente alle famiglie quando si sceglie di riorientarsi.

Potenziare la didattica orientativa

A ciò si aggiunge un dilemma pedagogico che riguarda tanto le scuole quanto le famiglie (e ovviamente anche gli studenti e le studentesse): è meglio intervenire subito, segnalando un possibile mismatch tra attitudini e percorso scelto, oppure attendere la fine del biennio, concedendo tempo per maturare e recuperare eventuali lacune? Non esistono risposte valide per tutti. Ma ciò che preoccupa è l’assenza di una cornice condivisa: troppe differenze tra scuole e tra docenti rischiano di generare ulteriori disuguaglianze.

La personalizzazione — prevista sin dalla legge 53/2003 — non può diventare arbitrarietà. Serve un terreno comune. La scuola di oggi deve essere inclusiva, ma allo stesso tempo capace di valorizzare i talenti, accompagnando gli studenti, senza giudicarli e senza farli sentire “sbagliatiâ€. In questo quadro, l’orientamento e la didattica orientativa devono essere potenziati, sfruttando anche le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale. Nessun percorso deve essere considerato “di serie Bâ€: tutti possono essere ricchi di prospettive se affrontati con impegno, consapevolezza e — perché no — quella leggerezza che nell’adolescenza è ancora necessaria.

Non esistono ricette magiche, ma è certo che un clima scolastico empatico e supportivo migliora l’apprendimento. Il vero rischio da evitare infatti resta sempre la dispersione. Le scuole migliori, allora, non sono quelle che “trattengono†a ogni costo, né quelle che “allontanano†gli studenti in difficoltà. Sono piuttosto quelle che sanno accompagnare ogni ragazzo/a verso il percorso più adatto alle proprie attitudini e aspirazioni.

Perché — interpretando in chiave attuale il pensiero di Don Milani — ogni studente perso non è solo una sconfitta individuale, ma un’opportunità rubata alla società intera.


[1] Dati Eurostat 2024. Pacchetto di strumenti per il Monitoraggio – Italia.

[2] Sole24ore, “In Italia pochi laureati (ma con la laurea si migliorano occupazione e salario).

[3] Dati Eurostat 2024. Pacchetto di strumenti per il Monitoraggio – Italia.

[4] Linee guida per l’orientamento.

[5] Commissione nazionale italiana per l’UNESCO, “Il ruolo dell’educazione per il rilancio sociale ed economico italianoâ€.

[6] L’articolo 1, comma 2 del D.L. 127/2025 stabilisce: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la denominazione «Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione», ovunque ricorra, è sostituita dalla seguente: «esame di maturità».

[7] Evidence in Education and Skills. Germania. Education and Training Monitor 2025.