Secondo la Country note OCSE[1] di settembre 2025, l’Italia destina all’istruzione meno dell’8% della spesa pubblica totale, a fronte di una media OCSE dell’11%. Questo divario rispetto agli standard internazionali evidenzia l’urgenza di riforme strutturali e conferma come il settore educativo debba rappresentare una priorità assoluta nell’agenda politica e negli investimenti globali
Più che un semplice servizio sociale, l’educazione rappresenta oggi l’architrave dello sviluppo sostenibile e della prosperità economica globale: l’impegno per un’istruzione di qualità per tutti si è consolidato nel panorama politico e finanziario internazionale come una priorità globale imprescindibile. Questa convergenza di intenti tra governi, organismi sovranazionali e settore privato sottolinea un’unica inequivocabile verità: investire nell’apprendimento è investire nel futuro delle società. L’istruzione di qualità, creando una forza-lavoro qualificata e adattabile, contribuisce alla prosperità economica complessiva del paese: offrendo opportunità a tutti, riduce le diseguaglianze sociali ed economiche, promuove la partecipazione civica, la tolleranza e la stabilità politica, oltre all’avanzamento scientifico e tecnologico. È un investimento strategico che genera un ritorno economico e sociale esponenziale, è la base su cui si costruisce il destino delle collettività.
Cabina di monitoraggio della sostenibilità
A fronte di investimenti globali ancora insufficienti e della rinnovata urgenza di garantire un’istruzione di qualità, il Ministro dell’istruzione e del merito assumerà un ruolo centrale nell’attuazione dell’Obiettivo 4 dell’Agenda 2030. Da gennaio 2026, entrerà infatti a far parte dell’High-Level Steering Committee (HLSC), l’organismo di vertice incaricato di coordinare e monitorare il raggiungimento dei traguardi educativi su scala mondiale.
L’High-Level Steering Committee (HLSC) si configura come il vertice strategico della governance educativa globale, agendo attraverso una struttura istituzionale composta da 28 seggi permanenti. La sua forza risiede in un equilibrio rigoroso tra rappresentanza politica territoriale e competenza tecnica internazionale. Il comitato articola la propria azione su due pilastri fondamentali:
- rappresentanza degli Stati membri. I ministri dell’Istruzione partecipano ai lavori seguendo un principio di rotazione periodica. Tale meccanismo garantisce che la voce delle cinque regioni elettorali dell’UNESCO – Africa, Asia e Pacifico, Europa e Nord America, America Latina e Caraibi, Stati Arabi – sia equamente integrata nei processi decisionali.
- composizione tecnica e interistituzionale. A questa componente variabile si affianca la presenza costante delle principali autorità mondiali nel settore. I direttori generali e i vertici di organizzazioni quali l’UNESCO, l’OCSE, la Global Partnership for Education e la Banca Mondiale detengono un mandato fisso, garantendo continuità e coerenza alle politiche di lungo periodo.
Attraverso questa configurazione, l’HLSC non si limita a coordinare gli sforzi internazionali, ma funge da punto di convergenza tra le istanze nazionali dei singoli governi e le strategie globali delle agenzie sovranazionali. Questa sinergia permette di trasformare gli impegni politici in azioni concrete e misurabili su scala mondiale.
L’Italia in prima fila
A questo tavolo, in cui si definiscono le strategie globali per l’educazione, l’Italia si inserirà nel gruppo Europa e Nord America per condividere buone pratiche e coordinare interventi volti a ridurre le diseguaglianze, affrontare efficacemente la sfida delle competenze lavorative e promuovere una reale mobilità sociale.
La nomina del Ministro Valditara, di durata biennale, riveste una certa importanza per il nostro Paese. Il Ministro, incaricato di rappresentare congiuntamente l’intero gruppo degli stati di Europa occidentale e Stati uniti, è stato designato co-presidente unitamente al ministro della Finlandia, riconosciuta come uno dei paesi con il sistema educativo più performante e avanzato al mondo. La scelta della collegialità, oltre a ottimizzare il carico di lavoro, permette di rappresentare le diverse sfaccettature di un gruppo regionale che unisce economie avanzate e realtà in via di sviluppo. La partecipazione del Ministro Valditara risulta quindi strategica: da un lato consente di influenzare le priorità globali del prossimo biennio; dall’altro, offre l’occasione per promuovere il binomio ‘merito e inclusione’ cardine delle nostre riforme, con l’obiettivo di allineare gli investimenti nazionali ai più elevati standard di eccellenza mondiale.
Il divario di spesa tra Italia e media OCSE non è solo una cifra, ma il riflesso di sfide strutturali che devono ancora essere affrontate.
- L’Italia ha uno dei corpi docenti più anziani d’EUROPA, è questo è un fattore che richiede un intervento mirato sul ricambio generazionale, sulla formazione continua e l’aggiornamento professionale.
- Il nostro Paese ha difficoltà a garantire un accesso equo all’istruzione, soprattutto nel mezzogiorno, e questo resta un nodo critico che impatta direttamente sulla capacità del paese di formare una forza-lavoro qualificata.
- La modernizzazione delle strutture scolastiche e l’accelerazione della transizione digitale necessitano di maggiori e più rapidi investimenti.
Il successo dell’Italia dipenderà dalla capacità di trasformare l’influenza internazionale, che il Ministro potrà acquisire in sede HLSC, in risultati concreti per il Paese. Il suo ruolo sarà duplice: rappresentare un’autorità globale all’interno dell’HLSC e, parallelamente, tradurre le visioni internazionali in riforme nazionali profonde e risolutive.
Istruzione di qualità: sfide e impegni globali
La finalità dell’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 – garantire un’istruzione di qualità equa e inclusiva per tutte le persone – si scontra con una serie di problemi globali complessi e persistenti, che costituiscono il fulcro della riflessione dell’High-Level Steering Committee.
La prima difficoltà, la più significativa, non si limita a garantire la semplice frequenza scolastica; è essenziale assicurare a tutti gli studenti l’effettiva acquisizione delle competenze fondamentali. È un dato allarmante che milioni di bambini e adolescenti nel mondo, pur frequentando la scuola, non raggiungano un livello minimo di alfabetizzazione linguistica e calcolo al termine della primaria e secondaria inferiore. Diverse sono le questioni strutturali e congiunturali che contribuiscono a questa “crisi dell’apprendimento”. In particolare, la carenza di insegnanti qualificati e adeguatamente formati e le disparità fondate su genere, disabilità, origine etnica o situazione socio-economica. Sono le fasce di popolazione più vulnerabili – inclusi i bambini rifugiati, sfollati, con disabilità o residenti in aree rurali remote – ad essere più colpite: crisi umanitarie e conflitti interrompono bruscamente il percorso educativo, lasciando intere generazioni senza opportunità di formazione.
Non fermandosi al solo ciclo della scuola dell’obbligo ma promuovendo il concetto di apprendimento per tutta la vita, il programma dell’SDG 4[2] si estenderà assicurando a un numero sufficiente di giovani e adulti l’accesso ad una formazione tecnica, professionale e terziaria (università) di qualità e a costi accessibili, oltre alla creazione di sistemi flessibili che consentano agli adulti di riqualificarsi (reskilling) e aggiornarsi (upskilling) in un mondo del lavoro in rapida e costante evoluzione.
Ma c’è una criticità ulteriore che dovrà essere affrontata: il divario finanziario. Dato che l’enorme fabbisogno economico per il raggiungimento dell’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 eccede di gran lunga i fondi disponibili, il comitato direttivo dovrà impegnarsi attivamente per mobilitare maggiori risorse nazionali e internazionali da destinare al settore educativo.
Istruzione come opportunità globale e motore di sviluppo
Approvata nel settembre 2015 da 193 paesi membri delle nazioni unite, l’Agenda 2030 rappresenta il programma d’azione globale per contrastare la sfida più complessa della modernità: la povertà multidimensionale. L’obiettivo è sradicarne ogni forma per garantire un futuro sostenibile ispirandosi al principio cardine del “Leave no one behind” (non lasciare nessuno indietro), che impone di affrontare le diseguaglianze partendo dai gruppi più vulnerabili. Ebbene, l’accesso universale a un’istruzione di qualità rappresenta il pilastro fondamentale per spezzare il ciclo della povertà. Agendo come un potente catalizzatore, l’istruzione riduce le diseguaglianze, promuove la parità di genere e sviluppa le competenze essenziali consentendo alle persone di accedere a migliori opportunità lavorative e di innalzare significativamente il loro tenore di vita.
Secondo gli ultimi dati disponibili (principalmente da UNESCO e UIS 2024/2025[3]), l’accesso all’istruzione primaria ha registrato un’espansione globale significativa. Tuttavia, il cammino verso l’istruzione universale rimane incompiuto. Nonostante l’aumento del tasso di alfabetizzazione giovanile, si stima che circa 251 milioni di bambini e adolescenti siano ancora esclusi dal sistema scolastico o non raggiungano il livello minimo di competenze. Tale criticità è confermata dal fatto che solo il 58% degli studenti raggiunge la soglia minima di competenza nella lettura.
Le disparità persistono in modo marcato: le popolazioni in contesti di vulnerabilità – in particolare donne, ragazze e residenti in aree rurali o colpite da conflitti – affrontano le maggiori barriere all’accesso e al completamento degli studi. L’Africa subsahariana, ospitando oltre la metà della popolazione infantile non scolarizzata del mondo, resta l’area più colpita. Lo scenario si estende all’età adulta: circa 763 milioni di adulti (di età pari o superiore a 15 anni) sono analfabeti, privi delle competenze basilari di lettura e scrittura. Le donne rappresentano i 2/3 di questa popolazione, con circa 122 milioni di ragazze (1 su 5) che non frequentano la scuola, e ben 15 milioni che non vi metteranno mai piede.
La sfida europea
Anche in Europa le sfide sono rilevanti. Le politiche dell’unione europea evidenziano che una porzione significativa della popolazione fatica a raggiungere i livelli minimi di competenza in aree-chiave come la lettura, la matematica e la digitalizzazione. Questa carenza è un serio ostacolo che limita l’inserimento nel mondo del lavoro, la piena partecipazione civica e, di conseguenza, pari opportunità e coesione sociale.
L’attenzione si concentra sull’allineamento tra offerta educativa e mercato del lavoro, misurato in Europa da un tasso di disoccupazione giovanile che si attesta al 14,4%, pari a circa 2,828 milioni di giovani sotto i 25 anni. La mancanza di competenze adeguate (skills gap) genera un danno economico stimato in oltre 500 miliardi di euro annui solo nei paesi sviluppati. Il divario si manifesta su due livelli principali:
- competenze di base, mancanza cioè dei livelli minimi di competenza in aree-chiave come lettura, matematica e alfabetizzazione digitale;
- competenze tecniche, mancanza di competenze specialistiche, tecnologicheo trasversali (soft skills) richieste da ruoli complessi.
Il problema, quindi, non è solo una crisi economica con carenza di posti di lavoro, ma la profonda discrepanza tra le competenze possedute dalla forza-lavoro (spesso troppo generiche o insufficienti per ruoli complessi) e quelle richieste da un mercato in rapida evoluzione tecnologica, pur in presenza di domanda. Il risultato è un paradosso: posti di lavoro che rimangono vacanti, mentre un’ampia fascia di popolazione giovanile resta esclusa, alimentando una disoccupazione strutturale che in alcune regioni dell’UE supera il 30-40%.
Un patto per l’istruzione: apprendimento permanente e resilienza
Il panorama globale e le evidenze europee convergono su un punto cruciale: nonostante i progressi compiuti, il divario educativo persiste agendo come il principale freno allo sviluppo economico e sociale. Appare, dunque, imprescindibile che l’istruzione e la formazione assumano come missione prioritaria quella di colmare tale divario, dotando le nuove generazioni di una solida capacità di adattamento e delle competenze necessarie per navigare con successo non solo l’attuale mercato del lavoro, ma anche le complessità di domani. Solo attraverso un investimento risoluto e strategico nell’apprendimento permanente – dalla formazione iniziale fino alla riqualificazione professionale – sarà possibile sradicare l’esclusione educativa costruendo società più eque, resilienti e competitive, in piena coerenza con la visione di un futuro veramente sostenibile entro il 2030.
[1] Il Country note OCSE è un rapporto sintetico e specifico dedicato a un singolo Paese membro o partner. Si tratta di schede di approfondimento che accompagnano i grandi studi internazionali dell’OCSE (come il rapporto PISA sull’istruzione o l’Economic Outlook). Servono a estrarre i dati relativi a una specifica nazione per confrontarli con la media degli altri Paesi.
[2] L’SDG 4 (Sustainable Development Goal 4) è il quarto dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile stabiliti dall’ONU nell’Agenda 2030. Il suo titolo ufficiale è “Istruzione di Qualità”. L’obiettivo principale è: “Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”.
[3] UIS, Institute for Statistics (Istituto di Statistica dell’UNESCO) è l’ufficio statistico ufficiale dell’UNESCO. È la fonte principale al mondo per quanto riguarda i dati comparabili a livello internazionale su istruzione, alfabetizzazione, scienza, tecnologia e cultura. In pratica, è l’ente “tecnico” che raccoglie ed elabora i dati che poi l’UNESCO usa per i suoi rapporti.



