Facebook: leggere con attenzione le istruzioni per l’uso

Una veloce panoramica sull’ambiente più amato e odiato di tutti i tempi, ma di certo presente nel nostro vivere in movimento.

Perché entrarci?

… e poi ti capita di ascoltare un brano, di scorrere una massima, di vedere un breve video, o ancora di leggere qualche commento in una pagina Facebook… e ti ritrovi a pensare.

Da tempo, ormai, seguo questo ambiente social e, se non sono io a farmene memoria, è lui stesso che mi richiama date o ricorrenze delle quali altrimenti non saprei l’esistenza o che non ricorderei.

Mi riporta con la mente, ad esempio, a quando ho messo piede per la prima volta in questo ambiente, facendomi rivivere in parte le sensazioni strane che avevo provato allora: incertezza e timore di sbagliare, ma anche curiosità e desiderio di scoprire.

Ciò che più di ogni altra cosa mi ha spinta ad entrare a far parte di questa grande comunità, è stata, in particolare, l’esigenza di confrontarmi con altri che vivevano nella quotidianità il mondo della scuola.

Sapevo, infatti, che qui molti, come me, potevano mettere a disposizione di chi ne avesse avuto bisogno, stimolazioni e competenze più varie, senza avere un ritorno particolare se non la soddisfazione di vedere che una propria idea, un proprio lavoro, una personale iniziativa veniva compresa, apprezzata e magari condivisa.

Condivisione

La parola magica era proprio questa: condivisione.

Uso volutamente il verbo all’imperfetto, indicando un passato, seppur relativamente breve, perché a mio avviso, rispetto ai primi tempi, qualche cosa in questo ambiente sta cambiando.

Premetto che io uso la mia pagina come sorta di spazio di raccolta di materiali che magari, nel tempo, posso ritrovare sapendo di averli condivisi.

La uso anche perché so che attraverso questo canale posso, a mia volta, disseminare qualche proposta che ho trovato utile da suggerire a qualche altra collega meno assidua, che qualche volta fa capolino nella mia pagina.

Non disdegno, ovviamente, di esprimere il mio pensiero in più contesti, anche suggerendo ed inserendo prodotti o esempi di lavoro che posso aver realizzato con i ragazzi, e dei quali vado particolarmente fiera.

In questo caso, per chiunque voglia far sentire la propria voce, è molto importante poter riscontrare il feedback di chi legge anche solo attraverso un like, meglio se accompagnato da una breve frase di gradimento.

In questo ambiente ce n’è per tutti i gusti: basta scrivere sulla barra iniziale e difficilmente si resta a bocca asciutta!

Una volta fatta la ricerca, è facile verificare che un gruppo si è già creato, che sta già discutendo e che si sta confrontando proprio sull’argomento che ci interessa.

Non resta, quindi, che chiedere di farne parte e… il gioco è fatto.

Ma, a mio avviso, qualche cosa sta cambiando…

Richiamo, a questo punto, la parola chiave a cui facevo cenno poche righe sopra: condivisione.

Se, infatti, attraverso questo ambiente posso affermare di avere allargato realmente i miei orizzonti, ricevendo molteplici stimoli di formazione e di apertura, mi sembra che ora il gioco si stia modificando e che stia prendendo una piega che va contro i miei principi.

Sembra che Facebook sia diventato, oltre che una vetrina, come di per sé è positivo che sia, un modo per mettersi in mostra, un luogo di critiche e commenti, e allora questo, a ben pensare, potrebbe bastare per dire “non ci sto più” e chiudere la partita con Facebook, ma sarebbe troppo semplice.

Ciò che più mi preoccupa, infatti, non è tanto affermare che leggere particolari affermazioni, o notare l’insistenza di qualche collega, che critica o appoggia così assiduamente alcune scuole di pensiero rispetto ad una formazione per i nostri alunni di un certo tipo piuttosto che di un altro, può nel tempo diventare noioso.

È necessario difendersi e non rischiare come la rana di Chomsky?

No, la cosa più grave che si sta  parallelamente manifestando in me è un sorta di difesa.

Qualcuno potrebbe correttamente pensare che una difesa di per sé non è negativa, ma in questo caso invece ha, a mio avviso, un effetto che può essere devastante, perché alla lunga diventa un po’ come la storia della “rana bollita” di Chomsky.

Immaginiamo di vedere un pentolone pieno d’acqua fredda, nel quale nuota tranquillamente una rana.

Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano e presto l’acqua diventa tiepida.

La rana la trova piuttosto gradevole. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda, un po’ più di quanto la rana apprezzi. La rana si scalda un po’, tuttavia non si spaventa. Adesso l’acqua è davvero troppo calda, e la rana la trova molto sgradevole.

Ma si è indebolita, e non ha la forza di reagire.

La rana non ha la forza di reagire, dunque sopporta. Sopporta e non fa nulla per salvarsi. La temperatura sale ancora, e la rana, semplicemente, finisce morta bollita.

Morale della storia: se l’acqua fosse stata già bollente, la rana non ci si sarebbe mai immersa, avrebbe dato un forte colpo di zampa per salvarsi.

Ciò significa che, quando un cambiamento viene effettuato in maniera sufficientemente lenta e graduale, sfugge alla coscienza e non suscita nessuna reazione, nessuna opposizione.

Valore del cambiamento, ma… consapevole!

Il cambiamento che a mio avviso si sta verificando in Facebook è proprio questo: ci si sta talmente tanto “immergendo” nel gioco di far vetrina, che si rischia di confondere lo scopo vero che inizialmente ci ha spinto ad entrare a far parte di questo potentissimo ambiente.

Si diviene, quindi, come quella rana che, lentamente, viene assorbita e quasi accolta dal tepore di quell’acqua, e non ci rendiamo conto che, un po’ alla volta, il potenziale primo di questo ambiente, che è appunto quello di condividere, viene sopraffatto e vinto solo dal desiderio di mettersi in mostra, spingendoci a lasciare in disparte proprio lo scopo vero, che è quello di confrontarsi per cercare di crescere insieme.

A rischio l’idea di condivisione vera

C’è il rischio quindi che, se da un lato Facebook rimane un social indiscusso, di alto potenziale, un ambiente di confronto assolutamente significativo, di contro, attraverso lo stile che ultimamente assume, sembra sortire un effetto di allontanamento, o almeno di non avvicinamento, ed agendo così dà ragione proprio a coloro che: ”Ah no, a me non interessa proprio. Non metto in piazza le mie cose…”.

Non intendo con questo affermare che il ben noto “effetto luna di miele”, provato da chi conosce l’ambiente da tempo, rimanga garantito e mantenuto ad oltranza, no!

E questo, se non altro, proprio perché vivere il cambiamento significa davvero avere uno sguardo nuovo, provare il desiderio di una nuova messa in gioco e, se possibile, di miglioramento.

Non sempre ciò avviene, lo sappiamo, ma se almeno ne siamo coscienti, possiamo ridurne gli effetti e, in questo caso specifico, possiamo provare a far riflettere qualcuno che a volte, consapevolmente o meno, deborda, rovinando quanto di buono si era realizzato fin lì.

Una riflessione per qualcuno, per valorizzare il vero senso del “fare gruppo”

Qualcuno, in particolare, che forse più che arricchire questo ambiente, lo sta danneggiando, proprio perché gli sta facendo perdere il vero scopo per il quale è nato.

So di essere solo una debole voce fra le molte che fanno parte della grande famiglia, ma preferisco farmi sentire, muovermi e non stare solo a guardare, prima di tutto per non rischiare di fare la fine della rana, ma anche perché, così facendo, sono convinta di contribuire a sottolineare e a valorizzare le vere qualità del fare gruppo.

Ricordo un proverbio africano che affermava “Se vuoi andare veloce vai da solo; se vuoi andare lontano vai insieme”: niente di più vero, soprattutto se si fa in modo, però, che l’andare coinvolga realmente i molti e non, in modo subdolo, un singolo.

Non possiamo permetterci di prescindere da questo atteggiamento errato, pena il futuro soprattutto dei nostri ragazzi che, come ben sappiamo, si ritroveranno entro il 2020 con 5 milioni di posti di lavoro che andranno persi e rimpiazzati da robot e intelligenza artificiale.

Queste affermazioni fanno pensare, inutile negarlo, e se è vero, quindi, che il futuro ha questa prospettiva, e sinceramente la cosa non mi sorprende, ritengo che almeno sia utile che, dove è possibile, noi cerchiamo di mantenere la solidità di gruppo che possa, parallelamente a questa naturale evoluzione, vedere le teste di più giovani impiegate affinché le idee di molti procedano insieme.

FB come ambiente potente per dare valore al senso del gruppo

E solo rendendoci conto che anche FB può essere un motore potente per poter coltivare la passione di essere gruppo, si potrà contribuire a far uscire chi come me, forse per rimanere in tema di “effetto luna di miele”, sta solo attraversando il momento di crisi del settimo anno, situazione quindi del tutto normale e dalla quale si può tranquillamente ripartire.

Allora quale potrebbe essere il rimedio?

Forse è semplicemente sotto gli occhi di tutti, e la cosa non è poi così difficile: basta ricordare a chiunque ne faccia parte di rimanere con i piedi per terra, pervaso sicuramente da una sana dose di capacità di sguardo verso il futuro, senza però che questo atteggiamento porti chiunque ad immaginare di lasciare chissà quale segno che potrà fare la differenza.

Le evidenze che si dovranno intravedere dovranno essere altre: la prima sarà di certo riconoscere che fare gruppo rimane un punto fermo di partenza per qualsiasi innovazione, al fine di sostenere un sano confronto con l’evoluzione naturale della tecnologia.