Valutazione: il D.lgs. 62/2017 alla prova delle scuole

Quando le norme possono far crescere le scuole…

Il D.lgs. 62/2017 e la nota Miur prot. n. 1865 dell’ottobre 2017 hanno impegnato, nel presente anno scolastico, docenti e dirigenti delle scuole del primo ciclo a ragionare sulla valutazione, a rivedere strumenti e procedure in uso, e a cercare di dare un senso al voto numerico.

Per rispondere al dettato del decreto i Collegi dei docenti hanno infatti dovuto condividere gli indicatori per l’attribuzione del voto del comportamento e del voto di ammissione all’esame, e tutto ciò ha in qualche modo rimandato ad una ridefinizione dei criteri che i Dipartimenti disciplinari utilizzano per valutare conoscenze, abilità e competenze.

La valutazione del comportamento

Procedendo con ordine, rispetto alla valutazione del comportamento il D.lgs. 62/2017 (art. 1 comma 3) prevede che essa deve riguardare “lo sviluppo delle competenze di cittadinanza. Lo Statuto delle studentesse e degli studenti, il Patto educativo di corresponsabilità e i regolamenti approvati dalle istituzioni scolastiche ne costituiscono i riferimenti essenziali”.Quindi i Collegi dei docenti hanno dovuto deliberare in merito agli indicatori da utilizzare, e identificare le evidenze da osservare per ricondurre al voto numerico le prestazioni del comportamento scolastico, in coerenza con quanto previsto dalle Indicazioni Nazionali relativamente alle competenze di cittadinanza, e con quanto previsto dal POF e dai Regolamenti di ciascuna istituzione scolastica.

L’ammissione all’esame e la ricostruzione del percorso

Rispetto al voto di ammissione, che non è il risultato della “media dei voti delle discipline”, ma viene espresso “considerando il percorso scolastico compiuto dall’alunna o dall’alunno” (art. 6 comma 5), è stato necessario che i Collegi dei docenti concordassero quali aspetti del percorso scolastico prendere in considerazione.

Ovviamente in questo primo anno ci si è dovuti attrezzare con strumenti che tenessero conto di una memoria del percorso scolastico di ciascun alunno, ma già a partire dal prossimo anno si potrà utilizzare quanto osservato e registrato nel presente anno scolastico per le classi seconde; tuttavia soltanto fra due anni si potrà avere maggiore contezza e una più oggettiva ricostruzione del percorso. Le scuole potrebbero, in autonomia, pensare anche alla sperimentazione di un dossier dell’alunno (o della classe), che raccolga esperienze e evidenze sul percorso scolastico del triennio, di cui tener conto al momento del voto finale per l’ammissione all’esame. 

La descrizione dei processi

Un altro aspetto rilevante del decreto è quello secondo cui alla fine di ciascun periodo di valutazione, primo e secondo quadrimestre nella maggior parte dei casi, è necessario accompagnare la valutazione numerica con la descrizione di processi formativi (in termini di progressi nello sviluppo culturale, personale e sociale) e del livello globale di sviluppo degli apprendimenti conseguito. Ciò ha messo in moto nelle scuole (tranne in quelle che hanno utilizzato modelli preconfezionati dalle case editrici) una riflessione sull’osservazione del processo di apprendimento, che consentisse di restituire agli alunni e alle famiglie una rappresentazione, in qualche modo personalizzata, delle risorse e dei limiti di ciascun apprendente. Negli istituti comprensivi tutto ciò ha anche costituito un’occasione per condividere linguaggi e documenti fra i docenti dei due ordini di scuola, nell’ottica dell’unicità del ciclo e della continuità.

Uno/due voti in lingua straniera o curricolo plurilingue?

Una riflessione a parte va fatta poi sul voto unico per la lingua straniera nella prova scritta di esame; in questo caso un’effettiva e autentica applicazione della norma avrebbe avuto bisogno di una seria di riflessione sul curricolo plurilingue, a cui una logica del “voto unico” può e deve essere ricondotta. In questa direzione sarà necessaria una rielaborazione del curriculo integrato delle lingue, anche con riferimento ai documenti europei più recenti e innovativi, e agli studi e alle ricerche che a partire da tali documenti si sono sviluppati[1].

Accompagnare le innovazioni con la formazione

Alla luce queste considerazioni si può affermare che, se è vero che una norma può mettere in moto processi virtuosi è pur vero che perché ciò avvenga ci vogliono tempi più distesi, momenti di confronto e di riflessione.

In realtà il D.M. 851 del 27/10/2017, all’art. 3 comma 2, ha previsto un intervento formativo specifico e misure di accompagnamento per “l’attuazione dei nuovi interventi normativi sulla valutazione degli apprendimenti delle studentesse e degli studenti, sulle prove standardizzate, sulla certificazione delle competenze, sugli esami di Stato del primo e del secondo grado e sui relativi quadri di riferimento”.  Sarebbe interessante raccogliere informazioni e dati sullo sviluppo di tali interventi formativi, al fine di riconoscere quelli più efficaci e innovativi, ma anche di dare avvio ad un percorso di ricerca, che consenta di confrontare ed eventualmente validare quanto prodotto e sperimentato dalle istituzioni scolastiche in questo primo anno di applicazione della norma.

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[1] Consiglio d’Europa, Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale, 2010.

Rosa Calò, Educazione linguistica e plurilinguismo dal progetto europeo al contesto italiano, Aracne, 2015.