La continuità dei precari

Grave la situazione nelle chiamate sul sostegno

La continuità del sostegno

Il comma 3 dell’art. 14 “Continuità del progetto educativo e didattico” del D.Lgs. 66/2017[1] è stato recentemente modificato dall’art. 12 del D.Lgs. 96/2019 che sostanzialmente vanifica l’impianto di un dispositivo[2] che avevo costruito per consentire ai dirigenti scolastici di motivare adeguatamente l’assunzione di insegnanti di sostegno in continuità tra anni scolastici diversi. La modifica non interferisce significativamente in quelle parti del paese dove gli insegnanti specializzati sono ancora relativamente numerosi nelle graduatorie, ma è devastante altrove. Di fatto, al netto del fatto che non esiste ancora un decreto che espliciti le modalità attuative, la responsabilità di agire sul tema e di mediare tra le diverse tensioni dei portatori di interesse è del dirigente scolastico. In larga parte del settentrione, mancando insegnanti specializzati tra i precari, si conferma l’impossibilità strutturale di confermare i contratti da un anno all’altro.

Una soluzione legislativa sarebbe molto semplice

Per affrontare il problema della continuità didattica, su posto comune e sul sostegno, probabilmente basterebbe riscrivere il comma citato qui sopra e riportato in nota come segue: “Al fine di agevolare la continuità educativa e didattica di cui al comma 1 <e quella di posto comune> e valutati, da parte del dirigente scolastico <sentito il parere vincolante del Comitato di Valutazione>, l’interesse della bambina o del bambino, dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente e l’eventuale richiesta della famiglia, per i posti di sostegno didattico <e per quelli di posto comune>, possono essere proposti ai docenti con contratto a tempo determinato ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo, ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato, nonché quanto previsto dall’articolo 1, comma 131, della citata legge n. 107 del 2015, <rispettando la precedenza degli insegnanti specializzati su posti di sostegno>.”

La valutazione del servizio prestato

Beninteso, nel regolamento occorrerebbe richiedere ai dirigenti scolastici di mettere apposite postille di decadenza. In altre parole, laddove ci siano specializzati, questi avranno sempre la preferenza, ma il primo di settembre un dirigente scolastico dovrebbe poter assumere per continuità, con formula “fino all’avente diritto” che verrà sciolta entro il mese di ottobre in casi specifici[3]. Non basta certo preoccuparsi dei soli insegnanti di sostegno e occorre generalizzare. Per farlo, tuttavia, credo che sia opportuna una cautela. La valutazione, nel mese di giugno precedente, del lavoro svolto. Il Comitato di Valutazione potrebbe essere investito di questo ruolo, portando in audizione il Consiglio di Classe dove l’insegnante ha svolto il suo servizio. Il Comitato di Valutazione, uditi i portatori di interesse, dovrebbe poter dire: “Si esprime parere favorevole al rinnovo annuale del contratto”. Nulla dica per altri casi, ma con questa formulazione, anche l’insegnante di informatica o di logistica potrebbero essere confermati su base pluriennale (al netto delle immissioni in ruolo, beninteso). Resterebbero le graduatorie, ma i posti disponibili sarebbero occupati da persone valide, perché ritenute tali dal Comitato di Valutazione con successiva ratifica del dirigente scolastico, mentre quelle non ritenute idonee vagheranno tra le scuole in cerca del fit con un ambiente dove magari faranno meglio. A regime, i posti disponibili saranno saturati da persone gradite ai Collegi dei Docenti e questo insieme di persone, a discapito di altre, matureranno aspettative, come pare inevitabile in questo bizzarro paese.

Nuove procedure organizzative a legislazione invariata

Cosa fare, invece, a legislazione invariata?[4] La procedura è chiara, anche se non è di semplice attuazione. Occorre prendere atto dei problemi e risolverli con la centralizzazione provinciale. Occorre che gli Uffici Scolastici Territoriali attingano temporaneamente a personale amministrativo qualificato coptato tra le migliori professionalità degli Uffici del Personale delle scuole del proprio territorio. Una task force settembrina, capace di valutare le sentenze che gravano sulle graduatorie in modo univoco, che chiami da una graduatoria di istituto provinciale unificata nella quale gli insegnanti precari, ma anche il personale ATA, non possano tergiversare, garantendo tuttavia il diritto al lavoro.

Si chiamano per prime le graduatorie incrociate sui posti di sostegno. Se non ci sono specializzati su piazza, si tratta di certo di insegnanti con anni di esperienza evidenziata dal punteggio. A questo punto l’insegnante può rifiutare, ma viene depennato per quell’anno. Esaurite le chiamate su sostegno, si chiama sulle diverse materie. In ordine di graduatoria e in base ad un ordine di preferenze stabilito a monte, quando si compilano le domande provinciali. Nella migliore delle ipotesi, questa partita potrebbe essere gestita da un software (quindi la task force si limiterebbe a studiare le posizioni singole derivanti da sentenze, aggiornando le posizioni in graduatoria).

Un’unica chiamata a livello provinciale

Con questa nuova “chiamata”, per i non abilitati come fino a ieri si faceva per gli abilitati, si potrebbero occupare le cattedre prima dell’avvio dell’anno scolastico. La gestione informatizzata del problema dovrebbe eliminare l’effetto “mercato delle vacche” delle chiamate in presenza. Il dirigente provinciale vigila. Potrebbero esserci scuole che trattengono cattedre per chiamare da MaD o da graduatoria, una volta esaurite le chiamate centrali. Ma i nominativi dei depennati spariscono dagli schermi del SIDI e non possono rientrare nei contratti. Oggi la penalità di non avere rispettato un contratto è risibile: essere messo in coda di una graduatoria nel singolo istituto. Resta un problema di qualità degli assunti, perché l’individuazione automatica non consente filtri, comprensibilmente a tutela dei lavoratori, ma almeno gli incarichi sono dati prima dell’avvio dell’anno scolastico. In primis quelli sul sostegno, affidati a personale “esperto quanto più possibile”. Almeno non l’ultimo arrivato.

Un occhio alla qualità del personale

Per la qualità, tuttavia, basterebbe che il software sia costruito in modo tale da consentire alle scuole di compilare una lista di gradimento. “Tali insegnanti hanno già lavorato qui e vorremmo averli confermati”, potrebbe dire una scuola. Il software alloca gli insegnanti, eventualmente violando le loro preferenze iniziali, per soddisfare quelle delle scuole. In un mondo ideale, ci sarebbero anche da indicare gli insegnanti non graditi, magari confermati da un avvallo ispettivo che prevenga abusi da parte dei dirigenti. Occorrerebbe anche un interevento ispettivo in itinere, corroborato da professionalità psicopedagogiche, parimenti opportuno sul fronte del riorientamento professionale di quei precari oggettivamente riconosciuti come inadatti all’insegnamento e che, anche con le cautele proposte, comincerebbero a vagare tra le diverse scuole facendo un po’ di danni a tutti, ma non troppi a ciascuno. Oggi succede la stessa cosa, ma in maniera incontrollata.

[1] Al fine di agevolare la continuità educativa e didattica di cui al comma 1 e valutati, da parte del dirigente scolastico, l’interesse della bambina o del bambino, dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente e l’eventuale richiesta della famiglia, ((per i posti di sostegno didattico, possono essere proposti)) ai docenti con contratto a tempo determinato ((e con titolo di specializzazione per il sostegno didattico di cui all’articolo 12)) ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo, ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato, nonché quanto previsto dall’articolo 1, comma 131, della citata legge n. 107 del 2015. Le modalità attuative del presente comma sono definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, anche apportando le necessarie modificazioni al regolamento di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2007, n. 131.

[2] Fasce P. 2019, “Assicurare la continuità didattica sul sostegno in un caso particolare”, Educazione Aperta, Fasi di Luna Edizioni. In questo articolo analizzavo il D.Lgs. 66/2017 originale e, in attesa del decreto del MIUR con le modalità attuative del comma citato nella nota precedente, mi domandavo cosa potesse fare un dirigente scolastico responsabile, sensibile al problema e volitivo sul fronte della necessità di contemperare gli interessi in campo alla luce di quello imposto dal buon andamento che, nel caso del sostegno, impone banalmente il “sostegno subito”.

[3] Penso all’aggiornamento triennale delle graduatorie di Istituto e all’eventuale sopraggiunta specializzazione del personale.

[4] Ne ho parlato anche sul sito del Coordinamento Genitori Democratici: “I ritardi del sostegno – Una vergogna sanabile con un’organizzazione diversa” (http://www.genitoridemocratici.it/2019/10/06/un-interessante-contributo-di-paolo-fasce-oggidirigente-scolastico-ex-precario-storico-per-avviare-un-dibattito/)