Non c’è scuola migliore dei propri insegnanti

Dall’Atlante delle riforme (im)possibili, di Giancarlo Cerini

La stagione dei concorsi ordinari, quelli imminenti e quelli (speriamo) prossimi, sono una importante cartina di tornasole per la realizzazione della centralità delle politiche scolastiche nel Piano di Ripresa e Resilienza, centralità ben formulata nel titolo delle Linee Programmatiche del Ministro Bianchi “La scuola motore del Paese”.

Una professionalità che parte da un buon reclutamento

Il nesso tra qualità del sistema educativo e reclutamento degli insegnanti, più volte richiamato da Giancarlo Cerini nel suo “Atlante delle riforme (im)possibili”, è compendiato in una frase di estrema efficacia: “Non c’è una scuola migliore dei propri insegnanti. La presenza di insegnanti preparati e competenti, motivati e fiduciosi, rappresenta una condizione‐limite di ogni buona riforma della scuola”[1]. E seguendo la sua mappa, troviamo ancora “Una condizione minima indispensabile per un buon funzionamento della scuola e per assicurare la massima qualità di insegnamento agli allievi è che, in ogni istituzione scolastica, il primo settembre di ogni anno, venga garantita la disponibilità di personale stabile in continuità e, possibilmente, con incarico a tempo indeterminato”[2].

Se proseguiamo nel percorso, dalla Scheda 16 “Come reclutare i docenti” al Commento, si isolano immediatamente due concetti basilari per la qualità del sistema educativo: se gli insegnanti sono stabili e non precari, possono assicurare la continuità dei processi di insegnamento-apprendimento e realizzare la loro piena professionalità. La stabilità (e quindi la eliminazione progressiva della precarietà) diventa la condizione per rendere massimamente efficace il rapporto tra reclutamento, formazione iniziale e formazione in servizio per la qualità dell’intero sistema formativo.

Concorsi e alto profilo dei docenti, un rapporto non scontato

Tuttavia, se vogliamo essere veramente fedeli alla mappa di Giancarlo Cerini, il punto di partenza non è il reclutamento, ma il profilo desiderato dell’insegnante che è un profilo professionale elevato[3]. Non a caso, proprio nell’introduzione del suo libro, afferma“È necessario coinvolgere i docenti all’interno di questa strategia, come parte integrante del buon esito di questo disegno, pena la loro estraneità rispetto ai processi di riforma”.

L’invito, dunque, è quello di guardare ai concorsi dopo essersi collocati con responsabilità, adeguata motivazione e ragionata fiducia all’interno di una professione strategica per il futuro degli studenti, per il proprio benessere e per lo sviluppo del proprio Paese; una professione tra le più difficili, quasi impossibile, come ha scritto P. Perrenoud[4], riprendendo Freud.  

Ulteriore avvertenza: il disegno di un percorso è convincente solo se conduce realmente alla meta desiderata o ci fa avvicinare il più possibile ad essa; alla visione e alla strategia servono i dati che possono corroborarla mentre è in azione.

Da buon pedagogista e maestro, Giancarlo Cerini ci insegna che la mappa non è il territorio e che la complessità del reale va letta con un Atlante che sia contestualmente fisico, storico, politico, per non essere costretti a navigare a vista.

Un Atlante speciale

Il contenuto specifico di una delle 20 schede dell’Atlante delle riforme (im)possibili può servire per comprendere meglio l’utilità di uno strumento rigoroso e insieme flessibile quale l’atlante, così come proposto da Cerini, per affrontare la complessità dei problemi del sistema educativo italiano. Ogni problema è riportato al suo contesto reale, osservandone specificità, diversità, opportunità e ostacoli, per tracciare percorsi che non tradiscano la storia e sappiano costruire ponti che migliorino la strada verso gli obiettivi fissati. Quello che si ottiene è un atlante speciale, che può orientare l’azione di insegnanti, dirigenti scolastici, ma anche di amministratori locali e che sicuramente rende più operativi i lineamenti delle riforme in atto e in progress da parte del Ministero dell’Istruzione.  

L’atlante fisico, ovvero lo stato dell’arte

Le 20 schede sintetiche partono tutte dalla situazione attuale per ciascuno dei nodi oggetto auspicato di riforma. È un richiamo cogente alla realtà e all’utilizzo consapevole di dati e documenti che aiutano il confronto con altre realtà o con standard oggettivi, pur già posti come obiettivi da raggiungere a livello nazionale e internazionale.

La cartina fisica in un Atlante che si rispetti occupa uno spazio importante e fonda la conoscenza geografica su dati imprescindibili. Il prefisso geo, apposto oggi ai diversi campi del sapere (dalla geofilosofia alla geopolitica e alla geostoria) appare come elemento di interesse alla valutazione della sostenibilità delle attività umane. L’uso cognitivo e metodologico dell’atlante, proposto da Cerini, ci appare in tutta la sua attualità, soprattutto dove, ed è questo il caso, l’opinione sulla scuola prevale nel senso comune sulla reale conoscenza della scuola.

Anche se ormai abbiamo più familiarità con Google Earth che con gli atlanti, vale sempre e comunque lo stesso principio: il primo sguardo d’insieme (dall’alto sia per Google Earth sia per la riproduzione dell’atlante) fa risaltare le emergenze fisiche e orienta a zumare successivamente sui particolari e questi ad approfondire l’analisi e la sovrapposizione dei piani.

L’atlante storico, ovvero la realtà come risultato di un processo che viene da lontano

Tutte le istituzioni hanno una storia. Quella della scuola e della professione insegnante sono storie intrecciate che si sono legittimate nel tempo, a partire dalle caratteristiche stesse delle generazioni a cui, di volta in volta, sono state consegnate conoscenze e valori. Consegne preziose per migliorare il futuro delle nuove generazioni attraverso l’incontro sempre diverso con i contesti di vita e di studio.

La scuola è dunque l’istituzione che più di ogni altra incrocia la politica.

Questa consapevolezza ha connotato in modo forte la professionalità dell’ispettore Cerini e connota in modo incisivo il suo Atlante, in cui non dimentica mai di inserire sia i riferimenti normativi delle riforme attuate, sia i presupposti giuridici delle possibili riforme attese.

La conoscenza storica serve alla previsione credibile del futuro prossimo, come la didattica degli errori serve all’allievo nell’apprendimento. Una grande preoccupazione emerge là dove troppo spesso si è intervenuti senza condividere le ragioni del cambiamento con chi doveva poi operare il cambiamento. Giancarlo Cerini propone la chiave del miglioramentosulla base di dati oggettivi ed osservabili da cui partire.

L’atlante politico, ovvero la rete degli interventi, passati, presenti e futuri

Chi si sia trovato a viaggiare lungo la complessa rete stradale dei nostri territori, in particolare al sud, più che sugli atlanti e sulle cartine stradali, potrebbe sperimentare personalmente l’improvvisa interruzione di un’opera viaria anche ambiziosa, fatta per servire aree depresse (e quindi ritenuta utilissima per il loro sviluppo) che diventa inutilizzabile più a causa di errori di progettazione che per improvvisa e oggettiva mancanza di risorse.

Questo è il rischio che l’Atlante di Cerini rifugge prioritariamente, al riparo della categoria del miglioramento sostenibile e quindi fondato sulla presa in carico solo di rischi ragionati ogni volta che si metta mano a riforme scolastiche, con una pratica altrettanto sostenibile di condivisione etica, politica e organizzativa degli obiettivi da parte di tutte le persone che sanno di scuola e che fanno scuola.

Questi ed altri temi saranno oggetto di approfondimento in due prossimi appuntamenti:


[1] G. Cerini, Atlante delle riforme (im)possibili, pag.12, Tecnodid Editrice, Napoli, 2021.

[2] Ibidem, Scheda 16, Come reclutare i docenti.

[3] Ibidem, Scheda 15, Un profilo professionale elevato per i docenti.

[4] P. Perrenaud, Dieci nuove competenze per insegnare, Anicia, Roma 2010, pag. 9.