Il Rapporto annuale 2025 dell’ISTAT, giunto alla trentatreesima edizione, analizza l’evoluzione demografica, sociale ed economica dell’Italia nel 2024, offrendo uno sguardo approfondito sui cambiamenti strutturali in corso. Il documento si basa su dati integrati provenienti da registri statistici, censimenti permanenti e indagini sociali.
I quattro capitoli del Rapporto
Il Rapporto annuale 2025 dell’ISTAT è suddiviso in quattro capitoli[1]:
- Scenario economico: analizza l’economia italiana in un contesto internazionale incerto, affrontando temi come l’evoluzione del sistema produttivo, l’innovazione tecnologica, la sostenibilità ambientale e la transizione energetica.
- Trasformazioni demografiche e sociali: offre una visione integrata delle tendenze nel mercato del lavoro, dell’istruzione, della salute e delle condizioni economiche, mettendo in evidenza le interazioni tra questi fattori nei percorsi di vita degli individui.
- Differenze intergenerazionali: approfondisce i cambiamenti nei comportamenti familiari, riproduttivi, sociali e culturali tra generazioni, sottolineando l’impatto dell’invecchiamento e delle diversità territoriali.
- Vincoli e opportunità per le nuove generazioni: evidenzia le sfide legate alla bassa crescita economica e le opportunità legate all’istruzione superiore, sempre più importante per l’innovazione, la competitività e la risposta all’invecchiamento della popolazione.
In sintesi, il Rapporto fornisce una lettura complessa e integrata del presente italiano, utile per comprendere le sfide e le possibilità future del Paese.
Uno sguardo all’istruzione
Il documento, pubblicato lo scorso 21 maggio, analizza l’istruzione in Italia, risorsa che rappresenta un pilastro fondamentale per lo sviluppo individuale e collettivo. Ovviamente il rapporto precisa che il livello di istruzione conseguito da ogni cittadino influisce in modo rilevante sulle scelte e sui comportamenti lungo tutto l’arco della vita, “incidendo sulla partecipazione al mercato del lavoro, sui tempi e modalità di formazione della famiglia, sui comportamenti e sugli stili di vita, nonché sulle condizioni socio-economiche complessive”.
Il sistema educativo, proprio perché contribuisce a formare forza lavoro qualificata e adattabile ai cambiamenti economici e sociali, è considerato un elemento strategico per la crescita del Paese e per il miglioramento delle opportunità di ognuno. Nel nostro Paese il livello di istruzione continua a essere un fattore fortemente correlato con le condizioni socio-economiche della famiglia di origine e con la possibilità di accesso a percorsi di vita più favorevoli.
Le fragilità strutturali e le sfide trasformative della scuola italiana
Nel contesto sociale che cambia in maniera continua ed incessante, la scuola italiana resta un nodo strategico caratterizzato però anche da una profonda fragilità, sulla quale convergono criticità strutturali e tensioni evolutive. Il capitolo 2.3 del Rapporto Istat 2025 analizza i percorsi di istruzione e formazione, evidenziando trend e problematicità che dovrebbero attirare l’attenzione di chi progetta e valuta politiche educative. L’analisi del rapporto si articola in cinque ambiti chiave:
- livelli di istruzione;
- abbandono scolastico;
- demografia studentesca;
- competenze digitali;
- inclusione scolastica.
Sui livelli di istruzione pesa un ritardo strutturale. Il sistema italiano soffre di un cronico ritardo nel livello di istruzione della popolazione rispetto alla media europea. Solo il 65,5% dei 25-64enni ha almeno un titolo di scuola secondaria superiore, contro quasi l’80% della media UE27. Ancora più marcato è il divario nel titolo terziario (laurea o equivalente): 21,6% in Italia, contro il 35,1% in Europa. Il gap è ancor più critico nella fascia 25-34 anni, cruciale per il rilancio del capitale umano, dove l’Italia raggiunge un 31,6% di laureati, lontano dall’obiettivo del 45% entro il 2030 fissato dal quadro strategico europeo.
Disuguaglianze strutturali attraversano questo panorama: le donne giovani sono più istruite (38,5% di laureate contro 25% tra gli uomini), ma i divari si amplificano per cittadinanza (34,4% tra gli italiani contro 13,4% tra gli stranieri) e territori (Mezzogiorno fermo al 25,9%). È evidente una persistente segregazione educativa, in cui la scuola fatica a controbilanciare gli svantaggi socio-economici delle famiglie di origine.
La figura 2.6 del rapporto esplicita le distanze tra gli italiani e alcuni loro concittadini europei in termini di istruzione, mostrando il forte scarto dei livelli di istruzione nella fascia 25-64 anni leggermente meno svantaggiato per il nostro Paese nella fascia 25-34 anni ma pur sempre eccessivo per consentire un adeguato sviluppo sociale ed economico.
Figura 2.6 – Persone di 25-34 anni (sinistra) e 25-64 anni (destra) nelle maggiori economie dell’UE27 per titolo di studio. Anno 2023 (composizioni percentuali).

Dispersione scolastica e abbandoni precoci: pochi cambiamenti significativi
Il dato dell’abbandono scolastico italiano è purtroppo emblematico di un sistema che non riesce ad essere pienamente inclusivo. Infatti, nel 2024 il 9,8% dei giovani tra 18 e 24 anni è uscito dal circuito formativo senza un diploma o una qualifica. Il fenomeno è fortemente segmentato per genere, territorio e origine sociale, il tasso di abbandono è più alto tra gli uomini (12,2%) e nelle regioni meridionali (12,4%), ma diventa esplosivo tra gli studenti con cittadinanza straniera con percentuali preoccupanti (24,3%). In particolare, per chi è arrivato in Italia tra i 16 e i 24 anni, l’abbandono raggiunge un inaccettabile 38,9%.
La trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze, inoltre, rappresenta un ulteriore elemento critico. Qualora i genitori abbiano solo la licenza media, la probabilità di abbandono dei figli è del 22,8%, mentre crolla all’1,2% se almeno un genitore è laureato.
Questo dimostra che la scuola non solo fatica a colmare i divari sociali, ma diventa strumento nel quale questi si replicano e si consolidano.
Figura 2.7 – Giovani di 18-24 anni (sinistra) che hanno abbandonato precocemente gli studi, per sesso, ripartizione geografica, livello di istruzione dei genitori, cittadinanza ed età di arrivo in Italia dei cittadini nati all’estero. Anni 2023 e 2024 (valori percentuali).

Nella figura 2.7, tratta dal Rapporto ISTAT 2025, si rilevano sia i divari territoriali sia le inferenze di natura socio culturale che provocano i divari segnalati.
Il calo demografico e le scelte scolastiche
L’impatto del calo demografico sul numero di iscritti alle scuole italiane è piuttosto devastante. Nell‘anno scolastico 2022/2023 si contano 448 mila studenti in meno rispetto al 2018/2019 e la diminuzione riguarda tutti i gradi scolastici, con un impatto molto significativo sulla scuola dell’infanzia e primaria. Il calo è leggermente bilanciato dall’aumento della percentuale di crescita degli studenti stranieri (+4,9%) iscritti a scuola con tutti i limiti sopra specificati.
L’analisi delle scelte scolastiche successive alla scuola secondaria di primo grado rivela ancora forti divari di genere: il 64,7% delle ragazze sceglie il liceo, mentre tra i ragazzi prevalgono gli istituti tecnici (42,3%). Questo dato non è neutro, poiché influisce sulle prospettive occupazionali e formative future. I percorsi tecnico-scientifici, già meno scelti dalle donne, restano fondamentali per l’accesso alle lauree STEM, dove l’Italia è in forte ritardo.
Solo una quota limitata di diplomati (poco più del 12%) sceglie percorsi alternativi all’università, come l’Alta formazione artistica e musicale (Afam) o gli ITS Academy, nonostante questi ultimi abbiano mostrato un raddoppio delle iscrizioni negli ultimi cinque anni. Resta quindi debole l’attrattività dei percorsi professionalizzanti brevi, a differenza di quanto accade in Francia o Germania che, come abbiamo potuto vedere, hanno un vantaggio significativo nell’istruzione terziaria della popolazione di ogni età.
Figura 2.8 – Iscritti per percorso di istruzione (sinistra), settore liceale (destra) e sesso. Anno scolastico 2022-2023 (valori percentuali).

Nella figura 2.8, tratta sempre dal Rapporto ISTAT 2025, si notano le differenze di genere molto marcate rispetto alle scelte della scuola secondaria di II grado.
Competenze digitali: tra ritardo strutturale e disparità sociali
Nel 2023, solo il 45,8% della popolazione tra 16 e 74 anni possiede competenze digitali almeno di base, collocando l’Italia al 22° posto su 27 nella UE. Il divario è marcato con Spagna (66,2%) e Francia (59,7%). Le differenze si attenuano solo tra i giovani (59,1% dei 16-24enni) e i laureati, ma restano ampie tra le fasce d’età più mature e tra chi ha bassa scolarità.
Le aree più critiche riguardano la sicurezza digitale e la creazione di contenuti: solo il 60% degli italiani ha competenze di base in questi ambiti, contro il 73% negli altri settori. I divari territoriali restano forti: nel Mezzogiorno solo il 36,1% della popolazione ha competenze digitali adeguate, contro il 50% del Centro-Nord.
Eppure le competenze digitali giocano un ruolo fondamentale nel favorire la transizione digitale e al tempo stesso contrastare l’emergere di divari che possano compromettere l’equità e l’inclusione sociale. Il programma strategico UE per il decennio digitale ha tra l’altro l’obiettivo, da raggiungere entro il 2030, di portare all’80 per cento la quota della popolazione di età compresa tra 16 e 74 anni con almeno competenze digitali di base. Nel 2023, tale quota si attesta a poco più della metà (55,5 per cento nella media UE27) e l’Italia con il 45,8 per cento si colloca al ventiduesimo posto della graduatoria. Rispetto alle altre maggiori economie e alla media UE27, invece, il divario a svantaggio dell’Italia rimane anche quando il livello di istruzione è elevato.
Nel 2023, in Italia il differenziale nella diffusione di competenze digitali almeno di base tra le persone di 16-24 anni (59,1 per cento) e quelle di 45-54 anni (48,7 per cento) è di 10 punti percentuali e si amplia al crescere dell’età degli individui. I divari tra le varie classi di età si annullano, invece, tra chi ha titoli di studio elevati. In generale, il livello di competenza è più elevato tra gli uomini (+3,1 punti percentuali rispetto alle donne, anche se lo svantaggio femminile è osservato soltanto per le donne di 45 anni e più).
Approfondendo le dimensioni rispetto alle quali si misura il livello di competenza digitale, per l’Italia si evidenzia che i domini legati alla “Sicurezza” e alla “Creazione di contenuti digitali” rappresentano le aree più critiche per il raggiungimento dell’obiettivo europeo. Tale divario, seppure di minore entità, rimane elevato anche nell’ambito delle competenze digitali in materia di sicurezza.
Inclusione scolastica: luci e ombre
L’inclusione degli alunni con disabilità è un ambito in cui l’Italia ha una lunga tradizione normativa, ma la realtà presenta luci e ombre. Nell’anno scolastico 2023/2024 si contano oltre 360 mila alunni con disabilità, pari al 4,5% del totale degli iscritti, con un aumento del 60% in dieci anni. Tuttavia, a fronte di questo incremento, le risorse – in particolare quelle professionali – risultano spesso inadeguate. Ben 66 mila insegnanti di sostegno (26,9%) non hanno la specializzazione richiesta, con picchi del 38% nel Nord. La continuità didattica è un problema cronico: oltre la metà degli studenti ha cambiato insegnante di sostegno rispetto all’anno precedente, e l’8,4% ha subito un cambio durante l’anno. A ciò si sommano i ritardi nell’assegnazione delle cattedre (11,4% vacanti dopo un mese dall’inizio dell’anno).
Gravi criticità emergono anche sul fronte dell’accessibilità fisica e tecnologica: solo il 40,5% delle scuole è accessibile per chi ha mobilità ridotta, mentre la dotazione di ausili informatici è insufficiente in quasi la metà delle scuole. Queste lacune si traducono in minori opportunità di partecipazione alle attività scolastiche ed extrascolastiche: solo il 49% degli alunni con disabilità partecipa a gite con pernottamento o attività artistiche, e appena il 21% ad attività sportive extracurricolari.
Dal rapporto ISTAT 2025 pag. 83.
“La crescente attenzione al tema dell’inclusione scolastica si è accompagnata a un progressivo aumento del numero di alunni con disabilità che, nell’anno scolastico 2023/2024, ha superato 360 mila unità, con un incremento, in 10 anni, di quasi il 60 per cento e con un rapporto sul totale degli iscritti che è passato dal 2,6 al 4,5 per cento. La presenza è maggiore nelle scuole primarie e secondarie di primo grado (5,5 alunni con disabilità su 100 iscritti), mentre percentuali inferiori si riscontrano nella scuola dell’infanzia (3,3 per cento) e nella scuola secondaria di secondo grado (3,5 per cento). L’incremento è legato a diversi fattori, tra i quali un possibile aumento della prevalenza di alcuni disturbi che rendono necessario un supporto educativo, una maggiore accuratezza nel diagnosticare e certificare la disabilità, la crescente richiesta di supporto da parte delle famiglie e una sensibilità sempre più diffusa del sistema educativo verso l’inclusione scolastica. Per fare fronte a questo incremento, si è reso indispensabile potenziare le risorse per l’inclusione, in termini sia di personale specializzato sia di strumenti adeguati”.
Un sistema educativo a geometria variabile
L’immagine che emerge dal Rapporto Istat è quella di un sistema scolastico segmentato e diseguale, in cui le opportunità educative dipendono ancora fortemente da fattori sociali, geografici e di genere. L’Italia si trova oggi a un bivio sistemico: può continuare a rincorrere gli standard europei oppure intraprendere un percorso di riforma strutturale che parta dalla valorizzazione delle sue specificità territoriali, dall’inclusione autentica e dall’integrazione tra scuola e sistema economico.
Gli esperti e decisori che vogliano immaginare una scuola del futuro dovranno considerare con urgenza i segnali che il rapporto mette in evidenza: discontinuità formativa, fragilità infrastrutturale, disuguaglianza sociale e bassa innovazione. Serve una visione trasformativa, in grado di mettere al centro l’equità, la qualità dell’offerta formativa e una rinnovata alleanza tra scuola, territorio e mondo del lavoro.
[1] Cfr. Domenico Trovato, “Dal Rapporto ISTAT, una riflessione sull’inclusione. Un processo con luci ed ombre”, in Scuola7-429 dell’11 maggio 2025.