Dirigenza scolastica, dopo venticinque anni di autonomia

Una bella storia italiana

È trascorso un quarto di secolo da quando, in forza delle disposizioni normative dell’art. 21 della legge 59/1997, e del DPR 275/1999, le scuole italiane acquisirono, dal primo settembre del 2000, la piena autonomia istituzionale e, con essa, l’attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di istituto.

Si parlò di una riforma epocale, capace di dare una svolta decisiva alla scuola nel suo insieme e di ristrutturare l’intero sistema scolastico italiano che, con le novità definite, sarebbe passato da una struttura verticistica e lineare ad un modello reticolare nel quale la configurazione di tipo neurale avrebbe finalmente modernizzato l’offerta formativa e le modalità con le quali le scuole avrebbero potuto erogarla sui rispettivi territori.

Leggere l’autonomia con gli occhi della consapevolezza

Quello che oggi si dà per scontato, nelle circa ottomila scuole italiane, è frutto di una vera e propria rielaborazione, di natura storico-culturale, di tutti i processi che ogni istituzione scolastica presidia e governa e che vanno ben oltre il precipuo compito formativo e di elaborazione della cultura e dei valori, che rimane nella mission di ogni scuola che si rispetti.

Anche se i rigurgiti di statalismo e di controllo delle scuole da parte degli uffici superiori sono ancora vivi in buona parte della opinione pubblica, pronta a chiamare in causa il Ministro o i suoi “Provveditori†ogni volta accade qualcosa che sembra non funzionare, è ormai sedimentato il concetto di autonomia scolastica soprattutto nella maggior parte delle giovani generazioni di utenti, consapevoli delle opportunità offerte dall’autonomia.

Ovviamente il processo di costruzione della consapevolezza non è stato lineare e scontato; le discontinuità sono state molte, al punto che talvolta sono state percepite come veri e propri regressi, quando in realtà erano solo degli aggiustamenti lungo la difficile rotta che ha portato ad una scuola diversa.

Una dirigenza scolastica in cammino…

L’autonomia conferita alle scuole rappresenta un modello, un paradigma e una categoria. Ispira e orienta le scelte che vengono compiute dalle istituzioni scolastiche in forza di un assetto normativo che, in ragione del riconoscimento costituzionale dell’autonomia scolastica[1], ammette e legittima le opzioni che ogni scuola esercita.

La dirigenza scolastica, a ben vedere, è stata pensata come lo strumento più efficace per rendere effettivo l’esercizio dell’autonomia da parte delle istituzioni scolastiche dotandole di un organismo monocratico capace di autonomi poteri a fronte delle riconosciute competenze degli Organi collegiali alle quali detti poteri devono conformarsi nei modi stabiliti dalla legge[2].

Il sistema scolastico italiano ha fatto molta strada ed insieme ad esso i dirigenti scolastici. Vediamo quali sono gli aspetti che caratterizzano la professione in termini di competenze, poteri e responsabilità.

…verso la costruzione di comunità

In continuità con quanto finora brevemente delineato nei commi 78 e seguenti dell’articolo unico della Legge n. 107/2015 il compito generativo del dirigente scolastico appare in continuità, se non potenziato, con quello definito dal D.lgs. n. 165/2001:

  • nell’assicurare che “le istituzioni scolastiche garantiscano la partecipazione alle decisioni degli organi collegiali†(art.1, c. 2);
  • nel ribadire il criterio generale dell’equilibrio istituzionale nel “rispetto delle competenze degli organi collegialiâ€;
  • nel finalizzare la funzione dirigenziale alla gestione efficiente ed efficace delle risorse attribuite alla scuola;
  • nel sottolineare la responsabilità di risultato tipica del dirigente.

L’intenzione del legislatore è stata quella di dare vita ad una comunità dove il dirigente scolastico non fosse semplicemente un manager che dirige i propri collaboratori e interagisce con gli altri stakeholder in una logica decisionista ed autoritaria, bensì un leader educativo capace di attivare processi innovativi miranti al successo formativo delle studentesse e degli studenti. Le azioni del dirigente hanno lo scopo di rimuovere gli ostacoli, procurare sostegno materiale ed emotivo, prendersi cura dei dettagli che rendono il percorso di sviluppo più agevole.

Una dirigenza singolare ma efficace

Il capo d’istituto entra così nella nuova logica dell’organizzazione pubblica che vuole il corpo dirigente della pubblica amministrazione in grado di assicurare la traduzione degli indirizzi politici attraverso adeguate modalità di programmazione e organizzazione del lavoro. Con il principio di separazione tra indirizzo e gestione, anche per il dirigente scolastico è stato ridefinito il potere di gestione, concretizzandosi nell’adozione di atti e provvedimenti, compresi gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, così come la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, attribuendo autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. In tal modo il DS, al pari di tutti i dirigenti pubblici, è divenuto responsabile in via esclusiva della gestione e dei relativi risultati, mentre al vertice politico è rimasto affidato il distinto compito di esercitare funzioni di indirizzo, nonché di verificare la rispondenza dei risultati e della gestione agli indirizzi impartiti.

Due tipologie di figure dirigenziali

Ciò premesso, è necessario tuttavia evidenziare come la regolazione normativa relativa alla dirigenza scolastica sia tenuta distinta da quella riferita alla dirigenza amministrativa dello Stato (D.lgs. n. 80/1998), sottolineando l’intento, già presente ed evidente nella legge-delega 59/1997, di porre l’accento sulle singolarità della funzione dirigenziale da assolvere nella scuola.

Conferma esplicita delle differenze tra le due tipologie di figure dirigenziali – le quali comunque restano entrambe collocate entro un unico quadro disciplinatore concernente la dirigenza “statale” – si ritrova, prima di tutto, nella circolare ministeriale della Funzione Pubblica 31 luglio 2002.

Anche la Corte dei conti, in occasione del controllo di legittimità su di un provvedimento ministeriale di transito dalla dirigenza scolastica alla dirigenza amministrativa, ha sottolineato la diversità tra dirigenza pubblica e dirigenza scolastica, ritenendo che non sia legittimo conferire ad un dirigente scolastico un incarico secondo la normativa propria degli ordinari dirigenti dello Stato, non potendosi considerare il dirigente scolastico appartenente al ruolo (dirigenziale amministrativo) nel quale si intenderebbe collocarlo (v. Sez. Atti Governo – delibera n. 6/2004/P del 22.6.2004).

La responsabilità del dirigente scolastico, un quadro multicolore

Sui dipendenti pubblici gravano responsabilità oggettive di vario tipo – civile, penale, amministrativo-contabile, disciplinare e dirigenziale – correlate agli atti compiuti ed ai comportamenti, anche omissivi, tenuti durante lo svolgimento del servizio.

I principi fondamentali a cui fare riferimento sono riconducibili alla Carta costituzionale, e in particolare a due articoli:

  • Art. 28 Cost. che prevede che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi civili, penali e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tal caso la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
  • Art. 97 Cost. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari sono determinate nell’ordinamento degli uffici.

Con il termine “responsabilità†si intende la situazione di assoggettamento ad una determinata misura o sanzione, in seguito alla trasgressione di un obbligo.

Varie sono le forme di responsabilità soggettiva addebitabili al dipendente pubblico, per le quali esiste un reticolo di fonti normative che partendo dalla Costituzione italiana e dalle fonti comunitarie si estendono verso i diversi codici per giungere alle legislazioni speciali (leggi in materia di sicurezza sul lavoro, codice in materia di protezione dei dati personali…).

Per identificarsi una responsabilità è necessario che ci siano i seguenti elementi costitutivi:

  • una condotta, consistente in un’azione (atto o comportamento) od omissione;
  • un evento, ingiusta lesione di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo;
  • un nesso di causalità, il legame diretto e non interrotto tra condotta ed evento;
  • un elemento soggettivo, il dolo o la colpa grave.

Per le varie forme di responsabilità lo schema di giudizio è identico: l’organo giudicante, sia esso civile, penale, contabile o disciplinare, accerta se l’evento accaduto si ricollega al comportamento umano tenuto in violazione di un obbligo generico o specifico, attribuito dalla legge, dal regolamento o da un ordine di servizio, valuta il profilo soggettivo o psicologico del comportamento stesso (dolo, colpa ovvero negligenza, imperizia, imprudenza) per comminare una sanzione  più o meno grave.

Le sanzioni comminabili possono essere:

  • civili, risarcimento del danno (danno emergente, lucro cessante);
  • penali, pena pecuniaria (multa o ammenda) o restrittiva della libertà personale (arresto o reclusione);
  • amministrative, contravvenzione, obbligo di rimuovere il disservizio;
  • disciplinare, sanzione conservativa o espulsiva relative al rapporto di lavoro (es. revoca incarico, decurtazione trattamento economico accessorio).

Da un’unica azione, materiale o relativa ad un provvedimento, o da un comportamento omissivo possono rilevarsi due o più forme di responsabilità, a cui si ßdeve rispondersi.

Molte responsabilità, molte riflessioni… anche nelle prossime occasioni di formazione

Una prima lettura dei compiti e delle responsabilità della dirigenza scolastica può procurare un sentimento di sconforto. Sembra che l’evoluzione dettata dall’autonomia, ovvero il passaggio dalla vecchia figura del direttore didattico/preside a quella del dirigente scolastico, abbia generato un aumento inaccettabile delle funzioni, delle responsabilità e degli adempimenti, tale da snaturarne i compiti in maniera da renderli quasi irriconoscibili.

In realtà, l’evoluzione che abbiamo tentato di delineare non è sicuramente sufficiente per delineare un ruolo assai complesso. È necessario un approfondimento delle sue funzioni, delle sue responsabilità, delle modalità con le quali il Dirigente può svolgere i suoi compiti in misura adeguata ai bisogni ed alle esigenze delle scuole autonome.

Ne discuteremo a Gaeta, nella Start school 2025, dove sarà possibile avviare una riflessione più distesa sulle potenzialità insite nell’autonomia scolastica, anche nei rapporti tra dirigenza e altre figure che contribuiscono alla sua piena realizzazione.  


[1] Costituzione, art. 117 c. 3.

[2] D.lgs. 165/2001, art. 25, c 2. “Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacaliâ€.