La scuola di oggi e di domani

Quali possibili coordinate?

È un’impresa piuttosto ardua tracciare uno scenario complessivo delle molteplici “coordinate” utili ad orientare, ad indirizzare e a sostenere l’istituzione “Scuola”. È necessario un approccio sistemico, dal momento che tali coordinate sono strettamente interconnesse le une alle altre e costituiscono lo sfondo generale ed imprescindibile per realizzare azioni educative contestualizzate. È un approccio che abbiamo cercato di tracciare in occasione della Start School che ha avuto luogo a Gaeta dal 21 al 23 luglio 2025.

Cornice di senso

Le coordinate culturali ed etiche definiscono la “cornice di senso” dell’impresa educativa, a cui siamo chiamati per “mandato costituzionale” e che esige coerenza, intenzionalità e una “grande visione”.

Educare è difficile. È un “mestiere artigiano“, per dirla con Franco Lorenzoni[1], implica una continua ricerca, la capacità di stimolare e di “fare un passo indietro” per permettere agli studenti di liberare potenzialità, ampliare gli sguardi e moltiplicare le possibilità di scelta, seminando “inquietudine” con l’intento di “moltiplicare le domande” e favorire lo sviluppo del pensiero critico: “Seminare Inquietudine dovrebbe essere un anelito costante in educazione, con la consapevolezza che a scuola stiamo svolgendo una funzione politica nel senso più ampio autentico del termine, cioè di allenamento all’arte del convivere e di cura del bene comune. Se i progressi civili sono sempre legati a un allargamento del noi, la scuola pubblica deve fare la sua parte”[2].

Coordinate culturali ed etiche

In tal senso, il richiamo all’articolo 3 della Costituzione è inevitabile, giacché esso sottende la finalità prioritaria dell’agire educativo, ponendo come finalità prioritarie la “pari dignità“, la “rimozione degli ostacoli” e “il pieno sviluppo della persona“.

  • La pari dignità si traduce nel diritto all’ascolto e all’espressione del pensiero: dare piena dignità a bambine/i, ragazze/i è stata una priorità centrale di influenti pensatori e educatori (Dewey, Montessori, Decroly, Don Milani, Ciari, Lodi … per citarne alcuni).
  • La rimozione degli ostacoli è il compito più arduo, che richiede di garantire inclusione, equità e giustizia educativa per chi si trova in situazioni di fragilità (disabilità, disagio sociale, povertà educativa …), mirando a contrastare le discriminazioni che ostacolano i percorsi formativi ed impediscono la realizzazione di sé. Specialmente in un Paese come il nostro in cui nascere da genitori non diplomati comporta, in due casi su tre, un mancato completamento del percorso formativo.
  • Il pieno sviluppo della persona è l’aspirazione ideale verso cui tendere. È alla base della dimensione etica sottesa al mandato professionale di chi opera nella scuola a diversi livelli e con diversi ruoli e funzioni, nonché della società nel suo complesso, partendo dal presupposto che è un compito che appartiene alla “comunità educante” secondo una prospettiva sistemica ed ecologica (a dirla con Bronfenbrenner).

Viene in mente ciò che Piero Calamandrei (che ha contribuito a scrivere la Costituzione) ha affermato parlando della scuola come incubatrice di vocazioni: incubatrice rimanda allo strumento in grado di sostenere la vita nel momento in cui la natura mostra mancanze e difetti ed evoca la fragilità di una vocazione, da conoscere, supportare e alimentare adeguatamente, avendo la consapevolezza che qualsiasi vocazione è strettamente correlata alle potenzialità di cui ognuno è portatore (come ci insegna Vygotskij, a proposito di area prossimale di sviluppo).

In merito, non a caso, l’articolo 3 della Costituzione lega lo sviluppo personale all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese: solo la partecipazione attiva alla vita sociale e lavorativa consente a ciascuno di esprimersi e di realizzarsi pienamente.

Ciò sottolinea l’importanza di un’educazione alla cittadinanza globale e sostenibile, che formi cittadini consapevoli e attivi, promotori di società più vivibili, inclusive e pacifiche (secondo la definizione UNESCO), in grado di promuovere un dialogo interculturale, mediante cui costruire ponti e facilitare conoscenza reciproca, comprensione ed integrazione.

La sfida delle trasformazioni sociali

Viviamo in una società ipercomplessa e in rapidissima trasformazione: chi è nato nel 2019/2020 – anni in cui la pandemia ha accelerato determinate modificazioni a tutti i livelli – nel 2040 avrà 20 anni e, di certo, vivrà in un mondo che oggi non si riesce ad immaginare. Ci saranno sicuramente sfide significative.

In termini di cambiamenti che avvengono nella struttura e nel funzionamento della società, le trasformazioni sociali rappresentano una sfida multidimensionale e particolarmente complessa. Tra queste emergono prioritariamente il cambiamento demografico, le disuguaglianze sociali, le crisi ambientali e le nuove forme di partecipazione. Questi cambiamenti inducono a individuare soluzioni: l’Europa, in merito, ha definito un “Piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali”, partendo dai 20 principi del pilastro europeo dei diritti sociali che sono il faro che orienta verso un’Europa sociale forte e che definiscono la visione alla base del nostro nuovo corpus di norme sociali.

I tre obiettivi per il 2030

Il piano d’azione definisce una serie di misure dell’UE che la Commissione ha adottato e propone, anche, tre obiettivi da raggiungere entro il 2030, che contribuiranno a orientare le politiche e le riforme nazionali.

  1. Almeno il 78 % della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni dovrebbe avere un lavoro entro il 2030. Per raggiungere questo traguardo globale, l’Europa deve puntare a dimezzare il divario di genere a livello occupazionale, rispetto al 2019; ad aumentare l’offerta di servizi formali di educazione e cura della prima infanzia (ECEC); a ridurre il tasso di giovani che non hanno un lavoro né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET) di età compresa tra i 15 e i 29 anni dal 12,6 % (2019) al 9 %, migliorando in particolare le loro prospettive occupazionali.
  2. Almeno il 60 % di tutti gli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione, quale condizione preliminare per l’inclusione e la partecipazione al mercato del lavoro e alla società in un’Europa digitalmente trasformata. Al contempo, dovrebbe essere ulteriormente ridotto l’abbandono scolastico precoce, con un aumento della partecipazione all’istruzione secondaria superiore.
  3. Il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale dovrebbe essere ridotto di almeno 15 milioni entro il 2030. Dei 15 milioni di persone da sottrarre allo stato di povertà o di esclusione sociale, almeno 5 milioni dovrebbero essere bambini. L’attenzione rivolta ai bambini consentirà di offrire loro l’accesso a nuove opportunità e di spezzare il circolo vizioso intergenerazionale della povertà, evitando che diventino adulti a rischio di povertà o di esclusione sociale, con conseguenti effetti sistemici a lungo termine.

La sfida dell’infosfera e del digitale

La tecnosfera, in evoluzione continua, ha contribuito alla rivoluzione anche dell’infosfera[3], quale contesto generato dalla rivoluzione digitale post-gutemberghiano, nel quale il libro si ibrida sempre più con il format digitale, originando una “rivoluzione dell’apprendimento”[4].

D’altra parte, negli ultimi anni, complice anche la pandemia, abbiamo assistito a un’accelerazione straordinaria nei processi di digitalizzazione, che sono al centro della “quarta rivoluzione industriale”.  La rivoluzione tecnologica, la rivoluzione digitale e la rivoluzione scientifica ci stanno facendo viaggiare velocemente dall’infinitamente piccolo, all’infinitamente grande, fino ai confini dell’universo; ogni rivoluzione è allo stesso tempo madre e figlia l’una dell’altra, generando cambiamentidi livello esponenziale.

È, pertanto, inevitabile che si trasformi anche l’apprendimento, ma di questa ineludibile trasformazione non ne abbiamo ancora piena consapevolezza, perché le “istituzioni dell’apprendimento” non sono ancora pienamente pronte: sono necessari nuovi metodi, nuovi strumenti e una diversa cultura per apprendere con efficacia nei nuovi contesti delineati dall’ibridazione del fisico e del digitale. 

Learning agility

Il digitale è una cultura e un linguaggio, non è solo tecnologia; si tratta di educare “con e dentro” la tecnologia. Le competenze acquisite nel passato non sono più sufficienti: è necessaria la “learning agility“, ovvero la capacità di “apprendere, disapprendere, riapprendere continuamente” per tutto l’arco della vita, in cui si integrano apprendimenti formali, informali e non formali, secondo le definizioni fornite dal Memorandum della Commissione UE del 2000, dalle Linee Guida CEDEFOP (Centro Europeo per lo Sviluppo della Formazione Professionale) del 2009 e dalle Linee Guida UE del 2016.

In questa prospettiva, lo stesso PNRR è da ritenersi un programma di portata e ambizione inedite, chesottolinea l’importanza trasversale della formazione e delle competenze digitali. È fondamentale garantire, oggi più che mai, la qualità e l’efficacia della didattica e una nuova interazione – in ecosistemi di apprendimento ibridi, fisici e digitali – nella relazione tra docente e discente, per la riaffermazione della centralità della persona attraverso un “umanesimo digitale”.

Si tratta di essere capaci di gestire un “digitale etico”: educare a un uso consapevole, inclusivo, responsabile. App di apprendimento, realtà virtuale, ologrammi, aule virtuali e intelligenza artificiale richiedono docenti che evolvano in “learning coach“, capaci di stimolare pensiero critico, apprendimento continuo, selezione delle fonti e connessione tra discipline umanistiche e tecniche[5].

Coordinate pedagogiche e relazionali-socio-emotive

Nell’infosfera, è necessario riconsiderare il ruolo e l’agire professionale del docente, adottando nuove coordinate pedagogiche. Le “competenze trasversali” (ESCO[6]) sono “pietre angolari” per lo sviluppo individuale ed includono: risoluzione collaborativa dei problemi, apprendimento continuo, competenze digitali, iniziativa, resilienza, adattabilità, consapevolezza culturale e alfabetizzazione ai futuri. Si rende, dunque, necessario integrare le soft skill nei modelli e negli impianti educativi, specialmente quelli che si presentano ancora più tradizionali.

È cruciale sviluppare, al contempo, una cultura dell’auto-apprendimento, fornendo gli strumenti adeguati, come il metodo CAMPUS in sei passi (consapevolezza, autorealizzazione, metodo, pratica, utilizzo di ambienti social, sviluppo continuo). Si devono privilegiare metodologie attive come il social learning (apprendimento basato su condivisione e collaborazione tra le persone in una comunità di apprendimento finalizzata a un compito), la gamification (imparare giocando) e il cooperative learning.

È indispensabile “apprendere da mondi lontani”, mantenendo il legame con le “migliori radici” (la “tradizione”, in senso etimologico, come trasmissione di esperienze significative) per proiettarsi nel futuro. Ciò implica la necessità di saper contestualizzare gli insegnamenti di grandi studiosi come Socrate (si pensi all’attualità della sua arte della maieutica), Dewey e Morin, riconoscendo la profonda modernità di pensatori come Leopardi, anticipatore degli ipertesti digitali e della logica di navigazione del web nel suo modo di utilizzare la biblioteca paterna. Anche il motto montessoriano “Aiutami a fare da solo” è straordinariamente attuale: promuove la gioia della scoperta, la sperimentazione, la possibilità dell’errore, la curiosità, la creatività, la personalizzazione e il metodo, contrapponendosi all’apprendimento imposto e basato sul voto.

È fondamentale un apprendimento centrato sullo studente (personalizzazione, motivazione intrinseca, intelligenze multiple), una didattica per competenze (capacità di usare ciò che si apprende) e una valutazione formativa basata anche sull’autovalutazione (più feedback, meno giudizio numerico). Sono da garantire sempre più il benessere a scuola (cura dell’apprendimento e della persona, accoglienza del disagio strutturale), lo sviluppo di competenze socio-emotive (empatia, resilienza, consapevolezza) e la realizzazione di una “Scuola” come comunità educante, coinvolgendo famiglie, territorio ed enti del terzo settore.

Coordinate istituzionali e organizzative

Le priorità politiche del Ministero dell’Istruzione e del Merito, delineate nell’Atto di indirizzo politico-istituzionale per il 2025, costituiscono le coordinate istituzionali. Esse includono:

  • la promozione del miglioramento del sistema educativo valorizzando il personale
  • la formazione volontaria incentivata;
  • il nuovo profilo del DSGA nell’area dei Funzionari dell’Elevata Qualificazione;
  • le azioni per garantire il rispetto della persona e contrastare il bullismo (v. legge 150/2024);
  • la valorizzazione della filiera tecnologico-professionale e il rafforzamento del raccordo scuola-lavoro (v. legge 121/2024);
  • l’assicurazione del diritto allo studio, dell’inclusione dei più fragili e dell’integrazione degli studenti stranieri, contrastando la dispersione e i divari territoriali (v. Agenda Sud e Nord) e favorendo l’accesso precoce al sistema 0-6 (v. costruzione di nidi di infanzia).

Altre priorità riguardano: il supporto delle autonomie scolastiche e il rafforzamento del sistema di valutazione (in cui si inserisce anche la valutazione dei dirigenti scolastici); l’impulso all’internazionalizzazione del sistema scolastico (v. le sinergie tra ITS Academy e il Piano Mattei); il supporto alla riqualificazione dell’edilizia scolastica (con azioni mirate del PNRR); il potenziamento dell’offerta formativa in chiave di personalizzazione (v. PN Scuola e competenze 2021-2027, Piano Estate); l’aggiornamento delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (v. testo diffuso lo scorso 7 luglio); la semplificazione e l’innovazione della scuola (v. la Piattaforma UNICA); il rafforzamento della capacità amministrativa, gestionale e comunicativa del ministero e delle scuole (v. il processo di riorganizzazione ministeriale e il bando di reclutamento dei dirigenti con funzione tecnico-ispettiva); l’attuazione tempestiva delle misure del PNRR.

Ulteriori coordinate istituzionali sono rappresentate dalla legge 19 febbraio 2025, n. 22, che introduce lo sviluppo di competenze non cognitive e trasversali nei percorsi scolastici e professionali, prevedendo una sperimentazione triennale, nonché le preannunciate modifiche all’Esame di Stato di Scuola superiore di secondo Grado, che evolverà in esame di “maturità”.

Coordinate per i professionisti della scuola

Indipendentemente dai ruoli, i professionisti della scuola necessitano di formazione continua e trasformativa, di coaching educativo e di creare i presupposti per la realizzazione di “comunità professionali”.

In questa prospettiva è fondamentale promuovere una leadership distribuita e la capacità di innovazione dal basso. Ciò richiede un investimento parallelo nella formazione di tutto il personale. Le organizzazioni scolastiche devono riuscire a diventare flessibili e capaci di apprendere, trasformandosi in “comunità professionali” in cui si sperimenta, si sbaglia, si riflette e si cresce insieme.

Coordinate per una scuola che guarda al futuro

Una scuola efficace non può operare isolatamente: i confini tra aula e territorio si stanno dissolvendo, il che rappresenta un’opportunità, se ben gestita. È necessario un nuovo patto educativo che coinvolga scuola e famiglia, scuola ed enti locali, scuola e terzo settore, scuola e mondo del lavoro. Questa “corresponsabilità educativa” è una sfida organizzativa e culturale che richiede trasparenza, condivisione e progettualità.

Strumenti già esistenti – come l’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, assicurate dal D.P.R. 275/1999, il PTOF come “carta d’identità” e di intenti della scuola, il curricolo verticale, i tavoli interistituzionali, le reti di scuole e i patti educativi di comunità – dovrebbero essere utilizzati in modo più mirato ed intenzionale.

Ma tutto questo ha senso solo se le scuole tornano a essere presidi culturali e sociali del territorio: “[…] la cultura e la conoscenza non si possono trasmettere ma solo costruire e ricostruire, ciascuno a modo suo, possibilmente insieme. Per farlo dobbiamo sperimentarci in un artigianato dell’educare, da arricchire e mettere a punto in continui confronti”[7].


[1] Cfr. F. Lorenzoni, Educare controvento, Sellerio editore Palermo, 2023.

[2] Op. cit., p. 15.

[3] Come aveva già previsto agli inizi degli anni ’80 Alvin Toffler nel suo best seller “La Terza Ondata” (Sperling & Kupfer).

[4] “L’apprendimento non segue le tendenze culturali, ma le fa, le crea, le avvia per primo e le estende agli altri settori sociali, culturali ed economici. Oggi, tanto più nella inafferrabile normalità post pandemica, è il primo motore del cambiamento culturale ed economico globale!” (Tea Trends, 2021). Cfr. anche F. Amicucci, Apprendere nell’infosfera, Franco Angeli, 2021.

[5] Cfr. F. Amicucci, cit.

[6] ESCO è un progetto gestito dalla Direzione Generale Occupazione, Affari Sociali e Inclusione – DG EMPL- della CE. Tale progetto definisce la classificazione multilingue europea delle abilità, competenze, occupazioni e qualifiche dell’UE e ha elencato e descritto le caratteristiche delle cosiddette “soft skills”, ovvero “competenze trasversali”.

[7] F. Lorenzoni, Educare controvento, op. cit., p. 16.