Esame di Stato 2025

Dalle proteste alle riflessioni per migliorarlo

Recentemente sono stati resi noti dal Ministero dell’istruzione e del merito i dati sugli esami di Stato 2024-2025[1]. Sono dati che in realtà non destano più sorprese sia per le percentuali sempre altissime degli ammessi agli scrutini finali e dei promossi, sia per la diversa diffusione tra le aree geografiche del “100 e lodeâ€: anche quest’anno le più alte percentuali sono state registrate in Calabria (6,1%), Puglia (5,5%), Sicilia (4,7%) e Campania (4,0%). Al contrario, le regioni con le percentuali più basse sono la Valle d’Aosta (0,3%), la Lombardia (1,1%), il Piemonte (1,4%), il Veneto (1,3%)e il Trentino-Alto Adige (1,3%).

Ciò che quest’anno, invece, ha destato molto clamore, e forse resterà nella storia, è la protesta alla prova orale di alcuni studenti che hanno deciso di fare “scena muta†all’orale. Ciò è accaduto a Padova, Belluno, Treviso, Firenze e nella provincia di Pesaro e Urbino. Gli episodi, diventati subito virali sui social, erano tesi a testimoniare un profondo malcontento tanto nei confronti di una scuola ritenuta non più al passo con i tempi quanto nei riguardi di una classe docente avvertita come poco attenta al valore umano degli studenti, ma anche di un sistema di valutazione fondato sui voti, capace di originare competitività e ansia da prestazione.

Il caso del “coraggio a rischio zeroâ€

Queste manifestazioni di protesta, definite “molto coraggioseâ€, hanno ricevuto il plauso di molti genitori e coetanei, ma anche molte critiche. Una parte dell’opinione pubblica ha messo in evidenza che questo “coraggio†di fatto è stato “a rischio zeroâ€, poiché i ragazzi hanno attuato la protesta solo dopo la fine degli scritti, sapendo già che la promozione era di fatto automatica. Il Decreto legislativo 62 del 13 aprile 2017, dettando le modalità di calcolo del punteggio finale dell’Esame di Stato del secondo ciclo, ha, di fatto, previsto, nei primi due commi dell’art. 18, che la Commissione possa attribuire per ogni prova scritta un massimo di 20 punti e per il colloquio altri 20 punti; al credito per gli anni precedenti va attribuito un massimo di 40 punti. Quindi, per superare l’esame di Stato è sufficiente ottenere un punteggio pari a 60/100. I protagonisti della vicenda, facendo “scena muta†all’orale, quale coraggio hanno mostrato se erano già consapevoli di avere conseguito la promozione?

Va constatato, tuttavia, che con questa protesta hanno suscitato una risposta istituzionale tempestiva, anche se non conforme alle loro aspettative. il Ministro Valditara, già noto sostenitore di un ritorno al rigore del passato, ha replicato annunciando che in un’imminente riforma della maturità tali comportamenti non saranno più tollerati e saranno censurati con la “bocciaturaâ€.

Sotto la punta dell’iceberg

La reazione del Ministro è stata interpretata da molti come un tentativo di repressione del dissenso, piuttosto che come un’opportunità di confronto. Gli studenti, in realtà, hanno voluto mettere in evidenza quanto la scuola sia eccessivamente focalizzata sulla valutazione numerica e sulla competizione, a scapito della crescita personale e della valorizzazione delle diverse abilità. Hanno voluto pure evidenziare una mancanza di empatia e di dialogo da parte di alcuni docenti, che non riuscirebbero a cogliere le difficoltà umane e personali che vanno oltre il mero rendimento scolastico. Sicuramente una riforma è necessaria, ma probabilmente andrebbe pensata partendo soprattutto non dalla necessità di punire, ma dalle motivazioni che hanno indotto a quel tipo di protesta, che, anche se “non coraggiosaâ€, ha comunque messo a nudo alcune criticità del nostro sistema scolastico.

Evidentemente la “falla†è nell’attuale testo di legge che consente la promozione secondo un calcolo numerico e manca di dire che l’esecuzione di tutte le prove (ivi compresa quella orale) è la condizione per arrivare all’esito finale. È da questa omissione che gli studenti hanno preso spunto per avvalersi del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, come d’altronde prevede l’articolo 21 della nostra Costituzione.

È pur vero che è difficile ignorare che talvolta la generazione “Social†cerca attraverso i networks quel riconoscimento sociale che trova difficile ottenere nella quotidianità. Allo stesso modo non può essere sottovalutato il pericolo di emulazione finalizzato al raggiungimento della notorietà più che di un proprio credo etico-personale.

Tuttavia, in questa vicenda, non si possono ignorare le motivazioni sottese che richiedono riflessioni per ripensare la funzione educativa e formativa della nostra scuola.

Una riforma è necessaria, ma come?

Alla base della protesta si pone, sicuramente, un malcontento per un voto che, di fatto, tende a premiare più la performance che l’impegno e la crescita. Non a caso, le prove dell’esame hanno un peso del 60% sul risultato finale. Tra l’altro concorrono ad attribuire il voto un Presidente e tre Commissari esterni, ossia persone che non hanno condiviso negli anni la storia personale dello studente e che non sempre tengono in debito conto il parere dei Commissari interni. Gli studenti considerano questi elementi fuorvianti per una valutazione autentica. Può capitare, infatti, che da una performance finale brillante uno studente, che ha avuto negli anni un rendimento scolastico incerto, può ottenere un voto più alto del compagno di classe che, invece, ha studiato sempre con costanza e con maggiore profitto.

Una commissione d’esame solo interna, come già avviene nella scuola secondaria di I grado, potrebbe attutire le difficoltà emotive e garantire esiti più contestualizzati. Sarebbe un provvedimento, tra l’altro, “a costo zeroâ€, anzi “a risparmioâ€. Ma una parte dell’opinione pubblica esprimerebbe, sicuramente, una forte contrarietà. Secondo molti “rigoristi†l’esame di Stato, proprio per la sua funzione di certificazione nazionale delle competenze, deve avere un valore oggettivo e una credibilità al di sopra delle parti. Una commissione totalmente interna, rischierebbe di non essere oggettiva e potrebbe tendere a un abbassamento degli standard. Senza il “controllo” esterno, ogni scuola potrebbe, in linea teorica, decidere di adottare parametri più indulgenti, creando una disparità tra i diversi istituti e svalutando il titolo di studio a livello nazionale.

Viene comunque da riflettere sul rapporto tra valutazione finale e valore formativo della valutazione. La valutazione non è un’etichetta impressa sullo studente, ma un’opportunità per promuovere una crescita continua e significativa finalizzata a rendere gli studenti capaci di rispondere con autonomia e maturità ai problemi inediti che la vita inevitabilmente presenterà. La valutazione formativa è anche quella attraverso la quale lo studente deve imparare a tenere i “nervi saldi†e trovare soluzioni creative e tempestive di fronte alle difficoltà.

Esame di “maturità†tra evoluzione ed abolizione

Si sono riaccesi, quindi, i riflettori sul dibattito, mai risolto, se eliminare o meno l’esame di Stato sostituendolo con la certificazione delle competenze. Sono in molti a chiedersi, infatti, se abbia ancora senso parlare di maturità, ma anche se si è in grado poi di risolvere tutte le ricadute pedagogiche, sociali, e soprattutto giuridiche che ne deriverebbero.

Tra l’altro va ricordato che l’esame di Stato è previsto dall’articolo 33 della Costituzione: “È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionaleâ€. Perciò per eliminarlo sarebbe necessaria una legge costituzionale, cioè una legge per la cui approvazione occorrerebbero molto tempo, vista la procedura lunga e articolata (art. 138 Cost).

Quindi, appare più realistico e di senso pensare ad una riforma che adegui l’esame di Stato alle caratteristiche dei cittadini di oggi, di una fase storica che si configura con tratti liquidi, talvolta contraddittori, ma anche con un potenziale ancora tutto da scoprire.

Quale rito di passaggio nella società attuale?

L’esame di Stato è un rito di passaggio che riflette profondamente i valori e le strutture della società in cui si svolge. Questo concetto si basa sull’idea che i riti di passaggio, come definiti dall’antropologo Arnold van Gennep[2], segnano la transizione di un individuo da uno status sociale a un altro, e la loro forma è sempre un prodotto del contesto culturale. Nel corso del tempo, l’attenzione normativa ha sempre accompagnato l’evoluzione dell’Esame di Stato adattandolo alle varie trasformazioni storiche e sociali, proprio nella consapevolezza che tale prova da sempre segna il passaggio definitivo dall’adolescenza alla maturità.

Vale la pena ricordare che le radici dell’Esame di Stato risalgono alla riforma Gentile (1923), il cui obiettivo era quello di formare una classe dirigente forte attraverso una cultura classica e una severa selezione che avrebbe permesso agli studenti migliori l’accesso alle università più prestigiose. Successivamente, le riforme degli anni Sessanta, in nome dei valori di uguaglianza e democrazia, hanno modificato le prove di esame adattandole ai nuovi modelli sociali. A partire dagli anni Novanta altri Ministri (Berlinguer, Renzi, Bussetti…) hanno introdotto modifiche e semplificazioni.

Quanto è accaduto poi, durante la pandemia da Covid 19, è sicuramente la testimonianza più esplicita della volontà istituzionale di rispondere ai mutamenti epocali e alle diverse esigenze educative, accelerando anche le evoluzioni didattiche sul piano digitale.

Dunque, la protesta degli studenti attraverso la cosiddetta “scena muta†non è altro che un appello al cambiamento. Siamo consapevoli che l’esame di Stato conserva ancora un valore simbolico, un valore di sintesi di un ciclo lungo di studi, che attesti le competenze e le conoscenze acquisite durante il percorso scolastico.

Certo, per migliorarlo bisognerebbe dare maggiore peso alla valutazione delle competenze trasversali e delle abilità pratiche introducendo, per esempio, prove che richiedano la risoluzione di problemi reali o la collaborazione in gruppo. Si potrebbero offrire percorsi d’esame più flessibili e personalizzati, che tengano conto delle inclinazioni individuali di ciascuno. Sarebbe utile, inoltre, integrare l’esame con una maggiore connessione con il mondo del lavoro e con l’università. La speranza è che l’attuale Ministro sappia interpretare questo segnale di disagio e risponda in maniera adeguata.


[1] Sono disponibili i dati sugli esiti degli scrutini e degli Esami di Stato del primo e del secondo ciclo d’istruzione per l’anno scolastico 2024/2025.

[2] Arnold van Gennep è stato un antropologo francese, tra i più noti studiosi di antropologia del Novecento; diede fondamentali contributi all’analisi dei riti di passaggio, inaugurandone lo studio sistematico nell’etnografia europea, e fondò lo studio etnografico del folklore come disciplina accademica in Francia.