Tu chiamale, se vuoi, emozioni…

L’educazione emotiva e la scuola che verrà

“Tu chiamale, se vuoi, emozioni”, suggeriva Mogol nei lontani anni Settanta del secolo passato, sottintendendone la complessità e, soprattutto, la caratteristica sfuggevolezza.

L’uomo, è noto, possiede risposte emozionali che producono effetto solo se vengono innescate e che hanno una funzione principalmente adattiva; dunque l’apporto delle emozioni è sempre prodromico all’incremento intellettivo e culturale del singolo perché esso stimola i cambiamenti neurologici e psicologici dell’individuo, che incidono sul pensiero e sul comportamento, tenuto conto degli stimoli sociali e ambientali.

Lo status di disciplina

Ora, sulla scorta del DDL n. 1334 successivamente confluito nella Legge 19 febbraio 2025, n. 22 recante l’Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive e trasversali nei percorsi delle istituzioni scolastiche, più di recente è stata presentata una seconda interrogazione parlamentare (su spinta, tra gli altri, dei Deputati Nave, Aloisio, Licheri e Pirro) specificamente dedicata all’educazione emotiva a scuola, considerata non a torto un peculiare approccio didattico volto a insegnare a comprendere le proprie emozioni, a costruire relazioni positive e a ricomporre i conflitti in modo costruttivo.

L’obiettivo sarebbe quello di conferire all’educazione emotiva lo status di disciplina rientrante nel curricolo scolastico, tenuto conto degli esempi illuminanti di svariati Paesi d’area nordeuropea quali Svezia, Finlandia e Regno Unito, da sempre orientati ad includerla all’interno delle progettazioni didattiche (pur senza il vincolo di valutazioni numeriche), passaggio che indubbiamente anticipa la creazione di un sistema educativo di successo.

L’importanza delle competenze non cognitive

Il Ministro Valditara ha riconosciuto, di rimando, la centralità dell’educazione alle emozioni, condicio sine qua non all’interno della cultura del rispetto delle differenze, e ha sostenuto che le azioni afferenti alle competenze non cognitive sono il naturale prosieguo delle riformate Indicazioni Nazionali o delle Linee Guida per l’Educazione Civica.

Del resto nel percorso di sviluppo cognitivo e critico degli studenti e delle studentesse non conta unicamente l’apprendimento dei saperi disciplinari afferenti alle varie materie di studio, ma risulta altrettanto basilare lo sviluppo di attitudini quali la personalità, l’autoconsapevolezza o il vasto gruppo delle cosiddette competenze sociali, tre le quali spiccano il lavorare in gruppo, la capacità d’ascolto e l’attitudine alla cooperazione.

L’economista americano – già premio Nobel – James Heckman[1] ha sottolineato l’importanza delle competenze non cognitive, quelle in grado di spiegare più variabilità individuali tra le persone, e le ha classificate in cinque grandi dimensioni:

  • estroversione
  • amicalitĂ 
  • coscienziositĂ 
  • apertura all’esperienza
  • stabilitĂ  emotiva.

A loro volta le non cognitive skillsdefiniscono il character, ovverosia quei tratti di personalitĂ  che, facendo perno sui talenti unici e irripetibili delle persone, conducono verso il concetto di capability approach, in altri terminila possibilitĂ  di poter disporre di alternative che consentano alle persone di sviluppare compiutamente le proprie potenzialitĂ  e le proprie aspirazioni (L. Rondanini, 2025[2]).

Motivazione, apprendimento, empatia

Dall’esercizio delle soft skills, classificabili in svariate categorie (efficacia personale, comunicazione e relazione, influenza e impatto, orientamento e realizzazione), ormai non si può prescindere, a scuola come nel mondo del lavoro, dal momento che la resistenza allo stress, l’autostima, la capacità di cooperazione, ovvero l’approccio costruttivo dinanzi alle situazioni problematiche, costituiscono talenti determinati e sovente decisivi.

L’esperienza acquisita dal personale docente ed educativo ha dimostrato che le performance maturate in contesti stressanti o scarsamente relazionali possono produrre nel discente non solo ricordi deleteri, ma anche un feedback negativo implicito, in grado d’innescarsi in ogni situazione simile, a meno che non si riesca a far leva sui talenti e sulle motivazioni di chi sta apprendendo. D’altronde non c’è acquisizione senza motivazione, poiché essa si configura come un fattore dinamico del comportamento che dirige l’individuo verso una meta: sarà pertanto l’empatia emotiva tra docente e discente a innescare la motivazione intrinseca, capace a sua volta di determinare un contesto d’apprendimento positivo e proficuo.

Di certo, dunque, l’apporto delle emozioni è propedeutico all’incremento intellettivo a lungo termine, perché esso – nell’alveo delle funzioni emotive in ambito neurofisiologico – stimola i cambiamenti fisici e psicologici dell’individuo, che finiscono per incidere sul pensiero e sul comportamento, in risposta a stimoli sociali e ambientali.

Possiamo in sintesi affermare che il successo nel processo d’apprendimento, determinato non soltanto da intelligenza e razionalità, dipende principalmente dalla dimensione emozionale: emozioni e apprendimento hanno quindi un legame inscindibile.

Esercitare le soft skills

In conclusione, dunque, a prescindere da quelli che saranno gli interventi specifici promossi da ogni istituzione scolastica, la Legge 22/2025 produrrĂ  effetti nel prossimo triennio e prevederĂ  una sperimentazione su base volontaria, che non sarĂ  supportata da finanziamenti specifici, ma sarĂ  comprensiva della formazione dei docenti.

Come ben ha osservato la psicologa Sabrina Pontani (2025[3]), gli interventi promossi non dovrebbero che confermare l’importanza improcrastinabile dell’esercizio della dimensione emotiva, dentro e fuori la scuola, dimodoché bambini e adolescenti – sempre di più costretti a preferire le emoticon alle emozioni, i contatti alle relazioni e il virtuale alla realtà – imparino ad esercitare le soft skills[4].


[1] James J. Heckman, Tim Kautz, Formazione e valutazione del capitale umano, Il Mulino, 2017.

[2] L. Rondanini, La legge sulle competenze non cognitive, su www.erickson.it dell’11 maggio 2025.

[3] M. Pontani, La rete nazionale dell’empatia. Una scuola per il futuro, su www.gruppolascuola.it, maggio 2025.

[4] Cfr. di D. Scarampi, Il ruolo delle emozioni nell’apprendimento linguistico, su www.treccani.it del 20 luglio 2022; Le competenze trasversali (o soft skills), ovvero l’architrave della relazione educativa nella scuola, in D. Ciccone e R. Stornaiuolo (a cura di), 30 spunti per orientarsi nella dirigenza scolastica, Napoli, Tecnodid, 2022; Verso un apprendimento significativo e radicato: dall’esercizio delle competenze non cognitive (o soft skills) all’importanza dell’alfabetizzazione emotiva in A. D’Ambrosio e B. Lettieri (a cura di), Dirigere la Scuola. Guida per dirigenti scolastici e insegnanti, Logus Edizioni, 2023.