L’istruzione, lungi dall’essere un mero costo per le finanze pubbliche, si configura come uno degli investimenti più strategici e fruttuosi per la competitività e la resilienza economica e sociale di un paese. Questo principio fondamentale è ribadito con forza nel rapporto “Investire nell’istruzione 2025” della Commissione Europea, Direzione generale per l’istruzione, la gioventù, lo sport e la cultura[1].
Questa breve riflessione si propone di sottolineare la situazione degli investimenti in politiche educative nell’Unione Europea, evidenziando le ripercussioni negative di una spesa insufficiente e i molteplici vantaggi derivanti da un investimento mirato, con un focus particolare sull’Italia e sui Paesi affini che condividono sfide simili.
Primi segnali di ripresa e sfide persistenti
Nel 2023, gli Stati membri dell’UE hanno destinato in media il 4,7% del loro PIL (equivalente a 806 miliardi di euro) e il 9,6% della spesa pubblica totale all’istruzione. Questi dati, seppur rappresentando i primi segnali di ripresa, dopo l’interruzione causata dalla pandemia di Covid-19, indicano che gli investimenti sono ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia.
Questa flessione è attribuibile principalmente a una maggiore concorrenza per i finanziamenti pubblici, con altre funzioni di spesa (come gli “Affari economici” e, transitoriamente, la “Salute”) che hanno assorbito quote maggiori, soprattutto in risposta a crisi economiche ed energetiche e al sostegno all’Ucraina.
Le disparità tra gli Stati membri sono significative. La spesa per l’istruzione in percentuale del PIL varia notevolmente, dal 7,2% in Svezia al 2,8% in Irlanda. Quest’ultimo dato, tuttavia, è influenzato dalla peculiare struttura economica irlandese. L’Italia, ad esempio, si posiziona significativamente al di sotto della media UE, avendo destinato nel 2023 il 7,3% della spesa pubblica totale (contro il 9,6% della media UE) e il 3,1% del PIL all’istruzione (al di sotto della media UE del 4,7%). Questi dati evidenziano una sotto-allocazione di risorse rispetto alla media europea, suggerendo che l’Italia è tra i paesi che maggiormente potrebbero beneficiare di un incremento degli investimenti.
La maggior parte della spesa pubblica per l’istruzione nell’UE, oltre il 70%, è destinata alle scuole, ripartita quasi equamente tra i livelli prescolastico/primario (35%) e secondario (37%), mentre l’istruzione terziaria rappresenta il 16%. Per quanto riguarda le categorie di spesa, quasi due terzi (62%) sono assorbiti dalla retribuzione dei dipendenti, il 14% dai consumi intermedi e solo l’8% dagli investimenti lordi, come l’acquisizione di beni fissi e durevoli (es. computer ed edifici). Questa distribuzione, seppur stabile tra il 2019 e il 2023, solleva interrogativi sull’adeguatezza degli investimenti in infrastrutture e tecnologie, cruciali per la modernizzazione dei sistemi educativi.
Ruolo complementare dei finanziamenti dell’UE
Sebbene la responsabilità primaria del finanziamento dell’istruzione ricada sui governi nazionali, i finanziamenti dell’UE giocano un ruolo cruciale nel migliorare la qualità e l’efficacia degli investimenti. Per il periodo 2021-2027, sono stati stanziati circa 148 miliardi di euro per l’istruzione e le competenze attraverso diversi strumenti comunitari. Tra questi, spiccano il Fondo Sociale Europeo+ (42 miliardi di euro), il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (75 miliardi di euro per il periodo 2021-2026 dedicati a investimenti in capitale umano e infrastrutture), Erasmus+ (26,1 miliardi di euro), il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo per una transizione giusta e InvestEU.
Questi fondi sono fondamentali per sostenere riforme importanti, quali il miglioramento delle infrastrutture educative, l’adattamento dei sistemi educativi alla transizione digitale e il potenziamento della mobilità per l’apprendimento. Essi rappresentano un complemento vitale ai bilanci nazionali, stimolando investimenti in settori strategici che altrimenti potrebbero non ricevere adeguata attenzione.
Vantaggi inequivocabili degli investimenti nell’istruzione
L’istruzione è un investimento che produce molteplici benefici economici e sociali nel tempo. Il rapporto della Commissione Europea evidenzia come sia un fattore chiave per la competitività e la resilienza economica, migliorando l’equità e la preparazione intergenerazionale. A livello macroeconomico, l’istruzione aumenta la produttività del lavoro, sostiene il ritmo dell’innovazione in un’economia basata sulla conoscenza e migliora la qualità del capitale umano.
I benefici sono anche tangibili per gli individui: un solo anno di istruzione in più può aumentare il reddito di una persona di circa il 7% in Europa. Inoltre, la ricerca dimostra che i paesi con una popolazione più qualificata si riprendono più rapidamente dagli shock economici e dimostrano una maggiore resilienza. Livelli più elevati di competenze di base sono direttamente collegati a una maggiore crescita economica a lungo termine. Stime recenti indicano che entro il 2030 il PIL dei paesi europei potrebbe aumentare tra l’8% e il 10% rispetto alle proiezioni attuali se più persone fossero dotate di un livello sufficiente di competenze di base. Simulazioni più ambiziose suggeriscono addirittura un aumento del PIL dell’UE fino al 30% entro il 2100 se si migliorassero significativamente le competenze di base dei giovani.
Un’istruzione di qualità è anche la risposta efficace alle sfide demografiche e alla carenza di competenze. Dotando gli individui delle competenze necessarie in un mercato del lavoro in rapida evoluzione, soprattutto nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), si riducono le future carenze di personale e si sostiene la produttività. I tassi di occupazione ne sono una chiara dimostrazione: nel 2024, tra i 25 e i 34 anni, i tassi di occupazione delle persone con un livello di istruzione elevato e medio erano rispettivamente dell’86% e dell’80%, rispetto a solo il 59% delle persone con un livello di istruzione basso. L’istruzione migliora la resilienza dei lavoratori anche durante le crisi del mercato del lavoro.
Ripercussioni negative della mancata spesa e le sfide demografiche
La mancata o insufficiente spesa in istruzione comporta gravi ripercussioni. In primo luogo, la disuguaglianza educativa rappresenta un ostacolo critico, rafforzando i cicli di povertà e limitando le opportunità per chi proviene da contesti svantaggiati. Questo fenomeno è illustrato dalla “Curva del Grande Gatsby dell’istruzione”[2], che mostra come i paesi con una maggiore disuguaglianza di reddito tendano ad avere una minore mobilità educativa intergenerazionale. In altre parole, le disparità economiche si traducono in disuguaglianze nell’accesso a un’istruzione di qualità: bambini provenienti da famiglie abbienti frequentano scuole meglio finanziate e beneficiano di maggiori risorse, mentre studenti provenienti da contesti a basso reddito affrontano scuole sotto-finanziate e maggiori ostacoli. I risultati del Programma OCSE per la valutazione internazionale degli studenti (PISA) 2022 confermano queste ampie disuguaglianze educative in Europa, dove il background socioeconomico è un forte predittore dei risultati di apprendimento, con il 48% degli studenti provenienti dal livello socioeconomico più basso che ha risultati insufficienti in matematica, contro l’11% del livello più alto.
Il costo dell’inattività dello Stato è notevole. Le perdite di apprendimento legate alla pandemia probabilmente persisteranno nel medio-lungo termine senza politiche correttive efficaci. A livello globale, si stima che entro il 2030 i Governi potrebbero perdere circa 1,1 trilioni di dollari all’anno in mancate entrate a causa dell’abbandono scolastico precoce e 3,3 trilioni di dollari all’anno per i bambini privi di competenze di base. Inoltre, il calo dei livelli di competenze di base tra i giovani potrebbe ridurre la crescita della produttività multifattoriale a lungo termine di circa il 3% nei paesi OCSE, se non si interviene con politiche efficaci.
Sfida dalle tendenze demografiche avverse
L’invecchiamento della popolazione e il calo della popolazione in età scolare esercitano una pressione crescente sui bilanci pubblici (ad esempio, per pensioni e assistenza sanitaria), con il rischio che i finanziamenti all’istruzione possano essere privati della necessaria priorità. Si prevede una diminuzione del 3,5% della popolazione UE-27 di età compresa tra 3 e 18 anni entro il 2030 rispetto al 2022, pari a circa 2,5 milioni di persone in meno. Questo declino demografico, se non gestito strategicamente, potrebbe minacciare le prospettive economiche, portando a una forza lavoro in contrazione e a un rallentamento della crescita.
Tuttavia, queste tendenze offrono anche delle opportunità di innovazione. Un minor numero di studenti potrebbe consentire un aumento della spesa pubblica per studente (con un incremento medio del 19% in tutta l’Unione nello scenario “costante reale” entro il 2030). Ciò potrebbe tradursi in classi più piccole, esperienze di apprendimento più personalizzate e risorse liberate da investire in miglioramenti della qualità, programmi di studio modernizzati, una migliore formazione degli insegnanti, condizioni di lavoro più favorevoli e un’integrazione più efficace delle tecnologie avanzate nelle aule.
Caso dell’Italia e dei paesi affini
Per l’Italia e i paesi con profili di investimento simili, le sfide e le opportunità discusse assumono una rilevanza ancora maggiore. Come accennato, l’Italia nel 2023 ha speso il 7,3% della spesa pubblica totale e il 3,1% del PIL per l’istruzione, valori nettamente inferiori alla media europea del 9,6% e 4,7% rispettivamente. Questa sotto-spesa cronica espone il nostro Paese, come abbiamo visto, ad un alto rischio di ripercussioni negative.
In un contesto di forte concorrenza per i finanziamenti pubblici, la bassa priorità data all’istruzione può essere esacerbata da altre esigenze di bilancio. Questo indica una lotta per le risorse che, se non bilanciata con un’adeguata valutazione del ritorno sull’investimento nell’istruzione, può compromettere il futuro capitale umano.
Le tendenze demografiche avverse colpiscono l’Italia con particolare intensità. Le proiezioni indicano una diminuzione del 13% della popolazione di età compresa tra 3 e 18 anni entro il 2030, rendendo l’Italia uno dei paesi più gravemente colpiti in Europa. Questa contrazione demografica, unita a investimenti insufficienti, potrebbe amplificare le disuguaglianze educative, ostacolare la mobilità sociale e rendere più difficile per il Paese affrontare le future carenze di competenze, specialmente in settori strategici come le discipline STEM.
Per l’Italia, l’applicazione della “Curva del Grande Gatsby” suggerisce che la persistenza della disuguaglianza di reddito potrebbe tradursi in una minore mobilità educativa intergenerazionale, limitando il potenziale di sviluppo del capitale umano tra gli individui provenienti da contesti svantaggiati. La mancata spesa non solo priva i giovani di opportunità individuali, ma compromette anche la capacità complessiva del Paese di adattarsi e prosperare in un’economia globale in rapida evoluzione.
Come abbiamo già detto riferendoci all’Europa, anche per l’Italia il calo demografico può essere visto come un’opportunità. A fronte di una diminuzione degli studenti, si può mantenere invariata (o anche aumentare) la spesa totale per l’istruzione in termini reali. Ciò potrebbe consentire investimenti mirati nella qualità, nella formazione degli insegnanti, nella modernizzazione dei programmi di studio e nell’introduzione di tecnologie avanzate, trasformando la sfida demografica in una leva per un sistema educativo più efficace ed equo.
Prospettive future e strategie per un investimento efficace ed equo
Guardando al futuro, il nuovo quadro di governance economica dell’UE e l’Unione delle competenze offrono opportunità concrete per maggiori investimenti strategici nell’istruzione. Le nuove norme prevedono una maggiore flessibilità per quei paesi che si impegnano in riforme e investimenti che favoriscono la crescita, inclusa l’istruzione. La Commissione Europea incoraggia attivamente gli Stati membri a utilizzare questa opzione di aggiustamento esteso per includere riforme e investimenti nell’istruzione che aumentino la produttività e la partecipazione al mercato del lavoro.
La Commissione europea, infatti, si impegna a sostenere gli Stati membri nelle riforme e negli investimenti intelligenti nell’istruzione e nelle competenze, come delineato nell’Unione delle competenze del 5 marzo 2025. Il Learning Lab sugli investimenti nell’istruzione e nella formazione di qualità[3], lanciato nel novembre 2022, è un’iniziativa chiave in tal senso. Ha l’obiettivo di promuovere una cultura della valutazione nelle politiche educative, sviluppare capacità sulle metodologie di valutazione tra i decisori politici e facilitare la collaborazione e la condivisione delle migliori pratiche tra gli Stati membri per garantire che gli investimenti siano efficaci, efficienti ed equi. Questo è fondamentale per assicurare che ogni euro speso produca il massimo impatto.
Il “Pacchetto di Primavera”
Il Pacchetto di Primavera 2025 del Semestre Europeo[4] sottolinea l’importanza del capitale umano per migliorare la produttività e la crescita, con raccomandazioni che insistono sulla necessità di potenziare le competenze di base, migliorare la qualità e la pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione per il mercato del lavoro (in particolare nelle discipline STEM) e rafforzare la professione di insegnante. Il Piano d’azione sulle competenze di base, presentato il 5 marzo 2025, mira a ridurre la quota di insufficienti risultati nelle competenze di base al di sotto del 15% entro il 2030.
Infine, la proposta per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE per il periodo 2028-2034[5] prevede un aumento dei finanziamenti per l’istruzione e le competenze attraverso Piani di Partenariato Nazionali e Regionali, un nuovo Fondo Europeo per la Competitività e un programma Erasmus+ rafforzato. Questi strumenti saranno cruciali per sostenere l’agenda di investimenti e riforme.
Urgenza di agire per l’Italia e l’Europa
L’analisi degli investimenti in politiche educative nell’UE e in particolare in Italia, sottolinea un messaggio inequivocabile: l’istruzione è un investimento vitale, non un costo, che determina il futuro economico e sociale. I vantaggi di una spesa adeguata sono molteplici e quantificabili, dalla crescita del PIL all’aumento dei redditi individuali, dalla resilienza economica alla riduzione delle carenze di competenze. Al contrario, la sotto-spesa si traduce in gravi ripercussioni, come l’accentuazione delle disuguaglianze educative, una minore mobilità sociale intergenerazionale e una ridotta capacità di affrontare le sfide demografiche e i cambiamenti del mercato del lavoro.
Per l’Italia, con la sua spesa per l’istruzione significativamente inferiore alla media europea e l’urgente sfida del calo demografico, l’imperativo di agire è ancora più forte. È fondamentale che il Paese non solo aumenti il volume dei suoi investimenti nell’istruzione, ma che li renda anche più efficaci, efficienti ed equi, capitalizzando sulle opportunità offerte dai fondi e dai quadri di governance dell’UE. L’adozione di un approccio basato sull’evidenza, promosso da iniziative come il Learning Lab, è essenziale per garantire che le risorse siano allocate in modo ottimale per massimizzare i benefici.
In un’Europa che punta alla competitività e alla coesione economica, sociale e territoriale, l’istruzione rimane il perno di ogni strategia di successo. Per l’Italia e per i paesi affini investire strategicamente nell’istruzione significa investire nel proprio futuro, costruendo una società più qualificata, equa e resiliente per tutte le generazioni.
[1] Nuova relazione della Commissione europea “Investire nell’istruzione 2025”.
[2] La Curva del Grande Gatsby è un indicatore economico che mostra una correlazione tra la disuguaglianza di reddito e la mobilità sociale intergenerazionale, vedi anche, di G. Alfani, Educazione, disuguaglianza e mobilità sociale.
[3] Un “Learning Lab sugli investimenti nell’istruzione e nella formazione di qualità” è un ambiente di apprendimento flessibile, spesso ospitato in scuole e università, dove esperti e stakeholder si confrontano e collaborano per elaborare strategie efficaci su come allocare al meglio le risorse pubbliche nell’istruzione e nella formazione. L’obiettivo è promuovere un apprendimento innovativo e integrato con le nuove pedagogie e tecnologie, collegando diverse istituzioni e realtà per definire pratiche che migliorino l’efficienza degli investimenti e la qualità della formazione. Vedi: Migliorare equità e qualità – iniziative. Come prevede il pilastro europeo dei diritti sociali, tutti i cittadini dell’Unione europea hanno diritto a un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente inclusivi e di alta qualità.
[4] Pacchetto di primavera del semestre europeo. Col pacchetto, che viene presentato intorno al mese di maggio, la Commissione rivolge agli Stati membri dell’UE raccomandazioni ad hoc per far fronte alle sfide socioeconomiche e agli squilibri macroeconomici individuati.
[5] La Commissione europea ha presentato una proposta per il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per il periodo 2028-2034 di circa 2.000 miliardi di euro, pari all’1,26% del reddito nazionale lordo dell’UE. Questo nuovo bilancio mira a rafforzare la sovranità, la competitività e la resilienza dell’Europa, rendendo il budget più snello, flessibile ed efficace per affrontare sfide attuali ed emergenti.
Le priorità includono la competitività, la transizione verde, la sicurezza, e il sostegno a imprese e cittadini, con un processo di approvazione che coinvolgerà il Parlamento e il Consiglio europei.



