Personalizzazione dei percorsi formativi

Dal precettore all’intelligenza artificiale

Un sistema scolastico che funziona è quello che non lascia nessuno indietro ed è capace di valorizzare il potenziale di ogni singolo studente. Eppure, per troppo tempo, l’istruzione in Italia ha faticato a tenere il passo con le esigenze di una società in continua evoluzione, generando il fenomeno della dispersione scolastica. Da più anni, tuttavia, grazie a nuovi interventi normativi e agli investimenti del PNRR, il problema degli abbandoni è stato riportato al centro del dibattito.

Si è oramai concordi sull’idea che il modo migliore per contrastare la dispersione scolastica sia la personalizzazione dei percorsi formativi. È questa la vera grande sfida della scuola. Si tratta di ripensare alla persona umana cui s’ispira la nostra Carta costituzionale, per costruire nella comunità educante il senso di appartenenza. È sicuramente un modo per ridurre il rischio di abbandono. Anche l’attuale Ministro affronta il problema puntando sulla personalizzazione della didattica che pone lo studente/persona al centro dell’agire educativo. È il concetto di persona, cioè quell’insieme di qualità che distingue ogni essere vivente e lo rende soggetto unico e autonomo, ad essere il fondamento strategico che deve guidare ogni processo di personalizzazione, rendendolo mirato ed efficace.

Personalizzazione: non privilegio, ma necessità pedagogica

Il concetto di personalizzazione didattica non va confuso con la semplice individualizzazione[1], la quale, pur riconoscendo le differenze, si focalizza spesso sul dare contenuti adattati ai tempi e alle modalità di ogni studente per raggiungere obiettivi comuni. Questo approccio, sebbene utile, non è sufficiente per aiutare gli alunni più fragili e demotivati. La personalizzazione rappresenta un passo che va oltre l’adattamento. Si tratta di un processo dinamico e profondo che non si limita a modificare il “come” si apprende, ma agisce anche sul “cosa” e sul “perché”. Non si limita ai ritmi evolutivi e ai requisiti cognitivi, ma guarda le attitudini, le motivazioni e le competenze relazionali di ciascun allievo. L’obiettivo è costruire un percorso di apprendimento in sintonia con l’identità dello studente. La personalizzazione comporta una didattica modellata, per così dire, sulle peculiarità e sulle esigenze di ciascuno, e progettata sulla base dei loro interessi, desideri, bisogni, stili d’apprendimento, ma anche sulle esperienze pregresse. Se le intelligenze sono diverse, altrettanto variegate devono essere gli approcci educativi.

La personalizzazione non è un privilegio, ma una necessità pedagogica per garantire le condizioni e gli strumenti più idonei a tutti gli studenti e aiutarli a “riconoscersi” come portatori di talenti: nell’ottica di una pedagogia personalizzata è lo studente che, confidando in sé stesso, dirige e regola autonomamente il proprio apprendimento assumendosi la responsabilità dei propri progressi. La personalizzazione promuove un apprendimento che prepara non solo a superare gli esami, ma ad affrontare le sfide della vita.

Evoluzione del concetto di personalizzazione

Il concetto di personalizzazione nell’educazione non è un’invenzione recente, ma affonda le sue radici in un passato lontano. Non c’è una precisa data di nascita, poiché l’idea si è evoluta attraverso diverse fasi storiche e con il contributo di vari pensatori. La convinzione di dover adattare il processo di insegnamento/apprendimento al singolo studente era già presente in epoche remote quando, in particolare nelle classi sociali più agiate, il precettore si dedicava ad un unico allievo. In ambito scolastico i primi tentativi di introdurre tale metodo possono ricondursi a figure e movimenti del tardo ‘800 e inizio ‘900.

Il metodo di Maria Montessori, per esempio, si può definire personalizzato perché si basa su un rispetto profondo per la persona, ponendo il bambino al centro del proprio processo di crescita e apprendimento. Tale approccio si manifesta attraverso alcuni concetti chiave:

  • l’ambiente preparato (spazio appositamente progettato e organizzato con materiali didattici specifici che permettono al bambino di esplorare e apprendere in autonomia);
  • l’autocorrezione (i materiali montessoriani sono studiati per essere autocorrettivi. Il bambino può capire da solo se ha commesso un errore, senza l’intervento diretto dell’adulto);
  • il ruolo dell’Insegnante che osserva e guida (presenta i materiali, monitora i progressi e interviene solo quando è strettamente necessario);
  • il rispetto dei ritmi evolutivi (ogni bambino ha i suoi ritmi di sviluppo).

Il metodo personalizzato di John Dewey non si basava su una rigida struttura individuale, ma sulla centralità dell’alunno e sull’apprendimento esperienziale in un contesto sociale. La sua pedagogia, nota come attivismo pedagogico o “learning by doing”, poneva l’accento sul fatto che l’apprendimento più efficace avviene attraverso la partecipazione attiva e la risoluzione di problemi pratici.

Successivamente alla nascita delle scuole di massa, a partire dalla metà del secolo scorso, il concetto di personalizzazione dell’apprendimento ha avuto un’evoluzione significativa grazie alle teorie pedagogiche e psicologiche di Bruner, Claparède, Dottrens, Gardner, Garcìa Hoz.

Nel 21° secolo il concetto di personalizzazione si consolida anche sul piano normativo: per esempio, la Legge 53/2003 aveva previsto, all’art. 2, comma 1, lett. l, l’istituzione di “Piani di studi personalizzati”.

La personalizzazione come motore di crescita

La personalizzazione educativa utilizza, quindi, strategie didattiche finalizzate a garantire ad ogni persona che apprende una propria forma di eccellenza cognitiva, orientando lo sviluppo secondo le proprie capacità. Ma al di là del profilo strategico, in ragione della crescente eterogeneità dei soggetti in apprendimento, la personalizzazione rappresenta uno strumento fondamentale per favorire le pari opportunità e l’inclusione scolastica.

La Legge 104/1992 e la Legge 170/2010, per esempio, hanno avuto un impatto epocale sulla società e sul sistema scolastico italiano, trasformando radicalmente l’approccio alla disabilità e ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Queste normative, insieme ad altre disposizioni collaterali, hanno spostato il focus da un modello di tipo “medico-assistenziale” a uno “socio-educativo”, promuovendo l’inclusione e la personalizzazione didattica.

Ogni persona, unica e irripetibile, apprende in maniera differente, ma ognuna è uguale all’altra nel momento cui le viene riconosciuto il diritto alla diversità. Si tratta, quindi, di abbandonare i vecchi paradigmi educativi deponendo il criterio dell’uniformità delle prestazioni educative progettate a-priori, di favorire un apprendimento pratico e situato, dove le conoscenze, le abilità, le competenze oltre a definire i risultati di apprendimento, diventano anche in mezzi più idonei per conferire senso e significato all’esperienza umana in tutti i suoi aspetti.

Il diritto allo studio deve essere garantito a tutti, e ciò si traduce nel non lasciare indietro nessuno. Ciò vale anche per chi si trova in condizioni di fragilità o restrizione. Qui il riferimento va all’istruzione in ambito penitenziario, finalizzata al reinserimento sociale dei giovani in vinculis, e a quella domiciliare e ospedaliera, fondamentale per quei ragazzi che affrontano gravi malattie o lunghe degenze ospedaliere.

Su questo versante, si continua a predisporre particolari stanziamenti proprio per sostenere le persone in condizioni di fragilità, con particolare attenzione alla disabilità, alla non autosufficienza e alle nuove forme di povertà. Questi interventi si inseriscono nel quadro di una riforma più ampia che mira a rafforzare il sistema di welfare e a promuovere l’inclusione sociale.

La personalizzazione nell’era digitale

Oggi il processo di personalizzazione è strettamente legato alla tecnologia digitale. Le piattaforme e-learning, i software adattivi e le risorse digitali permettono di tracciare i progressi degli studenti e di offrire contenuti e attività su misura.

Attraverso l’analisi di una vasta gamma di dati sulle prestazioni, le interazioni e le preferenze di ciascuno, l’intelligenza artificiale permette di realizzare un’esperienza di apprendimento su misura e su larga scala. L’IA ha trasformato il concetto di personalizzazione da ideale pedagogico, qual era un tempo, in una realtà tecnologicamente realizzabile per tutti, agendo su vari aspetti del processo formativo.

  • Apprendimento adattivo. Sono sistemi che modificano in tempo reale la difficoltà e il tipo di contenuto in base ai progressi dello studente. Se un alunno ha difficoltà con un argomento, il sistema può suggerire esercizi aggiuntivi o spiegazioni semplificate. Se un altro studente dimostra di aver compreso, il sistema propone contenuti più avanzati. Questo previene la frustrazione o la noia, mantenendo gli studenti motivati.
  • Tutoraggio intelligente. L’IA può agire come un tutor virtuale, sempre disponibile, per rispondere a domande, fornire feedback immediato e guidare lo studente attraverso i concetti. Questi sistemi analizzano il linguaggio scritto o parlato dello studente per identificare le lacune e offrire spiegazioni aggiuntive o suggerimenti mirati, proprio come un insegnante farebbe in una sessione individuale.
  • Analisi predittiva. Sfruttando l’analisi dei dati, l’IA può prevedere dove uno studente potrebbe incontrare difficoltà prima che il problema si manifesti. Questo permette ai docenti di intervenire in modo proattivo, offrendo supporto mirato e prevenendo il rischio di insuccesso o abbandono scolastico.
  • Creazione di contenuti su misura: L’IA generativa (GenAI) permette di creare materiali didattici personalizzati in pochi istanti. Un docente può inserire un testo e chiedere all’IA di riscriverlo in modo semplificato per uno studente con DSA, di generare una mappa concettuale visiva o di creare un quiz interattivo, riducendo drasticamente il carico di lavoro amministrativo.

Nuove sfide e opportunità

L’integrazione dell’IA nella didattica solleva anche questioni etiche e pedagogiche. È fondamentale che la tecnologia non sostituisca il ruolo del docente, ma lo potenzi. La personalizzazione guidata dall’IA deve rimanere uno strumento relazionale, basato sulla diagnosi accurata dei bisogni dello studente e sulla visione pedagogica del docente, che rimane l’architetto del percorso formativo. L’obiettivo non è standardizzare l’individuo con algoritmi, ma utilizzare l’IA per liberare il tempo del docente, permettendogli di dedicarsi a ciò che la macchina non può fare: costruire relazioni significative, coltivare l’empatia e stimolare la creatività e il pensiero critico.


[1] Nel dibattito pedagogico contemporaneo l’individualizzazione si riferisce agli interventi formativi e alle strategie didattiche messe a punto dagli insegnanti in modo da armonizzare la qualità dell’istruzione alle caratteristiche e ai bisogni di ciascun soggetto che apprende; la personalizzazione si concentra, invece, sul potenziamento delle abilità e dei talenti unici di ogni alunno favorendo in ciascuno un processo di autoapprendimento. Il docente che sa tenere alto il livello di individualizzazione del proprio insegnamento può permettere al soggetto che apprende di ottimizzare la sua capacità di personalizzare il proprio percorso formativo.