La legge 12 settembre 2025, n. 131 (Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane) è una nuova normativa che introduce incentivi specifici per lo sviluppo e il ripopolamento delle zone montane italiane. Prevede, tra le varie misure finalizzate allo scopo, agevolazioni, risorse e interventi anche nell’ambito delle istituzioni scolastiche ubicate in questi territori.
Previa Intesa in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni, i criteri di classificazione dei comuni montani saranno ridefiniti con un DPCM, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge (1° ottobre 2025), in base a parametri che, probabilmente, si discosteranno da quelli impiegati fino ad ora.
Ricordiamo, per inciso, che l’ultima legge organica sulla montagna risale al 31 gennaio 1994, n. 97, che avviò la nascita degli istituti comprensivi nei piccoli comuni delle zone di montagna, estesi, negli anni successivi, all’intero territorio nazionale.
Le aree interne
I comuni montani rientrano nelle zone definite “Aree Interneâ€, che rappresentano circa la metà delle piccole comunità e quasi il 60% della superficie nazionale. In questi territori risiede oltre il 22% della popolazione, più di 13 milioni di persone (Istat 2023).
Ci sono poi le “terre alte†che si estendono su oltre il 50% del suolo nazionale; esse comprendono i comuni periferici e ultraperiferici che “sono il 24% del totale, ma dove risiedono poco più di cinque milioni di abitanti†(Ferrari M.A., 2025[1]).
Sono realtà poco raccontate che, invece, la legge 131/2025 pone al centro delle scelte del governo e delle politiche regionali. È in gioco, infatti, non solo la tenuta demografica di aree che continuano a perdere abitanti, ma la solidità di territori che costituiscono la struttura portante dell’ambiente e del paesaggio italiano.
Sono realtà sicuramente fragili, ma tutt’altro che povere: rappresentano, infatti, una parte rilevante del patrimonio culturale, forestale, paesaggistico, agricolo, artigianale, che sono il fiore all’occhiello del made in Italy a livello europeo e mondiale.
I giovani, innanzi tutto
I livelli di intervento per valorizzare i territori montani sono essenzialmente due:
- il mantenimento dei servizi essenziali e possibilmente il loro incremento;
- gli investimenti nei settori produttivi.
Trattenere i giovani in montagna e possibilmente farne arrivare altri significa sviluppare sia le strutture socio-economiche, sia quelle culturali e formative. In particolare, nelle zone alpine e appenniniche occorre mantenere i servizi e le scuole per la fascia di popolazione da 0 a 19 anni, ma soprattutto investire nella formazione terziaria: Università , ITS Academy, corsi post-diploma, scuole innovative…
Un esempio di eccellenza in questa direzione è l’Università della montagna (Unimont), polo della Statale di Milano, specializzata nella promozione dello sviluppo dei territori montani, con sede ad Edolo (Brescia), un paese di 5000 abitanti in Val Camonica, nel cuore delle Alpi Centrali. In questo Ateneo è possibile conseguire la laurea triennale, magistrale e frequentare un Master di primo livello.
È del tutto evidente che, per avviare dei processi finalizzati a rilanciare lo sviluppo di questi territori, non possono essere applicati parametri meramente contabili.
I servizi (ma anche le strutture produttive), infatti, nelle aree periferiche costano di più rispetto alle realtà urbane. Si tratta però solo di apparenti diseconomie. Il guadagno, a lungo termine, è decisamente superiore alle maggiori risorse investite.
Il decremento demografico e lo spopolamento non devono essere vissuti come un processo irreversibile, ma una sfida politica e culturale da affrontare con adeguati e solidi investimenti.
Le agevolazioni per il personale scolastico
L’articolo 7, comma 1, della legge 131/2025 introduce la definizione di “scuole di montagna†che, dall’infanzia all’istruzione superiore, sono quelle con “almeno un plesso†situato in tali aree.
Il comma 2 dispone l’applicazione della disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2023 (29 dicembre 2022, n. 197) in attuazione della Riforma 1.3 della M4C1 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), concernente il dimensionamento della rete scolastica, la normativa di settore sul numero di alunni per classe, i servizi nella fascia d’età 0-3 anni ed altro. L’obiettivo è quello di assicurare, nei limiti dell’organico dell’autonomia del personale docente e amministrativo, un’offerta formativa adeguata nelle scuole di montagna. Ed è in questa direzione che la legge 131/2025 introduce alcune interessanti misure.
Una delle novità più significative riguarda gli incentivi al personale che opera nelle scuole ubicate nei comuni montani. La 131/2025, infatti, prevede un punteggio aggiuntivo nelle graduatorie provinciali di supplenza a favore del personale scolastico con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e determinato, che abbia effettivamente prestato servizio, per almeno 180 giorni (di cui almeno 120 per attività didattiche), nelle scuole di ogni ordine e grado di montagna, nel corso dell’anno scolastico. È previsto inoltre un ulteriore punteggio per chi abbia prestato servizio nelle pluriclassi delle scuole primarie.
Per venire incontro poi alle maggiori spese legate al trasferimento in questi comuni, la legge ha previsto un contributo sotto forma di credito d’imposta per chi prenda in affitto un immobile ad uso abitativo. Tale contributo è pari al 60% del canone annuo di locazione (fino a 2.500 euro), con un incremento al 75%, fino a 3.500 euro, per i comuni che non superano i 5.000 abitanti dove sia presente una minoranza linguistica.
Inoltre, per sostenere la stabilità del personale scolastico, che nelle aree montane risulta spesso molto volatile, il medesimo credito viene esteso all’acquisto di un’abitazione con finanziamento ipotecario. Il beneficio è riconosciuto nel limite complessivo di 20 milioni di euro annui, a decorrere dal 2025.
L’organizzazione della rete scolastica
Il mantenimento nei comuni montani di piccoli plessi rappresenta una forma di presidio che assicura la presenza di cellule vitali per l’esistenza stessa della comunità . La scuola, infatti, è l’anima di queste aree, difese con i denti dalle popolazioni locali.
Relativamente alla formazione delle sezioni e delle classi, la legge 131/2025 prevede la necessità di finanziare ulteriori deroghe rispetto ai parametri attuali. Secondo la normativa vigente (DPR 81/2009), con riferimento anche agli obiettivi della Missione 4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (legge di bilancio 197/2022), le classi della scuola primaria possono essere costituite con un numero minimo di 10 alunni, rispetto ai 15 degli altri comuni.
Nella scuola secondaria di primo grado è prevista l’istituzione di classi anche con alunni iscritti ad anni di corsi diversi, qualora il numero degli allievi non consenta la formazione di classi distinte. Con ogni probabilità il decreto attuativo della legge 131/2025, che il MIM dovrà adottare, introdurrà indicatori più flessibili e non meramente quantitativi.
Va anche ricordato, in merito alla formazione delle istituzioni scolastiche, che la legge di bilancio n. 197/2022, al comma 557 prevede, nell’ambito della riorganizzazione del sistema scolastico, la necessità di “salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei Comuni montani e nelle piccole isoleâ€.
Servizi educativi 0-6 anni
La legge 131/2025 interviene inoltre nel sostegno ai servizi educativi per la prima infanzia, favorendo nei comuni montani lo sviluppo del sistema integrato per i bambini nella fascia 0-6 anni di età . Si prevede che una quota fino al 20% delle risorse del Fondo per lo sviluppo delle aree montane possa essere destinata a progetti innovativi finalizzati a sviluppare servizi flessibili e diversificati, quali micro-nidi, servizi domiciliari, centri gioco e nidi familiari. In Germania, ma anche in altri paesi, funzionano le cosiddette “mamme di giorno†(Tagesmutter) che sono, di fatto, dei nidi-famiglia tenuti da madri con una spiccata propensione per la cura dei bambini, unitamente a competenze educative.
Per invertire il fenomeno della denatalità , nell’organizzare i servizi educativi nella fascia d’età 0-6 anni, occorre nelle aree interne, nelle realtà montane, ma anche nelle piccole isole, dare vita ad interventi flessibili in un’ottica di personalizzazione e incoraggiare la costituzione di patti educativi di comunità .
Si tratta di esperienze che in certe regioni esistono già . È necessario trasformarle in buone prassi in modo che possano essere adottate, con gli opportuni aggiustamenti, anche a livello nazionale.
Conclusioni
I territori di queste realtà , sono stati in passato caratterizzati da un’economia di sussistenza che, nel corso del Novecento, ha portato masse di giovani ad emigrare in molti paesi europei e del continente americano.
Nel secondo Dopoguerra poi abbiamo assistito ad un vero e proprio esodo che ha desertificato in termini demografici intere zone.
Invertire la tendenza all’abbandono è difficile, ma possibile. In particolare, per quanto concerne i giovani, bisogna creare le condizioni atte ad affermare non solo il “diritto di restareâ€, ma anche quello di arrivare. Occorre investire in tutta la filiera educativa, in particolare nella formazione terziaria e nei corsi post diploma. Questa prospettiva consentirà di formare persone capaci di immaginare e realizzare soluzioni innovative e ipotizzare in loco progetti di vita in grado di arrestare il fenomeno della denatalità .
Occorrono, da parte di tutti, coraggio, determinazione e, soprattutto, lungimiranza e visione politica. L’auspicio è che la legge 131/2025 possa rappresentare un deciso momento di svolta.
[1] Ferrari M.A. (2025), La montagna che vogliamo. Un manifesto, Einaudi, Torino.