Giubileo del mondo educativo

Educazione, nuovo nome della pace

Il Giubileo del Mondo Educativo, il grande evento dell’Anno Santo dedicato a scuole e università di ogni continente, si è svolto a Roma dal 27 ottobre al 1° novembre 2025 in occasione dell’Anno Giubilare della Speranza. Non si è trattato di un semplice convegno, ma di un’esperienza corale che, sotto il motto “La scuola è vita”, ha riunito docenti, operatori del mondo della scuola e circa settemila studenti provenienti da oltre trecento istituti dei cinque continenti. Riuniti presso l’Auditorium della Conciliazione, nel cuore di Roma, hanno partecipato a laboratori tematici, incontri e momenti di preghiera per ribadire che l’educazione è un atto di speranza. Momenti culminanti sono stati l’incontro con Papa Leone XIV che ha incoraggiato i giovani a “disegnare nuove mappe di speranza”(tema centrale della sua Lettera Apostolica) e il vertice con il Ministro Valditara che ha partecipato alla giornata conclusiva dell’iniziativa rinnovando l’invito a rilanciare gli impegni del Patto Globale sull’Educazione e la Cultura promosso da Papa Francesco nel 2019. L’evento ha avuto, infatti, come focus quello di accrescere l’attualità di quell’accordo, concepito come un appello universale a tutte le componenti della società – istituzioni, governi, religioni, famiglie, scuole e singole persone – per incrementare un’alleanza in grado di ricostruire l’educazione su basi più umane e solidali.

Gli impegni del Patto educativo globale

I sette impegni originali, che costituiscono il nucleo dell’eredità educativa della Chiesa, sono focalizzati sulla persona, in linea con il principio cardine della Costituzione italiana. Al centro di ogni processo educativo ci sono: l‘ascolto della voce dei bambini e dei giovani, l’educazione all’accoglienza e all’inclusione, la valorizzazione della piena partecipazione delle donne, il riconoscimento della famiglia come primo luogo educativo, l’innovazione dell’economia e della politica al servizio della famiglia umana e, infine, la custodia della casa comune

A questi sette capisaldi, che disegnano un orizzonte educativo basato sulla fratellanza universale e sulla cura della creazione, Papa Leone XIV ha aggiunto tre ulteriori sfide che ritiene importanti per l’educazione contemporanea e per il futuro.

  • La prima è lo sviluppo della vita interiore, un invito a non fermarsi alla sola trasmissione di nozioni o competenze, ma a coltivare la dimensione spirituale, emotiva e riflessiva dell’individuo, in un mondo spesso frenetico e superficiale.
  • La seconda sfida è l’umanizzazione del digitale, che sottolinea la necessità di utilizzare le tecnologie, l’Intelligenza Artificiale e gli ambienti virtuali non come fini a sé stessi o come sostituti della relazione umana, ma come strumenti al servizio della dignità della persona, educando a un uso sapiente che eviti la riduzione dell’individuo a un algoritmo o a un profilo di competenze.
  • La terza e ultima promessa aggiunta è l’educazione alla pace, intesa in senso profondo come una pace “disarmata e disarmante”, che insegni a deporre le armi non solo dei conflitti bellici, ma anche quelle della parola aggressiva e dello sguardo che giudica, promuovendo invece i linguaggi non violenti, la riconciliazione e la costruzione di ponti tra le persone e i popoli, rendendo le beatitudini deigl “operatori di pace” metodo e contenuto dell’apprendere.

In un’epoca di frammentazione, precarietà e disorientamento come quella attuale, l’educazione deve intendersi come il “nuovo nome della pace”, cioè una costruzione attiva, positiva e permanente che richiede un cambiamento interiore e sociale e che deve superare i limiti del mero tecnicismo per formare persone mature, capaci di costruire un’umanità più fraterna. Oggigiorno la pace non si ottiene con trattati militari, ma superando gli steccati e combattendo le radici culturali della violenza.

Il bambino come “agente di pace” è un’espressione attribuita a Maria Montessori. L’educazione alla pace non è una singola materia, ma un approccio che permea tutto il processo educativo, insegnando il rispetto reciproco, l’empatia, la collaborazione e l’ordine cosmico (il senso di interconnessione di tutte le cose). In contesti contemporanei, il concetto viene poi rilanciato dal Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, in relazione al Patto Educativo Globale promosso, come prima accennato, da Papa Francesco.

Famiglia e accoglienza

Investire sulla famiglia, rinnovando il patto educativo che lega scuole e famiglie nel percorso educativo dei figli, è stato uno dei punti chiave dell’intervento del Ministro.

Già nel 2007 era stato introdotto “il patto educativo di corresponsabilità” tra scuola e famiglia (DPR 235/2007) che aveva modificato lo Statuto degli studenti e delle studentesse. Sebbene ispirato da un ottimo principio, in realtà non ha prodotto i risultati sperati, non è stato, cioè, abbastanza incisivo per affrontare le sfide educative contemporanee. Ora il Patto Educativo Globale si delinea come un’iniziativa di più ampio respiro, un progetto ambizioso che richiede una conversione culturale e un’alleanza intergenerazionale per investire nell’unico motore di un futuro sostenibile, umano e inclusivo; l’educazione. Tornando alle parole di Papa Francesco per formare integralmente la persona tre sono i linguaggi essenziali: quello della testa, del cuore e delle mani. Non basta educare solo la testa, ma anche l’affettività e la pratica necessarie per riconoscere l’altro da sé, non come un estraneo o un nemico, ma come un fratello.

Altro tema fondante è l’educazione all’accoglienza: da un lato, un’azione mirata e strutturata per l’inclusione degli studenti stranieri, dall’altro, programmi di educazione civica ed emotivo-affettiva estesi all’intera popolazione studentesca per una convivenza fondata sul rispetto reciproco e l’empatia, sul contrasto della violenza e la parità di genere. Perché la pace – nel senso di decostruzione della violenza – non è imposta dall’esterno, ma generata dall’interno. Inizia nella mente, e l’educazione agisce come strumento per smantellare quei meccanismi che conducono all’odio e al conflitto. Come antidoto all’odio, l’educazione è anche la capacità di riconoscere l’umanità nell’altro, diverso da noi: la scuola si configuracome il primo ambiente sociale strutturato, oltre la famiglia,in cui si apprendono le prime regole della convivenza civile, il valore della partecipazionee del dialogo costruttivo: l’educazione fornisce gli strumenti per affrontare i conflitti in modo non violento, trasformando i disaccordi in opportunità di crescita anziché in scontri distruttivi.

La pace non è solo assenza di guerra, ma la presenza attiva di condizioni sociali, culturali e relazionali che rendono la guerra e la violenza del tutto superflue. In questo senso, l’educazione è un agente di pace perché promuove la giustizia: fornendo a tutti, indipendentemente dall’origine sociale, gli strumenti per realizzarsi, si riducono le frustrazioni e le sacche di disperazione che spesso alimentano l’estremismo e la violenza. Da qui, la necessità di un’educazione al servizio della pace, che non prevede azioni isolate, ma che richiede una responsabilità collettiva: unire gli sforzi in un’unica alleanza educativa che superi i confini della famiglia, della scuola e della nazione è l’invito ad una pace globale.

Scuola come risorsa esistenziale

L’istituzione scolastica rappresenta una risorsa fondamentale a livello esistenziale e personale. Questo approccio, sottolineato nel suo intervento dal ministro Valditara, impone alla scuola un compito primario: valorizzare i talenti, accompagnare le persone verso la piena realizzazione di sé, capaci di pensiero critico e costruttivo. L’assunto centrale è che l’educazione non debba concentrarsi solo sull’intelletto o sulla trasmissione di contenuti ma debba abbracciare tutte le dimensioni della persona umana.

Sebbene Papa Francesco abbia reso popolare la formula “testa, cuore, mani” in epoca contemporanea, l’idea di un’educazione che bilanci mente, volontà e azione ha radici storiche profonde nella pedagogia. Pestalozzi, tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo, parlava già di educazione basata su “testa, cuore e mano” come principi per formare persone complete in grado di vivere nella società. Più oltre, l’obiettivo di Don Bosco, per esempio, era quello di mirare a formare “onesti cittadini e buoni cristiani” attraverso ragione (testa), religione (cuore) e amorevolezza (mani/azione educativa).

Si potrebbe anche citare la teoria delle intelligenze multiple di Gardner (H. Gardner, Formae mentis, 1983) che individua come obiettivo cardine della scuola quello di aiutare ogni studente a riconoscere ed esprimere le proprie potenzialità e le abilità naturali che lo rendono unico. Non essendo l’intelligenza un costrutto unitario, le prospettive educative non possono essere uniformi ma richiedono un approccio diversificato.

Da questi esempi deriva la necessità di personalizzare il processo di insegnamento-apprendimento per assicurare a tutti gli studenti gli strumenti idonei ad estrinsecare intenzionalmente le proprie capacità. Si tratta di una visione profondamente inclusiva che mira a rafforzare l’autostima. Per la creazione di un mondo migliore, è necessario, infatti, che ciascun giovane, confidando nelle proprie capacità, sappia riconoscere il proprio talento, sviluppare il proprio processo di autodeterminazione e trovare la personale ed appropriata collocazione nella società. È così che i giovani rappresentano il futuro del Paese.

La scuola è vita: tra etica, democrazia e PIL

“La scuola è vita”, è l’espressione usata dal ministro Valditara al Giubileo del Mondo Educativo. È un concetto cardine di molti movimenti a partire, per esempio, dall’attivismo pedagogico di John Dewey, in particolare nelle sue opere Scuola e Società e Democrazia e Educazione, da pedagogisti come Maria Montessori (con la Casa dei Bambini e l’importanza assegnata all’ambiente e all’autonomia), da Ovide Decroly (con il centro di interesse) o da Figure come Celestin Freinet che ha enfatizzato la necessità di collegare strettamente la scuola al lavoro, alla cooperazione sociale e all’ambiente esterno, rendendo la classe un luogo di vita e lavoro cooperativo. Tutti hanno messo in pratica l’idea di una scuola aderente ai bisogni e al ritmo di vita del bambino.

Il Ministro ha riaffermato che “La scuola è vita” in quanto rappresenta l’ambiente privilegiato per apprendere il valore delle relazioni umane, dell’empatia e della fraternità, il contesto esclusivo in cui si coltiva il rispetto verso l’altro, l’insegnante, la donna, i beni pubblici. Non è solo una norma di buona condotta, ma la cifra essenziale di una società autenticamente democratica, una dimensione etico-sociale essenziale per la lotta all’odio e alla violenza.

Ma, “La scuola è vita” perché è soprattutto un laboratorio esistenziale in cui lo studente sperimenta, sbaglia e cresce come individuo inserito in una comunità. A scuola si insegna l’etica della responsabilità che, a partire da quella individuale fondamentale per l’autonomia della persona, ha un impatto sul benessere collettivo: la cura dello spazio comune, il rispetto delle regole e la partecipazione attiva formano il cittadino responsabile.

Bisogna guardare, inoltre, all’istituzione scolastica come ad un pilastro civico su cui si regge ogni possibilità di sviluppo sociale ma anche economico. Se il pilastro vacilla, le conseguenze non sono confinate solo all’ambito sociale, ma si riverberano con forza sull’intera economia. Un’istruzione non adeguata, infatti, è il catalizzatore della dispersione scolastica, il fenomeno per cui i giovani abbandonano gli studi prematuramente o li completano senza aver acquisito le competenze necessarie.

Questi giovani, privati di una formazione completa che valorizzi i loro talenti, faticano ad entrare nel mondo del lavoro, restando esclusi o occupando posizioni a bassa produttività. L’effetto è diretto e drammatico: ogni persona che non realizza il proprio potenziale formativo si traduce in un mancato contributo al sistema produttivo. La somma di queste perdite, la mancata produttività, la necessità di assistenza sociale e la minore capacità di innovazione, produce un danno economico che, a livello nazionale, distrugge potenzialmente decine di miliardi di PIL ogni anno.

Infine, il concetto di “La Scuola è Vita” viene ricollegato direttamente alle riforme in corso, in particolare alla riorganizzazione della filiera tecnico-professionale con il potenziamento degli ITS Academy. L’obiettivo è assicurare che gli studenti scelgano il percorso più adatto ai loro talenti e facilitare l’incontro organico tra la domanda e l’offerta di lavoro. Creando profili formativi che rispondano esattamente alle esigenze del mercato, la scuola diventa un “ponte” che rende la transizione alla vita adulta degli studenti più fluida e direttamente funzionale allo sviluppo economico del Paese.