La téchne e la pòlis, quattro lezioni sull’attualità e sul futuro

IA e Parlamento. Intervista all’onorevole Anna Ascani

Martedì 10 giugno il premio Nobel Giorgio Parisi ha dato il via ad un ciclo di quattro lezioni sull’Intelligenza artificiale promosse dalla Camera dei deputati. Il 25 giugno è stata la volta di Eric Sadin, uno dei maggiori studiosi dell’industria e delle tecnologie digitali. Il 9 luglio è intervenuto Luciano Floridi, filosofo e scrittore dell’Università di Yale. Ha concluso il ciclo il 16 luglio Maria Chiara Carrozza, fisica italiana, già presidente del CNR.

Il Comitato di Vigilanza sull’attività di Documentazione della Camera ha svolto negli ultimi anni un’indagine specifica e ha lanciato una sperimentazione attraverso la selezione tra progetti di giovani ricercatori per il supporto ai lavori parlamentari. I quattro seminari costituiscono l’ultima iniziativa promossa sul tema, e sugli esiti di questa iniziativa abbiamo intervistato l’onorevole Anna Ascani, Vicepresidente della Camera dei deputati e Presidente del Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione di Montecitorio.

Un ciclo di seminari sull’intelligenza artificiale promosso dalla Camera dei deputati e aperto al pubblico, con scienziati, filosofi, studiosi, esperti. Perché?

La Camera non è solo il luogo in cui si legifera. È un’istituzione dei cittadini e per i cittadini. E quindi deve essere luogo di incontro e confronto pubblico. Soprattutto su questioni che riguardano la vita della nostra comunità così da vicino.

L’intelligenza artificiale è già qui, adesso, non si tratta di un’innovazione tecnologica da futuro distopico. Ha impatti sulla nostra società dal punto di vista etico, sociale, economico e culturale. E quindi va compresa in profondità nei suoi effetti, perché la consapevolezza è una fondamentale garanzia di tutela dei diritti di ogni persona e allo stesso tempo è precondizione necessaria per deliberare in maniera efficace e rispettosa delle libertà di tutti. Quindi il ciclo di seminari promosso dal Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione della Camera dei deputati, che ho l’onore di presiedere, nasce da questa volontà e da questa convinzione.

D’altra parte, ce l’ha ricordato bene anche l’attuale Papa sin dalle prime ore del suo mandato scegliendo per sé un nome in linea con il Leone XIII della Rerum Novarum di fine Ottocento del secolo scorso: siamo a un cambio d’epoca, nel bel mezzo di una rivoluzione che richiede nuovi paradigmi, per essere gestita al meglio, ovvero mantenendo l’umano al centro. Per far sì, in altre parole, che da questa trasformazione possiamo trarne benefici, minimizzando i rischi che le nuove tecnologie portano con sé.

Il Parlamento non rimane a guardare, è impegnato su più fronti per governare l’innovazione e renderla al servizio della democrazia, evitando distorsioni che possono creare nuove sacche di disuguaglianze e discriminazione.

Si tratta, mi sembra di capire, di un impegno su più fronti. Quali?

Occorre, infatti, ricordare che questo ciclo di seminari non è un’iniziativa estemporanea ma parte di un percorso cominciato più di due anni fa all’interno del Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione.

Di fronte all’imperversare degli strumenti di intelligenza artificiale e soprattutto di quella generativa, ci siamo chiesti come utilizzarli per migliorare il lavoro delle istituzioni e il rapporto con i cittadini e ci siamo assunti la responsabilità di individuare delle formule adatte allo scopo. Abbiamo avviato un’indagine conoscitiva con esperti e studiosi, siamo andati poi proprio negli Stati Uniti in missione per entrare in contatto direttamente con il lavoro delle big tech, ascoltare dalla loro voce le prospettive, le difficoltà emergenti, i rischi. E questo lavoro di analisi e studio è confluito in un rapporto che abbiamo messo a disposizione di tutti per ragionare e alimentare il dibattito su un utilizzo etico e avvertito di questi nuovi mezzi.

Abbiamo inoltre avviato una sperimentazione, proprio all’interno della Camera, per utilizzare l’intelligenza artificiale a supporto dell’attività dell’amministrazione, dei deputati e nella comunicazione trasparente con le cittadine e i cittadini: a luglio 2024 è stata lanciata una manifestazione di interesse a centri di ricerca e università alla quale hanno risposto 28 realtà con progetti tutti validi e interessanti. Ne abbiamo selezionati tre e nel corso di quest’anno sono stati sviluppati dei prototipi grazie alla collaborazione tra i proponenti e gli uffici di Montecitorio. Norma, Macchina scrittura emendamenti e Depuchat: questi sono i nomi dei tre prototipi che, dopo una fase di test, abbiamo presentato proprio nei giorni scorsi alla Camera dei deputati.

Siamo il primo Parlamento in Europa ad avere avviato una sperimentazione di questo tipo. Un’avanguardia. E non lo dico con l’orgoglio per un semplice primato, ma perché questo primato rivela la volontà di non stare a guardare il mondo che cambia, ma di essere decisori politici che intercettano le trasformazioni in atto e si chiedono come usarle al meglio per migliorare la vita di tutte e tutti, condividendo compiti e responsabilità con chi ha competenze e conoscenze adeguate.

Ha parlato del coinvolgimento del mondo accademico, degli istituti di ricerca sia nella parte della sperimentazione che nei seminari in corso. In che modo la Camera si è posta nei loro confronti, che tipo di coinvolgimento è stato previsto e perché?

Credo che sia stato un coinvolgimento inedito. Non tanto perché non si siano mai viste forme di partecipazione di esponenti del mondo culturale e scientifico ai lavori parlamentari, accade spesso nelle audizioni, per fare un esempio. Ma perché abbiamo voluto creare un canale di dialogo e collaborazione che vorremmo rendere permanente. Ci siamo mossi spinti dal desiderio di fare del Parlamento uno spazio animato e vitale, di discussione alta, non solo destinata a chi dentro le istituzioni lavora e opera, ma a chi guarda ai Palazzi come luoghi del potere o delle decisioni distanti dalla vita reale. Non è così.

Siamo a un tornante del progresso che si porta con sé interrogativi etici. E ci siamo tutti dentro, politici, studiosi, tecnici, cittadini. Abbiamo bisogno del contributo qualificato di coloro che possono e vogliono darlo. E per questo vorremmo rendere questo tipo di esperienza e apertura una regola.

Il momento che viviamo richiede riflessioni condivise e partecipazione. Anche per questo, nel caso specifico dei seminari abbiamo chiamato a confrontarsi con noi personalità autorevoli e, al tempo stesso, espressione di esperienze scientifiche e sensibilità personali diverse e plurali.

Abbiamo aperto con un incontro di altissimo profilo scientifico, che ha visto protagonista Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica, che ci ha guidati in una riflessione sulle fondamenta dell’intelligenza artificiale e sulle sue potenzialità e i suoi limiti.

Abbiamo quindi proseguito il percorso con Eric Sadin, filosofo e saggista, che ha sottolineato, con forza e con una verve appassionata e a tratti polemica e provocatoria, le criticità legate all’uso crescente dell’IA nella società.

Con Luciano Floridi – docente alla Yale University, Presidente della Fondazione Leonardo, filosofo, autore prolifico e presidente della Commissione Tecnico-scientifica che ha selezionato i progetti vincitori della manifestazione di interesse che abbiamo lanciato alla Camera – abbiamo analizzato lo stato dell’arte dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e ci siamo interrogati sulle sue traiettorie evolutive, sulle implicazioni etiche, sociali e politiche che ci attendono.

Abbiamo concluso con la professoressa Maria Chiara Carrozza sul tema dell’umanità in equilibrio tra robot, intelligenza artificiale e natura, per unire una riflessione sociale e culturale sull’impatto delle tecnologie a concetti più tecnici e matematici, con un focus particolare rivolto alle applicazioni della robotica e dell’automazione. È stato un viaggio stimolante dal quale sono emersi spunti, sollecitazioni, interrogativi che hanno aperto nuovi scenari di indagine, arricchito la nostra conoscenza, seminato nuovi dubbi.

Ci sono degli aspetti che sono emersi da questo confronto che pensa siano ancora sottovalutati o richiedano interventi più incisivi?

Ho ritrovato negli incontri, seppure in maniera naturalmente diversa, alcuni elementi o alcune indicazioni ricorrenti. Il primo, per esempio, è la necessità di dotarsi di un patrimonio conoscitivo adeguato a far fronte alla rivoluzione in atto.

Parisi ha parlato di ricerca pubblica sull’intelligenza artificiale, allargherei parlando anche di formazione a tutti i livelli su questa innovazione tecnologica. A tutti i livelli si intende nel mondo del lavoro, nelle amministrazioni, nel campo medico e sanitario, nelle scuole. Sì, anche nelle scuole. Abbiamo bisogno che il processo di formazione inizi nel sistema di istruzione e quindi occorre fare in modo che tutti gli insegnanti siano accompagnati nel compito sempre più arduo di educare in una società permeata e condizionata dalla tecnologia. Mai come oggi educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco: il sapere – se considerato solo dal punto di vista nozionistico – è facilmente rintracciabile online e attraverso l’intelligenza artificiale generativa è possibile non solo accedere a dei contenuti ma addirittura combinarli in modo creativo.

Il filosofo Sadin durante la sua lectio ha lanciato una provocazione: cosa risponderemo in futuro a un figlio, a un bambino che ci chiede perché deve andare a scuola, a cosa serva? La tecnologia richiede consapevolezza e competenze e dunque una formazione profonda, anche perché il fatto che i giovani sappiano utilizzare strumenti innovativi non significa che possiedano la conoscenza dei rischi e delle opportunità che da quegli strumenti derivano. Bisogna dunque investire sulla scuola, sulla preparazione degli insegnanti. Destinare risorse per promuovere conoscenza. E purtroppo fin qui questo Governo non è stato all’altezza della sfida. Il provvedimento licenziato dall’esecutivo all’esame del Parlamento è a invarianza finanziaria. Significa che non ci sono risorse ad hoc. Significa che questa forma di progresso non è tra le priorità del nostro Governo. Un danno gravissimo per la nostra economia e non solo.

È emerso il problema della regolamentazione?

Infatti, è proprio questo il secondo aspetto emerso: l’importanza di una buona regolamentazione. Quella europea è tale. E lo è perché è espressione e funziona a tutela dei valori democratici che cementano la nostra comunità. Quindi la regolamentazione serve. Ma serve anche il protagonismo, servono LLM[1] e un cloud europeo[2], serve una via europea per l’intelligenza artificiale che proponga modelli virtuosi, crei crescita e argini l’oligopolio delle tecnocrazie, degli imperi che si stanno spartendo aree di influenza in questo momento. L’umanità sta compiendo un vero e proprio salto quantico. Sul tavolo c’è molto di più che il cambiamento del modo di produrre, di organizzare i servizi destinati alla collettività, di riscrivere la grammatica delle nostre relazioni con gli altri, con il lavoro, con il modo di apprendere e comunicare. Siamo chiamati a costruire una visione globale, un pensiero generale all’altezza delle grandi fasi della storia dell’umanità come il Rinascimento o l’Illuminismo per dare una direzione al vascello e non lasciarlo ostaggio di correnti incontrollabili. L’Italia e l’Europa meritano di più di limitarsi a rincorrere l’innovazione prodotta altrove. È necessario essere della partita e di esserlo a modo proprio.

Cosa intende con “essere nella partita a modo proprio”?

Dobbiamo preservare la centralità dell’umano sfidato dalla potenza computazionale. Sono fermamente convinta che, se guidata con responsabilità e orientata in senso antropocentrico, l’intelligenza artificiale possa diventare uno strumento al servizio della democrazia: capace di rafforzarne l’impianto, facilitare l’accesso alla conoscenza, migliorare l’efficienza dei processi istituzionali e promuovere una partecipazione più consapevole e attiva da parte dei cittadini.


[1] LLM è l’acronimo di Large Language Model, che in italiano si traduce come modello linguistico di grandi dimensioni. Si tratta di un tipo di modello di intelligenza artificiale (IA) che viene addestrato su enormi quantità di dati testuali e che è in grado di comprendere, generare e manipolare il linguaggio umano in modo molto sofisticato. 

[2] Quando si parla di “cloud europeo” ci si riferisce a un’iniziativa volta a creare un’infrastruttura cloud sicura e sovrana per l’Europa, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dai fornitori di cloud non europei e garantire il controllo sui dati, soprattutto quelli sensibili, all’interno dei confini europei. Questa iniziativa è guidata dalla strategia europea per i dati e mira a sviluppare servizi e infrastrutture CLOUD e EDGE sicuri, a basse emissioni di carbonio e interoperabili per l’Europa.