Il bando per il prossimo concorso docente, conosciuto come Concorso-Scuola PNRR3, dovrebbe essere pubblicato entro fine dicembre 2025, le prove selettive dovrebbero svolgersi tra l’inizio e la primavera 2026. Il concorso, che rientra nel piano di reclutamento PNRR e porterà alla stabilizzazione di migliaia di docenti (forse ci saranno circa 20.000 posti disponibili) coinvolgerà le scuole secondarie di primo e secondo grado e la scuola dell’infanzia, per posti comuni e per posti di sostegno. La struttura sarà simile a quella dei precedenti concorsi con: una prova scritta computer-based; una prova orale con lezione simulata; la valutazione dei titoli. L’obiettivo è concludere le procedure in tempo utile per le assunzioni a settembre 2026.
In attesa di avere informazioni più puntuali, riteniamo utile fare una riflessione sulle procedure e sui problemi che attualmente l’amministrazione deve affrontare per portare a buon fine le usuali ma sempre più complesse operazioni.
La dialettica concorso/ricorso
Come la letteratura, così la pubblicistica è fatta di generi. Se dico “gialloâ€, “rosa†o “noir†ci capiamo. Così pure nel giornalismo: c’è l’editoriale, il servizio, l’intervista. Sempre meno le inchieste. Un tempo esisteva l’elzeviro, esercizio di stile affidato a figure di particolare prestigio, con cattedra o senza cattedra. Un tempo c’era la recensione. C’è ancora, ma non più come un tempo.
Sui quotidiani, salvo meritevoli eccezioni, della scuola si parla per “raccontare di problemiâ€. Assumono un carattere, a loro modo, di “genere†gli articoli sui concorsi. Non senza florilegio di cahier de doléances e j’accuse. Durante l’estate non è mancata una nutrita rassegna stampa specie sui concorsi collegati al PNRR.
Ora, comprensibilmente, non c’è concorso che, dialetticamente, non comporti, il proprio contrario, vale a dire un ricorso. Nessuno scandalo. È un fatto. Se mentalmente ripercorriamo i concorsi degli ultimi decenni, è difficile ricordarne uno esente da osservazioni, insinuazioni, o anche giustificati addebiti. Per questo (tutti dicono) un concorso deve essere istruito in modo così rigoroso da non temere alcun controllo di legalità . È come dire che: “la moglie di Cesare non deve solo essere onesta, ma anche sembrarlo”.
D’altra parte l’art. 113 della Costituzione spiega: “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativaâ€.
Il quarto comma dell’art. 97 della Costituzione
Esistono azioni motivate o temerarie. Esistono adempimenti seguiti con scrupolo oppure svolti con negligenza o superficialità . La perfezione non è di questo mondo e possono esserci manchevolezze, non meno colpevoli, anche se agite in buona fede.
Il quarto comma dell’articolo 97 della Costituzione, tuttavia, fermo e chiaro, continua ribadire che: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla leggeâ€. È un principio costituzionale, dunque, che risale al 1° gennaio 1948 e che non mostra i segni del tempo. È sempre nuovo, purché se ne assecondi il dettato.
Ma se svolgiamo il nastro degli ultimi 77 anni, dobbiamo riconoscere che non sempre il “decisore politico†lo ha applicato con metodo e con lui una porzione non piccola di “società civileâ€.
Manca tra le discipline olimpiche, ma se vi fosse, l’Italia potrebbe avere ottime chance nel competere nella categoria del “salto del concorsoâ€. Quante deviazioni e tergiversazioni, quanti escamotage. Tempi indefiniti, decisioni dovute a circostanze estrinseche, o a una congerie di fattori non sempre corrispondenti ad una logica lineare e chiara.
Concorsi, sul serio
Quindi, anche nella scuola per prima cosa occorre far funzionare il dettato costituzionale che “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorsoâ€. E renderlo concreto, programmando concorsi non un anno per l’altro, per coprire le carenze di personale del momento, ma un decennio per l’altro con una pianificazione a lungo termine. Una certa prestabilita periodicità dovrebbe assumere il carattere di un impegno permanente e strutturale, non privo di collaudati automatismi, indipendentemente da chi è al governo in quel momento. Un piano decennale permetterebbe di:
- anticipare le esigenze future. Si potrebbero prevedere i pensionamenti e le necessità di nuove competenze professionali in un arco di tempo più ampio. Bandendo i concorsi in anticipo, si eviterebbero le emergenze per la carenza di docenti;
- formare il personale in modo mirato. Avendo una visione chiara delle figure professionali necessarie, si potrebbero attivare percorsi di formazione specifici, preparandosi per tempo a colmare le lacune;
- garantire continuità e stabilità . Un’amministrazione che non è costantemente in emergenza per la carenza di personale può operare con maggiore efficacia e stabilità . I nuovi assunti avrebbero il tempo di integrarsi e di acquisire esperienza.
Bisogna che il sistema istituzionale agisca in modo da consolidare il convincimento che il concorso è la via maestra e rinforzare il concetto di equità e merito. Se i candidati acquisiranno maggiore fiducia sulla correttezza delle procedure, saranno meno propensi a fare ricorso in caso di esito negativo.
Il diritto alla difesa
Giocano a favore del ricorso tanti fattori. L’Italia è diventato uno dei paesi europei con la più alta concentrazione di studi legali, i quali esercitano una funzione essenziale nello Stato costituzionale di diritto, altrettanto riconosciuta dai primi due commi dell’art. 24 della Costituzione: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimentoâ€.
Ma in questione è anche il rapporto, non proprio saldissimo, tra Stato e Paese, tra Paese legale e Paese reale. In questione è un’atavica diffidenza, non sempre ingiustificata, che ha prodotto un certo disincanto, che in taluni casi inclina verso la rassegnazione, in altri verso il contenzioso.
Per non dire della tendenza a portare sul piano della giustizia amministrativa o ordinaria qualsiasi controversia tra cittadino e cittadino e tra cittadino e pubblica amministrazione.
Non evitiamo di rendere esplicita la domanda: siamo in presenza di una crisi dell’istituto concorsuale? Non diamo risposte affrettate. Pensiamoci bene. Sapendo che le crisi non devono avere il sopravvento, possono essere un motivo utile per dotarsi di un’attitudine gestionale più adeguata.
Il principio di legalitÃ
Ciò precisato, il problema non sono i ricorsi esperiti o minacciati. Il problema è un’organizzazione dei concorsi che sia all’altezza nel garantire legalità nel senso dell’osservanza di ciò che il quadro normativo prevede. Legalità significa tener conto, al contempo, della trasparenza e della privacy, dell’equità verso tutti e della considerazione attenta delle prove di ciascuno.
I concorsi continuano ad essere lo strumento per saggiare attitudini, competenze e capacità professionali e per valutare e scegliere le persone giuste per il servizio pubblico; ma anche il modo migliore per garantire che i dipendenti pubblici siano scelti in base al merito assicurando che l’accesso sia aperto a tutti, indipendentemente dalla provenienza sociale o dalle conoscenze personali.
Questo non significa che non si possa giovare anche di altre modalità , sempre ad evidenza pubblica come nella scuola succede per la scelta di alcune figure: dal DPO (Responsabile della protezione dei dati) all’RSPP (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione), dal Medico competente allo Psicologo. Ma si tratta di nicchie relative al fatto che l’organico dell’autonomia risulta sprovvisto di quei profili che possono essere acquisiti, in particolare, attraverso la procedura indicata dal D.lgs. n. 165 del 30 marzo 2091, art. 7, comma 6.
Garantire la periodicitÃ
I concorsi, in primo luogo, dovrebbero dotarsi di una periodicità garantita. Non si può più assistere ad un teatrino per cui si attende per mesi o anni la pubblicazione di un Regolamento quindi altri mesi per un decreto di indizione del concorso. Quindi altri mesi o anni per la prova preselettiva. E così via, per la prova scritta e per la prova orale. Questo stillicidio di attese e relative ansietà , unito alla dilatazione dei tempi, non fa bene alla credibilità dei concorsi. La periodicità garantita dei concorsi non è, dunque, un dettaglio secondario, ma un requisito cruciale per l’efficienza e l’equità del sistema. Una tempistica, stabilita con largo anticipo e rispettata, offre numerosi vantaggi per l’amministrazione e per i candidati, trasformando il processo da un evento spesso caotico a un meccanismo snello e affidabile.
Ci sono margini di miglioramento? Certo, ce ne sono sempre. Da dove cominciare? Senz’altro da un prerequisito che risiede nella piena coscienza della serietà che questo ambito della pubblica responsabilità deve convintamente assumere. Vi sono alcuni aspetti che meritano la formulazione di proposte, almeno per ciò che riguarda i concorsi per i docenti, che vengono qui formulate non senza una preventiva disillusione che possano avere un seguito tra cui: maggiori compensi per i commissari, forme di alleggerimento del lavoro, formazione di un Albo.
Compensi delle commissioni esaminatrici
Forse sarebbe il caso di rivisitare il DM n. 8 del 19 gennaio 2024 che stabilisce i compensi da riconoscere a presidenti, membri e segretari delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici per l’assunzione di personale scolastico. Per la prova orale, per ciascun componente delle commissioni esaminatrici, oltre al compenso base (che può variare da 1.600 a 2.000 euro) sono previsti 0,80 euro per ogni elaborato o candidato esaminato nei concorsi relativamente ai profili di docente dell’infanzia, di scuola primaria e di personale ATA; 1,00 euro per ogni elaborato o candidato esaminato nei concorsi per docente laureato e dirigente scolastico.
Considerando la complessità e l’alto numero di candidati, tali compensi sono sproporzionati rispetto al carico di lavoro richiesto. L’impegno per la correzione degli elaborati e per gli esami orali richiede un onere gravoso da aggiungere al normale servizio. Questo può portare a un’esperienza percepita come demotivante, nonostante l’importanza cruciale che riveste la scelta del futuro personale scolastico.
Forme di esonero
Il fulcro del problema risiede nella mancanza di un sistema di incentivi che renda l’incarico di commissario d’esame appetibile. L’adesione a queste commissioni costituisce un onere aggiuntivo che si somma ai normali impegni lavorativi con conseguenze negative sulla qualità della vita professionale e personale. Questo fattore scoraggia fortemente i potenziali candidati a dare la propria disponibilità . Se vogliamo promuovere un sistema concorsuale funzionante, per i docenti e il personale amministrativo chiamati a far parte delle commissioni d’esame, occorre immaginare una qualche forma di esonero: un alleggerimento delle ore di lezione, un’esenzione da altre attività amministrative, o altre misure che riducano il carico di lavoro ordinario. Questo, accanto al miglioramento del trattamento economico, permetterebbe ai membri di dedicarsi al nuovo compito con la dovuta attenzione e senza il peso del doppio carico lavorativo.
Un albo per i presidenti?
Attualmente, la selezione dei presidenti delle commissioni d’esame spesso si basa su criteri, che a volte non riescono a cogliere appieno le qualità individuali di coloro che si propongono. Questo può portare a nomine che non sempre rispecchiano le competenze ideali per il ruolo. Perché non prevedere un Albo regionale realizzato sulla base di comprovate competenze ed esperienze (curriculum vitae)?
Il sistema di selezione potrebbe funzionare basandosi sui alcuni passaggi:
- autocandidatura. Gli aspiranti presidenti dovrebbero presentare una domanda spontanea, corredata da una motivazione dettagliata;
- valutazione dei CV. Una commissione valuterà i curriculum vitae dei candidati, cercando di identificare le competenze e le esperienze più pertinenti. Questo processo andrebbe oltre la semplice anzianità di servizio, dando peso a specifici percorsi formativi, ruoli di coordinamento, e successi professionali;
- inclusione nell’albo. I candidati ritenuti idonei verrebbero inseriti in un elenco regionale. Da questo albo si attingerebbe poi per nominare i presidenti delle varie commissioni.
L’Albo garantirebbe sicuramente una maggiore trasparenza e competenze più mirate, ma anche la valorizzazione del merito.
In sintesi
Sono questi alcuni presupposti che possono aiutare a mettere in sicurezza una programmazione dei concorsi almeno per ciò che concerne l’ambito delle commissioni giudicatrici: un riconoscimento economico ragionevolmente più dignitoso; l’opportunità , per i commissari di ricorrere a forme di esonero, senza le quali la stessa speditezza dei concorsi non può essere garantita; un Albo regionale per i presidenti.
Queste condizioni dovrebbero essere definite a priori, per evitare di affrontare le procedure concorsuali avendo come unico strumento la moral suasion dei bravi dirigenti e funzionari degli uffici scolastici regionali e territoriali. Le esplorazioni defatiganti, con tante motivate e legittime rinunce prima di arrivare alla formazione delle Commissioni, comportano inevitabilmente ritardi sulle tempistiche e conseguenti problemi sulla funzionalità del sistema.