Liceo quadriennale: spunti per un dibattito

Le ragioni della sperimentazione

In questi ultimi anni, in controtendenza rispetto agli altri percorsi liceali, le iscrizioni al liceo classico hanno subito un costante calo, passando dal 6,6% dell’a.s. 2012/3 al 5,8% del 2015-16, nonostante eminenti intellettuali italiani e stranieri (M.Nussbaum, Non per profitto, Bologna 2007 e il più agile N.Ordine, L’utilità dell’inutile, Bompiani, Milano, 2013), ne abbiano sostenuto a vario titolo la difesa. La perdita di appeal del curricolo classico è attribuibile a varie ragioni: la tendenza semplificatrice degli studi secondari superiori diffusa nel Paese, un pregiudizio tecnologico, che esclude, a torto, gli studi umanistici dall’uso delle ICT, la chiusura delle sperimentazioni, proliferate negli anni ’80 e ’90 (art. 3 DPR n. 419/1974), che avevano mascherato il calo di interesse verso il liceo classico con sostanziose iniezioni di altre discipline, espedienti talora adottati per “gonfiare” organici asfittici, in ultimo una certa incapacità di rinnovamento della didattica in tanti licei pur prestigiosi. La L. 133/2008, alleggerendo l’assetto curricolare liceale, dunque anche del classico, ne ha messo a nudo la crisi, offrendo, tuttavia, l’occasione per ripensare all’articolazione interna del curricolo ed alla durata complessiva del ciclo di studi (art. 11 del DPR n. 275/1999). È così nata, nell’a.s. 2014-15, una sperimentazione, autorizzata dal MIUR, rivolta ad esplorare la possibilità di un riassetto complessivo del tempo scuola del ciclo conclusivo di studi medi, con la istituzione di un liceo quadriennale, giunta nell’a.s. appena iniziato al terzo anno di vita.

Un liceo in quattro anni?

La durata quadriennale del corso di studi superiore non è una novità in Italia: oltre alla abbreviazione per merito riconosciuta agli “ottisti”, è adottata nelle scuole italiane all’estero, recentemente riformate (come la Francia, DI 4.08.2010, n. 4270 al link

http://www.esteri.it/MAE/doc_politica_estera/Cultura/Istituzioni%20Scolastiche/20100909_DI_4270.pdf)..

La sperimentazione di liceo quadriennale attivata in 5 scuole, e monitorata da équipe di esperti MIUR, tuttavia, è stata accolta da giudizi diametralmente opposti: dal plauso incondizionato dell’Ordine dei Medici della provincia di Bari, al fuoco incrociato dei vessilliferi della tradizione gentiliana, che hanno paventato il rischio di un impoverimento di contenuti (rinvio a http://www.europaquotidiano.it/2013/11/30/licei-di-quattro-anni-lasperimentazione-che-non-piace-ai-sindacati), con toni esageratamente accesi, se si consideri la limitata applicazione del progetto. Il liceo, ridotto a quattro anni, comporterebbe un danno per gli studenti ed un pesante taglio ai posti di lavoro. La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto nel merito il ricorso di un sindacato della scuola (2015), ha dimostrato l’infondatezza di tali preoccupazioni: il liceo quadriennale, al contrario, prevede un incremento complessivo sul quadriennio di ben 13 ore settimanali rispetto a quello quinquennale (160 a 147).

Sgombrato il campo da questa obiezione “riduzionista”, ricordato che il curricolo quadriennale introduce la seconda lingua straniera per tutti i 4 anni, e il CLIL fin dal primo, prevedendo altresì stage all’estero all’interno del tempo scuola, va detto che una semplice occhiata al quadro orario (ad es. http://www.liceoflaccobari.gov.it/scuola/indirizzi-scolastici.html) fa risaltare la presenza, nell’indirizzo classico (quello da me sperimentato), dell’intero “pacchetto disciplinare” della tradizione. La differenza tra i due curricula non sta infatti nei contenuti disciplinari o nella loro contrazione in 4 anni, bensì nel metodo di lavoro adottato per questa sperimentazione.

Il liceo quadriennale non è il “nuovo” né l’unico liceo classico, ma una opzione che, percorrendo la strada dell’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, a dire il vero poco praticata dalle scuole, presenta spunti di, relativa, novità metodologica e didattica, innestati su un impianto ordinamentale ispirato al nuovo liceo francese varato nel 2012. Compresenza e codocenza, flessibilità didattica e modularità , agevolate da una diversa scansione del monte ore e da una gestione più libera delle cattedre, sono soluzioni organizzative previste dal DPR n. 275/1999, ed utilizzate da molte scuole, sia pure con difficoltà crescenti, almeno fino a quando le novità introdotte dalla L. 107/2015 non andranno a regime (organico di istituto, reti di scuole, reti di ambito). A ciò si aggiungano una oculata adozione della “didattica breve”, l’uso di strumenti e sussidi didattici aggiornati, la conseguente introduzione delle ICT anche nella didattica delle discipline umanistiche, dove si annidano le maggiori resistenze della tradizione manualistica tramandata di generazione in generazione.

Ripensare il curricolo e la didattica

Ma non è certo l’uso di un tablet per la grammatica greca a conferire al liceo quadriennale il “bollino blu” dell’innovazione: un approccio più amichevole può stimolare nella generazione dei nativi digitali il consolidamento di information skills, nonché un ripensamento sulle study skills (si pensi alle piattaforme di interrogazione e di condivisione) anche per le discipline umanistiche. Ben più importante è, invece, conferire una marcata impronta di co-progettazione e di programmazione agli interventi didattici, curvata su una didattica laboratoriale in cui l’apprendimento risulti davvero significativo. Ciò significa rimettere in campo la riflessione sul complesso passaggio da una cultura del curricolo alla programmazione per competenze, tema che non ha trovato finora adeguata attenzione tra i docenti dei licei, nonostante alcune meritorie esperienze di ricerca-formazione (v. I Nuovi licei alla prova delle competenze”, a cura di L. Perla, Pensa editore, Lecce, 2015).

La programmazione per competenze rappresenta una positiva occasione per ripensare il percorso formativo in funzione degli esiti dell’apprendimento, piuttosto che in termini di contenuti e modalità d’insegnamento. Essa non è necessaria in presenza di un ampio spettro di norme nazionali e comunitarie, ma è possibile a partire dagli spazi di sperimentazione di cui possono avvalersi le scuole contando sulle proprie risorse professionali, valorizzando gli spunti innovativi (ri)emersi con la L. 107/2015 (organico dell’autonomia, figure di staff, accordi di rete).

Si tratta di un’operazione che non deve ridursi alla costruzione di una semplice architettura di competenze: non va trascurata la ricerca di senso, fondamentale in un ambiente formativo, in particolare se impegnativo come è, indubbiamente, il liceo quadriennale, il quale – lungi dall’essere il “nuovo liceo classico” o, peggio, il “liceo breve” o, addirittura, “il liceo contratto”, come i detrattori l’hanno definito – è un’alternativa che concilia la valenza culturale degli studi umanistici con l’esigenza di rendere questo indirizzo più “attraente” per i nostri giovani, senza snaturarlo, ma anche senza ridurlo a “nicchia filologico-antichistica” quale rischia di diventare (v. il relativo profilo della “riforma Gelmini”).

Una didattica orientata alle competenze

Promuovere una progettazione dell’attività scolastica orientata alle competenze vuol dire pensare al risultato del percorso come ad una costante, considerando, invece, le modalità di realizzazione dell’apprendimento, come una variabile. In questa ottica, centrali sono i risultati attesi e, dunque, assume maggiore rilievo l’attività dei luoghi della progettazione collegiale (dipartimenti disciplinari e consigli di classe). Nessun contenuto o metodo può, in astratto, essere ritenuto migliore di altri, ma bisogna saper scegliere i contenuti ed i metodi più adeguati e coerenti con il contesto formativo.

È questa la novità, complessa e per certi versi ardua, del lavoro di ricerca realizzato, e della sperimentazione in atto, dei docenti del liceo quadriennale, l’esatto contrario di quanto accade quando, preventivamente, stabiliamo come deve essere il curricolo, nel seno delle discipline, del loro monte ore, degli obiettivi, dei contenuti e delle indicazioni metodologiche, trascurando di valutare l’impatto che tale impianto ha sull’apprendimento dello studente. In altri termini l’itinerario è dalla disciplina al modulodall’obiettivo alla competenzadalla valutazione alla certificazione, questioni diventate veri e propri vessilli dell’innovazione, ma che non sono ancora prassi comune.

Rispetto al concetto stesso di competenza, pur nella diversità delle esperienze peculiari dei 5 “licei quadriennali”, essa è avvertita come il saper fare che discende dall’acquisizione di un mix significativo di conoscenze, abilità e saperi, che riguarda uno dei nodi concettuali di una disciplina o di un sapere anche interdisciplinare, che è misurabile, spendibile, capitalizzabile. In questo senso la competenza è il padroneggiamento e la utilizzazione teorica e pratica della conoscenza.

I docenti impegnati nella sperimentazione, rispetto ad alcuni nodi della formazione scolastica, si sono interessati meno ai problemi di alchimia curricolare, privilegiando le modalità di gestione della didattica, in tal modo spostando la centratura dal curricolo al soggetto nel curricolo.

I primi esiti della sperimentazione

Alcuni risultati importanti: la convinzione che la riduzione di un anno non peggiora la qualità della preparazione, e che raggiungere gli obiettivi formativi in presenza di un orario impegnativo è un vincolo che sollecita ad assumere stili di insegnamento collaborativi; la necessaria selezione dei contenuti, perché obiettivo dell’educazione non è l’ampiezza quanto la profondità (J. Bruner); la realizzazione della modularità, perché è didatticamente valido che l’ottimizzazione del risultato passa anche dalla semplificazione delle discipline; infine la definizione di standard di competenze in ambiti disciplinari.