Il riconoscimento delle professionalità socio-educative

Chi è l’educatore professionale?

L’approvazione della legge di stabilità 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) il 20 dicembre scorso può essere considerata per gli educatori che operano nel settore socio-educativo e per i pedagogisti una svolta rispetto al riconoscimento della proprie figure professionali. L’articolo 1, commi 594-601 infatti recepisce in parte il testo della proposta di Legge n. 2656,  Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista, la cosiddetta legge Iori dal nome della senatrice prima proponente, riconoscendo e disciplinando per la prima volta in Italia le professioni educative che operano nel settore culturale, sociale ed educativo.

Un iter legislativo tormentato

Il lungo e non semplice iter legislativo della norma, la cui prima stesura risale al 2014 e che ha visto sul proprio cammino diverse modificazioni ed integrazioni, mette in luce la natura complessa della materia di riferimento e le difficoltà incontrate nel tentare di regolamentare un vasto campo di intervento che da molti anni era in attesa di una stabilizzazione normativa. Non è un caso, infatti, che il lavoro di stesura del testo si sia arricchito del contributo di numerosi interlocutori sia del mondo politico sia di quello dell’associazionismo, della cooperazione sociale ma anche dei sindacati, che l’onorevole Iori ha sollecitato sin dai primi passaggi della normativa. L’urgenza politica di un passo significativo verso la regolamentazione del settore è la ratio che ha portato al ritiro da parte di tutti i proponenti di numerosi emendamenti presentati in discussione alla VII Commissione Permanente (Cultura, scienza e istruzione) – alcuni dei quali a nostro avviso anche di una certa rilevanza sul piano attuativo – e alla decisione di introdurre i punti fondamentali della proposta di legge nella legge di stabilità approvata a fine anno.

Le innovazioni introdotte dalla legge

Le innovazioni più importanti introdotte dall’art. 1, commi 594-601 sono rappresentate dal riconoscimento delle figure dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista quali professionalità rispettivamente di livello 6 e 7 (del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento); dalla chiara separazione delineata tra l’ambito di intervento socio-educativo da quello sanitario, e dall’introduzione dell’obbligatorietà del titolo universitario in scienze dell’educazione, titolo che per il pedagogista diviene abilitante.

In modo più sintetico e meno specifico di quanto faceva la proposta di Legge Iori, il comma 594 esplicita gli ambiti ed i contesti di intervento dell’educatore socio-pedagogico. La norma afferma che questa figura opera “nell’ambito educativo, formativo e pedagogico, in rapporto a qualsiasi attività svolta in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, in una prospettiva di crescita personale e sociale”  e “nei servizi e nei presidi socio-educativi e socio-assistenziali, nei confronti di persone di ogni età, prioritariamente nei seguenti ambiti: educativo e formativo; scolastico; socio-assistenziale, limitatamente agli aspetti socio-educativi; della genitorialità e della famiglia; culturale; giudiziario; ambientale; sportivo e motorio; dell’integrazione e della cooperazione internazionale”.

L’educatore socio-pedagogico e il pedagogista

La figura dell’educatore socio-pedagogico e quella del pedagogista, dunque, si conferma come quella dei professionisti di riferimento nella maggioranza dei servizi di ambito sociale, socio-assistenziale, socio-educativo, ma anche della formazione permanente, separandosi in modo più netto dalle professionalità di formazione sanitaria ma anche psicologica e socio-antropologica, che hanno condiviso fino ad oggi gli interventi soprattutto nei servizi gestiti da privato sociale. La norma ribadisce il riconoscimento della figura dell’educatore professionale socio-sanitario (titolo che si continua ad acquisire tramite il diploma di laurea abilitante in classe L/SNT2) e introduce l’obbligo della formazione universitaria di primo livello nella classe L-19 per l’educatore professionale socio-pedagogico (in stretta connessione con le disposizioni del decreto legislativo che regola la professionalità dell’educatore nei servizi per l’infanzia – d.l. 13 aprile 2017, n.65). La qualifica di pedagogista è legata al conseguimento di un diploma di laurea magistrale, nelle classi LM-50 Programmazione e gestione dei servizi educativi, LM-57 Scienze dell’Educazione degli adulti e della formazione continua, LM-85 Scienze Pedagogiche o LM-93 Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education; il titolo diviene abilitante e la professionalità riconosciuta come apicale.

Le norme transitorie della legge

I commi 597-598-599 e 600 contengono le norme transitorie che prevedono l’istituzione di corsi universitari intensivi di formazione di 60 CFU che nei tre anni successi la pubblicazione della norma permetteranno l’acquisizione della qualifica (non del titolo) aperti a chi, alla data dell’entrata in vigore della norma, sia in possesso di specifici requisiti (superamento di concorso pubblico sul profilo, possesso di tre anni di servizio, diploma magistrale precedente l’anno 2001/02). Infine, la norma attribuisce il titolo a tutti coloro i quali, avendo compiuto i 50 anni di età, hanno alle spalle almeno 10 anni di servizio oppure di chi ha acquisito almeno 20 anni di servizio.

Nel testo riportato finanziaria è venuto a mancare tutto lo spazio che la proposta di legge Iori attribuiva all’identificazione delle aree di competenza delle professionalità in oggetto, individuate nel testo originario prioritariamente nella progettazione, intervento e valutazione degli interventi educativi indirizzati sia alla persona sia ai gruppi, nella supervisione, nell’attività didattica, di ricerca e sperimentazione, con ulteriore competenze di coordinamento per quanto attiene al pedagogista. Sono diventati meno chiari, a nostro avviso, anche le delimitazioni dei confini fra l’area socio-educativa, socio-sanitaria e culturale, nelle quali operano a diverso titolo figure professionali con profili poco definiti e con percorsi formativi anche universitari molto diversificati fra loro.

I decreti attuativi e il ruolo dell’Università

Data la natura sintetica dei commi inseriti nella legge di stabilità, sarà di particolare importanza il lavoro che nei prossimi mesi vedrà impegnato sia il versante legislativo, nella predisposizione dei decreti attuativi, sia quello universitario che dovrà occuparsi della riprogettazione dei curricola dei corsi di laurea triennale e magistrale coinvolti così come dei 60 crediti previsti per l’ottenimento della qualifica, una sfida che ci si augura favorisca la ripresa non solo del dibattito politico ma anche di quello culturale e scientifico, delle ricerca e  della sperimentazione innovativa.