Emergenza sostegno per i disabili

Solo cattive notizie?

Quando si parla di integrazione dei disabili nella scuola, tendono a prevalere le “cattive notizie”. Spesso ci si lamenta dei ritardi nelle nomine dei docenti specializzati (in alcuni territori ancora da completare), della scarsa copertura oraria del sostegno, della presenza massiccia di personale precario (nell’ordine del 40% degli effettivi) e di affidamento di incarichi a personale sprovvisto di specifica qualificazione. Le associazioni dei genitori sono preoccupate (cfr. le prese di posizione di FISH e FAND) e gli stessi sindacati stanno “scoprendo” la questione[1].

È facile fare di ogni erba un fascio e mettere in risalto le “bad news” che pure ci sono, come il frenetico avvicendarsi di figure di sostegno sullo stesso allievo (alla faccia di ogni principio di continuità), la carenza del personale assistenziale (per cui non esistono profili nazionali di competenza ed ogni Ente procede in ordine sparso, spesso esternalizzando il servizio).

Ma vediamo di fare un po’ di chiarezza e di affrontare i diversi problemi che si celano dietro queste situazioni, a partire anche dalle novità contenute nel D.lgs. 66/2017, posto che gli si voglia dare concreta attuazione[2].

Le risorse di sostegno

Si lamenta, da sempre, la scarsa presenza dei docenti di sostegno. C’è da dire che quest’anno, almeno sulla carta, i posti di sostegno hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 141.412 unità, a fronte della presenza di 245.723 allievi disabili certificati. Ormai nel 43,3% delle nostre classi (statali e non statali) vi è la presenza di un alunno disabile (anzi la media è 1,37). Alunni e docenti sono in aumento, ma i posti dei docenti aumentano in proporzione maggiore rispetto agli alunni “certificati”, dunque si è ampliata la “copertura oraria”. Certamente insufficiente.

1) MIUR, Focus “Principali dati della scuola – Avvio Anno Scolastico 2018/2019”, Settembre 2018

Ma cosa intendiamo per copertura oraria? Perché evidentemente non basta riferirsi alla gravità del deficit, in quanto entrano in gioco altre variabili (come la numerosità della classe o l’ampiezza del tempo scuola), per non parlare dell’eventuale apporto di altre figure socio-educative (assistenti, educatori, ecc.). Dunque il “numerino” delle ore di sostegno non può essere un parametro adeguato ed esaustivo. Il processo di integrazione ha l’obiettivo di favorire la progressiva autonomia cognitiva e relazionale dell’allievo disabile, che dunque non può essere messo “in carico” al solo docente di sostegno. È la classe intera che diventa inclusiva, secondo la bella definizione contenuta nelle circolari estive del MIUR, e secondo gli orientamenti più volte espressi da uno dei maggiori esperti del settore, il prof. Andrea Canevaro. Lo stesso PEI, allora, assume un significato diverso, e dovrà dar conto non solo del sostegno, ma dei “sostegni” al plurale, nell’ottica di una “rete” di risorse per favorire la piena integrazione, di cui il docente di sostegno fa “supervisione” e regia. Ma la strada è ancora lunga.

Intanto è di tutta convenienza leggere l’illuminante relazione della Corte dei Conti sullo stato dell’integrazione scolastica, contenuta nella Deliberazione 16 luglio 2018, n. 13.

La qualificazione del personale

Le critiche si rivolgono spesso alla qualificazione/specializzazione dei docenti. Esiste anche il fenomeno della “fuga” dal sostegno dei docenti, dopo 5 anni di permanenza nel ruolo (mentre è caduta l’ipotesi di prolungare il periodo a 10 anni): evidentemente questa figura è ancora considerata “debole” nel panorama della scuola italiana (assimilata spesso ad una professione di cura), anche se ormai il 16,3% dei docenti italiani è un docente di sostegno. È un problema culturale, ma anche di condizioni lavorative: pari dignità professionale, possibilità di carriera, carichi di lavoro, accesso a incentivi ecc. La figura del docente di sostegno deve corrispondere ad una professionalità a 360°, e questo implica un percorso formativo iniziale consistente, l’obbligo della formazione in servizio, la possibilità di assumere funzioni di responsabilità. In quest’ottica si muovevano le note ministeriali 37900 del 15-11-2015 e 32839 del 3-11-2016 circa la formazione di secondo livello di figure di coordinamento dell’inclusione.

Intanto però siamo all’emergenza: mancano graduatorie di docenti con titolo cui attingere per le nomine in ruolo (molti posti sono andati deserti: 1.682 assunzioni su 13.329 posti offerti) e per lo stesso conferimento di supplenze, ove il 75,2% delle nomine si riferisce a docenti non specializzati (51.107 su 67.990)[3]. Di fronte a questa “debacle”, riconosciuta dallo stesso Ministro Bussetti, occorre agire sul lato dell’offerta di posti stabili (ad esempio stabilizzando i posti di sostegno che ora sono conferiti annualmente in deroga: circa il 40%) e aumentare il numero dei docenti che intraprendono i percorsi formativi per ottenere la specializzazione. Si è parlato di 40.000 posti in futuri corsi, secondo modalità tutte da precisare, sia per il primo che per il secondo ciclo. Si pensi che il decreto più recente che fissa il numero programmato per le università si riferisce a 9.649 posti (D.M. 948/2016).

E si dovrà pure riflettere sulla qualità dei percorsi universitari, sul rapporto tra formazione generalista e formazione specialistica (che il D.lgs. 59/2017 vorrebbe rigidamente separate), sulle forme di reclutamento (per cui è stato regolamentato un concorso “riservatissimo” per i docenti della scuola dell’infanzia e primaria, anche per il sostegno).

Nuove e vecchie “classificazioni”

Si è ora in attesa di capire se il restyling (operato dal D.lgs. 66/2017) dei documenti relativi all’handicap avrà un seguito. In particolare viene previsto un ancoraggio all’ICF (International Classification of Functioning), cioè un approccio bio-psico-sociale che non considera solo la gravità della diagnosi (ICD), ma anche il contesto di vita dell’allievo, le sue potenzialità, i suoi bisogni educativi. Ne consegue che il PDF (profilo dinamico-funzionale) e la Diagnosi Funzionale dovranno essere sostituiti dal PF (profilo di funzionamento), che viene elaborato dai servizi sanitari in collaborazione con la famiglia e gli operatori della scuola. Questo documento diventa la base di riferimento per la definizione del Piano Educativo Individualizzato, che rappresenta la sintesi delle interlocuzioni con gli specialisti dei servizi, con i genitori, ma che impegna collegialmente i docenti contitolari del team/consiglio di classe. E sappiamo che non sempre questo coinvolgimento diventa effettivo ed efficace, perché ancora troppo spesso l’integrazione viene delegata al solo docente di sostegno.

Anche sul rilascio delle certificazioni sarebbe necessaria una seria riflessione, per capire le notevoli differenze che si presentano tra i diversi territori e i diversi livelli scolastici.

Ordine di scuolaAlunni con disabilitàTotale alunni% alunni con disabilità
Infanzia28.1381.518.8431,9
Primaria90.8452.792.4143,3
Sec. I grado69.4701.729.2264,0
Sec. II grado65.9132.664.9672,5
Totale245.3668.705.4502,9

Fonte: MIUR, I principali dati relativi agli alunni con disabilità per l’a.s. 2016/2017, maggio 2018.

Di notevole interesse anche la difforme presenza di alunni certificati nelle scuole secondarie di II grado: si va dall’1,2% nei licei al 2% negli istituti tecnici e al 6,1% negli istituti professionali.

Il fenomeno DSA

Ma c’è un altro fenomeno che è meritevole di attenzione. Si tratta dell’aumento esponenziale di allievi certificati con Disturbi Specifici di Apprendimento, una tipologia di allievi che è stata messa a fuoco con la legge 170/2010 e che è passata dallo 0,7% dell’a.s. 2010-11 al 2,9% dell’a.s. 2016-17. Si tratta di situazioni legate a dislessia (42,6%), disgrafia (17,4%), disortografia (20,8%), discalculia (19,2). Le modalità con cui vengono attestati i disturbi, la diversa presenza nei livelli scolastici e nei territori, la crescita impetuosa delle certificazioni richiedono certamente un supplemento di approfondimento: senz’altro c’è una maggiore sensibilità verso il problema, ma a volte anche una spinta impropria da parte di famiglie, specialisti e insegnanti. Il MIUR ha raccomandato giustamente di affrontare il tema con un’ottica di ripensamento complessivo dell’attività didattica.

Ordine di scuolaAlunni con DSATotale alunni% alunni con DSA
Infanzia7741.518.8430,05
Primaria53.8322.764.8101,95
Sec. I grado92.4831.711.9545,40
Sec. II grado107.5252.664.9674,03
Totale254.6148.660.5742,94

Fonte: MIUR-DGCASIS – Ufficio Statistica e studi – Rilevazioni sulla scuola. Sono esclusi i dati della provincia di Bolzano.

La governance dell’inclusione

È di tutta evidenza che il processo di inclusione richiede un impegno convergente di molte istituzioni, e che la scuola da sola non può farsi carico di tutte le iniziative. Non a caso il D.lgs. 66/2017 rilancia il tema del “progetto di vita” (definito “progetto individuale”), per ricordare a tutti che il percorso educativo si intreccia con i processi di riabilitazione, con l’inserimento possibile nel mondo del lavoro, con le molteplici opportunità di vita sociale spesso da costruire e “inventare” (Legge 328/2000). E in questi settori ancora influiscono i divari enormi tra le diverse regioni italiane, come ci ricordano gli annuali rapporti sulle condizioni dell’infanzia a rischio rilasciati da “Save the Children”[4]. Molto spesso è la scuola a sobbarcarsi i maggiori impegni. Fa pensare la diversa distribuzione delle cosiddette figure assistenziali: la loro minore presenza al Sud si traduce in una richiesta supplementare di docenti di sostegno, portando tutto il sistema educativo fuori asse (reclutamento, mobilità, continuità, competenze).

In generale, l’assegnazione del personale docente specializzato dovrebbe avvenire a seguito di un’attenta valutazione del contesto in cui avviene l’integrazione. Non basterà più una semplice richiesta di ore, perché ci dovrà essere un’analisi comparata del progetto educativo e dei “sostegni” ad esso dedicati, che sarà compiuta da un nuovo organismo territoriale: il Gruppo inclusione territoriale – GIT (un’articolazione dell’attuale dimensione provinciale, che dovrebbe essere più attenta e vicina ai bisogni delle diverse realtà scolastiche), che vede la presenza di operatori scolastici e non solo di “amministrativi” per contabilizzare le ore necessarie. La documentazione a corredo della richiesta di risorse dovrà stimolare la capacità progettuale delle istituzioni scolastiche e l’apporto dei gruppi di lavoro interni alle scuole – GLI, confermati dal decreto. La novità riguarda la formalizzazione di un Gruppo regionale di consultazione – GLIR, costituito da ogni Ufficio Scolastico Regionale per esprimere pareri circa le politiche dell’inclusione nel territorio. Non dimentichiamo che, alla fin fine, la distribuzione delle risorse umane è ancora strettamente nelle mani del MIUR, per il tramite dei Direttori Generali regionali.

I prossimi passi

Il D.lgs. 66/2017 prevedeva una serie di scadenze serrate (in genere entro 180 giorni dall’approvazione del decreto), che appaiono al momento largamente disattese. Infatti restiamo in attesa di:

  • criteri, contenuti e modalità di redazione delle certificazioni;
  • criteri, contenuti e modalità di redazione dei profili di funzionamento;
  • modifiche al regolamento per l’assegnazione del personale ATA;
  • criteri per uniformare sul piano nazionale i profili del personale assistenziale;
  • indicatori per la valutazione della qualità dell’inclusione;
  • decreti per le modalità di formazione iniziale dei docenti di sostegno (infanzia e primaria);
  • decreto per favorire la continuità educativa del personale (supplente);
  • modalità di formazione iniziale ed in servizio dei dirigenti scolastici;
  • funzionamento e durata dell’osservatorio permanente per l’inclusione.

Questa lunga serie di “cose da fare” (richiamate anche nella nota MIUR 1553 del 4 agosto 2017) ci dice della difficoltà a far seguire alle affermazioni di principio, che in genere sono contenute nelle leggi, le concrete realizzazioni sul campo.

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[1] CISL Scuola, I paradossi del sostegno, settembre 2018, cfr. https://www.cisl.it/notizie/news-categorie-e-servizi/10514-istruzione-dossier-della-cisl-scuola-i-paradossi-del-sostegno.html

[2] Per un’analisi del D.lgs. 66/2017 si veda: L. Lega, Decreto legislativo inclusione: più conferme che novità, in Notizie della scuola, n. 2, 16-30 settembre 2017, Tecnodid, Napoli; A. Carlini, Conferme e novità per l’integrazione scolastica, in G. Cerini – M. Spinosi (a cura di), Una bussola per le deleghe, Tecnodid, Napoli, 2017.

[3] I dati sulle nomine sono desunti dal Rapporto CISL scuola citato in precedenza.

[4] Save the Children, Atlante dell’infanzia a rischio, Treccani, 2017. Il rapporto 2018 sarà dedicato alla situazione delle periferie.