BES: parliamone

Alunni con BES: chiarimenti dal Miur

Con la nota 3 aprile 2019 prot. n. 562 il Ministero dell’Istruzione fornisce risposte, foriere di interessanti e doverose riflessioni pedagogiche, alle richieste, pervenute dalle singole scuole, riguardanti l’inclusione scolastica degli alunni con BES.

Come ben noto, con l’acronimo BES si intendono i Bisogni Educativi Speciali, ovvero particolari necessità educative che possono essere manifestate, anche solo per brevi periodi, dagli alunni a scuola: “per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta” (Direttiva Ministeriale del 27.12.2012 e CM 06.03.2013 n. 8).

L’utilizzo dell’acronimo BES sta quindi ad indicare una vasta area di alunni, per i quali il principio della personalizzazione dell’insegnamento, sancito dalla Legge 53/2003, va applicato con particolare attenzione in quanto a peculiarità e durata, al fine di rimuovere quanto ostacola i percorsi di apprendimento e  curvarli  sulle potenzialità di ciascuno, nell’ottica di una scuola sempre più equa ed inclusiva, impegnata nella garanzia del miglior funzionamento apprenditivo e relazionale  possibile, ovvero del successo formativo.

Oltre le definizioni “ombrello” di BES

Al fine di ridefinire il campo indicato dall’espressione “ombrello” BES, appare opportuno riferirsi all’indicazione di D. Ianes, che definisce il Bisogno Educativo Speciale come una “qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo ed apprenditivo, espressa in funzionamento problematico anche per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia, e che necessita di educazione speciale individualizzata”.

Il concetto di  Bisogno Educativo Speciale (BES)  si ispira quindi ad una visione globale della persona, con riferimento al modello ICF della Classificazione Internazionale del Funzionamento, disabilità e salute (International Classification of Functioning, disability and health), fondato sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, come definito  dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2002).  Il modello bio-psico-sociale, uno dei più importanti principi di ICF, pone infatti sullo stesso piano sia gli aspetti riguardanti la salute della persona, coerentemente con un modello medico, sia gli aspetti di partecipazione sociale, coerentemente con un modello cosiddetto sociale, cioè più orientato sugli aspetti sociali, mettendo tutto in relazione con i fattori ambientali.

Per completezza d’informazione ricordiamo che rientrano nella più ampia definizione di BES tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

“Chi ben comincia”: una particolare cura educativa a partire dalla scuola dell’infanzia

La succitata nota 562/2019, atteso tra l’altro che il processo di inclusione è considerato l’architrave della politica scolastica nazionale, e fermo restando che la certificazione diagnostica di DSA non può essere rilasciata prima del termine del secondo anno di scuola primaria (Consensus Conference, 2010), sottolinea l’importanza di un intervento di gestione pedagogica dei BES che parta dalla scuola dell’infanzia, finestra temporale privilegiata sia per l’osservazione dei “campanelli d’allarme”, sia per interventi di gestione pedagogica. 

Gli anni della scuola dell’infanzia sono infatti fondamentali per lo sviluppo dei prerequisiti cognitivi dell’apprendimento, ed a tal fine la succitata nota ribadisce l’importanza di evitare precocismi nell’insegnamento della letto-scrittura, ovvero di attività specificatamente didattiche.

Il bambino, infatti, prima di imparare ad utilizzare la penna ed a muoversi nello spazio rappresentato dalla pagina del quaderno, deve imparare ad utilizzare il mezzo grafico naturale con il quale viene al mondo, cioè il suo corpo, e a muoversi nello spazio fisico che lo circonda.

Attività ludiche per potenziare i prerequisiti per l’apprendimento futuro di lettura, scrittura, grafia e calcolo

La scuola dell’infanzia è fondamentale nel potenziamento dei prerequisiti cognitivi indispensabili per i futuri apprendimenti di lettura, scrittura, grafia  e calcolo, mediante la proposta di  attività ludiche che stimolano e aiutano il bambino a sviluppare al meglio le proprie risorse cognitive.

L’apprendimento si avvale infatti di diversi processi di elaborazione di tipo linguistico, mnemonico, attentivo, che tra i cinque e i sei anni sono in fase di sviluppo e maturazione, richiedendo alla scuola dell’infanzia la cura educativa, competente e scrupolosa, di numerose abilità cognitive. A titolo esemplificativo: discriminazione visiva, discriminazione uditiva, memoria fonologica a breve termine, memoria di lavoro, segmentazione e fusione fonemica, associazione visivo-verbale ed accesso lessicale rapido, elaborazione semantica di anticipazione, coordinazione oculo-manuale, conoscenza lessicale, comprensione di strutture sintattiche, esposizione orale, conoscenza a filastrocca dei numeri, associazione tre simbolo numerico grafico e nome del numero.

A tal proposito la nota in esame richiama l’attenzione sull’opportunità di riferirsi, per i piccoli allievi della scuola dell’infanzia che, in seguito ad osservazione sistematica coerente con i comportamenti attesi, risultano bisognosi di particolare cura pedagogica, non ancora ad un Piano Didattico Personalizzato, bensì ad un profilo educativo o ad altro documento di lavoro predisposto in autonomia dalle scuole, a seguito ovviamente di attività di riflessione e confronto professionale.

Ancora una volta si dà risalto alla professionalità pedagogica, che deve animare la scuola ed alimentare ogni azione messa in campo a garanzia del successo formativo.

Alunni plusdotati: finalmente si accendono i riflettori anche sull’alto potenziale intellettivo

Atro aspetto importante richiamato dalla nota in parola è l’attenzione dedicata agli alunni con alto potenziale intellettivo, cosiddetti gifted children.

La scuola infatti molto spesso attenziona le situazioni di apprendimento deficitarie, trascurando i talenti. Questi ultimi necessitano, come ben noto, di obiettivi cognitivi sempre più sfidanti, altrimenti si demotivano allo studio, provocando quindi una triste emorragia di intelligenze vive, di fertile capitale umano.

Anche per questi alunni il team dei docenti ed i Consigli di classe possono predisporre un piano didattico personalizzato, per valorizzarne ed ottimizzarne le potenzialità.

Oltre la logica dell’adempimento formale

Ad ogni modo, sia nel caso del profilo educativo per la scuola dell’infanzia, sia nel caso del piano didattico personalizzato negli altri settori formativi, questi documenti non devono ridursi a meri adempimenti burocratici, ma sono strumenti funzionali all’esplicitazione dei percorsi da attivare per quegli alunni ritenuti bisognosi di particolare attenzione pedagogica, delle modalità di monitoraggio e verifica dei percorsi implementati, nonché di comunicazione e condivisione con le famiglie.

La nota sollecita quindi a sganciarsi dalla logica dell’adempimento formale, per intraprendere il percorso della riflessione e ricerca pedagogica, della cura educativa, della responsabilità professionale e della corresponsabilità educativa: elementi ineludibili per la realizzazione di un sistema scolastico improntato all’Universal Design for Learning (UDL), modalità di progettazione e gestione della pratica educativa volta ad incontrare le diverse modalità apprenditive e le diverse condizioni che possono presentarsi nei vari contesti, in modo da fornire a ciascun allievo  ciò di cui ha bisogno per la piena realizzazione negli apprendimenti e nella partecipazione sociale (allegato alla nota USR Emilia-Romagna n. 13588/2013).