Sanzioni disciplinari nella scuola primaria

I “mezzi disciplinari” fino ad oggi previsti

Ha suscitato una certa eco la proposta di abolizione di alcuni articoli del R.D. 26 aprile 1928 n. 1297 (Regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), avanzata all’interno della proposta di legge riguardante l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica nel primo e secondo ciclo, approvata dalla Camera lo scorso 2 maggio. Il testo dovrà ora passare all’esame in Senato per l’approvazione definitiva. Parliamo pertanto di un testo che non ha concluso il suo iter di approvazione e potrebbe andare incontro a modifiche e integrazioni.

In particolare il testo licenziato dalla Camera prevede l’abolizione dell’art. 412 del R.D. 1297/1928, che testualmente così recita: “Verso gli alunni che manchino ai loro doveri si possono usare, secondo la gravità delle mancanze, i seguenti mezzi disciplinari:

I – ammonizione;

II – censura notata sul registro con comunicazione scritta ai genitori, che la debbono restituire vistata;

III – sospensione dalla scuola, da uno a dieci giorni di lezione;

IV – esclusione dagli scrutini o dagli esami della prima sessione;

V – espulsione dalla scuola con la perdita dell’anno scolastico.

È vietata qualsiasi forma di punizione diversa da quelle indicate in questo articolo”.

L’estensione del Patto educativo di corresponsabilità

Va detto, per dovere di cronaca, che questa norma è rimasta di fatto lettera morta nel corso di questi decenni, tant’è che – quando si è diffusa la notizia della proposta di abolizione – gli stessi docenti di scuola primaria si sono meravigliati che tale norma fosse ancora in vigore.

Il testo licenziato dalla Camera prevede inoltre che, al fine di valorizzare l’insegnamento dell’educazione civica e di sensibilizzare gli studenti alla cittadinanza responsabile, la scuola rafforzi la collaborazione con le famiglie, anche integrando il Patto educativo di corresponsabilità ed estendendolo alla scuola primaria. Com’è noto, il Patto educativo di corresponsabilità attualmente è previsto, a livello normativo, solo con riferimento alla scuola secondaria. Infatti l’art. 5-bis del DPR 249/1998, recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria – aggiunto dall’art. 3 del DPR 235/2007 – prevede che, contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica, è richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti di un Patto educativo di corresponsabilità, finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.

Fin qui gli aspetti normativi.

Le fragilità delle famiglie (e della scuola)

Per quanto riguarda gli aspetti psico-pedagogici, la questione appare molto più complessa e di più difficile gestione. Innanzitutto è lecito supporre che dietro comportamenti “scorretti” da parte degli alunni vi sia una inadeguata capacità della famiglia e dell’ambiente di provenienza a proporre modelli educativi e comportamentali improntati al rispetto degli altri e delle regole di convivenza civile. Il Patto educativo di corresponsabilità appare, sotto questo profilo, uno strumento alquanto debole e inefficace, anche se indispensabile. Va inoltre tenuto presente che spesso le fragilità delle famiglie si sommano alle fragilità della scuola e dei suoi operatori. Nel corso di questi ultimi decenni – a fronte di una ipocrita retorica sul valore dell’istruzione e della formazione – abbiamo assistito ad una progressiva perdita di prestigio della professione docente, sempre più relegata tra le professioni di ripiego, e il trattamento economico dei docenti ne è una lampante dimostrazione. D’altro canto i sistemi di selezione e scelta degli insegnanti messi in campo in questi ultimi anni si sono caratterizzati per una significativa noncuranza della qualità dell’insegnamento. È plausibile pensare che una classe magistrale poco considerata socialmente e poco attrezzata sul piano professionale incontri serie difficoltà a gestire situazioni difficili.

La funzione educativa delle sanzioni

I “mezzi disciplinari” contemplati dall’art. 412 del R.D. 1297/1928 sono fortemente orientati in senso repressivo, in sintonia peraltro con il periodo storico in cui sono nati. La normativa attuale enfatizza invece la funzione educativa della sanzione e la possibilità/necessità di convertire la sanzione (soprattutto se prevede una sospensione dalle lezioni) in un’attività in favore della comunità scolastica, con l’evidente obiettivo di favorire il recupero dell’alunno.

Al di là di come verrà regolamentata la materia da parte del legislatore, ci interessa sottolineare alcuni aspetti connessi alla questione che stiamo considerando. È evidente che il lavoro educativo da svolgere è quello di prevenire la nascita di problemi di carattere disciplinare. Ciò ha a che vedere con vari fattori tra loro correlati, come ad esempio il livello di condivisione di questo assunto all’interno della classe e della scuola. Una scuola orientata alla prevenzione metterà in atto strategie organizzative ed educative che si muovono in questa direzione. La prevenzione è un progetto, un modus operandi, non uno slogan. È anche un lavoro defatigante (è più facile reprimere che prevenire). In questo senso la prevenzione presuppone che gli alunni siano coinvolti nell’elaborazione e identificazione di regole di comportamento tali da consentire a chiunque di vivere l’esperienza scolastica, per quanto possibile, in modo positivo.

La strategia della prevenzione

Prevenzione vuol dire allestire esperienze educative attraverso le quali i bambini possano esperire (sotto forma di giochi di ruolo, ad esempio) situazioni caratterizzate da comportamenti non rispettosi dell’altro, e possano esprimere ciò che si prova in situazioni simili, nella convinzione che solo attraverso una immedesimazione empatica si possa non fare agli altri ciò che non si vuole sia fatto a se stessi. Prevenire vuol dire fare uso di strategie cooperative e collaborative all’interno della classe, in modo che i bambini possano sempre più sperimentare forme di attaccamento e identità al gruppo, in vista del conseguimento di obiettivi significativi. Prevenire vuol dire utilizzare strategie di mutuo aiuto (tutoring, peer to peer) o forme di “prestito” al gruppo-classe (prestiti temporali per curare qualche aspetto della vita della classe, prestiti di competenze per fare qualcosa di utile per tutti ecc.).

Insomma i comportamenti antisociali o inadeguati possono essere contrastati organizzando la classe come una comunità viva, che si dà delle regole certe e definite, che interagisce al proprio interno, che è coinvolta nella ricerca di soluzioni ai problemi che a mano a mano si presentano. Non è detto che, malgrado tutto questo lavoro, non accadano episodi di una qualche rilevanza disciplinare. È però certo che tali episodi trovano il loro terreno di coltura in situazioni scolastiche frammentate, poco coese, caratterizzate da individualismo e da eccessive preoccupazioni prestazionistiche.