Cambia ancora la “maturità”?

Il “nuovo” esame di Stato del Secondo ciclo

Cambia di nuovo l’esame di Stato del Secondo ciclo? I media hanno dato grande risalto alle dichiarazioni del ministro Fioramonti, che è intervenuto su questo tema in alcune interviste, e ha poi inviato una circolare (CM n. 2197 del 25 novembre 2019) che modifica alcuni punti rispetto all’anno scorso. Sono state eliminate le famigerate “buste” all’inizio del colloquio ed è stata reintrodotta la traccia di storia nella prima prova scritta. Il ministro sembra quindi venire incontro ad alcune richieste dell’opinione pubblica. E l’esame sembra non avere pace, ogni anno viene sottoposto a cambiamenti. In realtà, non è così. Le “modifiche” di quest’anno da un lato derivano da una applicazione più rigorosa e coerente del decreto che ha riformato l’esame, il D.Lgs. 62/2017 (test Invalsi, ex alternanza e “buste”), dall’altro rispondono al clamore che è stato fatto sulla traccia di storia senza in realtà cambiare granché. Vediamo le cose con ordine.

Le novità della circolare “Fioramonti”: INVALSI e alternanza

Il MIUR interviene su diversi punti. In primo luogo, i requisiti di ammissione all’esame. Diversamente dall’anno scorso, lo svolgimento dei test Invalsi e la partecipazione ai Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO, ex Alternanza Scuola-Lavoro) sono requisiti obbligatori per l’ammissione all’esame di Stato. La norma cambia rispetto all’anno scorso, ma non rispetto a quanto previsto originariamente dal D.Lgs. 62/2017, per il quale entrambi erano requisiti obbligatori. L’anno scorso, però, con il decreto “milleproroghe” (DL 91/2018) questa norma era stata sospesa. Quest’anno la sospensione decade e la norma viene applicata.

Se guardiamo nel dettaglio, questo è del tutto coerente con l’impianto della riforma dell’esame e in generale con l’ordinamento, mentre proprio la sospensione dell’anno scorso era anomala.

I test Invalsi, è noto, sono una attività obbligatoria per le scuole. Essendo però degli strumenti di valutazione di sistema, e non individuali, non possono essere parte integrante degli esami di Stato conclusivi dei cicli. Per questa ragione il D.Lgs. 62/2017 li ha scorporati dall’esame del Primo ciclo e, introducendoli alla fine della quinta superiore, li ha previsti come un momento autonomo dall’esame. Tuttavia, per garantirne il carattere censuario, la partecipazione ai test Invalsi è requisito necessario per l’ammissione all’esame.

Sempre il D.Lgs. 62/2017 prevedeva come requisito di ammissione il regolare svolgimento delle attività di Alternanza scuola-lavoro. La Legge di bilancio 2019, come è noto, ha rimodulato l’alternanza, cambiandole il nome (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, PCTO) e riducendone il monte ore. Ma non ha modificato il fatto che l’alternanza, ora PCTO, è obbligatoria per gli studenti del triennio di tutte le scuole superiori. La sospensione della norma, introdotta l’anno scorso, aveva creato una situazione contraddittoria: da un lato i PCTO erano obbligatori nel normale percorso didattico dello studente, dall’altro non erano requisito obbligatorio di ammissione all’esame. Questa contraddizione è stata eliminata tornando alla norma originaria.

La traccia di storia

Nella prima prova verrà reintrodotto il tema di storia, si è detto. Nel dettaglio, l’intervento è in questi termini: nell’impianto generale della prima prova scritta, che non viene modificato, è aggiunto l’obbligo di prevedere una traccia di argomento storico tra quelle di Tipologia B. Ricordiamo che il nuovo esame prevede tre tipologie di tracce nella prima prova, per un totale di sette tracce, così suddivise:

  • Analisi e interpretazione di un testo letterario (tipologia A), due tracce;
  • Analisi e produzione di un testo argomentativo (tipologia B), tre tracce;
  • Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità (tipologia C), due tracce.

La novità è che “per quanto concerne la tipologia B, almeno una delle tre tracce deve riguardare l’ambito storico”, come recita il Quadro di riferimento per la redazione e lo svolgimento della prima prova scritta dell’esame di Stato, così modificato dal DM 1095 del 21 novembre 2019, che sostituisce il precedente Quadro di riferimento (DM 769/2018). La modifica riguarda solo questo punto, tutto il resto rimane invariato.

Questa “reintroduzione della traccia di storia” è stata salutata con grande favore da quanti ne avevano lamentato la scomparsa dall’esame riformato. In realtà, la storia non era mai scomparsa dall’esame, quindi la modifica non cambia, in sostanza, niente. Il nuovo esame ha eliminato il tradizionale “tema di storia” (Tipologia C dell’esame precedente, nato nel 1998), ma non ha eliminato affatto le tracce di storia, dal momento che il Quadro di riferimento ha previsto fin dall’inizio l’ambito storico tra quelli che devono essere presenti tra le tracce. E infatti, l’anno scorso nella Tipologia B era presente una traccia di argomento esplicitamente storico (“L’eredità del Novecento”, sui conflitti politici del secondo Novecento), e gli argomenti storici erano molto presenti in diverse altre tracce (Ungaretti e la grande guerra, la guerra fredda, la mafia e la storia d’Italia ecc.). È forse un giusto scrupolo garantire che la storia sia presente comunque, ma francamente l’impressione è che si sia fatto un gran clamore su ben poca cosa.

Le “buste” della prova orale

Infine, le famigerate “buste” dell’orale. La circolare prevede che il materiale con cui prende avvio il colloquio dell’esame non verrà più estratto da una terna di buste, come l’anno scorso. Si intuisce quindi che sarà la commissione a selezionare i materiali e proporli ai candidati, senza una estrazione “alla cieca”. Questa modifica è stata accolta come una “novità”, e quindi come un ulteriore cambiamento. In realtà, erano proprio le buste a non corrispondere al vero spirito dell’esame. Lo scopo del colloquio è infatti “verificare l’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri delle singole discipline, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle per argomentare in maniera critica […].” (D. Lgs. 62/2017, art. 17, c. 9). Si tratta quindi di valutare le competenze del candidato sia nelle singole discipline che nella sua capacità generale di riflettere su di esse e collegarle.

Poiché l’ordinamento della nostra scuola da anni (dalla Legge 53/2003, se non dal DPR 275/1999) è improntato al principio della “personalizzazione” della didattica, è del tutto normale ritenere che il punto d’avvio del colloquio possa essere scelto dalla commissione in funzione del candidato: tenendo conto cioè delle sue potenzialità, delle sue capacità, del suo profilo culturale. L’elemento di aleatorietà introdotto dalle buste era troppo arbitrario, perché trattava, alla cieca, tutti i candidati allo stesso modo. E soprattutto perché introduceva una forzatura: l’obbligo per il candidato, una volta “scoperto” il documento contenuto nella busta, di improvvisare, letteralmente su due piedi, una sorta di “percorso interdisciplinare” che permettesse di partire dal documento e collegare poi “tutte” le discipline d’esame.

Come valutare le competenze dell’allievo?

Parlare di interdisciplinarità è una enorme forzatura: l’esame non ha il compito di valutare una improbabile capacità di collegare arbitrariamente qualsiasi argomento, ma di valutare in primo luogo le competenze dei candidati. Sappiamo tutti che per competenze si intende la capacità di applicare, in contesto, delle conoscenze; quindi un sapere che è, insieme, un saper fare. Per questa ragione il colloquio deve partire da materiali, e non da “domande”: il materiale è lo spunto per affrontare un problema e discuterlo. Questa è la cosa più importante. Per fare un lavoro del genere, è necessario che i materiali di avvio siano più di uno, e siano “sensati”, coerenti cioè con il percorso dello studente (non tutti i percorsi sono uguali) e scelti in funzione della valutazione delle competenze, non perché “si possano collegare con tutto”.

Da questo punto di vista, l’abolizione delle buste corregge una stortura, ma non risolve ancora il problema: non è chiaro se il colloquio partirà da un solo materiale o da più materiali per ogni candidato, e purtroppo nella circolare si insiste ancora troppo sul suo carattere “multidisciplinare”. La circolare sugli esami di stato chiarirà questi punti, ma siamo ancora in tempo per definirli nel modo migliore: pensare cioè a un colloquio che parte da più materiali, che abbia come centro la loro analisi per valutare le competenze e metta in secondo piano i “collegamenti multidisciplinari”.