Il giudizio descrittivo: oltre la logica del “Benino, Bene, Benissimo”

Cosa dice la legge sul voto alla primaria?

La Commissione Cultura e Istruzione ha approvato in data 27 maggio 2020 un emendamento al Disegno di legge n. 1774, presentato dai senatori Verducci, Iori e Rampi, che recita: «In deroga all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n.62, dall’anno scolastico 2020/2021, la valutazione finale degli apprendimenti degli alunni delle classi della scuola primaria, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle Indicazioni Nazionali per il curricolo è espressa attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione e riferito a differenti livelli di apprendimento, secondo termini e modalità definiti con ordinanza del Ministro dell’istruzione». Tale disposizione è stata convertita in legge il 6 giugno 2020 e consentirà agli insegnanti di poter disporre di un utile strumento per descrivere analiticamente lacune e punti di forza della preparazione dell’allievo e per orientare gli insegnanti verso un uso realmente formativo della valutazione.

Il rischio è però che il giudizio descrittivo citato nella norma venga interpretato in modo sintetico e non analitico, portando alla costruzione di sistemi di espressione della valutazione basati su aggettivi quali Scarso, Sufficiente, Distinto, Buono, Ottimo, che nulla hanno a che vedere con un giudizio realmente descrittivo della preparazione dell’allievo e rappresentano solo una discutibile ricodifica del voto numerico. In altre parole, senza aver chiaro cos’è davvero un giudizio descrittivo, si rischia che la logica riduttiva del “voto”, uscita dalla porta, rientri dalla finestra.

Il giudizio descrittivo degli apprendimenti: livelli analitici o livelli sintetici?

È utile ricordare l’art. 1, comma 1, del DL 62/2017 recita: «La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione e formazione, ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze.». Sempre il DL 62/2017, all’art. 3, comma 3, specifica che «La valutazione è integrata dalla descrizione del processo e del livello globale di sviluppo degli apprendimenti raggiunto.».

Il DM n. 742/2017 ha poi specificato le linee guida per la certificazione delle competenze per il primo ciclo, definendo 4 livelli da attribuire a ciascuna competenza al termine della classe quinta della scuola primaria. I livelli sono:

A – Avanzato: L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità; propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli. È riferito ad un allievo in grado di affrontare compiti complessi operando scelte autonome e consapevoli e producendo opportune argomentazioni anche arricchite da spunti originali e opinioni personali.

B – Intermedio: L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite. È riferito ad un allievo in grado di affrontare compiti non puramente esecutivi operando scelte autonome e consapevoli.

C – Base: L’alunno/a svolge compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di possedere conoscenze e abilità fondamentali e di saper applicare basilari regole e procedure apprese. È un livello riferito ad un allievo autonomo solo nello svolgere compiti pre-interpretati dal docente e/o puramente esecutivi.

D – Iniziale: L’alunno/a, se opportunamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note. È un livello che descrive un allievo non ancora autonomo nell’affrontare i compiti oggetto di valutazione.

Le rubriche per descrivere le competenze

Questi livelli, attualmente assegnati in modo formale solo al termine della classe quinta della scuola primaria, dovrebbero essere il riferimento per definire un giudizio sintetico al termine di ciascun anno scolastico, in modo da poter offrire agli allievi e alle famiglie informazioni coerenti di sintesi sugli andamenti scolastici nelle varie discipline.

Il giudizio descrittivo dovrebbe invece riprendere e rafforzare la già citata descrizione del processo e del livello globale di sviluppo degli apprendimenti raggiunto dall’allievo, prevista dal DL 62/2017, all’art. 3, comma 3. Come è possibile notare dai descrittori dei quattro livelli, la discriminazione avviene su elementi di carattere processuale e non solo su contenuti dell’apprendimento. Questo rende i quattro livelli particolarmente adatti alla sintesi di una descrizione complessa inerente un processo di apprendimento durato un quadrimestre o un intero anno scolastico.

Le due espressioni della valutazione dovrebbero essere presentate insieme, in modo da dare a studenti e famiglie la chiarezza del giudizio sintetico insita nei quattro livelli certificativi delle competenze e la potenza informativa del giudizio analitico per la riflessione su punti di forza e punti di debolezza della preparazione e la promozione di nuovi apprendimenti. Le due espressioni, utilizzate insieme, darebbero alla valutazione scolastica un potenziale proattivo mai sperimentato in precedenza.

Un giudizio descrittivo è importante per una buona valutazione formativa

La valutazione formativa è una strategia didattica ed educativa. Questo significa che ha uno scopo ben preciso: migliorare sia l’insegnamento sia l’apprendimento. Essa chiede all’allievo di mettere alla prova le proprie acquisizioni e attiva uno scambio bidirezionale studente-docente in grado di far crescere entrambi.

Alla base di questo processo vi è il feedback, ossia il “meccanismo di ritorno” con il quale al soggetto valutato giunge l’informazione conseguente alla valutazione del proprio compito, della propria prestazione, dell’elaborato presentato.

La valutazione formativa orienta l’insegnamento, perché fornisce a chi insegna informazioni preziose per calibrare la successiva azione didattica (feedback “studente vs. docente”).

La valutazione formativa orienta l’apprendimento, perché fornisce a chi apprende indicazioni precise, dettagliate e personalizzate sulle azioni da intraprendere per migliorare (feedback “docente vs. studente”). In essa gli obiettivi e i criteri valutativi vengono impiegati attivamente e consapevolmente – anche attraverso processi di autovalutazione – da studentesse e studenti per regolare il proprio apprendimento e acquisire autonomia di giudizio e responsabilità nelle proprie scelte. L’allievo capisce che ha sbagliato, ma anche cosa ha sbagliato e perché ha sbagliato, in un’ottica di valorizzazione delle acquisizioni conseguite e di indicazioni precise su come procedere.

Un feedback che orienta l’apprendimento

Nel feedback “docente vs. studente” la fonte delle informazioni regolative è principalmente l’insegnante. Attraverso il “giudizio” che l’insegnante comunica all’alunno/a, egli/ella può offrire a quest’ultimo/a preziose informazioni sull’attività svolta, su ciò che è corretto e ciò che andrebbe migliorato nel lavoro effettuato, sull’adeguatezza o meno del percorso di preparazione intrapreso in funzione dell’esecuzione di uno specifico compito ecc.

Affinché quest’informazione di ritorno sia utile deve però avere delle caratteristiche tali da essere d’aiuto agli allievi nel comprendere la propria situazione d’apprendimento: a che punto essi si trovino nel percorso formativo, quali siano gli eventuali punti forti e punti da rinforzare del proprio lavoro, verso dove indirizzare la propria attenzione per migliorare e raggiungere gli obiettivi di apprendimento prefissati.

In questo contesto, poco o nulla serve un giudizio di valore del compito (“benino”), o addirittura dell’alunno (“bravo/a”), poiché questi non danno alcuna informazione significativa, agli alunni stessi rispetto a quello per cui essi sono chiamati ad impegnarsi: il miglioramento del proprio apprendimento!

Le domande che aiutano a migliorarsi

Un’interessante posizione di ricerca, che può aiutare l’insegnante nella formulazione di giudizi valutativi efficaci perché utili per offrire supporto agli studenti nel proprio percorso d’apprendimento, riguarda quanto proposto da Hattie e Timperley (The Power of Feedback, Review of Educational Research, Volume: 77, issue: 1, 2007, pp. 81-112) nel proprio modello di uso del feedback valutativo, che offre un quadro di sintesi delle componenti e delle proprietà che dovrebbero caratterizzare un giudizio valutativo efficace e quindi significativo.

Lo scopo dichiarato del modello dei due autori è quello di rendere possibile il raggiungimento dell’obiettivo principale del feedback, ossia quello di ridurre la lacuna esistente fra la prestazione dimostrata dall’alunno e quella desiderabile e/o attesa.

Gli autori ritengono che per produrre feedback efficaci, l’insegnante dovrebbe offrire “risposte efficaci” agli alunni e alle alunne. Queste deriverebbero dalle risposte date ad alcune domande che, in qualche modo gli alunni e le alunne, più o meno implicitamente, si pongono di fronte ai compiti scolastici.

Le questioni più generali cui un giudizio valutativo dovrebbe rispondere sono le seguenti:

a) Dove sto andando?, questione che dovrebbe condurre a focalizzare sull’obiettivo dell’apprendimento;

b) Come mi sto muovendo?, ossia quali progressi ho compiuto in direzione dell’obiettivo posto? In effetti gli studenti spesso chiedono: “Come sto andando?”, senza peraltro ottenere il più delle volte risposte precise;

c) Verso dove mi devo muovere?, ovvero quali attività e strategie devono attivare per ottenere progressi?

Un giudizio valutativo efficace

A livello più specifico, un giudizio valutativo efficace potrebbe interessare:

a) i contenuti del compito o il prodotto dell’apprendimento. In questo caso esso può riguardare ad esempio l’indicazione per ottenere/acquisire più informazioni su un argomento. Orientare il feedback a questo livello risulterebbe efficace se l’obiettivo fosse quello di favorire l’elaborazione di nuove informazioni riguardanti le ipotesi e le idee manifestatesi come sbagliate nel compito e il feedback potrebbe essere strutturato come una guida per lo sviluppo di più efficienti ed efficaci strategie d’interpretazione e comprensione dei materiali del compito;

b) il processo messo in atto per elaborare un prodotto o completare un compito. Il feedback è indirizzato, in questo secondo caso, a stimolare la riflessione sul percorso messo in atto o sulle strategie da adottare per migliorare la prestazione;

c) i processi autoregolativi dello studente in relazione allo specifico compito, la sua capacità autovalutativa nell’individuarne le eventuali lacune, la fiducia nella propria capacità di svolgere il compito. Il feedback dovrebbe essere diretto a incentivare il grado d’impegno verso il compito, la percezione di autoefficacia e a migliorare le attribuzioni causali (ad esempio: “Se cerchi d’impegnarti per un tempo più lungo, puoi raggiungere….);

d) i processi legati al sé personale indipendentemente dal compito da svolgere e in tal caso un’espressione tipica di feedback dato dall’insegnante potrebbe essere: “Tu sei un bravo studente quindi…”. Va rilevato che quest’ultimo livello di collocazione del feedback risulterebbe il meno efficace poiché offrirebbe scarse indicazioni rispetto alle tre questioni generali sopra presentate (Dove sto andando?, Come mi sto muovendo?, Verso dove mi devo muovere?) e perciò non attiverebbe dinamiche di miglioramento dell’apprendimento.

Consigli per decisori e insegnanti

La valutazione formativa ha un’efficacia riconosciuta da una pluralità di evidenze empiriche in termini di sviluppo della motivazione intrinseca e di miglioramento nei livelli di apprendimento.

In virtù di queste ragioni, è palese come solo un rigoroso e tempestivo resoconto analitico del docente sulla prestazione dello studente (e non sullo studente come persona) possa avere la ricchezza informativa necessaria ad innescare processi di miglioramento.

Questo resoconto analitico non può essere ovviamente solo restituito alla fine del percorso. Esso deve accompagnare costantemente l’insegnamento e gli apprendimenti, essere finalizzato al miglioramento ed avere il giusto carattere di analiticità. Deve tenere conto del progressivo sviluppo della capacità degli allievi di autovalutare e co-valutare, con i compagni, i propri progressi.

È questo giudizio che consente all’insegnante e alla famiglia di conoscere e monitorare i progressi dello studente, in termini obiettivi di apprendimento raggiunti e non raggiunti, stabilendo anche percorsi personalizzati di crescita.

Costruito progressivamente durante l’anno scolastico e portato fino al termine dello stesso, questo resoconto consente quindi di formulare un giudizio descrittivo finale non stereotipato e dotato della giusta densità informativa, elemento che né il voto né il giudizio sintetico mediante aggettivi sono in grado di fornire.

La sintesi offerta dal livello di competenza (Iniziale, Base, Intermedio, Avanzato) ne può costituire il giusto complemento in termini di chiarezza ed economicità espressiva.