Pensando al prossimo settembre

Indicazioni per la riapertura ancora generiche

Un “popolo” di genitori, studenti e docenti, con politici al seguito, invocano il ritorno in classe e lo fanno senza le contestazioni di cui ha sofferto abbastanza di frequente il nostro sistema formativo. Non si capisce se sia un’adesione alla scuola che c’è e che quindi non si vuole cambiare, o se prevalga il desiderio di uscire dalla quarantena che ha costretto giovani e adulti all’isolamento obbligandoli al digitale.

La politica ha assunto un atteggiamento a dir poco ondivago, finanziando dapprima le tecnologie, pensando così ad un loro uso più sistematico e poi, forse sospinta dalla pressione popolare, schierandosi per una ripresa in presenza del prossimo anno scolastico, con generici riferimenti agli adattamenti per scongiurare una nuova epidemia, necessari non solo dal punto di vista igienico- sanitario, ma anche edilizio e didattico.

La DAD tra quarantena e scuole chiuse

L’insegnamento a distanza rimane una parte del lavoro scolastico, ancora un po’ di nicchia, sia per gli studenti che non riescono a raggiungere le necessarie dotazioni, sia per i docenti senza adeguate competenze. Si rende tuttavia necessario riallacciare il filo delle relazioni per sviluppare autonomia personale e identità, dare significato al vissuto attraverso i rapporti interpersonali, nonché costruire legami tra pari. Seguire le lezioni on line ha consentito alla scuola di entrare nella famiglia e a quest’ultima di guardare da vicino come procede il percorso formativo. Questa potrebbe essere l’occasione per rinsaldare i rapporti tra le diverse componenti che nel tempo avevano manifestato non poche smagliature. In classe però si continua a preferire un “banco a due piazze”, con il computer ma anche il libro.

L’impatto della didattica a distanza è stato considerato perlopiù in relazione ai comportamenti dei giovani nell’uso delle tecnologie, spesso condizionati dagli spazi disponibili, soprattutto se in condominio con lo smart working dei genitori. Poco o nulla si sa delle modalità di organizzazione dell’insegnamento eccezion fatta per la mole di compiti che sono stati rovesciati sugli alunni e dell’efficacia sull’apprendimento.

Il contrasto “storico” alle malattie infettive

La preoccupazione di un possibile contagio dovuto alla riapertura delle scuole risulta ancora molto alta e cresce con l’aumentare dell’età, ci dice una recente indagine di Telefono Azzurro/Doxa, ed è sui problemi delle sicurezza soprattutto sanitaria che fa leva il documento degli esperti consegnato al ministro dell’istruzione per l’avvio del prossimo anno scolastico (CTS, 28 maggio 2020).

Indicazioni per la difesa dalle malattie infettive nella scuola sono contenute in un regolamento emanato nel 1921, con le finalità di impedire la trasmissione del contagio. Prevedeva l’allontanamento degli infetti e delle persone che erano entrate in contatto con essi, nonché la chiusura delle scuole stesse. Allora sorvegliata speciale era la tubercolosi per la quale erano previste scuole speciali e all’aperto. Il Covid-19 ci pone gli stessi problemi e simili sono le soluzioni proposte dagli esperti.

Nei programmi didattici della scuola elementare del 1923 largo spazio veniva lasciato all’igiene delle persone e degli ambienti. Erano elencate pratiche di pulizia che insieme al galateo i maestri dovevano verificare. Tali indicazioni con l’evoluzione dell’ordinamento sono diventate disciplina di studio, fanno parte dell’area scientifica e dell’educazione alla salute, oggi inserita tra i contenuti della nuova educazione civica, che entrerà in vigore a partire dal prossimo anno.

Emergenza e sicurezza nelle scuole

Il virus ripropone l’assunzione di comportamenti concreti (lavarsi le mani, sanificare gli ambienti, ecc.)che non solo svolgeranno un’azione preventiva nei confronti del contagio, ma dovranno costituire vere e proprie competenze per i giovani e la loro organizzazione sociale.

Una novità rispetto ai precedenti indicatori di scolarizzazione è costituita dalla mobilità e dai mezzi di trasporto utilizzati, che dovranno privilegiare la sostenibilità (bicicletta). Ciò induce a limitare il più possibile gli spostamenti e ripropone il decentramento delle sedi scolastiche, più facili nel primo ciclo, che riduce il numero degli alunni nei plessi, ma più difficile nel secondo anche per ragioni di prestigio degli istituti storici e perché, come è provato da numerose indagini, la mobilità è prediletta dai giovani, che iniziano a rendersi autonomi dai luoghi di residenza dei genitori, in cui peraltro avevano frequentato le scuole precedenti .

Il documento del CTS (Sanità) traccia inoltre un quadro della situazione edilizia e si limita a prevedere spazi di sicurezza per ogni allievo, che fanno venir meno tutti gli standard sia sul piano della cubatura dei locali, sia per la previsione degli organici del personale. È da tempo che si criticano le così dette “classi pollaio” costituite per ragioni di spesa pubblica; sarebbe venuta l’ora di diminuirne l’elevato numero di allievi.

Esigenza di nuovi ambienti di apprendimento

Sul piano organizzativo si potrebbero riportare alla luce i laboratori e i reparti di lavorazione degli istituti tecnici e professionali, che prevedevano più locali e personale docente e tecnico, per poter formare dei gruppi, con tempi flessibili, ai quali aggiungere un buona dose di alternanza scuola-lavoro ed altri rapporti con gli enti e realtà del territorio. Analoga flessibilità potrebbe essere realizzata negli istituti comprensivi del primo ciclo, con scambio di docenti nei diversi gradi, e in quelli plurindirizzo delle superiori (campus) con un adeguata dotazione dell’organico di potenziamento.

L’autonomia scolastica sarà il dispositivo che consentirà alle scuole di adattare le prescrizioni sanitarie al contesto territoriale sia per quanto riguarda il curricolo, sia per le risorse da assegnare (DPR 275/1999).

Per i nuovi cantieri ci sono ricerche che prospettano il passaggio dalle aule agli ambienti di apprendimento, da una didattica unidirezionale a diverse modalità di lavoro individuale e per gruppi; per questo occorreranno nuove disposizioni per la costruzione e l’arredamento. L’evoluzione delle tecnologie digitali ci farà comprendere che la formazione a distanza è un dato strutturale e non un’emergenza da lockdown.

In una logica di maggiore flessibilità sarà dunque possibile agire in maniera differenziata sui tempi scuola, comprendendovi anche la consumazione dei pasti.

Le leve dell’autonomia: spazi e tempi

Per gli allievi più grandi è possibile intervenire sulle strutture e sull’organizzazione ridando l’autonomia che gli istituti tecnici e professionali avevano prima del 1974, allargando per i licei gli ambiti della frequentazione culturale e ambientale, con i musei, i teatri, ecc., in modo da poter attuare il necessario distanziamento attraverso gruppi che operano contemporaneamente in diversi ambienti

Per i più piccoli si possono riprendere le linee guida elaborate per i centri estivi (Allegato 8 al DPCM 11 giugno 2020), che potrebbero diventare utili per la didattica della prima infanzia, organizzando le attività per piccoli gruppi sotto la guida dell’educatore o ripristinando il team nella scuola primaria, utilizzando spazi all’aperto che come nelle “green school” facciano praticare attività a contatto con la natura. La continuità di relazione tra adulto e bambini è utile anche ai fini del tracciamento di eventuali casi di contagio.

Tutto questo è possibile a condizione che sia il progetto di istituto al centro dell’organizzazione e non standard economici o edilizi che in base alle richieste sanitarie sono ampiamente superati. Il documento degli esperti si limita ad indicazioni esterne di carattere igienico o logistico, mentre ci sarebbero le condizioni per rendere strutturali certe esigenze anche oltre l’emergenza.

Più risorse umane, ma non solo organico

L’amministrazione non deve presidiare tanto la formazione delle classi in modo rigido, ma fornire agli organici di istituto il necessario “potenziamento”, anche con altre figure professionali, nei laboratori, biblioteche ,ecc., fino a soddisfare curricoli flessibili e integrati con il territorio, che possono essere gestiti in parte anche a distanza.

Come si vede la storia della nostra scuola sarebbe già in grado di indicare quanto viene oggi richiesto, lo snodo sta nell’aumento del personale non solo docente,necessario a migliorare la qualità del sistema anche in tempi di pace.