Didattica Digitale Integrata: una proposta per la scuola primaria

Dalla DAD alla DDI

Dopo essere uscite dall’esperienza della DAD e dopo aver operato le necessarie riflessioni sugli aspetti positivi emersi, soprattutto in termine di sviluppo di competenze digitali degli insegnanti e sulle tante criticità rilevate sia a livello di utenza (vedi indagine Bicocca rivolta alle famiglie), le scuole stanno definendo le regole di attuazione della Didattica Digitale Integrata.

L’intento da un lato è quello di definire un modello per ogni scuola e per ogni grado, in cui la didattica digitale assuma un ruolo significativo nei processi di insegnamento/apprendimento in una prospettiva applicabile e sostenibile sia in presenza che a distanza, dall’altro quello di reinvestire nella prassi didattica l’expertise acquisita dai docenti sull’utilizzo di strumenti digitali e piattaforme per innovare le modalità di mediazione educativa con i propri studenti, rendendola più adeguata a modalità di apprendimento e stili di attenzione in costante mutamento.

Oltre a questo, occorre riprogettare (nella malaugurata ipotesi in cui ciò si rendesse necessario) una modalità di erogazione della Didattica a Distanza che, in particolare nei confronti degli studenti più piccoli, tenga conto degli errori commessi e dei feedback ricevuti da tutti i soggetti coinvolti.

Consumatori digitali e studenti digitali: due realtà diverse

Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco. La tendenza a considerare il giardino degli altri sempre più verde del nostro in questo caso non ha molto senso. Le rilevazioni effettuate da tutti i sistemi scolastici del mondo interessati dal lockdown hanno evidenziato enormi criticità. Negli Stati Uniti sono stati pubblicati i dati di una ricerca che evidenzia come gli studenti, a livello nazionale, abbiano riportato un calo nei progressi del 30% nell’ambito linguistico e del 50% in ambito matematico, rispetto allo standard in presenza e, aspetto ancor più grave, che ad essere penalizzati maggiormente sono stati i bambini delle famiglie a basso reddito che hanno meno accesso alle tecnologie.

Ma quello del digital divide è un tema che non può essere trattato in questa sede, anche se resta uno dei maggiori problemi che si è cercato di limitare inoculando nelle casse delle scuole discrete risorse finanziarie per fornire strumentazioni e connessioni.

Si è inoltre progettato un modello di DAD partendo da un presupposto sbagliato. Si è infatti pensato che gli studenti immersi fino dai primi giorni di vita in un mondo digitale, non avrebbero avuto problemi con l’apprendimento remoto. In effetti esiste un profondo divario tra ciò che i bambini riescono a fare per divertirsi con i loro dispositivi mobili e quanto invece sappiano trasferire quelle abilità per attività didattiche anche banali, come leggere un documento, rispondere a una domanda o capire un problema. Essere consumatori digitali e studenti digitali sono cose assai diverse.

Le criticità della DAD: non cambia il modello didattico

Altra questione piuttosto discutibile, perlomeno in certe realtà, è stato il tentativo di traslare sic et simpliciter il modello tradizionale di scuola con i suoi orari, lezioni, interrogazioni, compiti, dalla classe alla piattaforma di videoconferenza. Questo ha comportato un enorme sforzo per studenti e famiglie, per il livello di impegno e di attenzione che implica, ed ha finito per affievolire il legame, anche e soprattutto, affettivo con la scuola. Connesso a questa impostazione, è il problema della valutazione a distanza. Le scuole hanno affannosamente tentato di adeguare i loro protocolli di valutazione integrando criteri ed indicatori, senza però giungere ad una sintesi efficace in grado da un lato di restituire al docente i feedback necessari per orientare la propria proposta didattica e dall’altro di garantire oggettive ed eque valutazioni degli studenti.

L’aspetto problematico che più emerge da ogni sondaggio svolto tra docenti, genitori e studenti e che non può non preoccupare ogni operatore della scuola, è l’aspetto legato alle relazioni, sia tra alunni ed insegnanti che all’interno del gruppo classe. Soprattutto quest’ultimo aspetto va rilevato e contestualizzato per la scuola primaria, in quanto per gli ordini di scuola superiori esistono altre forme di contatto mediate dalle tecnologie che restano sostanzialmente escluse ai più piccoli. Sono stati molti i casi in cui i bambini, terminata la lezione in videoconferenza, hanno tentato, spesso riuscendoci, di mantenere aperte le sessioni per continuare ad alimentare quel senso di comunità scolastica che doveva rappresentare uno degli obiettivi della DAD[1].

Lascio per ultimo quello che invece, probabilmente andrebbe individuato come primo dei fallimenti della DAD: l’inclusione. In un monitoraggio svolto da Dario Ianes è emerso che un alunno con disabilità su tre è rimasto escluso dalla Didattica a Distanza, il 51% dei docenti ha visto peggioramenti comportamentali nei propri alunni e il 62% negli apprendimenti.

Uno sforzo di immaginazione per una DDI a misura di allievo

Quella che probabilmente è venuta a mancare nei vari protocolli di attuazione della Didattica a Distanza è stata una visione che andasse oltre un servizio da istituire come rimedio necessario all’emergenza e non si limitasse semplicemente a corrispondere a quanto prescritto dalle varie Circolari Ministeriali.

Quello sforzo di immaginazione può e deve essere recuperato ora che le scuole sono chiamate a progettare ambienti di apprendimento in cui gli spazi, i tempi e le relazioni debbano ristrutturarsi anche considerando il ricorso strumentale alle TCI, sia in presenza che da remoto.

Si tratta di provare ad integrare modelli non più incentrati solo sulla trasmissione dei contenuti da parte del docente, centrata sulle conoscenze e affidata alla sua capacità di farsi comprendere e di suscitare interesse. I nostri bambini apprendono per imitazione, attraverso l’interazione sociale e nell’esperienza diretta, certamente non in maniera passiva come normalmente avviene nella lezione frontale.

Le potenzialità della didattica capovolta (anche per i più piccoli)

Una tra le proposte più convincenti in questo senso è quello rappresentato dalla didattica capovolta, attuabile in ogni scenario della Didattica Digitale Integrata. Non esclude la trasmissione dei contenuti, ma ne differisce la fruizione a casa e prevede la presenza del docente accanto allo studente nel momento più importante e significativo degli apprendimenti: la comprensione, l’applicazione, l’analisi. Questa soluzione consente di reinvestire quelle competenze tecniche necessarie per la preparazione dei materiali da inviare agli alunni e che sono state acquisite dai docenti per attuare la didattica a distanza in modalità asincrona.

Anche se dovessero verificarsi misure di distanziamento, parziali o totali, i team docenti (non solo delle primarie) potrebbero integrare attività asincrone per la preparazione dei contenuti e, successivamente, incentrare l’erogazione della didattica in videoconferenza, organizzando sessioni per gruppi ridotti di alunni che, in tal modo, lavorando da remoto in maniera cooperativa su proposte e modalità organizzative chiaramente definite dall’insegnante, potrebbero recuperare la fondamentale dimensione relazionale e continuare a sviluppare quelle competenze sociali, in particolare relative allo stare insieme in gruppo per raggiungere un risultato comune.

Quello della flipped classroom diventa dunque un modello attuabile progressivamente anche nella scuola primaria e, soprattutto nelle classi iniziali, può comunque caratterizzarsi in una organizzazione del lavoro in cui l’invio dei materiali da parte del docente abbia il ruolo più rilevante ed inclusivo per la possibilità concessa ad ogni studente di fruire dei contenuti nel rispetto dei suoi tempi e delle sue eventuali difficoltà. Tutta la parte sincrona in questo caso dovrebbe rappresentare l’occasione per recuperare il necessario dialogo tra docenti e bambini e tra alunni stessi e per esercitazioni in cui l’insegnante si mette a disposizione della classe come facilitatore.

Solo a partire dalla classe terza in avanti, la flipped class potrebbe strutturarsi in maniera più definita, mantenendo comunque un approccio decisamente ancora propedeutico ad uno dei vari modelli adottati nelle scuole secondarie, decisamente più sistematici.

Ricordo che le linee guida sulla DDI del Ministero dell’Istruzione[2] includono la Didattica Capovolta tra le metodologie (anche se di vera e propria metodologia non si tratta) consigliate in quanto “fondate sulla costruzione attiva e partecipata del sapere da parte degli alunni che consentono di presentare proposte didattiche che puntano alla costruzione di competenze disciplinari e trasversali”.

Quali “ingredienti” per attuare la flipped classroom nella scuola primaria?

Cosa è necessario per poter attuare, a distanza, la flipped classroom nella propria scuola?

– acquisire familiarità con strumenti per creare video lezioni o per aggregare contenuti da inviare agli studenti (ad esempio: Screeencast-o-matic, Adobe Spark Video, Blendspace, podcast, ecc.)

– Usare piattaforme per condividere i materiali (dal classico LMS come Google Classroom o Microsoft 365 alla personalizzazione di spazi online con web editor)

– Usare strumenti per videoconferenze adottati dall’Istituzione scolastica, possibilmente per sessioni a piccoli gruppi

– Scegliere le modalità di scelta per la composizione dei gruppi (omogenei o eterogenei a seconda del tipo di obiettivo su cui lavorare)

– Attingere materiali didattici dalle tante repository presenti in rete (Youtube, Khan Academy, l’archivio video di Weschool, ecc.)

– Conoscere ed utilizzare varie piattaforme utili per la costruzione di contenuti per l’attività cooperativa. In questo caso suggerisco strumenti per la narrazione digitale (Google Presentazioni, Book Creator, Powtoon, ecc.) e per la gamification (Kahoot!, Wordwall, Flippity, Learning Apps, ecc.)

– predisporre adeguate rubriche di valutazione

– partecipare a un corso di formazione sulla flipped classroom;

Formarsi per la flipped classroom

Ed ora qualche buona lettura:

– 101 idee per ORGANIZZARE la scuola oltre la distanza – Laura Biancato e AA.VV. – Erickson 2020

– 101 idee per INSEGNARE oltre la distanza – AA.VV. – Erickson 2020

– La classe capovolta – Maurizio Maglioni e Fabio Biscaro – Le guide Erickson 2014

– Flipped Teacher – Severino Zeoli 2016

– Flipped classroom. Un nuovo modo di insegnare e apprendere – Graziano Cecchinato e Romina Papa – UTET 2016

– Condurre la classe capovolta. Strumenti cooperativi per il flipped learning- Stefano Rossi – Pearson 2017

– Flip your classroom: Reach every student in every class every day – Bergmann J. e Sams A – Giunti 2012

– Insegnare con la flipped classroom. Stili di apprendimento e «classe capovolta» – Leonarda Longo – La Scuola 2016

– La Classe Capovolta / Flipped Classroom: Risalire La Corrente Per Insegnare Felici – Marcello Bettoni e Marialetizia Mangiavini 2016

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[1]
“report complessivo docenti studenti famiglie – Centro Studi AU ….” https://www.centrostudiaumire.it/images/monitoraggio/report_2020/report_complessivo__docenti_studenti__famiglie.pdf. Ultimo accesso: 1 ott. 2020.

[2]
“Linee guida per la Didattica digitale integrata – Miur.” https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/ALL.+A+_+Linee_Guida_DDI_.pdf. Ultimo accesso: 2 ott. 2020.