La scommessa del modello nazionale di PEI

La corresponsabilità dei docenti

Gli impegni professionali legati alla predisposizione del modello nazionale di PEI su base ICF (decreto interministeriale 182/2020) devono essere ricondotti al significato dell’inclusione rispetto a quello di inserimento e di integrazione.

Non è solo un problema lessicale

Come evidenziato nello schema, l’inclusione è strettamente collegata alla natura del contesto, che risulta centrale nel modello ICF e di conseguenza nella definizione del piano educativo individualizzato, la cui progettazione chiama in causa “l’intera comunità scolastica”.

InserimentoÈ il Riconoscimento di un principio fondamentale: ogni bambino ha il diritto di essere educato ed istruito insieme a tutti i coetanei nelle classi comuni.
IntegrazioneSi riferisce prevalentemente al contesto scolastico; prevale la concezione dell’adattamento del singolo alle caratteristiche dell’organizzazione scolastica.
InclusioneInteressa l’intera comunità politica, civile, sociale, scolastica. Guarda a tutti gli alunni, intervenendo allo stesso tempo sul contesto e sulla persona.

Infatti, se l’ambiente di apprendimento risulta scarsamente inclusivo, anche il piano educativo individualizzato seguirà inevitabilmente la medesima direzione.

Un po’ provocatoriamente si potrebbe coniare l’ennesimo acronimo, PIC (Piano Inclusivo di Classe), in assenza del quale anche un buon PEI rischierà prima o poi di evaporare.

Il piano educativo individualizzato, infatti, rispecchia le caratteristiche dell’organizzazione educativa e didattica della sezione e della classe; pertanto, la prima preoccupazione degli insegnanti (e questo aspetto è centrale nelle Linee guida allegate al decreto interministeriale 182/2020) deve essere quella di promuovere tutte le possibili condizioni di una classe in grado di “sostenersi” autonomamente.

PEI selettivo e priorità delle azioni

Di fronte agli impegni richiesti dalla progettazione e dall’organizzazione del nuovo PEI, è buona norma non agire a 360 gradi, ma stabilire delle priorità.

Il PEI è la documentazione di un percorso che inizia nella scuola dell’infanzia e si sviluppa lungo un arco temporale che si conclude con l’uscita dal sistema di istruzione o formazione con gli appuntamenti della vita adulta (lavoro, lavoro assistito, laboratori protetti, attività nelle cooperative sociali, centri di assistenza educativa, …).

La documentazione per sua natura è selettiva. Per questa ragione, la trama narrativa della vita di una persona presuppone la capacità di dare forma ad una biografia in grado di far risaltare “tracce”, esperienze, pratiche che evidenzino i momenti di crescita che hanno contribuito a connotare particolari conquiste. Non si può documentare tutto: questo criterio risulta fondamentale per l’organizzazione del portfolio o del dossier di ogni alunno; vale, a maggior ragione, per l’elaborazione e la “tenuta” del PEI di un allievo per il quale è stato predisposto un percorso “su misura”. Il PEI, dunque, non è un “lenzuolo” comprendente tutto ciò che lo studente fa, ma uno strumento che risalti particolari evidenze.

Nello schema sotto riprodotto, sono state sintetizzate alcune peculiari connotazioni di un PEI essenziale e tre fasi che costituiscono le priorità sulle quali concentrarsi in questa fase di passaggio: la valutazione iniziale, la gestione inclusiva dell’aula e la valutazione degli apprendimenti nell’ottica della personalizzazione.

UN BUON PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO
Non deve essere omnicomprensivo ma selettivo Va declinato seguendo una sezione in cui si stabiliscono ineludibili prioritari obiettivi condivisi
* Collegialità della progettazione iniziale
* Gestione inclusiva della sezione classe
* Valutazione personalizzata

L’anello mancante: la collegialità della valutazione iniziale

Una delle affermazioni più rilevanti delle Indicazioni per il curricolo 2012, trasferibile anche all’istruzione superiore, è la seguente: “Agli insegnanti competono la responsabilità della valutazione e la cura della documentazione (…) La valutazioneprecede, accompagna e segue i percorsi curricolari”.

Spesso la valutazione iniziale (precede) viene scarsamente attivata e/o preferibilmente delegata al docente di sostegno. Le norme più recenti (dai decreti legislativi 13 aprile 2017, nn. 62 e 66, al decreto legislativo 14 settembre 2019, n. 96, al decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182) riaffermano la centralità di questa funzione diagnostico-iniziale. Nelle Linee guida del dicembre 2020 si dice espressamente che “l’osservazione è il punto di partenza” della predisposizione del PEI (osservazione collegiale, non di un insegnante a ciò delegato!).

Che cosa (e come) si può fare allora per promuovere operativamente un’efficace valutazione iniziale che impegni tutti i docenti della classe?

Chi ben comincia…

Partire con il piede giusto significa determinare le premesse di un buon cammino. Il decreto 182/2020 pone a presidio della collegialità della progettazione del PEI il Gruppo di Lavoro Operativo (GLO), che ha il compito di promuovere un costruttivo confronto tra soggetti diversi (docenti, genitori, figure professionali interne e d esterne, studenti) che operano per conseguire obiettivi comuni.

A questo proposito, nelle Linee guida viene fornita una mappa per orientare la collegialità della gestione complessiva del PEI, a partire dallavalutazione iniziale. Tale bussola è articolata in quattro dimensioni: della relazione, della comunicazione, dell’autonomia, degli aspetti cognitivi neuropsicologici dell’apprendimento. Questi rappresentano il filo rosso del modello nazionale.

LA COLLEGIALITÀ DELLA VALUTAZIONE INIZIALE (DA “LINEE GUIDA 2020”)
Osservazione sistematica
a. La dimensione della relazione, della interazione e della socializzazione: fa riferimento alla sfera affettivo relazionale, considerando l’aria del sé, il rapporto con gli altri, la motivazione verso la relazione consapevole, anche con il gruppo dei pari, le interazioni con gli adulti di riferimento nel contesto scolastico, la motivazione all’apprendimento.
b. La dimensione della comunicazione del linguaggio: riguarda la competenza linguistica, intesa come comprensione del linguaggio orale, produzione verbale, uso comunicativo del linguaggio verbale e di linguaggi alternativi o integrativi; considera anche la dimensione comunicazionale, intesa come modalità di interazione, presenza e tipologia di contenuti prevalenti, utilizzo di mezzi privilegiati.
c. La dimensione dell’autonomia e dell’orientamento interessa l’autonomia della persona, l’autonomia sociale, le dimensioni motorio-prassiche (motricità globale, motricità fine prassie semplici e complesse) e sensoriali (funzionalità visiva, uditiva, tattile). d. La dimensione cognitiva neuropsicologica e dell’apprendimento fa riferimento alle capacità mnestiche, intellettive e all’organizzazione spazio temporale; al livello di sviluppo raggiunto in ordine alle strategie utilizzate per la risoluzione di compiti propri per la fascia di età, agli stili cognitivi, alla capacità di integrare competenze diverse per la risoluzione di compiti, alle competenze di lettura, scrittura, calcolo, decodifica di testi o messaggi.  

È possibile tradurre le quattro dimensioni succitate in un protocollo osservativo che coinvolga l’intero team o consiglio di classe in vista di una progettazione collegiale del piano educativo individualizzato? Certamente sì; anzi, stante la “filosofia” del decreto 182/2020, è indispensabile.