Learning Loss: una sfida per la scuola

Dal Report dell’Ocse al Report Nazionale dell’Invalsi

Affrontare la questione della perdita degli apprendimenti degli studenti a distanza di quasi un anno dalla pubblicazione del Report The state of school education, a cura diOCSE, UNESCO, UNICEF e Banca Mondiale (settembre 2021)[1], potrebbe sembrare una operazione inutile perché “fuori tempo”. A nostro avviso invece essa merita ulteriori riflessioni proprio a causa delle contaminazioni esistenti con altre tematiche formative: abbandono scolastico, vulnerabilità sociale, povertà educativa, didattica tradizionale, DaD, azioni di recupero…

Trattasi peraltro di un fenomeno “complesso”, acutizzatosi è vero durante la pandemia, ma che si manifesta anche per altre cause. Pensiamo, per esempio, alla lunga interruzione scolastica estiva, all’irregolarità della frequenza per motivi familiari, alla situazione lavorativa dei nomadi, alle condizioni connesse ai flussi migratori…[2]. In questo contributo si svilupperà una disamina del Report OCSE e INVALSI con brevi annotazioni sulle suddette “materie” e si darà conto del dibattito sul tema.

Cosa “registra” il Report dell’OCSE

Nel 2020 e nel 2021 una platea di 1,5 miliardi di studenti di 188 Paesi[3], causa l’emergenza sanitaria, non ha potuto frequentare le scuole o le ha frequentate “a singhiozzo”[4]. Ne sono derivati disagi relazionali, crescita dei divari territoriali, difficoltà gestionali nelle famiglie, criticità per il digital divide, incremento di abbandono e dispersione[5]. Ma l’effetto più rilevante è stato quello della “perdita di apprendimento”[6]. Tale “perdita” in quasi tutti i paesi OCSE, è stata monitorata e misurata per poter identificare gli studenti bisognosi di interventi mirati facendo ricorso alle seguenti modalità:

  • valutazioni nazionali standardizzate;
  • questionari rivolti a insegnanti, a Dirigenti scolastici o ad attori privilegiati;
  • valutazione formativa da parte degli insegnanti in classe.

Alcuni dati

Le valutazioni nazionali standardizzate hanno prodotto diversi risultati anche differenti tra Paese e Paese. Nel Regno Unito, per esempio, nella scuola secondaria la pandemia ha determinato una perdita di apprendimento corrispondente a 1 anno e 8 mesi di scuola in tutta la popolazione studentesca e a 2 anni e 2 mesi tra gli studenti con una qualche tipologia di difficoltà. In Francia per molti studenti frequentanti scuole di periferia, i miglioramenti nel corso dell’anno scolastico sono stati inferiori a quelli delle scuole con un background socio-economico più alto. 

Nel 36% degli Stati coinvolti sono stati adottati questionari rivolti al personale scolastico e agli stakeolders. In alcuni Paesi (es. Olanda, Danimarca, Portogallo, Estonia…) i questionari sono stati somministrati in tutti gli ordini di scuola, mentre in altri (es. Cile e in Belgio) si è lasciata libertà alle scuole se applicarla.

La valutazione formativa da parte dei docenti in classe è stata adottata nel 62% degli Stati. Gli insegnanti hanno potuto misurare la perdita di apprendimento tra gli studenti con programmi ad hoc. Solo in Colombia, Regno Unito, Ungheria, Italia, Corea, Repubblica Slovacca, Slovenia e Turchia non è stato adoperato alcun tipo di protocollo specifico.

In molti Stati (oltre il 50%) sono state programmate misure per compensare le perdite di apprendimento, principalmente durante il doposcuola, le vacanze scolastiche o nei weekend. Una particolare attenzione è stata rivolta alle seguenti categorie di popolazione scolastica:

  • studenti con difficoltà a partecipare alla DaD;
  • studenti a rischio drop-out o bocciatura;
  • studenti svantaggiati, immigrati, rifugiati e minoranze etniche.

Nello specifico, per la DaD, si sono potenziati l’accesso alla rete, l’utilizzo di piattaforme flessibili per l’apprendimento asincrono e i finanziamenti per l’acquisto di device come PC e tablet.

Cosa “restituisce” il Report Invalsi 2021

Nel giugno dell’anno scorso, Roberto Ricci, allora responsabile nazionale prove Invalsi, oggi Presidente, illustrando al CNEL i dati delle prove svoltesi nel 2021 in periodo post-pandemico e relativi alla Secondaria di primo grado ha rilevato che:

  • la quota di alunni non posizionata sul “livello di accettabilità” in italiano è salita al 39% (nel 2018 e nel 2019 era al 34%);
  • anche in matematica i risultati non sono soddisfacenti: il 44% dei ragazzi “licenziati” non ha conseguito le competenze minime (39% nel 2019, 40% nel 2018);
  • in entrambe le discipline, a “regredire” sono gli alunni socialmente vulnerabili, molti dei quali risiedono nelle Regioni del Mezzogiorno;
  • i risultati in inglese confermano invece quelli precedenti la pandemia.

Per la scuola secondaria di secondo grado i risultati evidenziano che in quinta si assiste a un vero e proprio “tracollo”, con il 44% di studenti al di sotto del livello minimo in italiano (35% nel 2019) e addirittura con il 51% in matematica (42% nel 2019).

Un altro dato preoccupante riguarda la cosiddetta “dispersione implicita”: in media, il 9,5% degli studenti (ca. 45.000 giovani), diplomati nel 2021, ha maturato competenze di base inadeguate. Era il 7% nel 2019[7].

Una linea di continuità con i risultati Invalsi 2022

Gli esiti dei risultati delle prove 2022 ci restituiscono un quadro sostanzialmente stabile, con qualche lieve scostamento in positivo della linea di tendenza per la dispersione implicita e qualche lieve rassicurazione per i risultati in “Inglese.  In questi anni di pandemia, si conferma anche la tenuta della scuola primaria. Restano simili a quelli precedenti anche i risultati in Italiano e Matematica nelle Scuole secondarie di primo grado. Infatti, gli studenti che raggiungono livelli adeguati, in linea cioè con quanto stabilito nelle Indicazioni nazionali, sono:

  • in Italiano, 61%, cioè meno un punto percentuale rispetto al 2021;
  • in Matematica, 56%, invariato rispetto al 2021.

Un dato però preoccupante è che si sono allargati i divari territorialiosservati al termine del primo ciclo d’istruzione. Gli allievi che non raggiungono il livello base in Italiano superano la soglia del 40% in tutte le regioni del Mezzogiorno (escluso l’Abruzzo). Sempre nelle stesse regioni si fermano al massimo al livello 2 tra il 55% e il 60%, fino ad arrivare a quasi al 70% in Sardegna.

Nelle scuole secondarie di secondo grado continua, purtroppo, la tendenza al peggioramento:

  • in Italianoil 66% degli studenti (cioè 4 punti percentuali in meno rispetto al 2019) raggiunge il livello base (dal livello 3 in su);
  • in Matematicail 54% degli studenti (cioè 8 punti percentuali in meno rispetto al 2019) raggiunge il livello base. In sei regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) l’esito medio si ferma al livello 2, quindi al di sotto della soglia attesa dopo dieci anni di scuola.

Un aspetto che possiamo definire incoraggiante è che nell’ultimo anno della secondaria di secondo grado i risultati indicano che in Italiano e in Matematica si è fermato il calo e che gli esiti di Inglese (sia listening sia reading) sono in leggero e costante miglioramento.

Learning loss: gli studi americani e del Regno Unito

La problematica del learning loss è stata molto studiata negli USA (dal 1906) e nel Regno Unito (H. Stewart & alii, 2018) come Summer learning loss (divario negli apprendimenti prima e dopo lunghe vacanze) con ricerche che hanno anche individuato correlazioni con altri fattori come età e livello scolare, materie di studio, status socioeconomico. In particolare le indagini hanno concluso che:

  • in media gli studenti hanno perso l’equivalente di un mese di apprendimento durante i mesi estivi;
  • la pausa estiva ha avuto effetti negativi più evidenti per la Matematica;
  • gli studenti delle famiglie svantaggiate sono peggiorati nelle abilità di lettura;
  • gli studenti più fragili,non ricevendo durante la pausa estiva “sostegni” dalla scuola (teoria del rubinetto, USA 1982), hanno subìto maggiori perdite di apprendimento rispetto agli studenti cosiddetti “benestanti”[8].

Tali studi sono tornati di attualità durante l’emergenza pandemica nel nostro Paese. Si è avviato un dibattito polarizzato su due tesi di diverso orientamento.

La pandemia ha aumentato il divario

C’è una prima tesi di chi sostiene che il learning loss ha accresciuto le disuguaglianze, le vulnerabilità individuali e sociali, i divari territoriali, ha causato una consistente perdita di “capitale umano”, con future ricadute negative sulla ricchezza nazionale e sul mercato del lavoro[9]. È la tesi della Fondazione Agnelli, Banca d’Italia, Invalsi, UNI “La Sapienza”RM, Save the Children, e di studiosi come R. Franchini, D. Checchi, G. Laneve, C. Bianchi, B. Romano, G. Bellettini…

Tali criticità, secondo i sostenitori di questa tesi, possono comunque essere trasformate in “risorse”:

  • se si investe in modo sistematico sulle rilevazioni con test standardizzati;
  • se si interviene con un’adeguata integrazione digitale della didattica in uso;
  • se si promuove una rimodulazione del calendario scolastico e dei quadri orari;
  • se si valorizza il capitale sociale espresso dal territorio (genitori, Terzo Settore, Istituzioni pubbliche e private);
  • se si potenziano competenze trasversali e lavoro in team “dotazioni” indispensabili per le professioni del XXI secolo.

Vanno ripensati i modelli scolastici

La tesi di R. Maragliano, B. Williamson, G. Carosotti, R. Latempa[10], così argomenta:

  • la perdita di apprendimento non può essere catalogata come un fenomeno dalla cifra prevalentemente economicistica (riduzione del PIL, flessione del reddito individuale, crescita della povertà, disfunzioni nel mercato del lavoro…), deve invece misurarsi con il miglioramento dell’offerta formativa della scuola (tutoring individuale, metodologie più flessibili, rinnovati ambienti di apprendimento, “cura” delle diversità…);
  • il recupero del “tempo perso” attraverso la modifica di alcuni assetti organizzativi (es. il calendario scolastico), se non è accompagnato dalla valorizzazione del tempo pedagogico (ritmi distesi di studio, orari scola-stici sostenibili…), del patrimonio educativo-didattico del docente, delle traiettorie innovative (ad es. il digitale), spesso parzialmente sedimentate, rischia di rimanere uno “slogan” orecchiabile, non un investimento formativo[11];
  • il protocollo di misurazione degli apprendimenti da parte dell’Invalsi non deve trasformarsi in un dogma quantitativo che non tiene conto delle prassi valutative adottate dagli insegnanti, della complessità della didattica, delle variabili di processo che “regolano” la relazione docente-studente, della molteplicità dei saperi (non riducibili solo a italiano, matematica e inglese). Tale strategia se “appiattita” sull’oggettività delle rilevazioni può causare nel tempo un depauperamento della valutazione formativa[12] e una accelerazione verso meccanismi competitivi di mercato.

[1] Per il testo “The state of school education: 18 Months into the Pandemic”,cfr. https://www.oecd-ilibrary.org/education/the-state-of-global-education_1a23bb23-en

[2] A tal proposito cfr. l’articolo di B. Williamson, “Misurare il learning loss” sul blog dello studioso, 2021, tradotto in italiano e pubblicato dalla Redazione di ROARS, 22 novembre 2021. Ad esso attingeremo anche per altre analisi.

[3] Cfr. “Misurare il learning loss e affrontare i divari. Cosa hanno fatto i Paesi Ocse”, Invalsiopen, 2022. Adattamento.

[4] Settimane di chiusura: 56 negli USA, 37 in Italia, 34 in Germania, 30 nei Paesi Bassi, 27 nel Regno Unito, 15 in Spagna, 12 in Francia (Fondazione Agnelli, PPT di A. Gavosto, Festival Economia, TN, 2021).

[5] Cfr. il documento del Ministero dell’Istruzione 2018, Una politica nazionale di contrasto del fallimento formativo e il recente, 2022, Documento per il contrasto della dispersione e il superamento dei divari territoriali, nell’ambito del PNRR,a cura del Gruppo di lavoro MI, composto Ludovico Albert, Marco Rossi Doria, Franco Lorenzoni, Andrea Morniroli, Vanessa Pallucchi, Don Marco Pagniello, Chiara Saraceno.

[6] La Banca Mondiale (2020) ha stimato che le chiusure delle scuole hanno causato un aumento del 25% della quota di studenti delle Secondarie con risultati al di sotto del livello PISA 2 (esecuzione di compiti non complessi).

[7] C. Tucci, Studenti, crollo delle competenze, Sole24ore scuola, 14 luglio 2021. Adattamento; D. Checchi, M. De Paola, Piove sul bagnato, puntiamo sul PNRR, Sole24orescuola, 14 luglio 2021.

[8] Cfr. articolo su OPEN INVALSI, 19 febbraio 2021, Che cos’è il learning loss e perché è importante misurarlo? Adattamento.

[9] “Se consideriamo la chiusura delle scuole di 37 settimane (…) possiamo stimare un minor rendimento annuo del capi- tale umano pari a 1.883 euro”: A. Gavosto, PPT Festival TN, 2021.

[10] Cfr. art. dedicati su ROARS NL del 21 dicembre 2020, 21 gennaio 2021, 22 novembre 2021; su  https://www.erickson.it/it/mondo-erickson/articoli/didattica/tornare-in-classe-dopo-la-chiusura/, art. di Claudia Rebesani, 20 maggio 2021; su Tuttoscuola (R. Maragliano), 15 luglio 2021.

[11] Le priorità di questi primi due paragrafi vengono anche esplicitate dal Documento sulla dispersione e i divari territo-riali redatto dal Gruppo di lavoro nominato dal Ministro, 2022, nell’ambito delle misure del PNRR.

[12] Cfr. anche i contributi sulla valutazione “mite” in: https://forumscuolaveneto.wordpress.com/2018/06/26/la-valutazione-nella-scuola-dellinfanzia/, 26 giugno 2018.