Risultati Invalsi 2022, al netto della retorica

Ancora criticità con qualche segnale positivo

Con l’aiuto della responsabile della comunicazione dell’Invalsi, Maria Teresa Marzano, ho fatto una prima analisi testuale di tutte le agenzie stampa che sono uscite il 6 luglio in occasione della presentazione dei risultati delle prove Invalsi di quest’anno alla presenza del Ministro Bianchi. Sono 87 comunicati stampa di lunghezza variabile da pochissime righe a una facciata circa. Qui sotto si può vedere il “tag cloud” fatto con le parole utilizzate dalle agenzie.

Lo stile dei comunicati delle agenzie

Leggendo il testo dei comunicati la prima cosa che si osserva, con grande soddisfazione, è che nella grande maggioranza dei casi il loro contenuto è sobriamente centrato sui fatti o, in questo caso, sui dati. Fino a due-tre anni fa erano ancora molto presenti le espressioni catastrofiste e i commenti ad effetto genericamente sostenuti da frasi tipo: “i dati Invalsi dicono”, “le rilevazioni nazionali dimostrano”, senza preoccuparsi di dire in che modo i dati dimostrassero questa o quella ipotesi sui mali della nostra scuola. E poi c’erano gli immancabili contrari ideologicamente alle prove che continuavano a ripetere i loro mantra ridicoli: “l’apprendimento non si può misurare”, “le prove sono inutili infatti la scuola non migliora”, ecc.

Questa volta mi sembra che lo stile sia diverso. Forse meno immaginifico, ma sicuramente più aderente a quello che una prima lettura dei dati consente di dire. Ciò nonostante tra le parole più ricorrenti (che sono le più grandi nel Tag Cloud) dopo le scontate scuola, Invalsi, risultati, livello, allievi… ripetute da 387 (“scuola”) a 182 volte (“allievi”), troviamo che l’avverbio “male” batte l’opposto “bene” 41 a 9. Evidentemente le brutte notizie tirano sempre di più delle buone.

La capacità di rimettersi in cammino

Vorrei allora offrire una selezione di dati[1] e di ragionevoli interpretazioni per verificare se ci troviamo effettivamente di fronte a uno scenario che ha più ombre che luci oppure se, a dispetto dell’impatto della pandemia sulla frequenza scolastica, possiamo per una volta riconoscere alla nostra malandata scuola la capacità di rimettersi in cammino.

Articolerò l’analisi in 4 buone notizie e 4 cattive notizie. Ma attenzione: la parità numerica non implica una parità di importanza!

Quattro buone notizie

Le quattro buone notizie riguardano la Scuola primaria, l’Inglese, la dispersione implicita, e un inedito tandem Calabria-Puglia.

1. La scuola primaria tiene

La scuola primaria, per il secondo anno dopo la pandemia, dimostra di tenere e di garantire risultati tutto sommato adeguati nel tempo. In Italiano gli alunni adeguati (dalla fascia 3 in su) sono il 73% in 2a primaria e l’80% in 5a; in Matematica sono il 70% in 2ª e il 66% in 5ª. In Inglese il livello A1 è raggiunto dall’85% degli alunni di 5ª, ben 6 punti in più della percentuale rilevata nel 2018.

[Andamento Inglese listening A1 – Grado 5]

2. Abbastanza confortanti i risultati in Inglese di tutti gli ordini di scuola

Nella prova più impegnativa, quella di comprensione della lingua parlata (listening), la percentuale degli alunni di terza secondaria che conseguono il livello A2 di primo grado è cresciuta costantemente negli ultimi quattro anni (2018, 2019, 2021 e 2022) passando da 54% a 61%. Perfino per il livello storicamente più impegnativo, il B2, che dovrebbero raggiungere gli studenti dell’ultimo anno delle superiori, l’andamento dei risultati è, come direbbero i fisici, “monotonamente crescente”.

[Andamento Inglese listening A2 – Grado 8]

[Andamento Inglese listening B2 – Grado 13]

3. Dispersione implicita: un’inversione di tendenza

Vale la pena fare un piccolo chiarimento un po’ didascalico. Nel fascicolo pubblicato dall’Invalsi con i risultati in breve troviamo scritto: “il calo maggiore della dispersione implicita si registra…”. Su questa frase, peraltro incontestabile, propongo un mini-test Invalsi: “cosa significa che c’è un calo della dispersione implicita?”. È una notizia buona o cattiva? Immagino che qualsiasi lettore risponderà senza esitazioni che si tratta di una buona notizia. Ma per molti lettori frettolosi, e anche per qualche giornalista, non è stato così. Probabilmente a confondere le idee sono i due termini negativi (“calo” e “dispersione”) che hanno creato un effetto simile a quello provocato da espressioni, effettivamente di non immediata comprensione, come “andamento negativo della percentuale di bocciati” e “diminuzione del calo demografico”.

Ma tant’è: la dispersione implicita, cioè la percentuale di studenti che pur arrivando al termine di un ciclo scolastico possiede le competenze del ciclo scolastico precedente, quest’anno è un po’ diminuita: dal 9,8% al 9,7%. Potrebbe sembrare un risultato di modesta entità ma, se si considera che ci si aspettava che gli effetti della pandemia si sarebbero protratti per diversi anni, questo lievissimo calo costituisce pur sempre un’inversione di tendenza.

4. Un inedito tandem Calabria-Puglia

E proprio a partire dalla dispersione implicita arriviamo alla quarta buona notizia: in Puglia e in Calabria si è registrata la diminuzione più consistente della dispersione implicita che nel 2021, in entrambe le regioni (e soprattutto in Calabria) era arrivata a livelli davvero preoccupanti. Nel grafico con le colonnine verdi sono riportati questi due cali che fanno davvero piacere.

Quattro cattive notizie

Le cattive notizie più rilevanti riguardano: le competenze in Italiano e Matematica degli studenti delle scuole secondarie; la non equità del sistema rispetto alle scuole e alle classi in cui ogni studente capita; la non equità del sistema rispetto alla mancata compensazione dello svantaggio sociale; il divario tra licei e istituti tecnici e professionali.

1. Competenze deboli in Italiano e Matematica

Dalla scuola secondaria di primo grado fino all’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado le competenze di base in Italiano e Matematica sono certamente deboli. La percentuale di studenti “adeguati” che raggiunge almeno il livello 3 (cioè il livello corrispondente al minimo previsto dalle Indicazioni nazionali) era già bassa prima della pandemia e oggi è ancora più bassa. Per gli alunni della scuola secondaria di primo grado l’andamento della percentuale degli studenti “adeguati” in Italiano negli anni 2018, 2019, 2021 e 2022 scende dal 66% al 61%, in Matematica passiamo dal 61% al 56%. All’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado queste percentuali si abbassano ulteriormente: dal 64% al 52% in Italiano, dal 61% al 50% in Matematica.

[Andamento Italiano – Grado 8]

[Andamento Matematica – Grado 8]

[Andamento Italiano – Grado 13]

[Andamento Matematica – Grado 13]

Se assumiamo come corretta la corrispondenza dei tre livelli superiori (3°, 4° e 5°) con il raggiungimento dei traguardi previsti dalle Indicazioni nazionali e dalle Linee guida[2], questi dati ci dicono che all’uscita della scuola media gli studenti con preparazione adeguata sono 6 su 10 e al termine delle superiori diventano 5 su 10.

2. Scarsa equità del nostro sistema scolastico

Ci sono poi due tipi di dati che denunciano la scarsa equità del nostro sistema scolastico. Il primo tipo di dati riguarda la cosiddetta “variabilità” dei risultati rispetto alla scuola e alla classe. È un parametro che ci dice in che misura i risultati conseguiti da un alunno dipendano non già dalle sue capacità, o dal suo impegno, ma dalla “fortuna” di essere capitato in una classe migliore[3], o in una scuola migliore. Quando questa fortuna conta molto si parla di “segregazione scolastica” per indicare l’esistenza di “ghetti” o di “isole felici”; cioè di luoghi in cui sono concentrati gli studenti con più difficoltà o con più risorse, non tanto economiche quanto culturali. Tutto questo non dovrebbe succedere, ma succede. La variabilità ci dice quanto è presente questo difetto di equità.

Purtroppo in Italia la variabilità tra le classi e tra le scuole raggiunge valori preoccupanti già nella scuola Primaria.

Il primo dato impressionante è l’impatto della variabilità tra le scuole in Matematica nel Mezzogiorno. Possiamo tradurre questo dato in questo modo: un ragazzo della Campania può “salvarsi” solo se va in una scuola buona: i suoi risultati dipenderanno infatti per il 25-40% (a seconda degli anni) dalla scuola che frequenta.

Il secondo dato altrettanto grave è l’impatto che hanno la scelta della scuola e la classe frequentata nel primo Ciclo (Primaria + Secondaria di primo grado) nelle aree del Mezzogiorno: per la Matematica si va dal 25% (Sud, Grado 8) a più del 50% (Sud e Isole, Grado 8).

[Variabilità tra scuole e tra classi in Italiano e Matematica – Grado 5]

[Variabilità dei risultati tra scuole e tra classi in Matematica – Intero I Ciclo]

3. La scuola non rimuove gli ostacoli

Il secondo tipo di dati che attesta la scarsa equità del sistema scolastico italiano è rappresentata dal peso del contesto di provenienza e dalla incapacità della scuola di compensarne gli effetti. Il ragionamento è semplice: se la scuola riuscisse davvero a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (articolo 3 della Costituzione) allora a scuola dovremmo trovare studenti poveri e ricchi (in tutti i sensi) sia tra quelli più deboli che tra gli eccellenti. Purtroppo non è così.

La percentuale di studenti eccellenti, che sono proprio quegli studenti che avranno più possibilità di realizzare con le loro capacità le proprie aspettative di vita, è del 20,5% per i ragazzi “di buona famiglia” (indice ESCS sopra la media) e solo dell’8,4% per i ragazzi che vivono in condizioni disagiate (indici ESCS sotto la media).

4. Divario di indirizzo

Prendiamo infine in esame quello che potremmo chiamare il “divario di indirizzo”: la differenza di risultati che si osserva tra gli studenti che frequentano i licei e quelli che frequentano gli istituti tecnici e professionali.

In questo caso perfino l’impatto visivo è macroscopico. Basta guardare come le barre orizzontali che rappresentano la distribuzione dei livelli nelle diverse regioni si spostino in blocco verso sinistra, cioè verso i livelli più bassi, passando dai licei agli istituti tecnici e ai professionali. L’onda rosa e rossa di sinistra che diventa sempre più grande rappresenta l’aumento degli studenti deboli e molto deboli. Parimenti l’onda di destra celeste, azzurra e blu che diminuisce rappresenta la massiccia diminuzione degli studenti con competenze buone o eccellenti.

Su questo punto è necessario porre la massima attenzione perché l’informazione pubblica è spesso assai superficiale. È infatti fortemente scorretto e fuorviante dire che in Italia l’istruzione tecnica e professionale è di qualità più bassa di quella dei licei. Il problema è un altro e è noto a tutti: i licei funzionano meglio perché sono frequentati dagli studenti migliori. Se tutti gli studenti andassero ai licei i risultati calerebbero immediatamente, tanto è vero che i risultati in Italiano dei soli licei classici, scientifici e linguistici sono migliori di quelli dei licei artistici, musicali e delle scienze umane.

Conclusioni

Dopo questa prima panoramica bisognerebbe approfondire le tante questioni che i risultati Invalsi hanno fatto emergere. Inoltre ogni scuola dovrebbe esaminare i propri dati che, non dimentichiamolo, possono essere anche molto diversi sia dai dati medi nazionali che da quelli della propria regione. Non c’è nulla di più ingiusto dell’applicazione acritica di una media ad una qualunque situazione locale. Se io fossi il dirigente scolastico di una scuola che ha avuto risultati magari non altissimi ma molto migliori dei risultati medi della mia area geografica sarei particolarmente soddisfatto e mi concentrerei su realistici margini di miglioramento.

Detto questo, però, ritengo che i dati aggregati che sono stati presentati il 6 luglio costituiscano un buon sostegno al Ministro Bianchi quando dice che la battaglia per il rientro a scuola ha dato i suoi frutti. Non c’è dubbio infatti che il calo della qualità degli apprendimenti non si è accentuato e che, in qualche caso, si è già ridotto.

Ma proprio perché abbiamo avuto la dimostrazione che le politiche pubbliche sulla scuola possono avere effetti importanti dovremmo tutti sentirci impegnati a prendere in carico le tante criticità denunciate dal rapporto Invalsi di quest’anno che, inutile negarlo, sono più pesanti dei segnali positivi.


[1] Ho ricavato la maggior parte dei dati dalla piattaforma pubblica di visualizzazione dei dati Tableau© dell’Invalsi. In alcuni casi ho utilizzato la presentazione del presidente dell’Invalsi Roberto Ricci e il Rapporto Invalsi 2022 entrambi pubblicati su https://www.invalsiopen.it/risultati/risultati-prove-invalsi-2022/ .

[2] I Quadri di riferimento delle discipline elaborati dall’Invalsi sono strettamente riferiti alle Indicazioni nazionali / Linee guida. Inoltre, laddove è possibile confrontare le rilevazioni Invalsi con le Indagini internazionali si osserva un’ampia sovrapposizione tra risultati Invalsi (nazionali e regionali) e risultati nelle stesse discipline rilevati dalle indagini internazionali.

[3] Una classe può essere migliore di un’altra principalmente perché vi sono stati iscritti gli studenti migliori, o perché ha i docenti migliori. Analogamente una scuola può essere migliore di un’altra perché è frequentata da studenti migliori o perché vi lavorano docenti migliori o perché è diretta da un dirigente scolastico più capace. Per quanto riguarda le scuole (e non le classi) conta molto anche la qualità culturale e socio-economica del territorio nel quale si trova.