Ripartire dall’educazione civica

Per una scuola democratica, aperta e inclusiva

Giancarlo Cerini nel libro nel libro postumo“Atlante delle riforme (im)possibili” ci ha lasciato indicazioni preziose su molte questioni che dovrebbero stare al primo posto non solo nell’agenda del Ministro dell’Istruzione, ma anche in quella del Governo e nei calendari dei due rami del Parlamento[1].

Una legge voluta da tutti

In merito all’Educazione civica Giancarlo Cerini era molto concreto pur nella consapevolezza delle difficoltà che le scuole avrebbero sicuramente incontrato nel realizzare un insegnamento efficace. Tutte le azioni innovative, perché vadano a buon fine, devono essere ben organizzate e soprattutto accompagnate passo dopo passo. Bisogna anche evitare le accelerazioni perché possono creare salti logici, soluzioni frettolose e falsi cambiamenti.

Conosciamo la storia della legge 20 agosto 2019, n. 92, di iniziativa parlamentare, appoggiata da tutti i partiti politici, promossa quasi all’unanimità sia alla Camera sia al Senato con un iter parlamentare molto rapido. Sarebbe dovuto andare a regime già dall’anno scolastico 2019-2020, poi, per un “incidente” formale, l’avvio è slittato all’anno successivo. Tutto doveva essere fatto in fretta, la questione era percepita di comprovata emergenza da tutte le compagini politiche.

La risposta all’emergenza educativa?

Come è noto, infatti, tale iniziativa legislativa ha veicolato consensi unanimi e trasversali, non solo sul piano politico e istituzionale, ma anche su quello sociale. Alla legge è stato affidato il potere, quasi miracolistico, di risolvere l’emergenza educativa nelle nostre scuole modificando gli atteggiamenti scorretti e le condotte pericolose dei nostri studenti. C’era, e permane tuttora, molta condivisione sulla crisi dei valori e dei modelli di comportamento dei giovani: una progressiva diminuzione della cultura civica; un aumentato disamore verso le istituzioni e verso i beni pubblici; la maleducazione nei social e nella vita di ogni giorno sempre più dilagante.

Su questa percezione della realtà si è innestato un pensiero condiviso che ha portato all’approvazione della legge. Alla base il ragionamento: “se bisogna modificare il comportamento dei giovani a partire dalla scuola, la soluzione più semplice e a portata di mano è la strada della normativa. Con una legge si può rimettere in moto l’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, con una legge si può imporre agli studenti di conoscere e applicare i principi della nostra Costituzione”.

Le diverse compagini politiche hanno voluto esprimere questa volontà e sottolineare la propria adesione, presentando separatamente specifici disegni di legge[2], che poi sono confluiti nel testo definitivo.

Non basta una legge per modificare i comportamenti

Qualsiasi persona di scuola sa che è illusorio pensare che basti varare una nuova legge sull’educazione civica per eliminare l’emergenza educativa e per dare una maggiore sicurezza nelle scuole. La costruzione della cittadinanza è fatta di reciprocità, di condivisione, di progettualità, di coerenza politica. Si tratta di imparare a rinunciare ad una parte della propria sovranità in vista di un bene comune maggiore. A scuola, significa vivere esperienze positive, condividere le risorse, lavorare insieme immaginando un futuro migliore. La legge è importante, ma poi occorrono comportamenti conseguenti che siano coerenti e strutturate: azioni, cioè. che supportino i principi che fondano le norme. La fragilità di alcune azioni di accompagnamento è la prima causa di insuccesso di tante “buone intenzioni”.

Sei passaggi per un insegnamento efficace dell’Educazione civica

Prima ancora dell’emanazione delle Linee guida (Decreto legislativo 22 giugno 2020, n. 35) in cui vengono elencati suggerimenti e semplificazioni e definiti i profili di uscita, in un articolo di Giancarlo Cerini, dal titolo “E se provassimo a fare sul serio”, confluito poi nel testo di “Atlante”[3], venivano indicati 6 passaggi operativi per prepararsi, senza trascurare nulla, ad una innovazione “reale” nella scuola.

  1. Elaborare una proposta di curricolo “verticale”, dalla scuola dell’infanzia alle scuole superiori, per identificare i contenuti prioritari, il repertorio delle conoscenze e delle competenze, le connessioni con le diverse discipline. Questo compito spetta al Ministero e a commissioni di esperti in dialogo con la scuola.
  2. Raccogliere le migliori pratiche di educazione civica e alla cittadinanza, già realizzate nelle scuole, per farle diventare il “materiale didattico” ottimale per un avvio sperimentale dell’insegnamento. Il metodo della ricerca‐azione è tra i più efficaci per promuovere una innovazione partecipata.
  3. Condividere nei Consigli di classe un lavoro preparatorio d’equipe, con la supervisione di un coordinatore (da scegliere e formare). Il nuovo insegnamento ha un quid di “disciplinare” (quello riferito alla conoscenza della Costituzione e delle leggi fondamentali, in una ottica storico‐giuridica), ma anche molti addentellati con le discipline esistenti (che possono portare un contributo importante all’educazione ad una cittadinanza attiva, comprensiva dei tanti temi previsti dalla nuova legge).
  4. Preparare studenti e genitori al significato delle novità, rinnovare i patti di corresponsabilità educativa (da introdurre nella scuola primaria ex‐novo) chiarire il rapporto tra la nuova disciplina e i comportamenti sociali e civici (anche alla luce delle nuove competenze chiave europee del 22 maggio 2018).
  5. Realizzare adeguate iniziative di formazione, utilizzando parte delle risorse da postare sul nuovo piano nazionale di formazione 2019‐2022.
  6. Studiare le modalità di valutazione del nuovo insegnamento, anche nelle sue connessioni con gli strumenti attualmente esistenti, con la certificazione delle competenze, con il sistema degli esami. Qui servirebbe, evidentemente un colpo d’ala, perché procedere con i voti in decimi e con le solite “medie” negli scrutini lascia il tempo che trova e immiserisce il tutto.

In effetti, nelle successive Linee guida queste indicazioni in parte sono state riprese e rese operative. Tuttavia qualcosa non ha funzionato.

Obiettivi e risorse per far funzionare la legge

Nel libro[4], dopo una analisi attenta della legge si suggeriscono 4 obiettivi accompagnati da proposte operative in cui oltre ai percorsi, si indicano anche i soggetti coinvolti e le risorse economiche necessarie.

Obiettivi possibili

a) Analizzare in maniera approfondita le pratiche didattiche correnti, in ogni ordine di scuola, ivi compresa la scuola dell’infanzia, e controllare l’efficacia rispetto agli obiettivi di cittadinanza.
b) Lavorare sulle competenze trasversali e sui curricoli integrati superando, specialmente nella scuola secondaria, i possibili limiti orari e organizzativi.
c) Attivare diversi filoni di ricerca: 1. Rapporto tra i “contenuti” indicati dalla legge 92/2019 e profili di uscita; 2. Rapporto tra Educazione civica e Quadri di riferimento europei; 3. Rapporto tra Educazione civica e valutazione; 4. Rapporto tra insegnamento trasversale di educazione civica e pratiche orientative; 5 Rapporto Scuola-Famiglia-Territorio e riscrittura del “Patto educativo di corresponsabilità”.
d) Avviare in tutte le scuole azioni di formazione-sperimentazione sugli aspetti indicati dall’articolo 5 (Educazione alla cittadinanza digitale) della legge 92/2019.

Risorse necessarie

Per il punto a) è necessario un percorso mirato di formazione-sperimentazione anche in rete che coinvolga un numero significativo di scuole (esempio: 10%), finalizzato ad una ricognizione sulle didattiche utilizzate; alla riflessione sull’efficacia ai fini dell’apprendimento; un eventuale riorientamento e la formalizzazione delle pratiche. Tale percorso permette di costruire un apposito albo ai sensi dell’articolo 9 della legge 92/2019. La spesa è quantificabile in 3 milioni di euro, rinnovabili almeno per due anni.
Per il punto b) è necessario che le scuole siano supportate da gruppi di esperti (Università, Indire, Servizio ispettivo, docenti altamente specializzati, disciplinaristi), da costituire sulla base di provvedimenti a carattere nazionale con definizione di regole e competenze. I costi vanno computati all’interno delle risorse previste per il piano nazionale di formazione.
Per il punto c), oltre alle risorse per la formazione in generale, vanno finalizzati fondi specifici per la formazione mirata di almeno un consiglio di classe e/o interclasse per ogni istituzione scolastica. La spesa è quantificabile in un milione e mezzo di euro ogni anno, per almeno un triennio.
Il punto d) va, in primo luogo, collegato alla formazione digitale di tutti i docenti, in secondo luogo a percorsi di ricerca-sperimentazione inerenti ai 7 punti chiave della cittadinanza digitale (art. 5). Prevedendo che ogni istituzione scolastica inserisca all’interno del piano di formazione un percorso triennale specifico sulla cittadinanza digitale, è ipotizzabile un costo di 3 milioni di euro, per almeno un triennio.

E poi vennero Le Linee guida

Di fatto se analizziamo le Linee guida ritroviamo quasi tutti le indicazioni su cui Giancarlo Cerini, si era focalizzato sia prima della loro emanazione, sia successivamente. In modo particolare nelle Linee guida si danno due indicazioni.

1. Definire il curricolo di Educazione civica tenendo come riferimento le stesse Linee guida, indicando i traguardi di competenza, i risultati di apprendimento e gli obiettivi specifici di apprendimento, in coerenza ed eventuale integrazione con:

  • le Indicazioni nazionali per il curricolo
  • il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari,
  • le Indicazioni nazionali per i licei e le Linee guida per gli istituti tecnici e professionali vigenti.

2. Integrare i criteri di valutazione (Art. 2 comma 2 “I collegi dei docenti integrano i criteri di valutazione degli apprendimenti allegati al Piano triennale dell’offerta formativa con specifici indicatori riferiti all’insegnamento dell’educazione civica, sulla base del curricolo”).

Sappiano che dopo l’emanazione delle Linee guida sono stati realizzati percorsi formativi e che durante l’estate scorsa (dal 28 giugno al 31 agosto 2022) è stato avviato un monitoraggio (su base volontaria) i cui risultati, però, non sembrano ancora noti.

A che punto siamo

Ora, che si sta predisponendo il nuovo PTOF per la prossima triennalità, è dunque il momento giusto per fare il punto della situazione.

È quanto viene anche sollecitato dalla nota del Ministero n. 2936 del 15 settembre 2022[5] in cui si chiede alle scuole del primo e del secondo ciclo di fare progetti su come “imparare la democrazia”. Considerando i tempi che stiamo vivendo non possiamo che plaudire all’iniziativa.

Sembra, quindi, che tutto proceda secondo le Indicazioni della stessa legge 92/2019, ma in realtà da alcune evidenze empiriche e dalla conoscenza dirette che abbiamo delle scuole sembra invece che di incognite ce ne siano ancora molte.

  1. Intanto c’è il problema di come, di fatto, le scuole stanno interpretando la trasversalità e come stanno coniugando la trasversalità con la categoricità delle 33, che la legge vorrebbe far corrispondere a 1 ora a settimana, da svolgersi nell’ambito del monte orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti.
  2. Poi c’è la questione dell’albo delle buone pratiche, promesso nell’articolo 9 della legge stessa. Non basta dirlo e non basta predisporre uno spazio web.
  3. Inoltre bisognerebbe capire meglio se e come sono state valorizzate le migliori esperienze: è l’articolo 10 della legge che lo dice.
  4. Cosa è stato fatto nelle scuole per rendere più proficuo il rapporto con le famiglie? (articolo 7 della legge). Come sono stati rivisti i patti educativi di corresponsabilità? Sono stati estesi di fatto a tutte le scuole primarie? In che modo?

Forse questi dati sono stati oggetto del monitoraggio, ma considerando che non ci sono ancora gli esiti, e sono trascorsi tre anni dalla legge 92/2019, ci rendiamo conto di quanto Giancarlo Cerini abbia avuto sempre ragione denunciando le fragilità delle forme di accompagnamento istituzionali delle più importanti riforme. Ne è prova anche la stessa nota prima citata che propone sette progetti per “vivere la democrazia”. Sicuramente i progetti proposti hanno tutti la possibilità di essere sviluppati come campi di esperienza civica, ma con il rischio che si risolvano in interventi episodici difficilmente radicabili in un sistema organico e integrato[6].

La questione dei curricoli

Resta come problema di fondo quello dell’integrazione dei curricoli. È pur vero che le Linee guida forniscono alcune indicazioni, ma non sono semplici e possono anche generare confusione e ridondanze se le scuole non sono supportate da aiuti “competenti” e non saltuari. Non è facile, per esempio far dialogare e portare a sintesi per il primo ciclo d’istruzione le Indicazioni per il Curricolo, i Nuovi scenari, le Linee guida di Educazione civica e la Certificazione delle competenze. Come non è facile, allo stesso modo, mettersi d’accordo su “chi fa cosa”, cioè sulle responsabilità e le azioni del Collegio docenti, dei Dipartimenti disciplinari, dei Consigli di glasse, del Dirigente scolastico e di ogni singolo insegnante di scuola.

I valori in gioco

E per finire, come riportare il tutto all’interno dei valori in gioco? Quale consapevolezza antropologica si sta costruendo nelle classi? Come favorire la maturazione dei tratti umani essenziali di ciascuno? Come lavorare sulla grammatica dei sentimenti, sulle posture interiori e relazionali, sulla fondazione esistenziale? Come far vivere nelle classi l’etica del bene comune, interiorizzare la responsabilità nel coabitare la società e la natura? Come far maturare la coscienza storica, la consapevolezza di essere, oltre che membri di una comunità locale, anche cittadini di quella casa comune collocata in un’epoca storica che chiede di adottare urgentemente atteggiamenti di vita ispirati all’equità e all’ecologia? Come fare acquisire quella stessa conoscenza giuridica intesa non tanto come architettura istituzionale e procedurale, quanto come ordinamento della società in cui la dignità umana e quella della natura vengono al primo posto?

Non sono domande retoriche, sono direzioni di senso che vanno seguite se vogliamo migliorare la qualità dell’insegnamento e la vita dei nostri studenti.

La dead line

Nel frattempo siamo arrivati al capolinea, perché come prevede l’articolo 4 del D.M. del 22 giugno 2020, n. 35, entro l’anno scolastico 2022/2023, il Ministro dell’istruzione deve integrare le Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, definendo i traguardi di sviluppo delle competenze, gli obiettivi specifici di apprendimento e i risultati attesi sulla base delle attività delle istituzioni scolastiche e degli esiti del monitoraggio.

Ma non perdiamoci d’animo. Rimettiamoci all’opera, dunque, noi che ci crediamo.


[1] Abstract della relazione tenuta a Brindisi Il 14 ottobre 2022, in occasione di un incontro seminariale, organizzato dalla FLC-CGIL e dall’associazione professionale Proteo-Fare Sapere di Brindisi, per ricordare Giancarlo Cerini e le sue opere, a partire da “Atlante delle riforme (im)possibili”.

[2] Le 15 proposte: C682, Capitanio; C734, Gelmini; C916, Dadone; C988, Battilocchio; C1166, Toccafondi; C1182, Comaroli; C1425, Gelmini; C1464, Mura; C1465, Schullian; C1480, Pella; C1499, Frassinetti; C1574, Fusacchia; C1696, Brunetta; Petizione n. 111; C1485, di iniziativa popolare.

[3] G. Cerini, Atlante delle riforme (im)possibili, Tecnodid, 2021, pp. 98-99.

[4] G. Cerini, Atlante delle riforme (im)possibili, Tecnodid, 2021, pp. 27-28, scheda n. 5.

[5] Nota del MI n. 2936 del 15 settembre 2022, “Progetti e concorsi in tema di Educazione civica realizzati dal Ministero dell’istruzione in collaborazione con il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati. Anno scolastico 2022/2023”

[6] Vedi Scuola7 – 3 ottobre 2022, di L. Maloni: “L’insegnamento dell’educazione civica e il Parlamento italiano”.