Codice degli appalti: i primi due articoli

Un cambio di paradigma anche nella scuola?

Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) manda gradualmente in pensione il vecchio Codice (D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50). È una norma delegata che, fin dall’origine, nell’ambito delle varie presentazioni che ne hanno anticipato l’emanazione da parte del Governo, è stata presentata come innovativa, moderna, efficace e tesa a favorire il raggiungimento degli obiettivi di spesa pubblica.

La priorità del Codice: il risultato

Nel prossimo futuro fonti autorevoli e competenti proporranno svariate letture per l’applicazione concreta dei nuovi istituti e delle nuove procedure del codice; tuttavia una disamina dei documenti di accompagnamento deve indurre i dirigenti scolastici a creare un substrato alle proprie attività negoziali che persegua la realizzazione dei principi del codice e non si limiti alla mera aderenza documentale e formale alle previsioni normative.

Tale substrato può anche emergere dalla interpretazione degli articoli iniziali del Codice che enunciano alcuni principi di notevole portata.

Il comma 1 dell’articolo 1 enuncia il principio del risultato. Nella visione dell’interesse pubblico è un principio primario e prevalente. Da qui deriva che l’affidamento del contratto e la sua esecuzione debba avvenire con tempestività, ci deve essere il migliore rapporto qualità-prezzo, ma anche il rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza e legalità.

Concorrenza e trasparenza

I principi di concorrenza e trasparenza (comma 2) assumono una valenza tanto essenziale quanto strategica. Il conseguimento del risultato, inteso come fine, rimanda alla concorrenza intesa come metodo. Non occorre raggiungere un risultato per sé stesso ma è necessario giungere ad un risultato virtuoso teso ad accrescere la qualità, diminuire i costi e aumentare la produttività.

Per quanto attiene alla trasparenza essa tende a garantire celerità e corretta applicazione delle regole assicurandone la piena verificabilità. Appare scontato il rinvio al concetto di accountability che mantiene un ruolo centrale nell’azione della pubblica amministrazione assicurando la visibilità del rapporto tra obiettivi, procedure e risultati. 

In questa logica, come si legge nella relazione introduttiva che ha accompagnato la pubblicazione del D.lgs. 36/2023, “Il risultato si inquadra nel contesto della legalità e della concorrenza ma tramite la sua codificazione si vuole ribadire che legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività”.

Efficienza, efficacia, economicità

Il principio del risultato è legato a doppio filo a quello del buon andamento previsto dalla Costituzione, correlato alle mitiche tre “E” (efficienza, efficacia ed economicità), già note nelle riforme degli anni Novanta del secolo scorso ma ancora attuali. L’applicazione puntuale di tali principi significa fare l’interesse della comunità e raggiungere gli obiettivi dell’U.E.

Il risultato è anche valorizzato in maniera decisa come elemento da valutare prioritariamente in sede di responsabilità (amministrativa e disciplinare), a favore del personale impiegato nella gestione dei contratti pubblici, dalla programmazione fino alla sua completa esecuzione.

Lo scopo è quello di frenare, se non eliminare, la cosiddetta burocrazia difensiva, alleggerendo il peso delle responsabilità a carico del funzionario che raggiunge il risultato e smorzando il peso delle responsabilità in presenza di possibili errori.

La fiducia: un’importante innovazione

Nell’articolo 2 viene codificato il “principio della fiducia nell’azione legittima trasparente e corretta delle pubbliche amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici”.

Questa è una novità di grande spessore in quanto ribalta completamente l’approccio dei precedenti codici basati sulla logica della sfiducia (o perfino sul “sospetto” pregiudiziale) nei confronti delle azioni dei pubblici funzionari. Una logica perversa sviluppatasi negli ultimi anni anche grazie alla stratificazione di dispositivi scoordinati, sfociata poi, in una normazione di estremo dettaglio, che ha bloccato ogni forma di discrezionalità.

La burocrazia difensiva, la paura di firmare e la conseguente inerzia della pubblica amministrazione hanno ultimamente provocato dei danni incalcolabili che anche la Corte costituzionale ha evidenziato nel 2022, con la sentenza numero 8, definendole fonte di inefficienza e immobilismo. Il rilancio economico richiede una pubblica amministrazione dinamica ed efficiente.

Le disposizioni di principio del nuovo codice intendono segnalare un cambiamento tanto profondo quanto necessario che, pur stigmatizzando ogni forma di irregolarità, vuole creare una rete di protezione per gli amministratori pubblici ormai oppressi dall’alto rischio che scaturisce dal loro operato. 

Un “regalo di fiducia” per corruzione e malcostume?

Le anteprime giornalistiche sul nuovo codice dei contratti pubblici hanno già ampiamente enfatizzato e strumentalizzato l’aspetto più impopolare delle disposizioni, quello che tende a rimarcare la possibilità che un simile “regalo di fiducia” possa ingenerare un aumento della corruzione ed un incremento del malcostume teso ad accaparrare appalti e forniture mediante metodi non leciti.    

In realtà la fiducia non è né unilaterale né incondizionata in quanto investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare e agli appalti. Molti di essi hanno già dimostrato di essere affidabili ed onesti poiché hanno denunciato i funzionari infedeli alle autorità competenti, provocando la loro rimozione. Tuttavia il legame con i principi di legalità, trasparenza e correttezza, rappresenta una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa e della necessità che ogni cittadino, sia in veste di rappresentante della pubblica amministrazione sia nei panni di imprenditore, si adegui alle leggi e ne rispetti principi e scopi.  

La fiducia è “in nuce” nella PA

Ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e della loro legittimità, ma deve agire anche seguendo il principio che esse servono a realizzare opere pubbliche, ad acquisire servizi e forniture nell’interesse della collettività.

La fiducia dell’ordinamento giuridico sulle scelte compiute dalla P.A. risiede già “in nuce” nella preliminare attribuzione del potere. Ogni conferimento di potere (specie se di natura discrezionale) presuppone, infatti, la fiducia dell’ordinamento giuridico verso l’organo destinatario dell’attribuzione. Il fatto che una norma abbia ulteriormente esplicitato questo potere rafforza la funzione della pubblica amministrazione verso i cittadini. Tuttavia la fiducia che ogni funzionario riceve con le nuove norme, non essendo incondizionata, lo pone in una situazione di maggiore responsabilità in quanto l’ampliamento dei poteri discrezionali e valutativi impone un loro esercizio ragionato e prudente.

Valorizzazione del potere discrezionale

Superare la paura della firma significa agire senza un incombente pericolo di errore sanzionabile. Ciò  valorizza il potere discrezionale dei pubblici funzionari, pone in linea le nuove norme con quelle di riforma della responsabilità per abuso d’ufficio e riforma l’assetto normativo in maniera da superare l’orientamento giurisprudenziale che, attraverso la valorizzazione dei principi generali di buon andamento e imparzialità, aveva in passato ricondotto nel campo di applicazione dell’abuso d’ufficio anche l’eccesso di potere, con conseguente azione da parte del giudice penale per le scelte discrezionali del pubblico ufficiale.

È stato, quindi, indispensabile riparametrare il concetto di colpa grave nella visione della responsabilità amministrativa.  Infatti la labilità del confine tra colpa lieve e colpa grave, poco chiarita dalle norme ma spesso lasciata alla discrezionalità del giudice, ha contribuito non poco allo sviluppo della burocrazia difensiva ed ha generato inerzia e incertezza nella gestione dei contratti pubblici. Nel comma 4 dell’articolo 2 si conviene che le stazioni appaltanti approntino idonee coperture assicurative per valorizzare le capacità professionali dei dipendenti.

Chi ben comincia…

Anche una lettura superficiale e non propriamente tecnica, come quella appena proposta, dei primi due articoli del Codice, suggerisce l’idea di un vero e proprio cambio di paradigma nella gestione dei contratti pubblici e nell’affidamento di lavori, servizi e forniture da parte della pubblica amministrazione.

Nel manifestare l’intenzione di continuare, in questa sede, l’analisi del Codice dal punto di vista di un dirigente scolastico di lungo corso, non si può fare a meno di esprimere la preoccupazione che il cambiamento in atto non sarà facile. Il retaggio secolare di una cultura basata sul sospetto e sul controllo occhiuto sull’operato dei funzionari pubblici non sarà superato in maniera automatica ed indolore.

Tuttavia, sebbene le scuole non amministrino grandi opere pubbliche, la prospettiva di poter basare quello che attiene alla loro attività negoziale su principi di grande spessore e di “semplicità” come quelli della fiducia e della trasparenza, genera un clima di rinnovata aspettativa, nel segno della efficienza di una pubblica amministrazione alquanto “arrugginita”, soprattutto dalle ultime vicende storiche e sociali.