Formazione e miglioramento delle scuole

L’arte di osservare e di riflettere nella reciprocità professionale

Per chi si occupa di processi di insegnamento-apprendimento, l’osservazione rappresenta lo strumento fondamentale per comprendere ciò che accade durante una situazione educativa, per poi analizzarla, comprenderla e, ove necessario, cambiarla, adeguarla, migliorarla.

Osservare significa tratteggiare, in maniera accurata, caratteristiche relative ad un fenomeno, ad una persona, a un gruppo all’interno di un setting limitato e secondo un tempo ben stabilito.

Diventare buoni osservatori

Affinare la competenza osservativa dei docenti, rappresenta un obiettivo strategico di formazione poiché aiuta a decodificare situazioni complesse e interpretare la poliedricità dei comportamenti che si manifestano nei contesti e nei processi di apprendimento. Per diventare buoni osservatori, occorre fare esperienza di osservazione, nella quotidianità educativa, mantenersi aperti al dubbio, alla riflessività e alla reinterpretazione di quanto osservato attraverso azioni di reciprocità e occasioni di dialogo professionale, condivise e legittimate nei Piani di formazione d’Istituto per l’attuazione di interventi di miglioramento e adeguamento alle nuove esigenze dell’Offerta Formativa Triennale (Legge 107/2015).

È una competenza che necessita di attività di studio, sperimentazione e ricerca, dell’acquisizione di un metodo di lavoro e del supporto di un gruppo di affiancamento. Il D.M. 850/2015 e il successivo D.M. 226/2022 introducono e valorizzano la pratica osservativa (attraverso il peer to peer) con l’obiettivo di sviluppare, nel docente in anno di prova e formazione, competenze sulla conduzione della classe e sulle attività di insegnamento, sul sostegno alla motivazione degli allievi, sulla costruzione di climi positivi e motivanti e sulle modalità di verifica degli apprendimenti significativi.

In riferimento a questo obiettivo il feedback dei docenti neoassunti che, negli otto anni di esperienza, hanno utilizzato l’osservazione come strumento di sviluppo professionale fornisce dati molto incoraggianti. Pertanto, nell’ipotizzare modelli di formazione adeguati all’attuale scenario di complessità educativa, è possibile pensare all’osservazione, nelle sue varie forme, come strategia vincente di miglioramento del proprio sé professionale.

L’osservazione si configura come uno strumento che permette di trovare la soluzione, in un determinato contesto educativo, a problemi specifici di carattere metodologico, relazionale, organizzativo perché mantiene un forte legame con l’esperienza sul campo, di cui si nutre per sviluppare “buoni e giusti” ragionamenti migliorativi.

Riflessione come “postura” professionale

Il tema della riflessione, come strategia per lo sviluppo professionale dei docenti, immediatamente rimanda a quello del cambiamento e dell‘etica della responsabilità nell’azione organizzativa e nella pratica didattica. La riflessione è una strategia critica, che si configura come azione sistematica di osservazione e valutazione, da diversi punti di vista, dell’esperienza professionale pensata e agita dentro una situazione didattica e/o organizzativa. Pertanto, anch’essa, al pari dell’osservazione, si configura come elemento fondamentale per una formazione dinamica ed esperienziale che vuole puntare all’evoluzione e non alla stagnazione delle pratiche. Tenendo in considerazione i processi “riflessione in azione” e “riflessione sull’azione”, il processo riflessivo contribuisce, quindi, a costruire un’epistemologia della pratica professionale basata sulla conoscenza e la condivisione che Schön definisce “conversazione riflessiva”, sottolineando che quando qualcuno riflette in azione diventa “un ricercatore nel contesto della pratica” quindi in grado di integrare, in situazioni di incertezza, teoria, intuizione e azione. Il processo “riflessivo” come postura professionale consente di rileggere a ritroso le esperienze, gli eventi e le situazioni didattiche e di reinterpretarle in prospettiva. In buona sostanza, permette di collegare l’azione passata con quella futura, attraverso il presente e il “durante” dell’esercizio professionale, consente di riordinare, mettere a sistema e capitalizzare quanto si sta facendo. Robert Kottkamp sottolineandone la valenza pedagogica chiama riflessione l’“attenzione deliberatamente prestata alle proprie azioni in relazione alle intenzioni al fine di ampliare le proprie opinioni e assumere delle decisioni riguardanti i modi migliori di agire in futuro o durante l’azione stessa”. Alla luce dell’attuale scenario di complessità, di obsolescenza delle conoscenze, veloce deperimento delle competenze e in considerazione dell’emergenza educativa, che fa registrare livelli preoccupanti di dispersione scolastica, costruire modelli formativi che tengano al centro della progettazione i due strumenti dell’osservazione e della riflessione, permette di veicolare una prospettiva di apprendimento professionale attivo, che mette in grado di riconoscere, decodificare e porre in crisi l’esperienza, promuovere la consapevolezza dell’agito professionale e la verifica attraverso la collaborazione e lo scambio.

Osservazione e riflessione come metodo

L’osservazione e la riflessione concepite come strategie di crescita professionale, inevitabilmente, partono dall’assunto che la pratica didattica non è un’azione solitaria e non può essere migliorata senza alcuni presupposti fondativi:

  • l’interazione con gli altri
  • la condivisione attiva delle esperienze
  • la pratica partecipativa
  • la costruzione di una comunità di pratiche (Wenger) dove i dilemmi della professione vengono esercitati, discussi e rigenerati
  • la decisionalità condivisa che si traduce in azioni didattiche informate
  • l’uso di strumenti operativi per la raccolta dei dati, la sistematizzazione delle informazioni, la riscrittura delle proposte migliorative e la restituzione degli esiti (check list, griglie di osservazioni, diari di bordo, schede tecniche, scale di valutazione e di valori, domande stimolo e/o guida per il dibattito confronto).

In definitiva un modello formativo di questo tipo, che si configura come attività di ricerca e validazione di pratiche didattiche e/o organizzative, può rientrare a pieno titolo nel Piano di formazione d’Istituto come pratica strutturata e permanente di sviluppo professionale, nelle sue svariate forme organizzative (formazione tra pari, all’interno della scuola, costruzione di Reti di scambio di pratiche tra due o più scuole, dimensione europea della formazione – job shadowing).

Job shadowing: un modello innovativo di formazione

Tra i modelli formativi che privilegiano fortemente l’osservazione e la riflessione il “job shadowing” rappresenta, sicuramente, una forma innovativa, evoluta, anche se relativamente recente e ancora poco esercitata, di crescita e sviluppo professionale. Concepito come vero e proprio strumento di formazione all’interno del Programma Erasmus Plus, destinato alle Università, nel tempo si è trasformato in una valida opportunità di “training on the job”, utilizzabile da chi voglia apprendere, seguendo e osservando (come un’ombra), un soggetto di pari profilo e/o settore professionale. Negli anni ha trovato applicazione in diversi settori professionali perché permette di acquisire un prezioso bagaglio di conoscenze reciproche, apprendere il funzionamento di specifiche organizzazioni, rafforzare impegno e appartenenza, sviluppare relazioni utili per costruire e/o ampliare la propria rete professionale, ricercare e sviluppare le proprie potenzialità, mettere alla prova le soft skills, arricchire il curriculum (dossier professionale) di esperienze significative. Trasferito nei contesti educativi, sempre attraverso il programma Erasmus plus, il job shadowing sta diventando una pratica di scambio e apprendimento professionale diffusa nelle diverse azioni del Programma, integrabile, all’interno delle istituzioni scolastiche, con azioni di peer to peer ed esperienze di Visiting, recentemente esercitate nelle istituzioni scolastiche, promosse e consigliate dai documenti ministeriali come esperienze formative attive, condivise e partecipate. L’essenza formativa del job shadowing risiede nella sua capacità di motivare e rimotivare il professionista che, attraverso l’osservazione, rimette in gioco le sue possibilità e trasforma i punti di debolezza in punti di forza. È un’esperienza intensa e proattiva di formazione che incide significativamente sulla manutenzione del proprio sapere professionale, trasformandolo e arricchendolo.

Verso la reciprocità professionale

I modelli formativi basati su osservazione e riflessione, presuppongono lo spostamento della relazione formativa verso la reciprocità professionale e, soprattutto, verso l’idea di una formazione da intendere come “sviluppo professionale” continuo e di ricerca. La condivisione e il ragionamento nelle sedi collegiali risultano strategiche e altrettanto lo è la costruzione di un contesto organizzativo fertile, quindi disponibile ad accogliere e sperimentare modelli formativi innovativi e a promuovere culture della formazione che si allontanano da logiche di governance più tradizionali. In questo contesto diventa strategico il ruolo del Dirigente scolastico che è, quindi, immediatamente richiamato alle sue funzioni di indirizzo, orientamento e alle sue competenze di leadership per la costruzione di gruppi di lavoro e la promozione di un clima collaborativo che favorisce il dialogo e il confronto professionale.

Percorsi della tipologia descritta rappresentano, a pieno titolo, una valida opportunità di lettura del contesto educativo e di esplorazione di aspetti trasversali della professionalità docente sia per la singola istituzione scolastica, sia per le possibili Reti di scopo tra istituzioni scolastiche, da costruire nei rispettivi ambiti territoriali, con particolare riferimento alla quota del 60% dei fondi della formazione[1].

Cultura di rete

Partendo dall’assunto che, di per sé, le esperienze non forniscono orientamenti per lo sviluppo e per la sostenibilità delle pratiche didattiche, ma è solo l’osservazione, la riflessione e il confronto che le trasforma in una importante fonte a cui il docente può attingere per essere in grado di comprendere i principi che sovraintendono e che organizzano l’attività dell’insegnamento, progettare in Rete questi percorsi formativi amplifica la possibilità di interazione professionale e quella di tradurre in relazioni informate, la ricerca di soluzione alle “situazioni problema” individuate e condivise nella costruzione del percorso di formazione. Ciascuna scuola avrebbe la possibilità di aprire nuove prospettive di insegnamento e sostenerne lo sviluppo attraverso il ragionamento collettivo. È questa una nuova prospettiva di formazione in rete che aiuta sia la singola istituzione scolastica a consolidare la propria cultura di “manutenzione del curriculo”, sia tutte le istituzioni facenti parte della rete a costruire un curriculo di territorio. La necessità di trovare soluzioni didattico-organizzative condivise a problemi complessi, ma comuni a tante scuole, trova conforto e supporto dentro una relazione di rete costruita a partire da elementi di criticità, punti deboli o situazioni problematiche rilevate dentro le scuole.

Un progetto formativo efficace

Nell’intraprendere la progettazione di un percorso formativo con queste caratteristiche, sia che si tratti di formazione tra pari, progettata a livello di singola scuola, sia di costruzione di reti attraverso le quali scambiare pratiche tra più scuole, oppure di percorsi di Visiting e di Job shadowing, è necessario adottare un approccio strutturato, costruire una solida architettura organizzativa che, attraverso le fasi di descrizione, informazione, confronto e ricostruzionemette in agenda alcuni passaggi organizzativi indispensabili per l’innesto di nuove politiche formative.

Step del progetto formativo

n.Passaggi
 1.Avviare nelle sedi Collegiali e nei gruppi di lavoro piste di ragionamento che assumano quale punto di partenza la formazione intesa come “ricerca didattica”.
 2.Incoraggiare il dibattito sui valori della professione docente e sull’importanza di collaborare e di mettere “in circolo” le proprie competenze, per migliorare la qualità della didattica.
 3.Individuare un gruppo di lavoro per la supervisione e la tenuta del percorso e un gruppo di docenti disponibili ad osservare e ad essere osservati in relazione all’area di intervento individuata.
 4.Predisporre un Protocollo di intervento, siglare un accordo di Rete ove siano chiariti e articolati tutti gli step del percorso formativo.
 5.Sostenere il gruppo nella definizione didattico-pedagogica del percorso: circoscrivere e condividere bisogni formativi con istituzioni scolastiche che hanno problemi affini per la costruzione della Rete.
 6.Aiutare il gruppo a definire gli elementi dell’osservazione: chi, cosa, quando, dove e come (soggetti, situazioni didattiche, tempi, setting, modalità e strumenti).
 7.Aiutare il gruppo ad assumere un atteggiamento critico rispetto a ciò che si è e a ciò che si fa. Aspetto fondamentale per intraprendere un percorso di formazione basato sull’osservazione, la riflessione e la condivisione sia all’interno della propria scuola sia in rete.
 8.Promuovere un processo di riflessione sulle prassi didattiche, sugli aspetti epistemologici, relazionali e pragmatici (competenze didattiche, progettuali, valutative all’interno di specifiche aree di intervento: dispersione, orientamento, cittadinanza…).
 9.Prevedere azioni concrete di restituzione, disseminazione e validazione delle prassi osservate, che legittimano la “trasposizione didattica” delle pratiche e quindi promuovono una consapevole revisione del curriculo.

L’analisi delle situazioni didattiche osservate, nutrita da punti di vista differenti, allarga ed arricchisce lo sguardo professionale e facilita la riprogettazione nei contesti e nelle realtà oggetto di studio e destinatarie della formazione. Il docente in formazione è interpellato, quindi, non unicamente sul piano disciplinare, ma, soprattutto, sullo sviluppo della consapevolezza professionale di poter agire con nuovi strumenti e metodologie e di rispondere, con approccio collaborativo e collettivo, alle emergenti esigenze educative e ai dilemmi della professione.

Come rimettersi in discussione

La formazione come processo riflessivo richiede ai docenti di mettere in discussione le strategie usuali e gli stessi approcci teorici, oltre che i pregiudizi professionali, le convinzioni consolidate, attraverso un circolo virtuoso del confronto, che passa, però, anche attraverso il controllo e la valutazione.

Riduce il rischio di autocelebrazione del proprio sapere professionale, di cristallizzazione delle pratiche e di autoassoluzione degli errori; promuove il desiderio di migliorare a partire proprio dagli errori, aiuta a costruire un sapere che può essere reinvestito in contesti diversi.

La riflessività, l’osservazione e la condivisione dentro la formazione alimentano l’etica della responsabilità didattico-educativa a tutti i livelli dell’organizzazione scolastica, favoriscono il ruolo attivo del docente, arricchiscono il repertorio di competenze ed esperienze, consolidano e rafforzano l’identità e il sé professionale.

La formazione come processo riflessivo

La formazione come processo riflessivo è una sfida che ogni istituzione scolastica ha il dovere di raccogliere per rinnovare l’entusiasmo e l’interesse, per potenziare la proattività professionale, per rigenerare modelli organizzativi e il pensiero formativo nel suo complesso.

In buona sostanza, un percorso formativo che si avvale dell’osservazione come strumento di localizzazione della difficoltà, della riflessione e del confronto aperto e democratico tra pari, diventa uno strumento potente che aiuta a risolvere i problemi, incoraggia la speranza di crescita, migliora il clima di lavoro e incrementa le relazioni di fiducia.

Alcuni approfondimenti bibliografici

Baldassarre, M. (2009) Imparare a insegnare. La pratica riflessiva nella professione docente, Carocci.

Jert J. Biesta (1998) La conoscenza non riguarda l’esperienza di oggetti come tali ma le esperienze future che potrebbero conseguire dalla situazione presente, Raffaello Cortina.

Kottcamp (2015) Reflective Practice for Educators, editrice Skyhorse.

Schön D.A.  (1993), Il professionista riflessivo: per una nuova epistemologia della pratica professionale, Feltrinelli.

Smyth (1989) Developing and sustaining critical reflection in teacher education.

Wenger (1998) Communities of practice: Learning, meaning and identity, Cambridge University press.


[1] Nota 14 dicembre 2022 n. 44428 contenente indicazioni relative alla programmazione delle iniziative di formazione del personale docente per l’anno scolastico 2022/2023.