Insegnamento collaborativo nella scuola primaria

Il valore della compresenza per migliorare l’inclusione

La sfida che quotidianamente ogni Istituzione scolastica si trova ad affrontare è quella di costruire un contesto inclusivo. La scuola primaria ha una storia importante sull’insegnamento collaborativo e sulle modalità per finalizzare la compresenza in classe.  Oggi, è utile rileggere gli insegnamenti del passato e ricontestualizzarli alla luce delle nuove realtà sociali, delle nuove fragilità e dei tanti problemi che, spesso, impediscono di costruire un contesto adeguato alle esigenze dei nostri studenti.

Da dove siamo partiti

È stata la legge n. 820/1971, istitutiva del tempo pieno, e più tardi la legge n. 148/1990 che hanno portato al superamento dell’insegnante unico nella scuola “elementare”, introducendo il principio di contitolarità e di pluralità.

In particolare, la Legge n. 148/1990 è quella che ha riformato la scuola elementare fondandola sul sistema dei moduli organizzativi. Questo sistema ha modificato completamente la precedente struttura come pure il rapporto tra maestro e scolaro, prevedendo la compresenza di più insegnanti nella stessa classe e assegnando al docente uno o più ambiti disciplinari e non più tutte le discipline del curricolo.

Nell’art. 4 comma 3 si legge “gli insegnamenti sono utilizzati secondo moduli organizzativi costituiti da tre insegnanti su due classi nell’ambito del plesso di titolarità o di plessi diversi del circolo; qualora ciò non sia possibile, sono utilizzati nel plesso di titolarità secondo moduli costituiti da quattro insegnanti su tre classi, in modo da assicurare in ogni scuola l’orario di attività didattica”.

Team docente e contitolarità

Nello specifico, la riforma ha introdotto due principi importanti: team di docenti e contitolarità. In linea di massima, tre docenti condividevano pari responsabilità nel percorso formativo degli alunni distribuiti in due classi, pur realizzando i propri interventi in aree curricolari diverse.

È così che è stata modificata completamente la struttura della scuola elementare. Nell’art. 7 si specifica la durata di 27 ore settimanali, elevabili fino ad un massimo di 30 ore con l’opzione di scelta per le famiglie di un tempo scolastico pari a 40 ore settimanali.

Poi, considerando che, in base al contratto nazionale, ciascun insegnante di scuola elementare doveva svolgere un orario di lavoro pari a 22 ore settimanali di docenza, si veniva a determinare un residuo di 4 ore da utilizzare in compresenza.

La contitolarità è stata un’importante conquista che ancora oggi permane laddove le situazioni lo consentono. Per esempio, gli insegnanti per le attività di sostegno agli alunni con disabilità assumono la medesima contitolarità collaborando con i docenti del modulo organizzativo: partecipano alla programmazione educativa e didattica, alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di intersezione, di interclasse, di classe e dei collegi dei docenti.

Compresenza vs contemporaneità

Il termine “compresenza” viene, a volte, impropriamente utilizzato come sinonimo di “contemporaneità”. Ma “compresenza” e “contemporaneità” sono due lemmi distinti: il primo indica, in pratica, le ore settimanali in cui gli insegnanti di classe lavorano insieme, mentre il secondo sta a rappresentare la situazione in cui nella classe è presente anche un insegnante titolare di altra disciplina.

La compresenza, ovvero la “sovrapposizione” oraria di due o più docenti ai quali è affidato lo stesso gruppo di alunni, è uno strumento fondamentale con il quale, nell’ambito dell’autonomia organizzativa, sancita dall’art. 5 del DPR 275/1999, le scuole cercano di realizzare appieno il principio dell’inclusione, in un’ottica di didattica personalizzata e individualizzata. Per questo durante le ore di compresenza i docenti non possono dedicarsi all’assolvimento di adempimenti burocratici o amministrativi, alla correzione di verifiche o ad altro, ma devono svolgere attività con gli alunni secondo le modalità di volta in volta concordate all’interno del team.

Il co-teaching come insegnamento collaborativo

Siamo, quindi, alla fine del secolo scorso quando vengono riconosciuti appieno questi principi pedagogici così importanti, trasformati in modelli organizzativi attraverso una legge. Ma venti anni dopo sarà un’altra legge a riportare la scuola al passato. Con l’art. 4 del Decreto-Legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169 si ritorna al modello dell’insegnante unico nella scuola primaria superando così il precedente assetto del modulo e della compresenza.

La compresenza, per fortuna, permane ancora seppure con una nuova connotazione, quella del co-insegnamento (co-teaching) a supporto delle attività didattiche ed educative in presenza di alunni con fragilità.

Il co-teaching nasce nel contesto educativo americano ed è definito come “two or more professionals delivering substantive instruction to a diverse or blended group of students in a single physical space”.

Nello specifico, rappresenta una strategia didattica condivisa di progettazione, insegnamento e valutazione per la quale due o più docenti, generalmente un insegnante curricolare e un insegnante di sostegno (ma non necessariamente) lavorano insieme per fornire servizi educativi, proposte didattiche, comprendenti istruzione di base e istruzione specializzata, a un gruppo eterogeneo di alunni in un’ottica inclusiva e all’interno di un singolo spazio fisico (Friend e Cook, 2003; Murawski, 2003; Ghedin, 2009).

Gli elementi chiave del co-teaching

In generale, quindi, possiamo parlare di co-teaching quando esiste uno sforzo congiunto da parte di due o più docenti volti a migliorare e a rendere più efficace la pratica educativa nel contesto della classe. La metodologia si caratterizza per 4 elementi chiave. Possiamo parlare di co-teaching quando:

  • ci sono due o più insegnanti coinvolti su una stessa classe o gruppo;
  • i docenti coinvolti lavorano nello stesso spazio fisico, generalmente in una classe;
  • le figure coinvolte partecipano attivamente al processo di insegnamento-apprendimento, quindi con responsabilità condivisa;
  • le figure coinvolte lavorano con un gruppo eterogeneo di alunni.

La “European Agency for Development in Special Needs Education”[1] definisce il co-operative teaching come uno dei cinque approcci che risultano maggiormente efficaci nell’ottica dell’educazione inclusiva.

Inoltre, è possibile individuare tre dimensioni fondamentali nel co-teaching (Murawski, 2003[2]): co-progettazione, co-insegnamento e co-valutazione.

Co-progettazione

La progettazione collaborativa consente agli insegnanti di definire obiettivi, strumenti, modalità, approcci di lavoro e ruoli di ciascun soggetto coinvolto. L’obiettivo è quello di proporre un modello integrato di pratica didattica accessibile a tutti gli attori coinvolti nei processi di insegnamento-apprendimento.

Co-insegnamento

Marilyn Friend e Lynne Cook, autrici di molti studi e pubblicazioni in materia di collaborazione tra docenti, individuano sei approcci al co-teaching:

1.   One teach and one observe (uno insegna e l’altro osserva)Un insegnante conduce la lezione, mentre l’altro raccoglie dati di osservazione specifica relativi agli aspetti didattici, comportamentali, sociali di specifici studenti o gruppi di studenti. La chiave della strategia è focalizzare l’osservazione.  Ciò permette di raccogliere facilmente una varietà di dati su studenti specifici o sulla classe nel suo insieme e di vedere la classe da una prospettiva diversa. Ma un insegnante ha tutto il potere.

2. Station teaching (insegnamento a tappe). Gli insegnanti si dividono il contenuto delle lezioni e gli studenti, i quali ruotano da una “stazione” all’altra, lavorando con i docenti in due stazioni e proseguendo da soli alla terza.

3. Parallel teaching (insegnamento parallelo). Due insegnanti, ciascuno con una metà del gruppo classe, insegnano la stessa cosa simultaneamente con l’obiettivo di favorire l’interazione tra docente e discente.

4. Alternative teaching (insegnamento alternativo). Un insegnante lavora con la maggior parte degli studenti mentre l’altro lavora con un piccolo gruppo per ripetere dei contenuti, arricchirli, attuare forme di valutazione o per altri scopi. L’offerta formativa è la stessa per tutti gli studenti ma diverso è il percorso.

5. Team teaching (insegnamento in team). Entrambi i docenti conducono la lezione spiegando, offrendo punti di vista differenti, illustrando svariate modalità di risoluzione di un problema, etc.

6. One teach, one assist (uno insegna e l’altro assiste). Un docente tiene la lezione mentre l’altro circola tra gli studenti offrendo supporto individuale.

Co-valutazione

La co-valutazione rappresenta lo strumento attraverso il quale i docenti possono essere attivamente coinvolti nella condivisione e discussione delle loro concezioni e delle relative pratiche di valutazione.

Una coppia di insegnanti che decide di collaborare può essere definita come due persone che accettano di:

  • lavorare insieme volontariamente;
  • coordinare il proprio lavoro per raggiungere un obiettivo comune;
  • condividere le responsabilità decisionali e risultati raggiunti;
  • condividere un sistema di contenuti rispetto al quale ogni insegnante possiede la necessaria competenza;
  • utilizzare un processo cooperativo che includa interazioni faccia a faccia e interdipendenza positiva, elaborazione e monitoraggio di capacità interpersonali e responsabilità individuale.

In sintesi

Nella panoramica delle pratiche didattiche possibili, la compresenza attuata in un’ottica di co-teaching rappresenta una risorsa preziosa, utile a realizzare una didattica realmente inclusiva al fine di promuovere gli apprendimenti e offrire esperienze formative significative, per tutti e per ciascuno.

La proposta di co-insegnamento che si realizza nella presenza simultanea di due o più docenti nella stessa classe, è in grado di promuovere la valorizzazione delle differenze di ciascun alunno, soprattutto in un’ottica di orientamento, utile a favorire un ambiente di apprendimento flessibile, creativo e inclusivo.


[1] L’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Educazione Inclusiva (Agenzia) è un’organizzazione indipendente che funge da nucleo di collaborazione per i suoi 31 paesi membri nel campo dei bisogni educativi speciali e dell’istruzione inclusiva. Il nostro obiettivo è migliorare le politiche e le prassi in materia di educazione rivolte a studenti con disabilità e bisogni educativi speciali.

[2] Wendy W. Murawski, PhD, è presidentessa e direttrice esecutiva del Center for Teaching and Learning (CTL) della California State University, Northridge, e amministratrice delegata dell’azienda di consulenza educativa 2 TEACH.