Cellulari in classe

È possibile sviluppare la cultura digitale senza smartphone?

Il 22 febbraio scorso una agenzia di stampa del MIM ha anticipato un passo delle nuove Linee guida sull’educazione alla cittadinanza: “È sconsigliato l’utilizzo anche a fini didattici dello smartphone dalle scuole d’infanzia alle scuole secondarie di primo grado. Per le scuole primarie è raccomandato invece l’utilizzo del tablet esclusivamente per finalità didattiche e inclusive”.

Subito si è riacceso il dibattito polarizzato fra favorevoli e contrari, anche alla luce degli ingenti investimenti del PNRR e degli sforzi che le scuole stanno compiendo in termini di strumenti, ambienti e competenze digitali da realizzare con tali finanziamenti.

La storia continua

Questa agenzia rievoca la nota di Fioroni del lontano 15 marzo 2007[1] che vietava l’utilizzo dei cellulari in classe, ma allora c’erano tendenzialmente i telefonini perché gli smartphone non erano ancora diffusi. Arriva però nel 2015 il Piano nazionale scuola digitale che lanciava il Byod come opportunità didattica all’azione 6[2], e poi ancora nel 2018 il decalogo sul Byod del 2018[3]. Si ritorna il 19 dicembre 2022 con il ministro Valditara[4] che vieta di nuovo l’uso dello smartphone in tutte le classi di ogni ordine di scuola con l’eccezione legata all’utilizzo dello strumento per le attività didattiche.

Preoccupazioni e potenzialità

C’è chi ravvisa la pericolosità dello smartphone per la facilità di condivisione di video e immagini inopportune, che spesso è causa di azioni di cyberbullismo; c’è chi ne sottolinea la forte distrattività durante le ore di lezione a causa della irrefrenabile necessità di guardare notifiche e messaggi da parte degli studenti; c’è chi vede nel dispositivo una delle cause di una diminuita relazione fra i ragazzi, troppo presi dalla dimensione digitale e sempre meno da quella fisica.

Contrapposte a queste tesi, legittime e per molti aspetti rintracciabili in esperienze quotidiane di tutti i docenti, ci sono le valutazioni altrettanto legittime, di tipo pedagogico, educativo e didattiche di chi dello smartphone sottolinea il forte valore inclusivo, collaborativo e creativo, di facilitazione all’accesso ai contenuti importanti che arricchiscono le attività in classe.

Un dispositivo democratico

Oltre a queste potenzialità didattiche, lo smartphone può costituire una risposta alla necessità di educare le nuove generazioni al digitale, lavorando in modo trasversale sulle competenze cognitive e non cognitive, come necessità primaria di alfabetizzazione, come tra l’altro è indicato dal Piano di azione europeo per l’educazione al digitale[5] e dalla recente legislazione italiana[6] che ne recepisce le linee operative. È indubbio che, ancora oggi, nelle classi in cui gli studenti non possono disporre di dispositivi digitali, lo smartphone è l’unico strumento possibile per lavorare anche in digitale, con tutte le sue potenzialità creative, inclusive e di alta accessibilità a contenuti e a piattaforme didattiche. In questo senso è forse il dispositivo digitale più “democratico” e diffuso a scuola, senza nessuno stigma di divari economici o sociali.

Nel Regno Unito: una policy contro gli smartphone

Nel Regno Unito anche l’attuale Segretaria di stato per l’educazione, Gillian Keegan, ha preso una decisa posizione contro l’utilizzo degli smartphone in classe fornendo a tutta la comunità educante indicazioni e tool-kit operativi che prevedono una sensibilizzazione ed una collaborazione fattiva delle famiglie e dei territori.

Nel provvedimento[7], corredato di allegati e tool-kit organizzativi, leggiamole scuole dovrebbero sviluppare una policy che proibisca l’uso di smartphone e altre tecnologie intelligenti con funzionalità simili ai telefoni cellulari (ad esempio la possibilità di inviare e/o ricevere notifiche o messaggi tramite cellulare reti o la possibilità di registrare audio e/o video) durante tutta la giornata scolastica… Dove le scuole hanno adottato il Bring Your Own Device (BYOD) per facilitare l’utilizzo di dispositivi per l’apprendimento, tali dispositivi devono essere utilizzati in conformità con la politica BYOD della scuola… La policy sul BYOD non dovrebbe includere i telefoni cellulari”.

Le scuole hanno 4 diverse opzioni per attuare il divieto:

  • niente telefoni cellulari nei locali della scuola (chiedere agli studenti di non portarli a scuola);
  • i telefoni cellulari vengono consegnati al personale all’arrivo a scuola (ritirarli all’arrivo);
  • i telefoni cellulari sono tenuti in un luogo sicuro, a cui l’alunno non accede durante la giornata scolastica (chiuderli negli armadietti personali all’inizio delle lezioni e ritirarli alla fine);
  • i telefoni cellulari non vengono mai usati, visti o sentiti mentre si è a scuola (richiedere che siano spenti e riposti negli zaini).

Relativamente al personale docente, si legge: “Tutto il personale dovrebbe applicare costantemente la policy adottata dalla scuola… I docenti non devono utilizzare il proprio cellulare per motivi personali davanti agli alunni durante il loro lavoro in classe”. Ciò consentirebbe agli insegnanti di essere più credibili e a far rispettare efficacemente il divieto. Si legge, proseguendo: “Potrebbero tuttavia esserci occasioni in cui è opportuno che l’insegnante utilizzi lo smartphone, ad esempio per assegnare compiti, emettere premi e sanzioni o utilizzare l’autenticazione a più fattori”.

Le raccomandazioni dell’UNESCO

Questi provvedimenti restrittivi sono certamente influenzati dalle raccomandazioni dell’UNESCO nel “Global Education Monitoring Report 2023 Technology in education: a tool on whose terms?[8]”. Nel documento si sottolinea come, se da un lato le tecnologie in classe possono essere utili per l’apprendimento degli studenti, dall’altro possano avere un impatto negativo se usate in modo inappropriato o eccessivo, come spesso accade con gli smartphone.

Si sostiene che un eccessivo o improprio utilizzo di smartphone, tablet o computer portatili, da parte degli studenti, sia in classe che a casa, potrebbe risultare distrattivo, disturbante e pregiudicare negativamente il processo di apprendimento. Riferendosi a dati provenienti da valutazioni internazionali su vasta scala, il documento evidenzia un “legame negativo” tra un uso smodato della tecnologia digitale e le performance degli studenti. Secondo l’UNESCO, l’adozione della tecnologia digitale, comprese le tecnologie come l’intelligenza artificiale, dovrebbe essere sempre guidata da una “prospettiva educativa centrata sull’essere umano”, evitando di sostituire l’importanza dell’interazione diretta con gli insegnanti.

Lo smartphone e la fragilità adulta

La pervasività dello smartphone la conosciamo bene, basta pensare a come questo strumento sia entrato nella maggior parte delle nostre azioni quotidiane come una estensione vera della nostra identità, delle nostre relazioni, del nostro modo di comunicare, conoscere, partecipare, viaggiare, acquistare. Non è uno strumento neutro, tutt’altro, e contribuisce più di ogni altro a farci vivere onlife. Come osserva lo psicologo Matteo Lancini, dell’associazione milanese del Minotauro (Istituto di Analisi dei Codici Affettivi), l’ansia tipica del mondo adulto ha portato a regalare alle attuali generazioni già ai primi anni della scuola primaria il primo smartphone, non perché sia un oggetto necessario ma per l’ansia di controllo tipica dei genitori del XXI secolo e per la risoluzione “pacifica” dei tempi di noia grazie proprio al potere distraente ed evasivo del dispositivo connesso: “non scocciare troppo, prendi lo smartphone”.

È la fragilità adulta, sostiene lo psicologo, “a spingere ormai i ragazzi a doversi far carico di quello che non si riesce a comprendere. Davanti alla complessità, davanti al fatto che l’unico lavoro certo per molti sarà quello di saper usare internet e il digitale, il massimo intervento educativo è il ritorno al male che fa lo smartphone”.

Responsabilità delle famiglie e della scuola

È una riflessione pungente, che ci chiama pienamente in causa, basata su dati e studi clinici e non su semplici opinioni che ci mette di fronte a due responsabilità:

  • la prima, quella di aver dato in mano a dei bambini (e di continuare a farlo) uno strumento potente come lo smartphone, senza aver prioritariamente dato loro gli strumenti per poterlo gestire in modo consapevole e spesso senza gli opportuni filtri;
  • la seconda, quella di dover preparare ed educare le nuove generazioni al mondo dell’infosfera[9] e dell’onlife[10], non a parole ma attraverso un apprendimento per competenze, esperienziale e creativo, integrato, urgente.

Se la prima responsabilità è chiaramente della famiglia di provenienza, la seconda è anche e soprattutto della scuola. Come sia possibile sviluppare dunque una vera educazione al digitale senza sottovalutarne i potenziali rischi, mantenendo, come sottolineato dal rapporto UNESCO, la centratura sull’“essere umano”, sull’autenticità delle relazioni e sull’equilibrio psico-fisico è il vero tema di cui occuparsi maggiormente e sensatamente.

Digitale senza smartphone: si può

Esistono esperienze significative di scuole che già da anni riescono a lavorare sul e con il digitale senza prevedere l’utilizzo dello smartphone in classe. Questo è l’aspetto dirimente: se lo studente ha un dispositivo personale o dato dalla scuola o acquistato a condizioni agevolate con l’intermediazione della scuola, connesso alla rete autenticata di istituto e non con una propria scheda sim di dati, è davvero possibile (e opportuno!) fare senza lo smartphone.

Un esempio concreto può essere quello dell’Istituto comprensivo n. 3 di Modena, una scuola all’avanguardia sotto molti punti di vista. Nel regolamento è chiaramente declinato il divieto di portare lo smartphone in classe (che viene lasciato nell’armadietto personale di ogni studente) e che è obbligatorio utilizzare il dispositivo lasciato in dotazione dalla scuola, connesso con la rete di istituto (filtrata, con autenticazione). Gli studenti e le famiglie sono coinvolti prioritariamente in questa policy e ne accettano responsabilmente le indicazioni. Chi visita queste scuole resta sorpreso per il clima di grande serenità e applicazione degli studenti e per la normalità nell’utilizzo del digitale integrato all’analogico. Dietro c’è da sempre il pensiero di un dirigente illuminato come Daniele Barca e di uno staff coeso di docenti consapevoli e determinati a sviluppare un’offerta formativa il più possibile completa e aperta alle competenze chiave del XXI secolo. Un pensiero che ha permesso di programmare, con un impiego di risorse intelligente, formule di comodato d’uso o di leasing per l’acquisto dei dispositivi digitali consegnati all’inizio del percorso scolastico, calmierando anche i costi dei libri di testo attraverso l’autoproduzione di contenuti o la scelta di testi digitali, intercettando finanziamenti pubblici e contributi di privati in una logica di sviluppo graduale di un modello.

Come rendere replicabile il modello

Perché questo modello sia scalabile e replicabile occorrerebbe ricorrere maggiormente al comodato d’uso, coinvolgere gli editori dei libri di testo o i fornitori di piattaforme in collaborazioni virtuose con il mondo della scuola, indirizzare, come durante il COVID, fondi specifici per il comodato d’uso, favorire modelli di leasing che garantiscano il ricambio e la non obsolescenza degli strumenti, defiscalizzare l’acquisto di un dispositivo ad alunno per lo studio come si fa già per gli alunni con disabilità, prevedere per ogni studente un investimento per garantirgli un acquisto facilitato di un dispositivo, uno ogni 4 anni.

Il rischio del “divieto”

La formula che viene usata “non è opportuno usare” nelle nuove Linee guida sull’educazione alla cittadinanza, in realtà non è un divieto, al massimo è un consiglio perché rimane l’autonomia decisionale e didattica del docente e della scuola.

Ma, se percepito come un divieto, si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca, di offrire cioè una scuola virtuale scollegata dalla realtà. La gestione delle due dimensioni, quella analogica e quella digitale, presuppone per ognuno di noi un’educazione all’autocontrollo, ad una postura corretta che si può assumere solamente vivendo la realtà dell’oggi, imparandone tutti i linguaggi (anche quelli più tradizionali della scuola, certamente) e rimodulandoli con gli strumenti e i media di oggi. Occorre un pensiero, un graduale investimento di energie e idee che permettano di portare i nostri studenti a fare esperienza di sé, dell’altro, del mondo in modo integrato alla dimensione digitale, socio emotiva, ambientale, cognitiva e non cognitiva.

Dare fiducia

Se vogliamo far crescere persone integre (integro e integerrimo hanno la stessa radice semantica di integrare) non possiamo partire dalla paura che nega, ma dalla prudenza e dal buon senso che pianificano e danno fiducia.

Attendiamo di leggere le nuove linee di educazione alla cittadinanza per capire se questo divieto avrà una sua graduale e selettiva applicazione, se prevederà spazi di autonomia e se sarà un’occasione di vera riflessione sul tema.

È possibile superare la dicotomia in questione solo rendendo replicabile e sostenibile un modello come quello della scuola modenese.

È da sperare che questa occasione non porti ad un arroccamento su posizioni nostalgiche e irrealistiche anti-digitali, ma stimoli una riflessione pedagogica che riesca a tenere assieme l’educazione ad una “postura” corretta nell’utilizzo del digitale (smartphone compreso), che faciliti lo sviluppo delle competenze digitali e lo sviluppo di una mediazione didattica quotidiana improntata sulla serenità e sul dialogo.

Gli studenti hanno perfettamente contezza e consapevolezza dei pro e dei contro dell’utilizzo dello smartphone in classe e delle proprie responsabilità, ma anche delle grandi contraddizioni del mondo adulto. Ripartiamo dall’ascolto degli studenti anche per favorire una maggiore corresponsabilità.


[1] Linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti.

[2] Azione #6 – Linee guida per politiche attive di byod (bring your own device).

[3] Dieci punti per l’uso dei dispositivi mobili a scuola BYOD – Bring your own device.

[4] Indicazioni sull’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici in classe.

[5] Il piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027) è un’iniziativa politica rinnovata dell’Unione europea (UE) che definisce una visione comune di un’istruzione digitale di alta qualità, inclusiva e accessibile in Europa e punta a sostenere l’adeguamento dei sistemi di istruzione e formazione degli Stati membri all’era digitale.

[6] Futura. La scuola per l’Italia di domani.

[7] Guida. I cellulari nelle scuole. Come le scuole possono vietare l’uso dei telefoni cellulari durante tutta la giornata scolastica.

[8] La Tecnologia nell’istruzione

[9] Infosfera: idee per capire il digitale. Lectio di Luciano Floridi.

[10] Onlife: Essere umani nell’era digitale di Luciano Floridi (insegna filosofia ed etica dell’informazione alla University of Oxford. Non si limita però a insegnare queste due materie, ha contribuito a fondarle).