Decreto disabilità: tanto rumore per nulla?

Il nuovo testo del d.lgs. 66/2017

In uno degli ultimi Consigli dei Ministri è stato approvato uno schema di Decreto Legislativo che, come previsto dal comma 184 dell’articolo 1 della Legge 107/2015, apporta modifiche al Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66 sull’inclusione scolastica. Naturalmente questo nuovo decreto per diventare attuativo dovrà compiere l’iter previsto, ovvero acquisire i pareri della Conferenza Unificata (Stato-Regioni-Autonomie Locali) e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per profili finanziari. Conoscendo abbastanza bene il D.lgs. 66/2017, anche nei suoi limiti e nelle sue criticità, ho provato a capire quali differenze, quali interventi e soprattutto quale cornice culturale caratterizzano il nuovo testo.

Viene confermato il sistema di classificazione ICF

Innanzitutto è importante vedere confermato il superamento del concetto di disabilità come mancanza, come deficit, e l’accoglimento della proposta ICF che è alla base del D.lgs. 66/2017. Il decreto, infatti, poneva al centro di tutto il ragionamento sull’inclusione scolastica l’idea del profilo di funzionamento, secondo i criteri del modello bio-psico-sociale. Le modifiche introdotte dal nuovo schema di decreto, in effetti, nella maggior parte degli articoli, riguardano interventi lessicali e sintattici che mantengono il significato di quanto già scritto, anche nei casi in cui viene riscritto, rendendo forse più complessa la comprensione e la successione dei passaggi. Ad esempio, dopo aver confermato la composizione delle commissioni mediche già previste nel decreto 66/2017, si cambia il rapporto e la successione tra accertamento e certificazione della condizione di disabilità e attivazione del percorso relativo all’inclusione scolastica, cioè l’elaborazione del profilo di funzionamento.

Accertamento di disabilità e riconoscimento dell’invalidità

I due processi erano stati separati perché la certificazione di disabilità è la procedura per il riconoscimento dell’invalidità, delle provvidenze anche economiche, degli ausili, ecc., mentre l’elaborazione del profilo di funzionamento è necessaria per la redazione del Progetto Educativo Individualizzato (PEI) e del Progetto Individuale, di cui il PEI fa parte.

Nel nuovo testo, invece, la domanda di accertamento all’INPS dev’essere già corredata di certificato medico diagnostico con la diagnosi clinica e la valutazione sul funzionamento: quindi un percorso inverso, che in certi casi potrebbe anche avere senso, ma di certo allunga i tempi per il riconoscimento dei bisogni del bambino. In sintesi, se non c’è la certificazione a norma della Legge 104/1992, non è attivabile il sostegno. Nel testo correttivo si trova continuità sulle norme relative alla formazione dei docenti e del personale ATA, sulla necessità di avere principi unitari per il profilo degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, sull’idea che la continuità non sia identificabile con quella del singolo docente di sostegno (quello bravo!) che accompagna negli anni lo studente, ma stia maggiormente nella tenuta del progetto di scuola e nella sua valutazione.

La garanzia di continuità

Forse nell’articolo che tratta della continuità vi è un errore. Il comma 3 dell’articolo 14, che stabilisce la possibilità di confermare il supplente, a fronte di assegnazioni e di cambiamenti continui, anche in corso d’anno, per effetto delle graduatorie, viene modificato: si introduce che il personale eventualmente da confermare sarebbe quello specializzato secondo quanto stabilito dall’art. 12, che riguarda la formazione iniziale dei docenti di sostegno per la scuola primaria e dell’infanzia. L’art. 1, comma 184, della citata legge 13 luglio 2015, n.107, stabilisce che “entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 180, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dai commi 181 e 182 del presente articolo, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi”. Ritengo ci sia un fraintendimento: così come viene corretto, il nuovo testo non riguarderebbe infatti la scuola secondaria di primo e secondo grado. Oppure è una scelta? Se così fosse, sarebbe una lettura molto particolare delle peculiarità dei gradi scolastici.

Incertezze sui gruppi territoriali

Un altro po’ di confusione si coglie nel passaggio in cui il GIT (Gruppo Inclusione Territoriale), che resta con la stessa composizione prevista dal decreto 66/2017, ritorna provinciale, quindi con differenze notevoli di vicinanza e conoscenza del territorio a seconda delle dimensioni delle province, ma soprattutto non si capisce se abbia una funzione di conferma o meno delle richieste di sostegno del dirigente scolastico, in quanto in un articolo successivo si dice che il dirigente invia la richiesta di organico all’USR.

Consiglio di classe e GLHO

Veniamo invece alle uniche vere differenze. Sostanzialmente sono due, anzi una, perché la cosiddetta reintroduzione del GLHO in realtà introduce e norma un gruppo di lavoro aggiuntivo, la cui attività era già prevista dall’art. 7 comma 2 lettera a) del D.lgs. 66/2017. Infatti si incardina la redazione del PEI nel Consiglio di classe e nella normalità delle sue attività, non essendosi ritenuto necessario un gruppo a parte e diverso solo per il disabile. Finora nella realtà delle scuole vi sono state situazioni variegate, ma il comune denominatore è stato che del PEI spesso si occupa il docente di sostegno, con una delega che sovente significa separazione delle competenze sulla progettazione, ma anche sulla realizzazione delle attività didattiche da svolgere con il disabile. Molte volte i docenti di classe vedono infatti il docente di sostegno come colui che si occupa di quelle attività nelle ore in cui è presente in classe, e spesso fuori dalla classe. Affermare quindi che è il consiglio di classe a doversi occupare del PEI, significa che non c’è un luogo appartato e diverso, con ore che qualcuno chiederà vengano riconosciute come se fosse un accompagnamento.

La collaborazione della famiglia è comunque già prevista anche nel 66/2017, ma nel consiglio di classe, con tutti i docenti e non solo con quelli che partecipano al GLHO. Va anche detto che, se questi sono gruppi di lavoro, le ore di lavoro sono da riconoscere economicamente con il Fondo d’Istituto, e quindi vanno definite in contrattazione.

Come e dove si quantificano le ore di sostegno?

Quindi arriviamo alla vera richiesta delle famiglie, ossia l’introduzione della quantificazione delle ore di sostegno nel PEI. Comprensibile che i genitori si sentano rassicurati dal fatto di poter contare su tempi e presenze certe del docente di sostegno, perché dichiarati nel PEI. Ma questa scelta è di fatto una contraddizione con l’impianto ICF. Se infatti questo significa che non è solo il sostegno didattico a dover garantire l’inclusione, inserire le ore rende rigido il modello: c’è bisogno delle stesse ore per bambini dalla prima alla quinta in scuola primaria? Oppure devono essere valutati la crescita e lo sviluppo, e anche le regressioni o i nuovi bisogni? Inoltre se, come viene previsto, l’accertamento della disabilità determina l’indicazione delle ore di sostegno, è ancora la gravità della disabilità il riferimento, e non il funzionamento. Quindi l’approccio bio-psico-sociale è un richiamo di facciata, mentre la struttura è ancora quella che attualmente si basa sui deficit e non sulle potenzialità.

Senza oneri aggiuntivi…

In molti articoli è comparsa la dicitura (Leitmotiv di molte norme in particolare sulla scuola): “si provvede senza oneri aggiuntivi e nei limiti delle risorse disponibili”. Questo diventa ancora più vincolante quando l’invarianza finanziaria è riferita alle risorse di organico, quando come modifica all’art. 7 del decreto 66/2017 si introduce un comma in cui si prevede che “la realizzazione delle misure attuative avviene ad invarianza di spesa e nel rispetto del limite dell’organico docente ed ATA assegnato a livello regionale, e la dotazione organica complessiva non può essere incrementata in conseguenza dell’attivazione degli interventi previsti, ivi compreso l’adeguamento dell’organico delle istituzioni scolastiche alle situazioni di fatto”.

Quindi non sarà più possibile adeguare gli organici di sostegno assegnati in considerazione della modifica delle situazioni contingenti. In attesa di vedere quale sarà il futuro del decreto, resta il rammarico che sull’inclusione si sia ancora di fatto in mezzo al guado, rischiando di perdere la spinta innovativa, anche nel confronto vivace e acceso, senza peraltro aggiungere nuovi elementi alla riforma già disegnata dal decreto 66/2017.