La lezione di Sergio Neri

L’esperienza giovanile

Vent’anni fa, il 18 ottobre 2000 ci lasciava Sergio Neri, uno dei pedagogisti più autorevoli della seconda metà del Novecento. Chi ha avuto la fortuna di lavorare con Sergio sa quanto conti il valore della riconoscenza e quanto sia tuttora attuale il suo ricordo.

Modenese di San Felice sul Panaro, trascorse la sua infanzia in una frazione di Mirandola dove il padre, artigiano e assessore del Comune, gli inculcò una spiccata sensibilità politica verso le classi sociali più emarginate.

Maestro elementare, direttore didattico, ispettore scolastico, coordinatore delle scuole comunali dell’infanzia di Modena dal 1971 al 1987, Sergio Neri ha dedicato la vita alla scuola italiana percorrendo la nostra penisola in lungo e in largo, incontrando migliaia di insegnanti e genitori, che apprezzavano la sua parola cordiale, profonda, pragmatica.

Sergio Neri educatore

Ha scritto Andrea Canevaro che “Sergio Neri ha vissuto la polivalenza della figura professionale in campo educativo”. Verissimo! Il tratto però che lo ha contraddistinto più di ogni altro è quello di essere stato sempre uno straordinario “educatore”. Questa sua peculiarità gli derivava dalle esperienze giovanili nel movimento scoutistico (anni Cinquanta) e successivamente nelle attività svolte nella colonia estiva di Saint-Hilaire, che sarà oggetto della sua tesi di laurea. Nel piccolo centro della Vandea francese, ottimo per la salubrità del clima, venivano inviati bambini e ragazzi di Villejuif, un sobborgo della banlieu parigina, gemellato con Mirandola.

Nella sua tesi Sergio Neri mette in rilievo gli aspetti innovativi di quella struttura educativa, in primis l’organizzazione comunitaria della vita quotidiana nella quale le routine (risveglio, pulizia personale, pasto, riposo) assumevano una valenza altamente formativa.

Sergio Neri (primo in piedi da sinistra), monitore, nella colonia di Saint-Hilaire

La pedagogia delle colonie estive “innovative”

Il modello della colonia francese non rispecchiava lo schema tipico dell’organizzazione scolastica, ma era pensato per rendere il tempo libero “liberato” da vincoli tipici dei contesti formali. I bambini potevano scegliere le attività da un repertorio molto ricco di opportunità e in un clima di totale fiducia tra adulti e ragazzi. I primi stabilivano con i secondi relazioni semplici e sincere, offrendo consigli, suggerimenti e soprattutto valori testimoniali. Così l’apprendimento e il rispetto delle regole si realizzavano in un contesto di relazioni costruttive, alla cui base venivano poste la possibilità di soddisfare i propri bisogni e interessi, la presenza di un ambiente ricco e attivo, le esigenze della vita collettiva e le responsabilità da assumere.

L’esperienza francese lo spinse a proporre al comune di Modena un modo diverso di organizzare i soggiorni estivi per i bambini della realtà emiliana e il comune di Mirandola gli affidò l’incarico di organizzare in senso educativo e non assistenziale le case di vacanza a Dogana Nuova sull’Appennino modenese e a Pinarella di Cervia sulla costa romagnola.

La scuola, esperienza di inclusione

La sua vita di giovane educatore e di maestro elementare influì notevolmente sulla scelta di abbattere le istituzioni totali e costruire le premesse perché la scuola si aprisse a tutte le forme di diversità. Non è un caso che nei soggiorni estivi da lui organizzati fossero inseriti bambini e bambine con disabilità. Una vera e propria “rottura epistemologica” se consideriamo la cultura del tempo. Dal 1970 al 1972 Sergio Neri fu nominato direttore dell’Istituto Charitas di Modena nel quale erano ricoverati centinaia di persone handicappate. Sulle ali della contestazione a tutte le strutture totalizzanti che caratterizzarono quel decennio, egli si impegnò ad abbattere quella realtà, supportato anche da lungimiranti scelte politiche nazionali sfociate nella legge 118/1971, nella Relazione Falcucci 1975 e nella legge 517/1977.

Sergio Neri aveva capito in anticipo che l’educazione degli alunni con disabilità non deve impegnare solo la scuola ma l’intera comunità. L’integrazione, scriveva nel 1999, deve indicare “l’opportunità che le scuole imparino a integrare le risorse interne (competenze professionali, disponibilità, atteggiamenti, saperi, discipline, laboratori, orari, ecc.) e quelle esterne (musei, biblioteche, professionisti, botteghe artigiane, ambienti naturali, aziende)”

(Neri, 1999). Il PEI, dunque, deve allargarsi alle opportunità del territorio e trasformarsi in un vero e proprio progetto di vita.

Una pluralità di interessi: dalla scuola dell’infanzia al tempo pieno

La sua instancabile attività per l’inclusione degli alunni con disabilità nella scuola andò di pari passo con un’altra battaglia di quegli anni: il tempo pieno. Sulla scorta della sua esperienza a Saint-Hilaire, egli comprese immediatamente che questo tempo scuola sarebbe stato veramente innovativo solo se si fosse saldato con le opportunità offerte dal territorio. Per questo, scriveva: “il tempo pieno non perda mai il contatto con l’ambiente circostante, con i genitori e le forze sociali e soprattutto con le altre scuole elementari” (Neri, 1980).

Il modello inclusivo della nostra scuola deve molto al pensiero e all’azione di Sergio Neri. Le prime avvisaglie della malattia che non gli avrebbe dato scampo si manifestarono nel 1999: il Ministro dell’allora Pubblica Istruzione, Luigi Berlinguer, lo aveva nominato due anni prima Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Permanente per l’integrazione dei “portatori di handicap”.

Dal 1973 inizia la sua esperienza di direttore di una delle riviste scolastiche più diffuse in Italia, L’educatore, edita dalla Fabbri. Mantenne questo incarico fino alla sua scomparsa.

Pur essendo una rivista rivolta ai maestri della scuola elementare, egli trovò il modo per inserire dei fascicoli interni (Tresei) dedicati alla scuola dell’infanzia, che egli contribuì a rinnovare radicalmente mediante l’attivo lavoro svolto nella Commissione Zoso-Scurati (1988-1991), che precedette l’approvazione degli Orientamenti 1991 della scuola dell’infanzia statale. Questo Documento costituisce ancora oggi una delle narrazioni più rappresentative dell’importanza di questo segmento educativo nel panorama scolastico italiano.

Sergio Neri, un vero pedagogista di strada

Sergio Neri è stato per tanti un compagno di strada, una voce autorevole, un paziente tessitore di idee, che dopo la sua morte hanno preso ancora più vigore. Preferiva la profondità del pensiero alle facili scorciatoie e soprattutto non ha mai ostentato la sua “superiorità”. Anche per questo, oltre che per la sua personale cordialità, la sua lezione continua. L’Associazione “Sergio Neri” con sede a Mirandola è luogo di memoria attiva di questa straordinaria figura che tanto ha dato alla scuola e alla cultura pedagogica italiana.

Bibliografia

Canevaro A. (2005), Presentazione del libro a cura di Irene Veronesi, L’alfabeto di Sergio Neri, Erickson, Trento

Neri S. (1980), Dove va il tempo pieno, in L’Educatore, Tresei n. 9/10 del 15-01-1980

Neri S. (1999), L’integrazione: una scelta irreversibile della scuola e dell’intera società, in Ianes D. e Tortello M., Handicap e risorse per l’inegrazione, Trento, Erickson